Speciale Festival di Sanremo 2025
Simone Cristicchi: «Qui canto la fragilità dopo tre anni passati sotto scorta»
Il cantautore torna all’Ariston con un brano profondo e toccante, dedicato alla madre. «Non è solo una canzone, è un dialogo poetico. In fondo, la musica è la forma di cura più potente che conosca».

Simone Cristicchi non è un nome nuovo per Sanremo. Ma quest’anno il suo ritorno sul palco dell’Ariston, con Quando sarai piccola, sta sorprendendo tutti. Il brano, che lui stesso descrive come una poesia trasformata in canzone, ha colpito al cuore il pubblico di tutte le età, diventando virale sui social e accumulando quasi 9 milioni di visualizzazioni sull’account Instagram della Rai.
Cristicchi ha appena compiuto 48 anni (festeggiando con l’orchestra del Festival che gli ha dedicato un “tanti auguri a te” durante le prove) e porta con sé un percorso artistico intenso, che lo ha visto spaziare dalla musica al teatro, con spettacoli coraggiosi come Magazzino 18, incentrato sull’esodo istriano del dopoguerra. Un’esperienza che gli è costata tre anni e mezzo di vita sotto scorta, ma che ha contribuito a trasformare quel magazzino reale di Trieste in un luogo della memoria.
Tra riflessioni sulla fragilità, ricordi personali e un toccante duetto con Amara nella serata delle cover, Cristicchi ci racconta il suo Sanremo e molto di più.
L’intervista a Simone Cristicchi
Simone, si aspettava un successo così grande con Quando sarai piccola?
In realtà no. Ci speravo, certo, ma non immaginavo che la canzone potesse coinvolgere un pubblico così vasto, arrivando persino ai più giovani. È un brano intimo, scritto con il cuore, e vedere tante persone che lo condividono e lo ascoltano in silenzio mi emoziona profondamente. Penso che oggi, più che mai, tutti abbiamo bisogno di una carezza. La musica è una forma di cura, e questo brano ne è un esempio perfetto.
Il brano è un dialogo ideale con sua madre Luciana, vittima di un’emorragia cerebrale. Qualcuno potrebbe accusarla di “strumentalizzare il dolore”. Cosa risponde?
Chi pensa una cosa del genere evidentemente non mi conosce. Il tema della fragilità è al centro del mio percorso artistico da sempre. Mi sono sempre occupato di raccontare le storie di chi vive nell’ombra, di chi affronta dolori indicibili ma trova il coraggio di andare avanti. Non c’è nulla di costruito o artificioso in quello che porto sul palco, perché ogni parola nasce dalla mia esperienza personale. Quando sarai piccola è un modo per trasformare il dolore in bellezza.
Parliamo di Magazzino 18. È vero che per quel progetto è stato messo sotto scorta?
Sì, per tre anni e mezzo ho vissuto con la scorta. È stata una decisione della Digos, dopo che alcune minacce da gruppi politici estremisti erano diventate troppo serie per essere ignorate. Contestavano la mia versione degli eventi legati all’esodo istriano, nonostante tutto fosse basato su fatti storicamente riconosciuti. Fare spettacoli con polizia e carabinieri a protezione non è stato semplice, ma sapevo di aver fatto la scelta giusta. Oggi, quel magazzino è diventato un museo della memoria, e questo è il miglior risultato possibile.
A proposito di memoria, oggi sembra sempre più difficile preservarla, soprattutto nell’era dei social. Lei come vive questo rapporto con i nuovi media?
Ho imparato a tenere i social a distanza, soprattutto in momenti delicati come Sanremo. Li ho eliminati dal mio cellulare per tutta la durata del Festival. In passato sono caduto nella trappola di leggere compulsivamente ogni cosa che mi riguardava, ma non porta a nulla di buono. La memoria va preservata nella vita reale, non frammentata e dispersa tra like e commenti.
Stasera canterà La cura di Franco Battiato in duetto con Amara. È una canzone molto simbolica per lei, vero?
Sì, ha un significato speciale. Battiato la cantò qui all’Ariston proprio nell’edizione in cui vinsi con Ti regalerò una rosa. Dopo quel Festival, mi invitò a casa sua in Sicilia e trascorremmo insieme una giornata meravigliosa. Ricordo ogni istante di quel pomeriggio. La nostra versione di La cura sarà molto rispettosa dell’originale, ma anche molto personale.
Sta per uscire anche il suo nuovo disco?
Sì, esce una nuova versione di Dalle tenebre alla luce, con l’aggiunta del brano sanremese. È un progetto a cui tengo molto, perché racconta un viaggio interiore di trasformazione e rinascita.
Se vincesse al Festival, andrebbe all’Eurovision?
(ride) Non ci ho mai pensato seriamente. Fino a pochi giorni fa sembrava un’ipotesi remota, ma mai dire mai. Potrebbe essere un’esperienza divertente e stimolante.
Ivano Michetti dei Cugini di Campagna ha detto che, con quei ricci, lei è ormai il suo sosia.
Ah ah! In realtà, a Sanremo ho incontrato un signore identico a me. Gli ho chiesto se voleva fare tutte le interviste al posto mio. Magari avrei avuto un po’ di tempo per godermi il Festival in santa pace!
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Speciale Festival di Sanremo 2025
Quando Sanremo si trasforma in una sitcom, con Bresh nel ruolo principale!
Duetto con Cristiano De Andrè da rifare tre volte, backstage infuocato, bodypack volanti e amici in after party a petto nudo: il Festival di Bresh è stato più un reality che una gara canora.

Se Sanremo fosse una serie TV, quella di Bresh sarebbe stata la puntata più movimentata. Ospite del podcast Supernova di Alessandro Cattelan, il rapper genovese ha raccontato la sua indimenticabile (per vari motivi) esibizione alla serata cover del Festival 2025. Il duetto con Cristiano De André sulle note di Creuza de mä? Ripetuto ben tre volte. Prima per un microfono spento. Poi per un bodypack caduto. Infine, probabilmente, per un esaurimento collettivo dietro le quinte.
“Conti voleva andare spedito, ma non poteva”
Dopo il secondo fallimento tecnico, Bresh racconta: “C’è stato un tafferuglio serio alla genovese, abbastanza sanguigno”. Dietro le quinte, tra un cavo e una bestemmia, pare che i toni si siano alzati. Il commento sul conduttore Carlo Conti è tutto un programma: “Voleva andare spedito, ma non poteva. I suoi capelli sono diventati bianchi in un attimo”. Capelli che, per dovere di cronaca, erano già piuttosto bianchi da anni.
L’importante è il gruppo, anche se viene in after, senza maglia
A rendere la settimana sanremese ancora più surreale ci hanno pensato gli amici di Bresh, portati a Sanremo come una vera squadra di calcio. “Quindici persone, solo numeri 10”, ha detto. La sua fidanzata Elisa Maino? Presente. L’appartamento affittato per il clan? Pagato da lui. E la dirigenza Sony a colazione? Costretta ad assistere all’arrivo di amici in modalità “post-rave a torso nudo”. Se questo non è spirito ligure, non sappiamo cosa lo sia.
Nessun interesse per l’hype, solo vacanza e caos
Bresh ha tenuto a precisare che i suoi amici “non gliene fregava un ca**o di niente dell’hype”. Nessuna voglia di apparire, solo relax. E magari un po’ di caos organizzato. Per lui, la vera vittoria è stata portarsi dietro un pezzo di casa, tra focaccia e after party, microfoni difettosi e discussioni tra fonici e autori.
Ariston, ovvero… il bello dell’imprevisto
Alla fine, la terza esibizione è andata. Bresh e De André hanno salvato la performance e fatto pace con l’audio. Ma a rimanere nella storia non sarà l’intonazione, bensì il dietro le quinte. Dove Conti perdeva la pazienza – forse anche un paio di diottrie – e Bresh faceva del Festival la sua personale vacanza collettiva. A Sanremo si viene per la musica, sì, ma anche per ricordare che l’imprevisto è il vero spettacolo.
Speciale Festival di Sanremo 2025
Sanremo dice addio al Festival? La Rai punta su Torino per la rivoluzione della musica italiana

Per decenni, dire “Sanremo” ha significato dire “Festival della Canzone Italiana”. Ma questa associazione potrebbe presto diventare un ricordo. La decisione del Comune di Sanremo di indire una gara per l’organizzazione del Festival ha fatto infuriare la Rai, che ora lavora a un piano alternativo: portare la kermesse in un’altra città, trasformandola in un evento musicale senza più radici liguri.
Secondo quanto riportato dall’Adnkronos, la Rai starebbe valutando Torino come nuova sede della manifestazione. Il capoluogo piemontese, già apprezzato per l’organizzazione dell’Eurovision Song Contest nel 2022, sarebbe la location perfetta per garantire continuità all’evento. Il cambio di città porterebbe con sé anche un cambio di nome: non più “Festival di Sanremo”, bensì “Festival della Musica Italiana”.
La decisione è tutt’altro che definitiva, ma la tensione tra la Rai e il Comune di Sanremo è ormai evidente. Il servizio pubblico attende di conoscere i dettagli della delibera con cui la città ligure ha istituito il bando di gara, ma nel frattempo sta lavorando per garantirsi un’alternativa sicura, senza più il rischio di restare senza casa.
Sanremo vuole più soldi, la Rai si guarda intorno
Alla base dello scontro c’è una questione economica: il Comune di Sanremo ha alzato la base d’asta per la concessione della manifestazione a 6,5 milioni di euro l’anno, rispetto ai 5 milioni dell’attuale accordo. Oltre a questo, la nuova convenzione impone alla Rai l’obbligo di realizzare altri quattro programmi televisivi in città, ampliando l’impegno economico dell’azienda.
Queste condizioni non sono piaciute ai vertici di Viale Mazzini, che hanno deciso di studiare un’alternativa. L’ipotesi di spostare l’evento a Torino non è campata in aria: la città piemontese dispone di strutture moderne e di un’esperienza recente nell’ospitare eventi musicali di caratura internazionale.
Ma la questione è anche politica e legale. Il Comune di Sanremo ha preso questa decisione dopo che il TAR della Liguria ha dichiarato illegittimo l’affidamento diretto del Festival alla Rai, rendendo necessaria una gara pubblica. Il prossimo 22 maggio si discuterà il ricorso al Consiglio di Stato, ma la Rai non può permettersi di aspettare passivamente il verdetto.
Cosa succederà ora?
L’idea che il Festival possa abbandonare Sanremo dopo oltre 70 anni lascia increduli molti appassionati di musica e televisione. La Rai, dal canto suo, non può rinunciare a un evento che genera un giro d’affari enorme, con oltre 65 milioni di euro di raccolta pubblicitaria solo nell’ultima edizione.
Speciale Festival di Sanremo 2025
Marco Masini e Fedez, la verità su Sanremo: «Con Bella stronza eravamo soli contro tutti»
Marco Masini torna a parlare del suo Sanremo e del duetto con Fedez, tra critiche, censure e rinascita artistica. «Bella stronza? Abbiamo portato a casa un risultato incredibile». Nel podcast del rapper, il cantautore ripercorre la sua carriera tra accuse di sessismo, istigazione alla violenza e il periodo in cui era stato messo da parte dall’industria musicale. «Ma tutto passa, come le polemiche sui social».

La partecipazione di Marco Masini a Sanremo 2025 al fianco di Fedez ha acceso un dibattito acceso ancora prima che i due salissero sul palco dell’Ariston. La scelta della cover da eseguire nella serata dei duetti, Bella stronza, ha scatenato polemiche per il suo testo diretto, accusato negli anni di essere sessista e misogino. A questo si è aggiunto il gossip, con i più maliziosi che hanno collegato la scelta della canzone alla situazione sentimentale del rapper, reduce dalla rottura con Chiara Ferragni.
Ora, a distanza di settimane, Masini ha ripercorso quell’esperienza nel podcast Muschio Selvaggio, condotto da Fedez e Mr Marra, parlando non solo del Festival, ma anche della sua carriera, delle accuse che lo hanno segnato e del suo lungo periodo di allontanamento dall’industria musicale.
«Con Bella stronza eravamo soli contro tutti»
Durante l’intervista, Masini ha difeso il brano portato a Sanremo, sottolineando il successo ottenuto: «Eravamo soli contro tutti e abbiamo portato a casa un bellissimo risultato. Ma poi l’abbiamo portato a casa dopo, perché è l’unica cover che oggi è in classifica». Un’affermazione che sottolinea come, al di là delle critiche, la canzone abbia conquistato il pubblico, raggiungendo i vertici dello streaming e delle radio.
Il cantautore ha poi ripercorso i suoi esordi, ricordando il Festival del 1990, quando vinse tra le Nuove Proposte con Disperato. «È stato pazzesco, perché in un attimo mi sono ritrovato da musicista e autore per altri artisti a essere sul palco di Sanremo davanti a dieci milioni di persone».
Ma quel successo segnò anche l’inizio di un periodo complicato, fatto di censure e accuse pesanti. Disperato, infatti, venne attaccata per i suoi riferimenti considerati espliciti e Masini fu accusato addirittura di istigazione alla droga e alla violenza.
Le censure e il periodo nell’ombra
Se gli anni ‘90 furono segnati da una serie di hit di successo, la situazione cambiò dopo la vittoria sanremese del 2004 con L’uomo volante. Da lì in poi, Masini si trovò sempre più isolato nel panorama musicale, fino a scomparire quasi del tutto dalle scene. «Per un periodo nessuno mi chiamava più, ero stato messo ai margini. Ma nella mia mente c’era la convinzione che comunque queste cose passano, come passa una notizia sui social: oggi ti travolgono, domani c’è già qualcos’altro».
Nel tempo, l’artista ha imparato a vedere le cose con più distacco e a rimettersi in gioco. A Fanpage aveva spiegato: «Bisogna evitare il vittimismo. È sbagliato attribuire tutte le colpe agli altri. Il nemico più grande da fermare sei tu stesso. Devi lavorare su di te, senza farti prendere dal panico».
Oggi Marco Masini è tornato protagonista, con una carriera che continua a rinnovarsi e una nuova generazione di fan che lo riscopre. Sanremo, nonostante le polemiche, è stato un punto di svolta e il duetto con Fedez ha dimostrato che il suo repertorio è ancora attuale. Critiche o meno, la musica ha vinto.
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