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Personaggi e interviste

Non è più il “pupone” di Roma: Francesco Totti si racconta senza mezzi termini

A Mosca per ritirare un premio internazionale molto chiacchierato, Francesco Totti si apre come mai prima: il post-carriera non è stato tutto rose e fiori. L’ex Capitano della Roma racconta le difficoltà della vita privata, il vuoto lasciato dal calcio e la passione per il tennis. E su De Rossi, ora allenatore giallorosso, rivela un retroscena inaspettato.

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    C’è chi immagina la pensione calcistica come un’oasi di relax, famiglia e tempo per sé. Ma per Francesco Totti, la realtà si è rivelata decisamente più complessa. Intervistato durante una trasmissione russa su Match Tv, dove è stato ospite per ritirare l’International Rb Award, l’ex numero 10 della Roma ha confessato senza troppi giri di parole: “Quando ho smesso pensavo che la mia vita sarebbe migliorata. Invece, in alcuni aspetti, è addirittura peggiorata.”

    Addio al calcio, addio certezze: Totti e il vuoto post-Roma

    L’addio al calcio giocato nel 2017 è stato per Totti un momento epocale. “È stata una giornata incredibile, ma dentro ero devastato. Indossare quella maglia per l’ultima volta è stato come chiudere un libro a metà.” Dopo due anni da dirigente, l’ex Capitano ha preferito allontanarsi dal mondo del pallone, scegliendo una vita più orientata al benessere personale. Ma, come lui stesso ammette, “prima mi identificavo totalmente nella Roma. Ora non più, e non è semplice da accettare.”

    Il tennis come ancora di salvezza: “Seguo Federer, ora tifo Sinner”

    Se il calcio ha lasciato un vuoto, il tennis lo ha in parte colmato. “È sempre stato il mio secondo sport. Amo Federer, ma oggi mi piace molto anche Jannik Sinner,” ha raccontato con entusiasmo. Non sono mancati i commenti sui talenti russi, tra cui Daniil Medvedev e la giovane Mirra Andreeva, definiti “fantastici” da un Totti visibilmente appassionato.

    De Rossi sulla panchina giallorossa? “All’inizio non voleva allenare”

    Nel cuore dell’intervista, inevitabile il passaggio sull’amico e compagno di mille battaglie, Daniele De Rossi, ora allenatore della Roma. “All’inizio non ci pensava nemmeno a fare l’allenatore. Poi qualcosa è cambiato,” ha svelato. Totti ha ammesso che l’occasione era troppo ghiotta per rifiutare, anche se la mancanza d’esperienza potrebbe essere un ostacolo. “Ma ha un’intelligenza calcistica fuori dal comune. Con il tempo, può diventare un tecnico formidabile.”

    Il peso del nome e il bisogno di ritrovarsi

    Oggi Francesco vive una fase di transizione, ancora alla ricerca di un equilibrio tra la leggenda che è stato e l’uomo che vuole diventare. Le sue parole sono un invito alla comprensione, una confessione che sorprende ma rende il Capitano ancora più umano.: “Essere Totti fuori dal campo è più difficile di quanto pensassi. Sto imparando a prendermi cura di me”. Nessuna citazione per l’ex Ilary: per questo c’è il tribunale.

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      Personaggi e interviste

      Il figlio segreto di Toto Cutugno: “Per me era un ingegnere. Poi ho scoperto la verità su La Settimana Enigmistica”

      Niko Cutugno ha scoperto di essere figlio di Toto Cutugno a soli sette anni, sfogliando distrattamente La Settimana Enigmistica in un pomeriggio del 1996. In copertina c’era proprio lui, il celebre cantautore. Fu il nonno materno a rompere il silenzio: «Lo indicò e mi disse senza girarci intorno: “Quello è tuo padre”».

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        Una verità che fino ad allora era rimasta celata dietro un’apparenza costruita con cura. L’uomo che lo veniva a trovare a Roma, che diceva di essere un ingegnere sempre in trasferta, era in realtà uno degli artisti più popolari d’Italia.

        Due famiglie con un padre fuori dal comune

        La madre di Niko conobbe Toto su un volo nel 1989. Lui era già sposato, ma tra i due nacque una relazione che durò anni. “Per tutta la vita – racconta Niko – non ha mai rinunciato né a sua moglie né a noi. Ha coltivato due famiglie, con tutte le contraddizioni che questo comporta”. Contraddizioni che il figlio ha dovuto affrontare fin da piccolo, tra una normalità apparente e i segnali sempre più evidenti di un padre fuori dal comune. Come quella volta in macchina, quando alla radio passarono una delle sue canzoni. “Sembrava una voce familiare. Lui divenne improvvisamente serio, non disse nulla. Solo più tardi capii perché”.

        Il riconoscimento nel 1997

        Nel 1997 Toto Cutugno decise di riconoscerlo ufficialmente. Una scelta che, se da un lato dava finalmente un nome alla loro relazione, dall’altro apriva la porta a un’esposizione difficile da gestire per un ragazzo ancora in cerca di sé. “I compagni di scuola mi prendevano in giro. Le auto di lusso, gli autisti, Disneyland… erano elementi troppo vistosi in un contesto normale. Eppure per me era tutto confuso. Quando veniva a trovarmi era come Babbo Natale: portava regali, poi spariva”.

        Tutto in un libro autobiografico

        Quell’infanzia a metà, segnata da assenze e apparizioni luminose, Niko l’ha raccontata nell’autobiografia Fino all’ultimo respiro. Oggi ha 36 anni, una compagna e una professione che lo appassiona: è fondatore di un progetto di crescita personale legato alla respirazione. “Ho fatto pace con molte cose. Ma col tempo ho capito una verità amara: spesso ti manca di più chi nella tua vita c’è stato di meno. Non è logico, ma è sincero”.

        Fu lui a consegnare le ceneri dopo la cremazione

        Anche nel momento dell’addio, Niko ha voluto esserci: “Ha chiesto di essere cremato. Sono stato io a portare le sue ceneri a casa di sua moglie”. Un gesto silenzioso, carico di significato. Come la vita che ha vissuto: tra il clamore della musica e le ombre di un amore diviso.

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          Un piatto di carbonara a 70 euro… ma scherziamo?!? L’indignazione di Edoardo Raspelli

          Caviale, guanciale iberico, zafferano, tre foglie d’oro e un prezzo da capogiro: 70 euro. È la Carbondoro, ultima creazione di uno chef milanese. Ma Edoardo Raspelli, il più temuto dei critici gastronomici italiani, la demolisce senza appello: “Un piatto inutile, figlio di un’idea di cucina che non ha più rispetto per le persone e per la tradizione”. E denuncia: “L’Italia sta uccidendo la sua cultura gastronomica per accontentare i ‘riccastri’ e i gastrofighetti”.

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            Milano a tavola… ancora una volta fa notizia. Stavolta non per l’ennesimo ristorante stellato, ma per una provocazione che ha fatto discutere tutta Italia: la Carbondoro, una carbonara deluxe da 70 euro ideata dallo chef Emin Haziri del ristorante Procaccini. Fra gli ingredienti caviale, guanciale iberico Cinco Jotas, zafferano, pasta di Avellino e persino tre foglie d’oro.

            La sentenza senza appello del critico

            Haziri difende la sua creazione come “un’idea che rompe gli schemi”. Ma il giudizio del decano dei critici gastronomici, Edoardo Raspelli, è una condanna senza attenuanti: “Una trovata inutile, sterile e stupida. L’ennesima dimostrazione che la cucina italiana sta scegliendo l’autodistruzione”.

            “Gastrostupidaggini per ricchi”: il duro attacco

            Raspelli, con oltre cinquant’anni di carriera alle spalle, non ha peli sulla lingua: “Non conosco questo chef, non ho assaggiato il piatto, ma basta guardarlo per capire che siamo di fronte all’ennesimo tentativo di épater le bourgeois, scandalizzare i borghesi con scelte folli. Ma questa non è cultura gastronomica, è puro marketing vestito da arte”. E rincara la dose: “Questi piatti nascono solo per alimentare il narcisismo di pochi chef e per soddisfare la vanità di chi può permetterseli. Ma così si tradisce il senso vero della cucina italiana: quella fatta di semplicità, stagionalità, rispetto per le materie prime. Non di ‘gastrostupidaggini’ dorate per riccastri annoiati”.

            “La cucina italiana si sta suicidando”

            Secondo Raspelli, quella che era una delle cucine più amate e imitate al mondo sta attraversando una crisi identitaria profonda: “Non è più un tentato suicidio. È un suicidio annunciato. E, purtroppo, noi giornalisti siamo complici: ogni volta che diamo spazio a questi piatti assurdi, contribuiamo ad alimentare un modello elitario, lontanissimo dalla realtà quotidiana”. Il riferimento non è solo alla Carbondoro: “C’è chi fa pagare 70 euro un calice di champagne solo perché è servito in un ristorante di grido. Intanto, io vado al supermercato con mia moglie, faccio la spesa con 35 euro e mangio benissimo. Questo è il vero lusso oggi: mangiare bene, senza sprechi e senza spettacoli”.

            Oro, caviale e nostalgia per Marchesi

            Il riferimento all’oro commestibile fa scattare anche un confronto con il passato: “Gualtiero Marchesi lo usò, è vero. Ma era un gesto simbolico, legato alla tradizione rinascimentale, e non veniva fatto pagare una follia. Era un tocco poetico, non una scusa per gonfiare il conto”. Sulla scelta degli ingredienti, Raspelli è preciso: “Anche il caviale italiano di alta qualità costa tanto, ma si trova anche a 10 euro per 10 grammi. Non è quello il punto. Il vero problema è: ha senso proporre questi eccessi oggi, in un Paese dove la maggioranza delle famiglie fatica ad arrivare a fine mese?”

            La provocazione che non serve a nessuno

            La Carbondoro, insomma, non convince. Né per gusto, né per visione. Secondo Raspelli, rappresenta una deriva della cucina italiana: “Ci stiamo dimenticando chi siamo. Abbiamo il miglior patrimonio gastronomico del mondo e lo stiamo rovinando per inseguire una clientela che non cerca sapore, ma Instagram”. E la conclusione non può che suonare amaramente lucida: “Chi può scegliere, scelga ristoranti dove si cucina per passione e non per provocazione. L’Italia ha bisogno di tornare alla verità dei suoi piatti. E meno oro, più amore”.

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              Personaggi e interviste

              Fedez amaro: “Non voglio più essere un esempio, nemmeno per me stesso”

              Una partita di calcio a sette, un format che fonde sport e spettacolo, ma anche uno scontro dai toni accesi che ha superato i confini del campo. Durante i quarti di finale della Kings League Italia, andati in scena sabato 10 maggio, il rapper Fedez e lo streamer Blur si sono resi protagonisti di un acceso confronto, culminato in un quasi-scontro fisico. A placare gli animi, tra le due “presidenze infuocate”, è intervenuto l’ex juventino Leonardo Bonucci, convocato da Fedez come “wild card” per rafforzare i Boomers, la sua squadra.

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                Le immagini sono diventate virali nel giro di poche ore: Fedez si è diretto verso Blur visibilmente alterato, il tutto in diretta streaming e sotto gli occhi del pubblico. Il rapper ha giustificato il gesto come reazione a un “clima tossico e provocatorio” da parte dell’altra squadra. Un clima che, secondo lui, si era già manifestato sui social nei giorni precedenti e che sarebbe stato ignorato dagli organizzatori.

                Il Tapiro: «Ero in trance agonistica»

                Non poteva mancare il Tapiro d’Oro, il quindicesimo della carriera per Fedez, consegnato da Valerio Staffelli per l’accaduto. Nell’intervista, il cantante non si tira indietro: «Ero in trance agonistica», ammette. «So fare e dire di peggio, credimi». A calmare le acque, Bonucci, che ha fisicamente separato i due contendenti e salvato l’evento da una possibile rissa. Ma il momento più sorprendente arriva quando Staffelli gli ricorda il suo ruolo di personaggio pubblico: «Rappresenti un esempio per molti giovani». Fedez risponde in modo netto, quasi amaro:


                «Ho smesso di esserlo. Non voglio più esserlo, nemmeno per me stesso».

                Un torneo tra calcio e influencer, ma l’esempio?

                La Kings League Italia, figlia dell’originale spagnola ideata da Gerard Piqué, fonde influencer, ex professionisti e show. Dodici squadre, format virale, arene piene. Ma anche tanta tensione, egocentrismi e sfide di popolarità. Fedez e Blur non sono solo presidenti di squadra: sono simboli di due mondi digitali che si scontrano spesso fuori dal campo, tra streaming, tweet velenosi e provocazioni in diretta. Quello che dovrebbe essere puro intrattenimento si trasforma in uno scontro tra ego, dove la linea tra gioco e sfida personale si assottiglia pericolosamente.

                L’ombra del burnout e la disillusione

                Nella frase di Fedez — «Non voglio essere un esempio nemmeno per me stesso» — c’è tutta la fatica di chi è sempre al centro del mirino. Reduce da una lunga esposizione mediatica, da problemi personali e da un costante scrutinio pubblico, il rapper sembra voler alzare le mani: basta aspettative, basta modelli. Solo la libertà di sbagliare, anche davanti a milioni di follower. E se la Kings League vuole davvero fondere sport e spettacolo, forse il primo passo è ritrovare la misura. Perché senza rispetto, né sul campo né fuori, lo show rischia di diventare solo un’altra arena digitale dove a vincere è chi urla più forte.

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