Personaggi e interviste
Raoul Bova torna in Don Matteo come Don Massimo: un prete moderno tra fede e conflitti personali
Raoul Bova parla del significato del perdono, del rapporto con la sorella Giulia e dei nuovi temi sociali che il suo personaggio affronterà nelle puntate in arrivo. La serie di successo di Rai 1 riparte con un mix di volti storici e nuove dinamiche che intrecciano passato e presente, esplorando il ruolo di un sacerdote in un mondo contemporaneo e sempre più complesso
Raoul Bova ritorna nei panni di Don Massimo nella quattordicesima stagione di Don Matteo, portando sul piccolo schermo un personaggio che si confronta con il tema del perdono e con i conflitti del passato. Le nuove puntate, in onda su Rai 1 dal 17 ottobre, promettono un mix di emozioni e sorprese, tra nuovi personaggi e vicende familiari complesse che metteranno alla prova il protagonista.
Un Don Massimo più umano e moderno
Raoul Bova esplora la complessità del suo personaggio, un sacerdote che ha abbracciato la vocazione tardi nella vita, dopo aver servito come carabiniere dei gruppi speciali. “Il perdono non è mai scontato”, afferma l’attore, “e Don Massimo deve confrontarsi con le sue fragilità, cercando di trovare il giusto equilibrio tra la giustizia e il valore della misericordia”. Il personaggio appare più umano e moderno, pronto ad affrontare questioni morali e a confrontarsi con i propri demoni.
Le novità della stagione
La nuova stagione della serie inizia con un doppio matrimonio, quello tra Anna e Marco e quello tra Nino ed Elisa, officiati proprio da Don Massimo. Le cerimonie, però, saranno tutt’altro che tranquille, con contrattempi che metteranno alla prova la pazienza e la saggezza del sacerdote. Nel cast, oltre ai volti storici come Nino Frassica, Nathalie Guetta e Francesco Scali, si aggiungono nuove figure come il capitano Diego Martini (Eugenio Mastrandrea) e la pm Vittoria Guidi (Gaia Messerklinger), oltre alla sorella di Don Massimo, Giulia, interpretata da Federica Sabatini.
Il rapporto con la sorella e nuove dinamiche
Il legame tra Don Massimo e sua sorella Giulia rappresenta uno degli archi narrativi centrali della stagione. La sorella, che arriva a Spoleto con un passato difficile e problemi con la giustizia, sarà accolta in canonica. “Il loro rapporto ci mostrerà un lato inedito di Don Massimo, diviso tra l’amore fraterno e i doveri religiosi”, racconta Raoul Bova.
Il ritorno dei personaggi storici e la magia del set
Nino Frassica, Nathalie Guetta e Francesco Scali tornano a interpretare rispettivamente il maresciallo Cecchini, la perpetua Natalina e Pippo, il segretario. Raoul Bova sottolinea come sul set si sia creata una forte intesa, descrivendo Don Matteo come una grande famiglia. Tra le new entry c’è anche un bambino, Bart, interpretato da Francesco Baffo, che porterà un tocco di luce e amore alla serie. “Ci siamo tutti affezionati a Bart, e questo legame si rifletterà sullo schermo”, spiega Bova.
Un Don Massimo impegnato nel sociale
Nella nuova stagione, Don Massimo non si limiterà a risolvere i misteri e a gestire i rapporti familiari, ma si impegnerà anche nell’insegnamento del catechismo, sia ai bambini che agli adolescenti, affrontando temi come il bullismo e i pericoli del web. La serie intende, infatti, affrontare argomenti attuali e delicati, offrendo uno sguardo educativo e consapevole sul mondo dei giovani.
Un finale aperto a nuove possibilità
La stagione vedrà Don Massimo confrontarsi con il suo passato familiare e fare i conti con le difficoltà non solo degli altri, ma anche con le proprie. Raoul Bova anticipa che questa complessità renderà il personaggio ancora più umano e vicino al pubblico, lasciando spazio per nuove possibili evoluzioni future.
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Personaggi e interviste
Charlize Theron e la gaffe presidenziale: “Posso portarti in uno strip club, Presidente?”
Capita a tutti di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, ma non a tutti succede davanti al presidente degli Stati Uniti. Charlize Theron l’ha raccontato ridendo (e arrossendo) nello show di Jimmy Kimmel: durante una precedente ospitata con Barack Obama, nel tentativo di spezzare l’imbarazzo, se ne uscì con una proposta assurda per ampliare il pubblico giovane: “Posso portarti in uno strip club”. Una battuta che le è costata notti insonni e un posto di diritto nella categoria “imbarazzi stellari”.
Dicono che il silenzio a volte sia d’oro. Non sempre, però: talvolta è un fossato pronto a inghiottire. E Charlize Theron lo sa bene. Durante una puntata dello show di Jimmy Kimmel, l’attrice ha ricordato uno dei momenti più imbarazzanti della sua vita… e non era davanti a un collega o a un giornalista curioso, ma al presidente degli Stati Uniti in persona: Barack Obama.
Tutto nasce da una precedente apparizione nello stesso talk show. Quel giorno, sul divano di Kimmel, Charlize sedeva accanto a Obama. Conversazione brillante, sorrisi istituzionali, l’aria che frizzava di quella tensione elegante che solo un presidente può portare con sé. Poi, una frazione di secondo fatale: il vuoto. Lei lo racconta così: “C’è stata questa pausa, non sapevo cosa dire. Mi sono sentita obbligata a riempire il silenzio”.
Ed ecco la frase che nessun media trainer avrebbe mai previsto: «Se stai cercando un pubblico più giovane posso portarti in uno strip club». Una battuta che, nella testa di Charlize, in quel nanosecondo sembrava probabilmente ironica, brillante, spiazzante. Nella realtà? Un salto mortale senza rete.
Lui, Obama, rimase cortese come sempre, con quel mezzo sorriso diplomatico che vale più di mille manuali di bon ton politico. Lei, invece, ricorda di non aver dormito per settimane. “Ogni volta che chiudevo gli occhi rivivevo il momento e pensavo: davvero ho detto così?”.
La scena, ormai leggenda nello scrigno delle gaffe hollywoodiane, è diventata quasi terapeutica per chiunque abbia mai avuto la bocca troppo veloce rispetto al cervello. Perché sì, succede anche agli dei del grande schermo: la parola sbagliata, il contesto peggiore, il rimorso che ti perseguita di notte come una notifica indesiderata.
Oggi Charlize Theron ci ride sopra. Anzi, lo racconta come un trofeo di umanità. È confortante, in fondo, scoprire che dietro l’eleganza glaciale di Mad Max: Fury Road o l’intensità drammatica di Monster, c’è una donna che ha avuto il suo momento “ehi, vuoi venire in uno strip club con me, Mister President?”.
Morale — senza morale: se mai vi scapperà una frase infelice davanti a qualcuno che conta, pensate a Charlize. E sorridete. Magari non sarà un presidente, ma l’imbarazzo… quello sì, è democratico.
Personaggi e interviste
Heidi Klum, Halloween regina assoluta: si trasforma in una Medusa da “Scontro tra Titani” con squame, serpenti e lingua biforcuta
Per il 25° anniversario del suo leggendario party di Halloween, Heidi Klum punta tutto sul mito e sceglie Medusa: corpo verde, squame scintillanti, serpenti animati sulla testa e una coda che serpeggia sul red carpet. Tra gli ospiti, star mascherate da icone pop, cartoni, vampiri e alieni. Un’altra notte di eccesso controllato che conferma: quando si parla di Halloween, Heidi non ha rivali.
Non è Halloween se Heidi Klum non decide di superare se stessa. E anche stavolta la modella tedesca, 52 anni, non ha deluso: per i 25 anni del suo ormai storico party newyorkese, ha scelto di incarnare Medusa. Non una versione minimal o ironica: corpo interamente ricoperto da squame verdi, serpenti che si agitavano sulla testa, make-up prostetico, latex e persino una lingua biforcuta. A completare la trasformazione, una lunga coda sinuosa trascinata sul red carpet e uno sguardo da creatura mitologica uscita direttamente da Scontro tra Titani.
La “Regina di Halloween” aveva promesso alla rivista People che quest’anno sarebbe stata “molto brutta”. Missione compiuta, e con stile.
Una festa blindata e stellare
La location, rigorosamente segreta come da tradizione, ha accolto una parata di celebrità in costumi spettacolari, teatrali e volutamente eccessivi. Tra le apparizioni più fotografate, Valentina Sampaio versione Leeloo de Il quinto elemento, Coco Austin trasformata in un Chucky glamour con parrucca rossa e calze a rete, mentre il rapper Ice-T ha optato per una mise horror con coltelli finti e sangue scenico.
Non è mancato l’omaggio ai miti pop: Ariana Madix ha replicato l’iconico look “Zombieboy” di Lady Gaga, mentre Amaya Espinal ha lasciato il pubblico a bocca aperta in versione Na’vi di Avatar, completamente dipinta di blu.
Tra Barbie vintage e Shrek, l’Halloween più ambizioso
Menzione speciale per Maye Musk, elegantissima Crudelia De Mon, e per Ilona Maher, Barbie d’epoca. Darren Criss ha scelto di divertirsi diventando Shrek, accompagnato dalla moglie in versione Gatto con gli Stivali. Non sono mancati volti social come James Charles e Gigi Gorgeous, insieme a Damian Hurley e Olivia Attwood.
Heidi Klum, negli anni, ci ha abituato a trasformazioni memorabili: da verme gigante a E.T., passando per cloni di se stessa. La sua Medusa, però, entra di diritto tra le più iconiche. Visionaria, scenografica, volutamente inquietante. E, per una volta, più latex che pelle nuda. Anche questo, a modo suo, è un colpo di scena.
Personaggi e interviste
Umberto Smaila: «Colpo Grosso era da educande, oggi mi manderebbero all’inferno. Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare»
Tra Jerry Calà e le “ragazze Cin Cin”, Smaila racconta cinquant’anni di spettacolo, eccessi e libertà: «Mi dissero che ero l’unico in grado di rendere quel programma non volgare. Ho avuto tutto, ho perso tanto, ma rifarei tutto uguale».
Prima ha trasformato la musica in cabaret, poi il cabaret in televisione, e infine la televisione in uno show che fece epoca: Colpo Grosso. Umberto Smaila è stato tutto questo, un intrattenitore capace di attraversare stagioni diverse con lo stesso sorriso sfrontato e malinconico.

Tutto comincia a Verona, dove con Franco Oppini, Nini Salerno e Jerry Calà forma i Gatti di Vicolo Miracoli. «Non c’era un laureato tra noi, davamo un esame l’anno solo per evitare il militare», ricorda ridendo. «Dormivamo poco, la notte lavoravamo al Derby di Milano. Diego Abatantuono faceva il tecnico delle luci, e noi gli facevamo da professori: studiava con noi, era senza patente ma guidava lo stesso».
Gli anni Settanta sono un turbine: viaggi infiniti, teatri, serate improvvisate. Poi la separazione. «Io e Jerry non ci siamo parlati per cinque anni. Se n’è andato a fare cinema e noi siamo rimasti in braghe di tela. Mi sentii tradito, ma poi capii: quando passa un treno, o ci salti sopra o lo guardi andare via».
Il successo televisivo arriva con Help! e poi, nel 1987, con Colpo Grosso. Una trasmissione che cambierà la carriera – e la reputazione – di Smaila. «Mi scelsero perché dissero che solo io avrei potuto renderlo non volgare. Pensavo sarebbe durato tre mesi, e invece furono trecento puntate all’anno per cinque anni. Rispetto a quello che si vede oggi, era un programma da educande. Lo guardavano persino le ragazzine, che ci mandavano i disegnini delle ragazze Cin Cin».
Quelle ragazze, però, non erano dive. «Venivano quasi tutte dall’estero: inglesi, olandesi, dell’Est. Le italiane non volevano spogliarsi. Erano molto riservate, fuori dal set le vedevi con i sacchetti della spesa. Nessun lusso, nessun glamour. Io? Solo un piccolo flirt, niente storie clamorose».
Quando Colpo Grosso finì, arrivò la doccia fredda. «Da trecento puntate a zero. Viaggiavo in Mercedes, mi sentivo immortale. Poi capii che non lo ero. Forse, senza quel programma, avrei avuto un’altra carriera, ma non rinnego nulla».
Nel frattempo, Smaila continua con la musica, la sua vera casa. Fino al colpo di scena hollywoodiano: «Mi chiamò l’agenzia di Quentin Tarantino. Stavano girando Jackie Brown e volevano un mio brano. Pensavo fosse uno scherzo, invece era vero. Aveva visto La belva col mitra, dove c’era la mia musica. Quei sei minuti sonori mi hanno regalato l’eternità».
Oggi, a 74 anni, Smaila non rinnega i suoi eccessi. «Non ho limiti nel bere, nel mangiare, nel fumare. Secondo i benpensanti, sono un irregolare. Quelli come me vanno all’inferno, e io ci andrò volentieri, se trovo la compagnia giusta».
E mentre la tv di oggi «ha tolto lo spettacolo e il coraggio», lui resta fedele al suo stile. «Allora facevamo otto giorni di prove per tre minuti di varietà. Oggi bastano due ore e un microfono. Ma io continuo a cantare nei miei locali, tra gente che balla e ride. È questo che mi tiene vivo».
La leggenda di Umberto Smaila, tra pianobar, cabaret e cult televisivi, è il ritratto di un’Italia che si prendeva meno sul serio. E che forse, proprio per questo, sapeva divertirsi di più.
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