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Spettacolo

Jenna Ortega e Lady Gaga: il dietro le quinte che nessuno si aspettava

Jenna Ortega e Lady Gaga insieme sul set? Sì, è successo davvero! La giovane star di Hollywood ha condiviso il set della seconda stagione di Mercoledì con la popstar più camaleontica di sempre, creando un connubio tanto inaspettato quanto elettrizzante. La collaborazione ha acceso la curiosità dei fan e generato una valanga di ipotesi sul ruolo misterioso della cantante nella serie Netflix.

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    Durante un’intervista rilasciata a IndieWire, l’attrice Jenna Ortega non ha nascosto l’entusiasmo per questa esperienza unica. “Lavorare con Lady Gaga è stato incredibile. È una delle persone più talentuose e professionali che abbia mai incontrato. Ogni scena con lei era pura magia”, ha raccontato l’attrice, sottolineando l’atmosfera speciale creatasi sul set anche grazie alla direzione di Tim Burton. Oltre al talento, Ortega ha evidenziato un lato più umano della star: “Gaga è dolce, riservata e incredibilmente generosa. Non sai mai cosa aspettarti da lei, ma riesce sempre a sorprenderti con la sua energia e il suo spirito creativo”.

    Il mistero sul ruolo di Lady Gaga

    Se da un lato la Ortega ha elogiato la sua collega, dall’altro Lady Gaga ha mantenuto il massimo riserbo sulla sua apparizione in Mercoledì 2. “Non posso svelare nulla, ma posso dire che lavorare con Jenna è stato un vero spasso!”, ha dichiarato in un’intervista a Entertainment Weekly, alimentando ancora di più la curiosità dei fan. Le teorie su quale personaggio possa interpretare si sprecano: c’è chi pensa a un ruolo soprannaturale, chi ipotizza un cameo musicale e chi addirittura sogna un’apparizione nei panni di un’antenata della famiglia Addams. Netflix, nel frattempo, mantiene il massimo riserbo.

    Mercoledì 2: più horror, più cinema

    Oltre alla sorprendente presenza di Lady Gaga, Jenna Ortega ha anticipato che la nuova stagione di Mercoledì sarà ancora più oscura e cinematografica. “Ogni episodio sembrerà un mini-film, con atmosfere più cupe e horror rispetto alla prima stagione”, ha rivelato l’attrice, alimentando le aspettative del pubblico. Dopo il successo stratosferico della prima stagione, seconda solo a Squid Game per visualizzazioni tra le produzioni in lingua inglese su Netflix, la serie si prepara a tornare con nuove avventure alla Nevermore Academy. E con una colonna sonora potenzialmente arricchita da Lady Gaga, l’attesa è ancora più alta!

    Da Mercoledì a Beetlejuice: ancora insieme a Tim Burton

    Nel frattempo, Ortega non si ferma e continua la sua collaborazione con Tim Burton in un altro attesissimo progetto: il sequel Beetlejuice Beetlejuice. Dopo aver conquistato il pubblico con la sua interpretazione di Mercoledì Addams, l’attrice torna a lavorare con il maestro del gotico per un film che promette di essere un successo. Se il sodalizio tra Jenna Ortega e Tim Burton è ormai una certezza, l’incontro con Lady Gaga potrebbe aprire nuove porte per entrambe. Che sia l’inizio di una collaborazione più ampia tra la regina del pop e il mondo oscuro di Burton? I fan possono solo sperare!

    Quando due icone si incontrano

    L’incontro tra Jenna Ortega e Lady Gaga sul set di Mercoledì 2 ha creato un connubio esplosivo che ha già fatto impazzire i fan. Mentre il mistero sul ruolo della cantante rimane, una cosa è certa: l’alchimia tra le due attrici ha reso questa stagione ancora più attesa e affascinante. E voi, cari lettori di LaCity Mag, siete pronti a scoprire cosa succederà? Non resta che attendere la nuova stagione per svelare tutti i segreti di Nevermore!

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      Musica

      Lucio Corsi sotto attacco per una vecchia intervista: le frasi su Sanremo ed Elettra Lamborghini riemergono e scatenano i social

      L’artista toscano finisce nella tempesta per alcune dichiarazioni rilasciate quattro anni fa a Lifegate: citava Paolo Conte ed Elettra Lamborghini come esempi di generi distanti, ma il web insorge. Tra accuse feroci, fraintendimenti e qualche voce che lo difende, il caso diventa virale alla vigilia di Sanremo.

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        Basta una frase riemersa dal passato per trasformare un musicista in un caso social. È ciò che è successo a Lucio Corsi, che si è ritrovato travolto da commenti e accuse per un’intervista del 2020, rilasciata a Lifegate, tornata improvvisamente virale. All’epoca, senza particolari toni polemici, l’artista aveva espresso un pensiero piuttosto lineare: «Il Festival di Sanremo e la grande canzone oggi sono su due pianeti diversi… Ascolto Paolo Conte, non Elettra Lamborghini. Direi che è una cosa completamente differente, non ci dovrebbe essere un’unione tra le cose, sono pianeti diversi».

        Parole pronunciate quattro anni fa, in un contesto completamente diverso, ma che nel 2025 sono state reinterpretate con un fervore tipicamente da social. Nel giro di poche ore X e Instagram si sono riempiti di commenti al vetriolo: «Eccolo il classico finto umile che invece è il peggiore degli snob», scrive qualcuno. «Che tristezza sminuire così una collega», accusano altri.

        Il dettaglio più surreale? Molti utenti non si sono nemmeno accorti che l’intervista fosse del 2020. «Pensa voler cercare un po’ di visibilità adesso che lei è nel cast del Festival di Sanremo», ha commentato un utente, convinto che Corsi avesse parlato ieri e non durante un’altra epoca musicale, pre-pandemia e pre-rivoluzione social. Un cortocircuito perfetto per alimentare il tormentone del giorno.

        Tra insulti e giudizi affrettati, è arrivata anche l’accusa più inflazionata dell’ecosistema digitale: misoginia. «Ora è diventato misogino secondo Twitter perché anni fa ha osato dire che Paolo Conte ed Elettra Lamborghini artisticamente non sono allo stesso livello», replica un utente in sua difesa, ricordando l’ovvio: stava parlando di generi e linguaggi musicali, non di persone.

        E in effetti una piccola pattuglia di fan lo difende: «Ha solo detto il suo parere e voi siete ossessionati». Ma la dinamica è quella classica. Un estratto fuori contesto, una miccia accesa nel momento giusto — Sanremo alle porte, Elettra Lamborghini che torna sul palco, il clima infuocato del preselezioni — e il web si trasforma in tribunale.

        Corsi, da parte sua, non ha risposto. Scelta comprensibile: spesso il silenzio è l’unico modo per non alimentare un meccanismo che non cerca chiarimenti, ma bersagli. E così una vecchia intervista, nata per raccontare gusti e riferimenti artistici, diventa l’ennesima tempesta in un bicchiere digitale, con i ruoli assegnati prima ancora che inizi la discussione.

        Il resto lo farà la timeline, che già domani avrà un nuovo colpevole su cui esercitarsi. Nel frattempo, la frase di Corsi resta lì: un’opinione sulla musica. Nulla di più, nulla di meno.

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          Televisione

          Fiorello perde la bussola davanti a Can Yaman: l’effetto Sandokan che fa vacillare anche le certezze più granitiche

          Durante la sua rassegna mattutina Fiorello ha confessato, con l’ironia che lo contraddistingue, di essere rimasto “ipnotizzato” dal protagonista della serie evento. Tra camicie aperte, galoppate al rallentatore e fascino debordante, il nuovo Sandokan conquista anche chi pensava di essere immune.

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            Fiorello lo ha detto senza filtri, con quel tono da showman che trasforma ogni battuta in un terremoto mediatico: «Io, devo essere sincero, l’ho guardato Sandokan, ma la mia eterosessualità ha vacillato più volte». Il pubblico è esploso. Perché quando a pronunciare una frase del genere è uno dei volti più solidi della televisione italiana, l’effetto è immediato: risate, meme, condivisioni virali.

            La confessione arriva dopo la prima puntata del nuovo Sandokan su Rai 1, dove Can Yaman — protagonista assoluto — è diventato in poche ore l’argomento più discusso sui social. Fiorello, da perfetto termometro del Paese, ha colto l’onda e l’ha trasformata in un piccolo monologo irresistibile. «C’è stata una scena — ha raccontato — in cui lui, al rallentatore, galoppava con la camicia aperta… una roba bellissima. Io lì ho detto: “Beh, quasi quasi”».

            Il conduttore ha giocato come sempre sul filo dell’ironia, restituendo però una sensazione che molti, anche senza ammetterlo pubblicamente, hanno probabilmente provato. Perché l’operazione Sandokan, al netto delle critiche e dei giudizi artistici, ha lavorato soprattutto sul piano dell’immagine: il corpo di Yaman è diventato un linguaggio parallelo, un richiamo continuo all’epica del bello e dell’eroico.

            Fiorello ha trasformato tutto in una gag perfetta, sottolineando come la scena a cavallo fosse “girata apposta per far crollare certezze”, e aggiungendo che “chi non ci ha fatto un pensierino?” È il tipo di battuta che solo lui può permettersi: leggera, pop, capace di sintetizzare un fenomeno culturale con poche parole ben piazzate.

            La forza del personaggio Sandokan — anche in questa versione televisiva dal gusto patinato — sta proprio nella sua capacità di scatenare immaginari. E il commento di Fiorello diventa una cartina di tornasole del momento: Can Yaman sarà pure divisivo nella recitazione, ma come icona pop non teme rivali. Il suo volto, il suo fisico, il suo carisma a telecamera accesa sono diventati materia di conversazione nazionale.

            La frase di Fiorello, già rimbalzata ovunque, segna l’ennesima conferma del potere del personaggio. E dimostra, ancora una volta, come la televisione sappia creare cortocircuiti imprevedibili: bastano un cavallo, una camicia svolazzante e un attore dal fascino debordante per scatenare un commento che diventa trend in poche ore.

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              Teatro

              Fuoco, scandalo e applausi: la Scala apre con “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Šostakovič

              Un’opera bandita per decenni, un cast internazionale, una serata da record: la scelta di “Lady Macbeth” rilancia la Scala come palcoscenico di conflitti e bellezza — ma non mancano le ombre.

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              la Scala apre con “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Šostakovič

                Come da tradizione, già dalle prime ore del pomeriggio del 7 dicembre decine di manifestanti si sono radunati all’esterno del teatro, dietro le transenne che delimitano gli accessi. Proteste pacifiche — per la pace, contro la guerra — che da qualche anno accompagnano l’inaugurazione della stagione, subito prima che cali il sipario.

                Alle 18 in punto è cominciato lo spettacolo: l’opera scelta per inaugurare la stagione 2025-2026 è “Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk” di Dmitrij Šostakovič. Un titolo forte, carico di storia e di controversie, capolavoro del Novecento che torna in scena a Milano con una produzione nuova, diretta dal maestro Riccardo Chailly e messa in scena da Vasily Barkhatov.

                In sala, tra platea e palchi, si sono stretti politici, imprenditori, star dello spettacolo, giornalisti e rappresentanti dell’alta finanza: un parterre di élite che ha contribuito a trasformare la Prima della Scala in un evento mediatico con eco internazionale.

                Un’opera dal passato tormentato

                “Lady Macbeth del distretto di Mcensk” debutta nel 1934 a Leningrado: un’opera intensa, coraggiosa, violenta e diretta, ispirata al racconto di Nikolaj Leskov. Nel 1936 una recensione demolitiva sulla rivista ufficiale del regime sovietico — intitolata “Caos invece di musica” — la condanna, e l’opera viene bandita. Per decenni il suo messaggio forte e scomodo resta censurato.

                Tornata in repertorio molti anni dopo, la Scala ha scelto di proporre ora la versione originale del 1934: un deciso ritorno alle origini, per rispettare la forza drammatica e la visione originaria di Šostakovič.

                Emozioni, applausi… e dibattito

                All’uscita del sipario, il pubblico si è alzato in piedi: una ovazione di circa 11 minuti, rara e fragorosa. Niente fischi, né mugugni: solo applausi lunghi, intensi, convinti.

                Il soprano protagonista, Sara Jakubiak, nel ruolo di Katerina, ha scherzato: “Domani vado alle terme”, commentando con ironia e sollievo l’impegno titanico richiesto dal personaggio. Una battuta che sdrammatizza ma sottolinea la potenza vocale e drammatica offerta in scena.

                Molti i commenti positivi alla regia, all’orchestra, al coro. Per l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, l’opera è “potente, drammatica, attuale”: un ritorno di un’opera controversa che apre la stagione con coraggio.

                Ma non mancano le voci critiche. Alcuni — come il presidente di una commissione parlamentare — si dicono “perplessi”: ritengono l’allestimento “anti-stalinista” in conflitto con valori come la tutela delle donne, in relazione alla storia della protagonista. Un dibattito che ovviamente prosegue fuori dal teatro, come ogni Prima che decide di osare.

                Record e numeri da gala

                La scelta della Scala ha già pagato: secondo fonti ufficiali, l’incasso per la serata inaugurale ha superato i 2,8 milioni di euro — il più alto nella storia recente delle Prime scaligere. Un segnale forte: non solo un evento di élite, ma un vero fenomeno culturale e mediatico.

                E la trasmissione in diretta su Rai1, Radio3 e RaiPlay garantirà che milioni di spettatori possano assistere a questo momento, amplificando il dibattito sull’opera, sull’arte, sulla storia.

                Un’apertura che fa discutere — e riflettere

                Questa Prima della Scala non sarà ricordata solo come un evento mondano. La scelta di un titolo dal passato travagliato e politicamente carico è una dichiarazione: il teatro non deve essere solo consolazione, ma anche provocazione, memoria, stimolo al dialogo.

                Quando le luci si spengono e il sipario cala, resta la domanda: perché rappresentare ancora oggi un’opera censurata per decenni? Forse perché l’arte, quella vera, ha il potere di tornare a disturbare, a interrogare, a far pensare. E quando lo fa, non è un gesto nostalgico: è un atto di coraggio.

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