Televisione
La frecciata di Conti contro Amadeus: a “La Pennicanza” su Radio2, una velenosa battuta su “Like a Star”
Carlo Conti non ha resistito alla tentazione e, ospite di Fiorello a “La Pennicanza” su Radio2, ha sfoderato un colpo di ironia. Invitato a promuovere lo show “Like a Star” di Amadeus, Conti ha commentato: “Una serata Tale e Quale a tante altre? No, molto meglio”. Un riferimento tutt’altro che casuale, che sembra mettere in discussione la presunta originalità del programma di Amadeus sul Nove. Una frecciatina elegante ma pungente che ha scatenato l’ilarità, e qualche imbarazzo.

A Fiorello basta poco per accendere il fuoco dell’ironia. Così, quando Carlo Conti è intervenuto in diretta a La Pennicanza su Rai Radio2, lo showman siciliano ha lanciato la sfida: “Ti abbiamo chiamato per una cosa, vogliamo vedere se riesci a farla”. Il compito era semplice solo in apparenza: realizzare uno spot improvvisato per “Like a Star”, il nuovo programma di Amadeus in onda sul Nove. Conti, però, non si è tirato indietro e con la sua solita verve ha confezionato una frase che sembra una carezza e invece…
“Stasera sul Nove Like a Star con Amadeus da non perdere. Una serata Tale e Quale a tante altre? No, molto meglio.”
Una battuta che ha fatto subito centro. E il riferimento a Tale e Quale Show, lo storico varietà del sabato sera di Rai1 condotto da Conti stesso, non è passato inosservato. La citazione, tutt’altro che casuale, suona come una sottile frecciata, quasi a sottolineare come l’idea di fondo del nuovo show di Amadeus ricordi da vicino proprio lo storico programma di Rai1.
Fiorello, colto di sorpresa o forse desideroso di non alimentare la polemica, ha preferito spostare l’attenzione con un laconico: “Grande Carlo Conti!”. Ma il messaggio era già chiaro, e sui social si è subito acceso il dibattito.
Del resto, la somiglianza tra i due programmi non è sfuggita a molti. Like a Star si presenta come una celebrazione delle imitazioni e delle performance canore dei vip, un format che richiama da vicino l’ossatura di Tale e Quale Show. E la “frecciata al curaro” di Conti sembra proprio una presa di posizione elegante ma decisa, a difesa di un programma che lui stesso ha contribuito a rendere uno dei punti fermi del palinsesto Rai.
Non è la prima volta che il conduttore toscano usa l’arma dell’ironia per lanciare messaggi chiari e precisi. Conti, sempre pacato e misurato, sa come trasformare una semplice frase in una stoccata sottile. E così, mentre Fiorello sorrideva e cercava di glissare, il pubblico ha colto l’allusione e l’ha rilanciata in rete come un vero e proprio “assist” alla memoria del varietà originale.
La sfida tra i due programmi resta tutta da giocare, ma intanto la partita dell’ironia l’ha vinta Carlo Conti. Con una sola frase, ha ricordato a tutti chi è il vero “padrone di casa” del varietà all’italiana. E, come sempre, lo ha fatto con garbo e stile.
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Televisione
Can Yaman presenta il suo Sandokan: «Un viaggio emotivo, mi ha reso un attore migliore»
Can Yaman ha infiammato il red carpet dell’Italian Global Series Festival a Rimini. Mano nella mano con la nuova fidanzata Sara Bluma, ha svelato i retroscena della serie evento Sandokan, prodotta da Lux Vide con Rai Fiction: «Questo ruolo mi ha cambiato dentro».

È un Can Yaman inedito, più maturo, sereno e visibilmente innamorato. L’attore turco ha catalizzato l’attenzione dei media e dei fan presentandosi sul red carpet con la nuova fidanzata, la deejay campana Sara Bluma, con cui ha ufficializzato la relazione. Ma l’occasione era soprattutto professionale: presentare in anteprima Sandokan, la serie evento targata Lux Vide e Rai Fiction, che lo vede protagonista assoluto nel ruolo iconico della Tigre della Malesia.
«Questo personaggio mi ha cambiato dentro, mi ha reso un attore migliore», ha detto Yaman, visibilmente emozionato. Le riprese si sono appena concluse dopo quattro mesi intensissimi: «È stato come girare quattro film di fila». E in effetti il progetto è ambizioso: cast internazionale, location spettacolari, effetti visivi da kolossal. Con lui sul set anche Alessandro Preziosi, Ed Westwick, John Hannah e la giovane Alanah Bloor. Una squadra che ha lavorato giorno e notte per restituire al pubblico italiano – e non solo – un Sandokan più contemporaneo e profondo.
L’attore ha raccontato di essersi trasferito in Italia proprio per questo ruolo, un progetto che ha inseguito per anni: «Avevo paura che il Covid avesse fermato tutto, sono stati mesi difficili. Quando abbiamo iniziato davvero a girare, mi sono sentito l’uomo più felice del mondo». Il suo Sandokan sarà diverso: meno pirata, più eroe romantico e spirituale, con un arco narrativo che esplora anche il suo passato e la nascita del suo mito.
Intanto, sul fronte privato, l’annuncio della relazione con Sara Bluma ha fatto rumore. La coppia si è mostrata affiatata, con look firmati Dolce&Gabbana perfettamente coordinati. Alcune fan hanno storto il naso, ma Can ha risposto su Instagram con parole semplici: «Non bado alle critiche, tengo a Sara». E poi ha preferito concentrarsi sul lavoro: Sandokan uscirà su Rai 1 e si pensa già alla seconda stagione per il 2026. Una terza sarebbe già in cantiere.
Una Tigre della Malesia più intensa, più umana, forse anche più vicina al pubblico moderno. E un Can Yaman nuovo, che sembra davvero pronto a conquistare il cuore degli italiani. Di nuovo.
Televisione
Barbara D’Urso rivendica le sue rughe: «Non mi sono mai rifatta, le luci sì ma il volto è tutto mio»
A 68 anni, pronta a scendere in pista a Ballando con le Stelle, Barbara D’Urso racconta la sua scelta di non ricorrere alla chirurgia estetica e lancia una stoccata: «Le mie luci? In tv le hanno copiate tutti».

Barbara D’Urso non ha dubbi e, a modo suo, rilancia con orgoglio l’immagine di donna che non teme il passare del tempo. Invitata sul palco dell’evento “Il tempo delle donne” del Corriere della Sera, la conduttrice ha voluto chiarire una volta per tutte le voci sui presunti ritocchi estetici che da anni l’accompagnano. «Non mi sono mai rifatta – ha dichiarato –. Labbra, seno, naso: è tutto mio. Non faccio neanche il botulino, nemmeno le punturine. Perfino le unghie sono le mie».
Parole che hanno subito acceso il dibattito, perché D’Urso ha costruito gran parte della sua carriera anche sull’immagine, ma rivendica di non aver mai ceduto al bisturi. «Ho 68 anni ed è naturale che io abbia le rughe – ha aggiunto –. Le porto con orgoglio, soprattutto quando sono struccata. Ho fatto una scelta precisa: niente interventi. Io sono così».
Da qui l’aneddoto sulle famose “luci di Barbara D’Urso”, diventate un marchio di fabbrica. «Ho chiesto che mi aiutassero con le luci, perché la luce giusta può valorizzarti anche quando hai qualche difetto. Così sono nate le mie luci. Negli anni molte colleghe le hanno imitate, triplicandole persino. Ma l’etichetta resta: le luci di Barbara D’Urso».
Un’affermazione che suona come una frecciatina al mondo televisivo di oggi, dove i ritocchi – estetici e digitali – sono spesso la norma. D’Urso, invece, rivendica di essere rimasta fedele a se stessa, pronta a portare sul palco anche i segni dell’età.
E mentre si prepara a debuttare come concorrente di Ballando con le Stelle, la conduttrice dimostra di non voler rallentare. La televisione resta la sua casa, ma non intende rinunciare alla coerenza con cui ha scelto di vivere la propria immagine. «Meglio le rughe che non mi nascondo – ha concluso – che la paura di mostrarmi per quello che sono».
Televisione
Tommaso Labate, il cosentino che debutta su Rete4: «Non vivo per gli ascolti, Realpolitik non sarà l’ennesima telerissa»
«Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà al posto delle urla», dice Labate, che ricorda gli anni al liceo classico di Locri e rivendica la sua cifra personale: «In ogni contesto ho sempre una riconoscibilità mia».

Cosenza può rivendicare un altro volto che si prepara a conquistare la ribalta nazionale. Tommaso Labate, 46 anni, giornalista e volto noto dei talk televisivi, il 17 settembre debutterà da solo alla guida di Realpolitik, nuovo appuntamento del prime time di Rete4. Un passaggio importante per il cronista calabrese, che dopo anni di analisi e presenza nei programmi di approfondimento firma ora un format cucito su misura.
«Non lo chiamerei nemmeno talk», spiega Labate. «La mia cifra stilistica è andare oltre la logica delle tifoserie. In tv siamo abituati a vedere da una parte chi considera Trump, o Meloni, o Schlein, il prossimo Nobel per la pace, e dall’altra chi li paragona a Hitler. Io invece vorrei che la visione passasse dagli spalti alla partita vera e propria, per capire davvero cosa accade in campo».
Il tono non sarà quello delle risse urlate a cui la politica televisiva ha abituato il pubblico. «Non sono un ammiratore dell’antipolitica. Non penso che tutti i politici facciano schifo. Serve serietà e rispetto, al posto delle telerisse. Anche perché un tempo, quando a litigare erano Vittorio Sgarbi o Filippo Facci con Paolo Liguori e Roberto D’Agostino, c’era una forza spettacolare e sublime. Oggi, spesso, sullo schermo finiscono seconde file dei partiti che non hanno lo stesso peso né lo stesso carisma».
Per lui sarà un esordio solitario alla conduzione, in uno spazio importante. E non nasconde l’emozione: «Se c’è una sola cosa di cui posso vantarmi è avere in ogni contesto una mia riconoscibilità personale. Quella che avevo anche da ragazzo, quando frequentavo il liceo classico di Locri. È lì che ho iniziato a formarmi, ed è una parte della mia identità che porto sempre con me».
Calabrese di Cosenza, Labate non dimentica le sue radici: «Il senso del programma è restituire a ciascun evento la voce che merita, con il giusto tono, senza ossessioni di ritmo. Voglio coinvolgere non solo i protagonisti della scena politica ma anche osservatori e analisti acuti, magari volti che non si vedono spesso o che ripeschiamo da panchine in cui si erano auto-confinati».
Resta la domanda sugli ascolti, il macigno di ogni trasmissione televisiva. Labate si schermisce: «In una tv commerciale è un pensiero di tutti. Ma non sono un televisionaro di quelli che pensano che il mondo si fermi in virtù dello share. Gli ascolti contano, certo, ma se cominci a vivere solo per quelli hai già perso la partita».
Per il giornalista cosentino, Realpolitik sarà un banco di prova e insieme una dichiarazione di intenti: niente tifo da stadio, niente urla, niente caccia al titolo a effetto. Ma una politica spiegata con serietà, con la sua voce riconoscibile e con il bagaglio di chi, dalla Calabria, ha costruito passo dopo passo una carriera nazionale.
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