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Televisione

La destra si siede, Perfidia la inchioda! Giorgia Meloni “da colle Oppio a molle Oppio”: poltrone comode, svolta moscetta e addio alla grinta che fu.

La destra di Giorgia Meloni, da sempre ostentatamente coesa e grintosa, sembra aver abbandonato le sue radici più ruvide per un comodo approdo nei salotti del potere. Perfidia, con Antonella Grippo al timone, smonta la “nouvelle vague” meloniana: radical-chic, compromessi europei e un tono più “molle” che mai. Una serata di critiche, ironia pungente e ospiti d’eccezione per raccontare una destra che si scopre “moscia” e democristiana.

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    Era il 1998 quando la storica sede del Movimento Sociale di Colle Oppio ospitò la prima festa di Atreju, sotto l’egida di Azione Giovani guidata da Giorgia Meloni. Oggi quella stessa manifestazione si tiene al Circo Massimo, nel centro di Roma. Segno di una vittoria elettorale indiscutibile. Ma la destra italiana diventata di governo, sembra vivere una svolta sedante e “perbene”. Il cuore pulsante di Fratelli d’Italia è davvero diventato cattolico, liberale e democristiano? Si sta veramente trasformando in qualcosa di elegantemente conservatore e liberista?

    Sono queste le domande al centro della nuova puntata di Perfidia, lo show più irriverente e malandrino della televisione italiana. Antonella Grippo, satanicamente di rosso vestita, annuncia il titolo provocatorio: Da Colle Oppio a molle Oppio. Un affondo che, per chi conosce le radici della destra italiana, non passa certo inosservato.

    “Se so’ ammosciati?” si chiede la matadora del salotto più scorretto di LaC. E per discutere della “svolta moscetta” della destra italiana, la Grippo sfodera uno studio degno delle grandi occasioni. Altro che Bruno Vespa o Giovanni Floris: accanto a lei ci sono Roberto Fico, ex presidente della Camera e volto del Movimento 5 Stelle, lo scrittore Fulvio Abbate, Bobo Craxi, figlio d’arte e rappresentante del PSI, il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, l’irriducibile Gianni Alemanno, Roberto Castagna della Uil e il vicedirettore de Il Giornale, Francesco Maria Del Vigo.

    Un parterre di tutto rispetto, insomma, ma forse proprio per questo meno ruspante del solito. Lo studio, spesso teatro di scintillanti scontri dialettici degni di un incontro di wrestling, sembra quasi trasformato in un salotto di buone maniere in un tripudio di “grazie”, “prego” e “si figuri”. Le risse verbali, di norma all’ordine del giorno, lasciano il posto a toni civili e a un florilegio di frasi di cortesia. Nessuno che parla sopra l’altro, neppure un accenno d’isterica reazione. L’essenza trasgressiva e dissacrante di Perfidia sembra momentaneamente sospesa.

    Ma ecco il colpo di scena. La Grippo, maestra nell’arte della provocazione, tira fuori dal cilindro una biografia della Meloni, in perfetto stile Perfidia che dà la scossa riportando la serata sui binari consueti: “Giorgia nasce da una relazione extraparlamentare tra Italo Balbo, Rita Pavone, Er Pecora e donna Assunta, con il concorso esterno di Romolo, Remo e Lando Fiorini. Diventa leader di un’audience elettorale di barcaroli eversivi e contro-corente…”.

    La storia continua, sottolineando il temperamento “cazzuto e tosto” della Meloni, la sua natura “sana, fascia e sgarbatella”. Spiega la conduttrice: “Presiede Azione Giovani, giovinezza e primavera di bellezza. Silvio la designerà ministro nel suo quarto Governo. La scelta non poteva essere più pertinente, finalmente una camicia… vera contro le solite camicette vezzose e rosa dell’entourage berlusconiano”. La conclusione è dissacrante: “Di Giorgia tutti magnificano la coerenza, ma per dirla con Oscar Wilde, la coerenza è tipica degli intelletti poco creativi e privi d’immaginazione.”

    L’ironia tagliente della Grippo riaccende il dibattito. Roberto Castagna spara a zero sul governo, accusando Fratelli d’Italia di essersi ammorbidito per lasciare a Salvini il ruolo del “cattivo di turno”. Roberto Fico rincara la dose: “Dopo tante parole da parte della Meloni, mi aspettavo un combattimento serrato in Europa, invece appena le hanno proposto il patto di stabilità si è arresa e ha firmato senza batter ciglio.” E a proposito del cambiamento in atto nel M5S non le manda a dire: “Troppa pudicizia lessicale da parte di Conte? I termini lasciano il tempo che trovano. A me destra o sinistra fregano poco, credo al progressismo. Noi non saremo mai alleati con la destra del Paese”.

    A mettere una lapide, sottoscrivendo la mollezza della nouvelle vague meloniana, è Gianni Alemanno che, da uomo di “extradestra”, offre una riflessione amara: “Giorgia ha cancellato la destra sociale. Quando si arriva alle poltrone comode, ci si siede e ci si avvia verso una morte dolce. È già successo a Fini.”

    A dare manforte alla teoria del “molle Oppio” della destra di governo ci pensano lo scrittore Fulvio Abbate e Bobo Craxi, che con il loro libro Gauche Caviar affondano il coltello nelle contraddizioni della politica: “Per Meloni, l’antifascismo è una posa radical-chic. Anche l’Europa è una radical-chic per certa destra. Tutto quello che non si vuole affrontare è radical-chic. La Meloni dovrebbe dare delle risposte politiche alle domande che le arrivano dal Paese, per questo preferisce andarsene all’estero”. Poi Abbate rincara: “Se un giornalista Rai fa una domanda scomoda gli rinfacciano di non fare servizio pubblico. Non c’è più dialettica: dissentire è rosicare, discutere è gufare.”

    Craxi, stimolato dalla Grippo, cerca di spiegare il suo socialismo con una battuta: “È quello che permette ai meno abbienti di vedere il mare, non solo alla Santanchè e Briatore.” Poi, tornando serio, critica il governo per i toni trionfalistici: “Ci sono cinque milioni di italiani che non vivono dignitosamente. È il caso di evitare certi atteggiamenti compiaciuti e i toni trionfalistici.”

    A stemperare ci pensa Giuseppe Falcomatà che è l’unico che accetta l’invito di avvicinarsi al pianoforte e intonare Maledetta Primavera. La performance, abbondantemente dignitosa, lo proietta nell’ipotetico X Factor della politica. Ma il sindaco di Reggio Calabria mira più in alto e, stuzzicato a dovere dalla conduttrice, ammette: “Sono a disposizione del centro sinistra per la candidatura a Presidente della Regione Calabria.” Poi chiude il tema della serata con una stoccata memorabile: “Se il riferimento della destra di oggi è Elon Musk – tra droghe, sesso e famiglie allargate – siamo ben oltre l’oppio. E non sto parlando del colle.” Applausi!

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      Televisione

      Milly Carlucci rompe il silenzio sul lutto di Andrea Delogu e annuncia che “Ballando” andrà in onda: “È la crudeltà del nostro mestiere”

      La conduttrice ha espresso vicinanza alla collega, sconvolta dalla tragedia familiare, spiegando che lo show non si fermerà “per portare evasione e speranza”. Delogu, ancora in silenzio pubblico, ha definito il momento “devastante”.

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        La televisione non si ferma, anche quando la vita presenta il conto più duro. A La Vita in Diretta, Milly Carlucci ha scelto toni sobri e pieni di rispetto per commentare il lutto che ha colpito Andrea Delogu, colpita dalla scomparsa improvvisa del fratello minore. Il dolore che scuote l’intero ambiente televisivo ha trovato spazio in un intervento breve ma sentito, con la conduttrice che ha spiegato perché Ballando con le Stelle non rallenterà il suo percorso.

        “Siamo tutti con lei”
        “Non ci sono parole per descrivere ciò che è accaduto e non riesco nemmeno a immaginare cosa stia provando Andrea in questo momento. Noi le siamo tutti vicini. Ieri l’abbiamo sommersa di messaggi”, ha detto Carlucci, visibilmente colpita. La notizia, arrivata come un fulmine nella settimana che precede una nuova puntata del programma, ha raccolto un’ondata di affetto verso la conduttrice e scrittrice, figura amatissima dal pubblico.

        Il dolore e il dovere di andare in scena
        Un passaggio in particolare ha sintetizzato il difficile equilibrio tra emozione e responsabilità televisiva: “Il lutto che l’ha colpita ci ha profondamente scossi. Ma noi siamo come i circensi, come i teatranti: è la crudeltà del nostro mestiere. Dobbiamo comunque andare in onda, qualunque cosa accada, perché il nostro compito è portare evasione e speranza”. Parole che raccontano la tensione di chi lavora nello spettacolo e conosce la regola non scritta secondo cui lo show, spesso, non può fermarsi.

        Il silenzio di Delogu e il rispetto dell’ambiente tv
        Nessuna dichiarazione ufficiale, finora, da parte di Andrea Delogu. Contattata da la Repubblica, si è limitata a dire: “È un momento devastante, non mi sento di dire nulla”. Un’espressione asciutta, che dice tutto senza aggiungere altro. La riservatezza è stata rispettata da colleghi e pubblico, che sui social scelgono toni sobri e messaggi di affetto, rimandando ogni riflessione a quando la conduttrice vorrà tornare a parlare.

        Nel frattempo, Ballando con le Stelle proseguirà il suo cammino. Lo farà in un clima inevitabilmente diverso, con una vicinanza silenziosa che vale più di mille parole. Perché, anche quando la luce dei riflettori resta accesa, la vita reale continua a bussare, e a volte lo fa nel modo più duro possibile.

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          Televisione

          Charlie Hunnam, l’uomo che guarda nell’abisso: “Interpretare Ed Gein mi ha terrorizzato”

          Tra trasformazioni fisiche estreme, introspezione psicologica e la sfida di umanizzare il male: il ritorno di Hunnam segna una delle prove più intense della sua carriera.

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          Charlie Hunnam

            Non è facile spaventare Charlie Hunnam. Eppure, lo stesso attore che per anni ha incarnato il carisma ribelle di Sons of Anarchy ammette che il suo ultimo ruolo lo ha «terrorizzato». Il motivo è semplice: per la terza stagione della serie antologica di Netflix Monster, ideata da Ryan Murphy e Ian Brennan, Hunnam è chiamato a vestire i panni di Ed Gein, il serial killer del Wisconsin la cui storia ha ispirato capolavori come Psycho, Non aprite quella porta e Il silenzio degli innocenti.

            L’interpretazione ha richiesto all’attore britannico un’immersione profonda e disturbante nei meandri della mente umana. «Questo ruolo mi ha costretto a guardare il lato più oscuro dell’uomo — ha raccontato in un’intervista —. Non volevo che diventasse una caricatura del male. Dovevo capire come un essere umano possa arrivare a tanto».

            Un viaggio nella follia americana

            Ambientata negli anni Cinquanta, Monster: La storia di Ed Gein ricostruisce la vicenda del “macellaio di Plainfield”, noto per i suoi crimini che scioccarono l’America rurale. Dopo il successo mondiale delle precedenti stagioni dedicate a Jeffrey Dahmer e John Wayne Gacy, la nuova serie ha debuttato in vetta al catalogo Netflix, generando al contempo entusiasmo e polemiche per il modo crudo e realistico con cui rappresenta la violenza.

            Hunnam, 45 anni, ha dovuto affrontare un intenso lavoro di preparazione: ha perso circa 14 chili per riprodurre la corporatura esile del vero Gein, ha studiato ore di registrazioni dell’interrogatorio e ha visitato la sua cittadina natale. «La parte più difficile non è stata la trasformazione fisica, ma la comprensione psicologica», ha spiegato. «Dietro le sue azioni c’erano traumi, isolamento e una malattia mentale mai curata. L’obiettivo era mostrare l’uomo prima del mostro».

            Da Newcastle a Hollywood: la parabola di un ribelle

            Nato nel 1980 a Newcastle upon Tyne, Hunnam è cresciuto nel nord industriale dell’Inghilterra, tra pub, campi da calcio e una famiglia segnata da difficoltà economiche. Dopo un’infanzia turbolenta e un trasferimento forzato nella tranquilla Cumbria, trova nella recitazione la sua via di fuga. Scoperto quasi per caso da un talent scout della BBC, debutta a 17 anni nella serie Byker Grove e poco dopo conquista l’attenzione del pubblico in Queer as Folk, dove interpreta un adolescente alla scoperta della propria identità.

            Il salto internazionale arriva con Sons of Anarchy (2008–2014), in cui dà vita a Jax Teller, il tormentato leader di una gang di motociclisti. Quel ruolo lo consacra come icona maschile e simbolo del ribelle moderno. Da allora, alterna cinema e tv in produzioni di prestigio come Pacific Rim di Guillermo del Toro, Civiltà perduta di James Gray, King Arthur e The Gentlemen di Guy Ritchie.

            Il metodo Hunnam: tra dedizione e tormento

            Per affrontare il ruolo di Gein, l’attore ha adottato un metodo quasi ascetico. «Ho vissuto da solo per settimane, limitando i contatti con il mondo esterno», ha rivelato. Durante le riprese, ha evitato ogni distrazione, immergendosi completamente nella parte. «Più studiavo la sua vita, più capivo che interpretarlo significava affrontare le paure più profonde, le mie e quelle di chiunque».

            Al termine delle riprese, Hunnam ha compiuto un gesto simbolico: ha visitato la tomba di Ed Gein, lasciandosi alle spalle il personaggio. «Ho voluto salutarlo — ha detto —. Gli ho promesso che avrei raccontato la sua storia con rispetto, ma che non l’avrei portato con me».

            Critiche e riflessioni: chi è il vero mostro?

            Come spesso accade con le opere di Ryan Murphy, anche questa stagione ha sollevato dibattiti sull’etica della rappresentazione del male. Hunnam, però, difende la scelta artistica: «Non stiamo glorificando la violenza. La nostra intenzione è capire. Mostrare il male per ciò che è: un fallimento umano e sociale».

            E lancia una provocazione: «Gein era il mostro della storia, ma chi è il mostro oggi? Hitchcock, che ha trasformato la sua vicenda in intrattenimento? O noi spettatori, che guardiamo queste storie per sentirci al sicuro di fronte all’orrore degli altri?».

            Un attore, due vite

            Lontano dai set, Hunnam conduce un’esistenza sorprendentemente riservata. Da quasi vent’anni è legato alla designer di gioielli Morgana McNelis, con cui vive in California, tra natura e discrezione. «Sono con lei da metà della mia vita», ha raccontato. «Non ho bisogno di un certificato per sapere che è la persona giusta».

            Nel 2025, con Monster: La storia di Ed Gein, Hunnam dimostra di essere più di un sex symbol o di un eroe da action movie: è un attore che non teme di sporcarsi le mani con l’oscurità. E forse è proprio questa vulnerabilità, questa capacità di guardare dentro l’abisso senza arretrare, che lo rende — ancora oggi — una delle figure più complesse e affascinanti di Hollywood.

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              Televisione

              Marcella Bella contro i giudici di Ballando con le stelle: lo sfogo rovente della cantante scatena polemiche

              Dalla televisione al botta e risposta pubblico: lo sfogo di Marcella Bella contro i giudici di Ballando con le stelle — con accuse di mortificazione e frasi forti — riporta al centro il dibattito sul tono del confronto televisivo e sui limiti tra critica professionale e attacco personale.

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                Parole che squarciano la calma: Marcella Bella si scaglia con veemenza contro i giudici di Ballando con le stelle, definendo quello che riceve «accanimento» e ribadendo un senso di umiliazione personale. «Questo accanimento nei miei confronti comincia ad essere grave. Io mi sento mortificata…Mi tagliano la testa? Mi sputano addosso? Mi lanceranno le monetine appresso? Mi hanno detto che ho gli occhi tristi, ma quali occhi tristi? Io sono incazzata nera. Gli metterei le dita negli occhi a questi qui, a tutti e cinque». Sono parole forti, che non lasciano spazio a mediazioni emotive: la cantante mostra frustrazione e rabbia, e il caso è già alimento per pagine social e tavoli televisivi dove il teatrino del giudizio incontra la sensibilità dell’artista.

                Il contesto: performance, critiche e reazioni

                In un talent-show il confronto è parte del format: i giudici valutano, commentano, anche in termini ruvidi; i concorrenti si espongono e accettano la platea. È però inevitabile che certe precisazioni generino attrito. Quando a esprimersi è una figura conosciuta come Marcella Bella, le parole diventano notizia: non soltanto per il contenuto dello sfogo, ma per la questione più ampia che pone — dove tracciare il confine tra critica professionale e offesa personale? E come devono comportarsi talent e giurie in uno spazio pubblico che amplifica ogni frecciatina?

                Polemiche e responsabilità del piccolo schermo

                Il linguaggio dello spettacolo è spesso teatrale, volutamente esasperato per produrre share e commenti. Resta però la domanda: quanto spazio va lasciato all’aggressività verbale, e quanto alle scuse o alle chiarificazioni? Le reazioni a caldo, come quella di Marcella Bella, mettono in luce una dinamica fragile: da un lato l’attrazione per il conflitto mediatico, dall’altro il rischio di superare il limite della dignità personale. In questo senso, la vicenda non si esaurisce in un battibecco tra platee televisive: solleva riflessioni su come si costruisca il racconto dello spettacolo e su chi debba farsi carico dei toni — il conduttore, la produzione, la giuria o gli stessi protagonisti.

                Per ora la dichiarazione di Marcella Bella resta un segnale chiaro: la tensione è alta e il confronto, televisivo e sociale, è destinato a proseguire. Il resto lo dirà la prossima puntata e, probabilmente, le eventuali repliche pubbliche dei diretti interessati.

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