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Spettacolo

Taac! Renato Pozzetto festeggia 85 anni tra ricordi, risate e follie sul set

Oggi, a 85 anni, Renato Pozzetto è ancora lo stesso ragazzo di campagna che guarda la vita con stupore e leggerezza, capace di trasformare in una battuta anche il ricordo più serio. Un’icona che ha attraversato epoche e generazioni, sempre fedele a quel suo umorismo gentile e irresistibilmente surreale.

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    Renato Pozzetto ha compiuto 85 anni il 14 luglio e ha festeggiato nella sua villa sul lago, circondato da figli, nipoti e amici di sempre come Massimo Boldi e Andrea Pucci. «Un casino bestiale», racconta lui stesso, con il sorriso che non lo abbandona neppure ripensando al malore di due anni fa, quando in quella stessa casa arrivò l’elicottero per portarlo d’urgenza al San Raffaele. «Mi hanno salvato», ricorda, consapevole di aver scampato un pericolo serio.

    La vita di Pozzetto è stata una lunga corsa tra comicità surreale, set cinematografici e passioni sfrenate per la velocità. La sua infanzia fu segnata dalla povertà e dalla guerra: sfollato a Gemonio con la famiglia, poi il ritorno a Milano nelle “case minime”, tra cortili dove già urlava il suo nome fingendo di esibirsi per un pubblico immaginario. Lì nacque anche l’amicizia con Cochi Ponzoni, «sfollato come me». I due, tra noia e chitarre, inventarono la comicità che li avrebbe portati prima nei piccoli locali come l’Osteria dell’Oca d’Oro e il Cab64, poi al mitico Derby Club, frequentato da artisti come Jannacci e Gaber. «Era un umorismo surreale, da bar: o scoppiava la risata subito, o mai più».

    La carriera al cinema lo ha consacrato tra i comici più amati. Pozzetto ha portato sullo schermo personaggi ingenui e disarmanti, diventati cult in film come Il ragazzo di campagna. Dietro le quinte, però, non mancavano le situazioni esilaranti: come la famosa scena in vasca con Edwige Fenech, interrotta per un problema alle luci. «Lei uscì, l’acqua scese, e io rimasi lì, da solo, nella secca e pure “su di giri”», ricorda ridendo. «Un tecnico mi disse: “Ah Pozzè, farai anche due lire, ma che vitaccia!”».

    Tra le donne del cinema, Mariangela Melato fu quella che più lo colpì per talento e fascino naturale. Sophia Loren, invece, l’ha “snobbato” ai David di Donatello, «ma da giovane, quando faceva la disperata, era imbattibile». La moglie Brunella, scomparsa nel 2009, non era gelosa: scelse di restare a Milano per seguire i figli e la madre, mentre lui faceva la spola tra casa e set romani, in anni in cui il treno impiegava una notte intera per arrivare.

    Pozzetto non ha mai nascosto la passione per i motori: dalla Parigi-Dakar del 1987, conclusa al quinto posto con Giacomo Vismara, alle gare di off shore con Stefano Casiraghi e il Principe Alberto di Monaco. Amicizie e avventure non gli sono mai mancate: da Diego Della Valle a Massimo Moratti, fino a Nino Frassica, con cui portò una mucca sul tetto del Bosco Verticale per vendere latte a prezzo di champagne ai ricchi condomini.

    Il tormentone «Eh la Madonna» nacque negli anni folli del Derby: «La dicevo quando qualche aspirante attrice mostrava il seno dopo che io e Cochi ci spacciavamo per i fratelli Taviani». E l’ironia non lo ha mai abbandonato, nemmeno in televisione, come quando rispose a Gigi Marzullo, che gli aveva posto una domanda filosofica impossibile: «Ma va a ca…!».

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      Personaggi e interviste

      Schwarzenegger in Vaticano: “Un esercito di crociati per salvare il pianeta”

      L’attore e politico ha ricordato le sue battaglie contro l’inquinamento e le politiche ambientali californiane. “Mai ascoltare i profeti del malaugurio. Possiamo fare la differenza se agiamo insieme. L’inquinamento uccide sette milioni di persone all’anno.”

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        “Possiamo raggiungere i nostri obiettivi se lavoriamo tutti insieme. Ci sono 1,4 miliardi di cattolici nel mondo, 200mila chiese e 400mila sacerdoti: immaginate il potere comunicativo che si può sprigionare con tutte queste persone coinvolte”. Con queste parole Arnold Schwarzenegger ha aperto la conferenza stampa in Vaticano dedicata all’ambiente, in vista dell’evento “Raising Hope for Climate Justice”, organizzato a Castel Gandolfo per celebrare i dieci anni dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco.

        L’ex star di Hollywood, oggi presidente dell’Usc Schwarzenegger Institute, ha parlato come un missionario del clima: “Ognuna di queste persone può essere un crociato dell’ambiente e contribuire a porre fine all’inquinamento”, ha detto, invitando la Chiesa cattolica a guidare una mobilitazione globale contro la crisi climatica.

        Schwarzenegger ha ricordato i suoi anni da Governatore della California, durante i quali introdusse leggi ambientali considerate tra le più severe al mondo. “Bisogna creare azioni concrete, non solo parole. Fin dai tempi del culturismo e della recitazione mi sono dato una regola: mai ascoltare i profeti del malaugurio”, ha raccontato.

        Con il suo stile diretto, l’attore ha voluto anche dare un messaggio di speranza economica: “La California è la quarta economia regionale al mondo, eppure ha ridotto l’inquinamento e aumentato le energie rinnovabili. Si può salvare il pianeta senza sacrificare il lavoro e la crescita.”

        A conclusione del suo intervento, l’ex Terminator ha ricordato il prezzo dell’inazione: “L’inquinamento uccide sette milioni di persone ogni anno. Abbiamo il dovere di lasciare la Terra migliore di come l’abbiamo ereditata.”

        La conferenza si è aperta con un momento ironico: il cardinale Jaime Spengler, presidente della Conferenza Episcopale del Brasile, rivolgendosi a Schwarzenegger, ha scherzato dicendo: “Pensavo fosse più grande… Lo schermo a volte causa qualche trasformazione.” Un modo leggero per accogliere l’“idolo di una generazione”, come lo ha definito lo stesso porporato, prima di affrontare un tema che più serio non si può: la salvezza del pianeta.

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          Televisione

          «Parrucchiere gay cercasi»: Uno Mattina finisce nel tritacarne dei pregiudizi

          Un annuncio discriminatorio in Abruzzo scatena un acceso dibattito in studio su Rai 1. Tra stereotipi, “radar per riconoscere i gay” e scuse che non bastano: sui social esplode la polemica.

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          «Parrucchiere gay cercasi»: Uno Mattina finisce nel tritacarne dei pregiudizi

            Un piccolo annuncio su Facebook, poi la discussione in diretta su Rai 1. È bastato un cartello: “Parrucchiere gay cercasi” — un salone di Montesilvano, in provincia di Pescara, ha pubblicato un’offerta di lavoro riservata esplicitamente a persone gay, suscitando subito reazioni.

            I giorni successivi all’annuncio, il messaggio è stato rimosso, ma il dibattito ha trovato nuova vita nello studio di Uno Mattina in Famiglia. La conduttrice Ingrid Muccitelli ha aperto il confronto chiedendo agli ospiti come Concita Borrelli e Alessandro Cecchi Paone se un parrucchiere gay possieda per forza più manualità, sensibilità o charme rispetto a uno eterosessuale.

            Le reazioni in studio

            Concita Borrelli ha risposto che «detto così mi fa i brividi», dicendo di non considerare l’orientamento sessuale una categoria professionale. Tuttavia, ha aggiunto che ha notato una maggiore predisposizione estetica tra le persone omosessuali e che il senso estetico. La sensibilità verso il bello siano tratti spesso associati nella percezione comune.

            La domanda che ha acceso maggiormente il dibattito è stata: «Ma il gay, come si riconosce?». Borrelli ha risposto: «Si riconosce, dai… usciamo da tutte le ipocrisie. Io ho i radar». Più precisamente: “basta un gesto, una parola, un ammiccamento della bocca, si vede…”

            Cecchi Paone ha preso una posizione più cauta: ha detto che, pur comprendendo la domanda provocatoria, non è possibile stabilire un metodo affidabile per riconoscere una persona gay. Ha messo in guardia sul rischio che tali affermazioni alimentino stereotipi dannosi, specialmente per chi vive in ambienti piccoli o più conservatori. Ha sottolineato che esistono soldati, camionisti e professionisti in settori tradizionalmente “maschili” che sono omosessuali, segno che l’orientamento sessuale non definisce la professione.

            Critiche esterne e richieste di intervento

            Le frasi pronunciate in diretta hanno subito generato scalpore sui social. Esponenti di organizzazioni per i diritti civili, il sindacato dei giornalisti (Usigrai) e la Commissione Pari Opportunità della Rai hanno denunciato che quelle affermazioni siano «una sequela di stereotipi e luoghi comuni».

            Il consigliere del CdA della Rai, Roberto Natale, ha definito alcune battute «indegne del servizio pubblico». Ha rimarcato che il contratto di servizio e il codice etico della Rai richiedono tutela delle minoranze e rispetto nella comunicazione, anche nelle trasmissioni “di intrattenimento”.

            Contesto e implicazioni

            L’episodio riflette questioni più ampie: il confine tra libertà di espressione e responsabilità mediatica. Il ruolo del servizio pubblico nel prevenire discriminazioni non esplicite, la difficoltà di superare stereotipi anche involontari nel linguaggio comune.

            Non è il primo caso in cui annunci di lavoro specificano criteri legati all’orientamento sessuale: la legge italiana vieta discriminazioni basate su identità di genere o orientamento sessuale, ma l’applicazione pratica resta complessa quando si tratta di “preferenze” che si giustificano con stereotipi (sensibilità, manualità, empatia).

            Il dibattito sollevato a Uno Mattina in Famiglia non è solo “rissa da social”. Mette in evidenza come certi stereotipi — che sembravano superati — siano ancora ben radicati e pronti a riaffiorare, anche in contesti che si credono più consapevoli.

            Parlare di “radar per riconoscere i gay” non è neutralità: è riaffermare che vi sia qualcosa da “indovinare”, da etichettare, anziché accettare la complessità dell’identità umana.

            Il pubblico servizio radiotelevisivo ha il dovere di educare anche attraverso le parole, non solo con i palinsesti. E questo scontro dimostra quanto sia necessaria una riflessione seria sul linguaggio, sui cliché quotidiani, sulle differenze tra desiderio di inclusione e perpetuazione di etichette.

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              Personaggi e interviste

              Enrica Bonaccorti: “Ho un tumore. Non farò più lo struzzo, voglio volare di nuovo”

              In una foto in sedia a rotelle, accompagnata dalla figlia Verdiana, la Bonaccorti annuncia di aver iniziato la sua battaglia più difficile. “Mi sono bloccata nell’assenza, come se il mio non esserci facesse sparire ciò che invece c’è. Adesso voglio affrontare tutto con coraggio”.

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                «Mi scuso con tutti, fino a oggi mi sono bloccata nell’assenza. Ma ora non farò più lo struzzo, ho voglia di volare di nuovo». Con queste parole, Enrica Bonaccorti ha scelto di rompere il silenzio e di condividere pubblicamente la notizia della sua malattia. La conduttrice, 74 anni, ha rivelato sui social di avere un tumore e di essersi ritirata dalla scena da quattro mesi, incapace di parlare anche con gli amici più cari.

                Nel post, accompagnato da una foto che la ritrae in sedia a rotelle mentre la figlia Verdiana la accompagna in ospedale, scrive: «È da tanto che non ci sentiamo e non ci vediamo, né qui né in televisione. Sono quattro mesi che mi sono nascosta, come se il mio non esserci facesse scomparire ciò che invece c’è». Un messaggio intimo, pieno di fragilità e di forza insieme, che ha subito commosso colleghi e fan.

                Bonaccorti non ha specificato la natura del tumore, ma ha spiegato di aver deciso solo ora di rendere pubblica la sua condizione, dopo un lungo periodo di paura e di silenzio. «Avevo sempre detto che, se mi fosse capitata la stessa cosa di Eleonora, non sarei stata capace di affrontarla come lei». Il riferimento è a Eleonora Giorgi, scomparsa a gennaio dopo aver combattuto con straordinaria dignità contro un cancro al pancreas.

                Oggi, la conduttrice e autrice, volto amatissimo della televisione italiana dagli anni Ottanta in poi, ha deciso di non nascondersi più. «Siamo all’inizio — ha aggiunto — ma ora che sono riuscita a dirvelo mi sento già più forte». Parole che suonano come un atto di liberazione, la scelta di affrontare la malattia senza più paura né vergogna.

                Il suo messaggio, sincero e privo di retorica, è diventato in poche ore virale. Tantissimi i messaggi di sostegno da parte del pubblico e del mondo dello spettacolo, che si è stretto intorno a lei. «Non farò più lo struzzo — ha concluso —, ora ho voglia di volare di nuovo insieme a voi». Una frase che racchiude tutta la sua determinazione: fragile, ma pronta a ripartire.

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