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Personaggi e interviste

Tutta la verità sulle ultime ore di Alvato Vitali: “Non è morto per la broncopolmonite”

L’attore è scomparso a 75 anni. L’amico regista Claudio Di Napoli racconta le ultime ore di vita dell’attore e smentisce la causa ufficiale: “Non è stato solo il fisico a cedere, ma il dolore nel cuore”. Un addio carico di emozione e solitudine per uno dei volti più amati del cinema comico italiano.

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    Una morte che lascia l’amaro in bocca. Alvaro Vitali, iconico interprete del personaggio di Pierino, è scomparso all’età di 75 anni. A raccontare le sue ultime ore è l’amico fraterno e regista Claudio Di Napoli, che in un’intervista struggente ha voluto condividere la verità su quanto accaduto davvero:


    “Stava male, certo. Ma non così tanto da far pensare a una morte imminente. La broncopolmonite non era la vera causa. È stato il dolore, quello più silenzioso, quello dell’anima, a portarselo via.”

    Le ultime ore: il ritorno a casa e quel tragico crollo

    Dopo due settimane in ospedale, Vitali desiderava solo una cosa: tornare nella sua casa di Trastevere. “Ogni giorno mi diceva che era pronto a firmare le dimissioni contro il parere dei medici”, ha raccontato Di Napoli. E così ha fatto. Martedì 25 giugno, accompagnato dall’amico Manolo, è uscito dall’ospedale. I due hanno pranzato a Fiumicino, poi una sosta dal barbiere — un piccolo gesto di normalità — e infine la strada verso casa. Ma lì, a pochi passi dal portone, Alvaro si è accasciato. “È morto tra le braccia di Manolo. Un attimo dopo aver salito tre gradini. L’ambulanza è arrivata subito, ma non c’era più nulla da fare.”

    La solitudine, la crisi familiare e l’assenza del cinema

    Accanto ai problemi di salute, c’era un dolore più profondo. Quello della crisi con la moglie Stefania Corona, con cui la convivenza era diventata impossibile.
    “Era triste, davvero molto. Lo vedevo piangere ogni sera come un cane abbandonato. Soffriva in silenzio, nel corpo e nell’anima”, ha rivelato ancora Di Napoli. In tanti si aspettavano che, dopo il ricovero, Vitali si trasferisse dal figlio a Vercelli o in un altro alloggio provvisorio. Ma lui voleva solo tornare nella sua casa romana, tra i vicoli dove aveva vissuto tutta la sua vita. Dolorosa anche l’assenza del mondo dello spettacolo. “Durante il ricovero non si è visto nessuno. Solo noi, qualche amico del teatro e Stefania. Dei colleghi, nemmeno uno. Questo lo ha fatto soffrire ancora di più”, ha dichiarato il regista.

    Le ultime volontà e il bisogno di riconoscimento

    Nella sua ultima sera, Alvaro Vitali ha confidato a Di Napoli tre desideri: una targa nel suo palazzo a Trastevere, una via a lui dedicata nella Capitale, e un premio alla carriera, anche postumo. “Non aveva mai calcato un red carpet. Eppure ha fatto ridere generazioni di italiani. Era un simbolo, un pezzo del nostro cinema popolare”, ha concluso l’amico. Il funerale si è tenuto mercoledì scorso nella chiesa di San Pancrazio, a Roma. Lì, tra lacrime e ricordi, si è chiuso il sipario su una vita vissuta con passione, tra applausi e solitudine, risate e malinconie.

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      Personaggi e interviste

      Simona Ventura perseguitata da uno stalker: “Mi ha violentato, fa parte di una psicosetta” – L’incubo raccontato a Le Iene

      Lo stalker, intervistato da Giulio Golia, accusa Ventura di far parte di una “setta satanica” e di averlo violentato: “Si è sdraiata accanto a me mentre ero incosciente”. La coppia: “Viviamo nella paura, ma non ci faremo intimidire”.

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        Da anni Simona Ventura e Giovanni Terzi vivono un incubo. A perseguitarli è un uomo di 48 anni, residente a Torino, che li riempie di minacce di morte, insulti e accuse deliranti. “Voglio morta Simona Ventura”, “Ti distruggo con le mie mani”, “Basta spararle un colpo di fucile”: sono solo alcuni dei messaggi inviati alla coppia, che ha deciso di denunciare e parlare pubblicamente del caso.

        L’uomo, affetto da disturbi psichiatrici, è stato rintracciato e intervistato da Giulio Golia per Le Iene. Nell’intervista, ha mostrato un atteggiamento confuso e paranoico, accusando la conduttrice di essere a capo di una “psicosetta” che lo avrebbe manipolato e violentato: “Nel 1998 Simona Ventura si è sdraiata nel letto mentre io ero incosciente all’ostello di Venezia. Con lei c’era Victoria Cabello. Lei mi ha rovinato la vita”.

        Un racconto senza alcun riscontro, ma che riflette la gravità della sua condizione. “Sono malato psichiatrico falsamente – ha aggiunto –. Ho solo reagito d’impulso, non volevo minacciare davvero”. Eppure, come mostrato dalle chat, da tempo inonda i social di messaggi d’odio, definendo Ventura “cocainomane” e promettendo di “ucciderla come merita”.

        La conduttrice e il compagno hanno raccontato di aver inizialmente sottovalutato la situazione. “La polizia ci disse che era una persona tranquilla – ha spiegato Terzi –. Poi, dieci giorni fa, ha ripreso a scriverci con violenza”. Da qui la nuova denuncia per stalking e la decisione di rendere pubblica la vicenda.

        Ventura, visibilmente provata, ha commentato: “Nessuno merita di vivere sotto minaccia. La paura è reale, ma non ci faremo zittire. Voglio solo che la giustizia intervenga e che chi soffre di queste patologie venga davvero aiutato”.

        Un caso che accende ancora una volta i riflettori sul tema della sicurezza e sull’abuso dei social, dove la follia e l’odio possono trasformarsi in un’arma contro chiunque, anche contro chi, come Simona Ventura, cerca soltanto di vivere la propria vita lontano dal terrore.

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          Alessandro Preziosi: “La bellezza è stata un’opportunità, ma la vera sfida è farsi amare”

          Una carriera costruita tra istinto e studio, un talento raffinato che ha trovato maturità col tempo. Preziosi confessa: “All’inizio non ero pronto al successo, ma la paternità mi ha insegnato cosa conta davvero”.

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            Una laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti, poi un cambio di rotta improvviso: Alessandro Preziosi racconta di aver ascoltato il suo istinto. «Ho deciso di trasferirmi a Milano per studiare all’Accademia dei Filodrammatici. È così che è iniziato tutto», spiega al Corriere della Sera. Oggi definisce la recitazione «il mestiere più bello del mondo», anche se ammette che la sua carriera è nata più per caso che per calcolo: «Il nostro è un lavoro che si basa sull’essere scelti, e finché continueranno a farlo, continuerò a recitare».

            Il successo arriva presto e in modo travolgente. Con Elisa di Rivombrosa Preziosi diventa il volto di un’intera generazione di fiction. Ma dietro la popolarità si nasconde anche un senso di smarrimento: «Quando è arrivata Elisa di Rivombrosa non ero pronto. Non ero all’altezza di quel prodotto così ben fatto, della mia partner Vittoria Puccini, della regista. Mi sono trovato dentro qualcosa che non sapevo gestire. Per anni mi hanno proposto solo ruoli in costume, tanto che quando è arrivato Mine Vaganti ho avuto difficoltà enormi a ritrovare la mia voce nel presente».

            La bellezza, spesso considerata un’arma a doppio taglio, per lui non è mai stata un limite: «Ma quale limite? Se fossero tutti così limiti… Nei miei lavori ha contato al cinquanta per cento, l’altro cinquanta era altro: studio, lavoro, vita. Poi col tempo cambia tutto. I figli crescono, arrivano i lutti, le priorità si spostano, e anche la percezione della bellezza si trasforma».

            Sul fronte privato, Preziosi non nasconde le fragilità: «L’amore non corrisposto lo conosco bene. Ti mette davanti alle tue domande, ti obbliga a guardarti dentro. Il vero problema non è amare, ma farsi amare».

            Padre di due figli — Edoardo, nato nel 1995, ed Elena, nel 2006 — l’attore riflette sulla paternità con lucidità e rimpianto: «Essere padre mi ha fatto capire il senso della vita, ma avrei voluto essere anche genitore, vivere con loro sotto lo stesso tetto. È una dimensione che mi manca. Ho fatto il padre, ma non sempre ho potuto esserci nella quotidianità. E questo resta un rimpianto».

            Poi aggiunge, con orgoglio: «Il dato di fatto, però, è che loro sono venuti su benissimo». Un pensiero che racchiude la serenità di chi ha imparato, nel tempo, che la vera bellezza — quella che resta — è saper costruire legami autentici.

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              Teo Mammucari contro i revival tv: “La Ruota della Fortuna è roba vecchia”, ma oggi gioca al Tabellone di Domenica In con Mara Venier

              Mesi fa Teo Mammucari aveva liquidato la scelta di riproporre La Ruota della Fortuna come un segno di scarsa innovazione televisiva. Oggi, ironia della sorte, affianca Mara Venier a Domenica In rilanciando il “Tabellone” di Gianni Boncompagni, un gioco nato nel 1980 e ripescato per conquistare il pubblico della domenica pomeriggio.

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                La televisione, si sa, ha la memoria lunga. E a volte le dichiarazioni tornano indietro come boomerang. È quello che sta vivendo Teo Mammucari, volto storico della tv italiana, che solo qualche mese fa si era scagliato contro l’ennesimo ritorno del passato sul piccolo schermo. Nel mirino c’era La Ruota della Fortuna, tornata in onda su Canale 5 con Gerry Scotti e Samira Lui. «Quando sentii Pier Silvio Berlusconi dire che avrebbero fatto La Ruota della Fortuna, dentro di me ho detto: questo sta scherzando, dov’è la novità?», aveva dichiarato. E ancora: «Facciamo cose nuove, altrimenti la gente si ipnotizza sui social con altre cose».

                Parole nette, che avevano trovato consenso in chi vorrebbe una televisione più coraggiosa e innovativa, meno legata ai format di un tempo. Ma che oggi assumono un sapore ironico, se non paradossale. Perché Mammucari, che in passato non ha mai avuto paura di esprimere giudizi scomodi, ora è al centro di un revival altrettanto dichiarato: il Tabellone di Domenica In.

                Il gioco ideato da Gianni Boncompagni nel 1980 torna infatti nella storica trasmissione di Rai 1 e ad affiancare Mara Venier nella conduzione c’è proprio lui, il critico più feroce dei “ritorni al passato”. Una coincidenza che non è sfuggita al pubblico e che sui social ha già scatenato commenti ironici: dal «predicava bene e razzolava male» a «quando la nostalgia paga, le parole si dimenticano».

                Mammucari, abituato a vivere di contraddizioni e battute taglienti, non sembra però turbato dal cortocircuito. Anzi, si è mostrato a suo agio nello studio di Domenica In, pronto a giocare con i concorrenti e a riportare in vita quel pezzo di televisione che aveva fatto la storia degli anni ’80 e ’90.

                Il Tabellone, per chi non lo ricordasse, era un gioco di abilità e fortuna che mescolava cultura pop, memoria visiva e ritmo televisivo. Riproporlo oggi significa puntare sulla carta vincente della nostalgia, proprio come è avvenuto con La Ruota della Fortuna.

                Così, la parabola di Mammucari diventa un esempio perfetto delle dinamiche televisive: si critica la minestra riscaldata, ma quando la si ritrova sul proprio piatto, magari accompagnata da una conduttrice amatissima come Mara Venier, diventa improvvisamente digeribile. La coerenza, del resto, non ha mai fatto grandi ascolti.

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