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Televisione

L’insegnamento del Conte di Montecristo, secondo Gabriella Pession: la vendetta ci può consumare

L’ennesimo trattamento cinematografico del capolavoro letterario di Dumas, attualmente in programmazione su Rai1, pone nuovamente l’accento sul concetto di vendetta: un sentimento in certi casi irrefrenabile, dal costo salatissimo.

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    Il romanzo da oltre 1.200 pagine di Alexandre Dumas, Il Conte di Montecristo, rappresenta un classico della narravita di ogni tempo. Scritto in collaborazione con Auguste Maquet, la cui pubblicazione a puntate iniziò nel 1844. è parzialmente ispirato a fatti reali, presi a prestito dalla biografia di Pierre Picaud. Il racconto tratta la vicenda di Edmond Dantès, un giovane marinaio di diciannove anni, primo ufficiale di bordo della nave commerciale Le Pharaon, sbarcato a Marsiglia per sposare il giorno successivo Mercédès, la sua bella fidanzata catalana.

    Il tradimento da parte di “amici” invidiosi

    Il protagonista viene tradito da amici invidiosi, denunciato come cospiratore “bonapartista”. Rinchiuso in una cella del Castello d’If, al largo di Marsiglia, dopo quattordici anni, prima ridotto alla solitudine e nella più nera disperazione, e poi rigenerato e istruito in segreto da un compagno di prigionia, l’abate Faria, Dantès riesce a evadere. Prenderà possesso di un tesoro nascosto sull’isola di Montecristo, del quale l’abate, prima di morire, gli aveva rivelato l’esistenza. Ricco e potente, Dantès ritornerà in Francia dopo molti viaggi, per consumare la sua vendetta.

    Si tratta dell’ennesimo trattamento, con una produzione sontuosa

    Una vicenda che è stata più volte portato sul piccolo e grande schermo, proprio per la potenza del suo racconto. Al centro della storia l’ingiustizia e la rabbia che ne consegue, quella in grado di consumare sia il corpo che lo spirito. Tutti elementi che giustificano l’ennesimo trattamento televisivo, peraltro con una produzione grandiosa. Quattro serate evento su Rai 1, di lunedì, a partire dal 13 gennaio, per la regia del danese Bille August e con un cast internazionale: Jeremy Irons nel ruolo dell’Abate Faria, Sam Claflin (già visto in Hunger Games e nella serie Netflix Enola Holmes) in quello del protagonista.

    L’Italia rappresentata da un gruppo di attori talentuosi

    Presente anche un gruppo di attori italiani d’eccezione: Gabriella Pession, Michele Riondino, Lino Guanciale e Nicolas Maupas. Proprio l’attrice 47enne racconta la sua emozione nel far parte di questo progetto. La fiction è stata girata tra Torino, Parigi e Malta. A Torino all’interno del Teatro Carignano e nel Palazzo Reale, che hanno aperto appositamente per la produzione.

    Al centro della storia il concetto di vendetta

    L’attualità di questa storia risiede, secondo l’attrice, nell’elemento della vendetta, alla base della “seconda vita” di Dantès: «Si ratta di una delle emozioni più universali e viscerali. Quando perdi tutto – amore, identità, giustizia – il desiderio di vendicarti è quasi inevitabile. Ma la grandezza del romanzo sta nel mostrare che la vendetta ti consuma: anche quando ottieni giustizia, perdi qualcosa di fondamentale, come la capacità di amare o l’anima stessa. Edmond si riprende la sua vita, ma a che costo?».

    Un personaggio diviso tra forza e fragilità

    La Pession interpreta il personaggio di Hermine Danglars, che lei così descrive: «Hermine è una donna che vive uno dei drammi più grandi che una madre possa affrontare: ha dato alla luce un figlio illegittimo, nato da una notte d’amore con un amante. Quest’uomo ha un ruolo fondamentale nell’ingiustizia subita da Edmond. Dopo il parto le viene detto che il bambino è morto, ma scoprirà anni dopo, da Montecristo, che le cose non stanno così. Questo la conduce lentamente alla follia. Hermine, poi, è anche una donna d’affari, una cosa molto inusuale per l’epoca. Vive un’alternanza tra forza e fragilità».

    Ritorno a casa

    La Pession, dopo anni nei quali ha vissuto negli Stati Uniti, è tornata a vivere a Roma. Una scelta che lei motiva in questo modo: «Non sono più gli Stati Uniti che conoscevo. Ho vissuto a Los Angeles ed è una città che amo molto, ma è anche estremamente difficile, ricca di disuguaglianze. Il problema delle armi è insostenibile per me: come madre, non voglio vivere nel terrore costante che possa succedere qualcosa a mio figlio mentre è a scuola».


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      Televisione

      Uomini e Donne, Gemma Galgani perdona Mario e balla con lui: lo studio esplode tra accuse, polemiche e applausi

      Gemma Galgani e il cavaliere Mario si riavvicinano dopo settimane di incomprensioni: un ballo scatena la bufera in studio. Tina Cipollari e Gianni Sperti lo accusano di cercare visibilità, altri cavalieri lo attaccano, mentre Gemma difende il gesto: “È stata una cosa carina”.

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        A Uomini e Donne basta poco per far partire un incendio, e questa volta a scaldare l’atmosfera ci ha pensato Gemma Galgani. Dopo un ballo inaspettato con Mario, Maria De Filippi ha colto al volo l’occasione per chiedere conto dell’avvicinamento. Gemma, serena come non la si vedeva da tempo, ha confermato: «Abbiamo ballato insieme… abbiamo fatto la pace». Una frase semplice che ha fatto rumoreggiare l’intero studio. «Cosa c’è di male?», ha replicato lei, pronta a difendere il momento.

        Il ritorno di fiamma (televisiva) che divide lo studio
        La pace tra i due non è piaciuta agli opinionisti. Gianni Sperti è stato il primo ad affondare: «Questa non è una balera…». A ruota è intervenuta un’altra dama, convinta che il cavaliere avesse giurato di non voler più creare equivoci con Gemma. Ma lo scontro più acceso è arrivato da un altro cavaliere, che ha puntato il dito su Mario con una frase che ha infiammato la sala: «Credo siano finite le macchine dell’autosalone e quindi ti riattacchi a Gemma per visibilità». Il pubblico ha applaudito a scena aperta.

        Gemma si difende, Tina attacca
        Lei però non si scompone: «È stata una cosa carina… non c’è niente di tutto questo». Ma Tina Cipollari, tornando dal suo recente affondo contro Gemma durante l’ospitata a Verissimo, non gliela fa passare: «Lo sai benissimo che ballando con Gemma avresti suscitato polemiche. E l’hai detto anche a Renata che non volevi ballare con lei per evitare fraintendimenti».

        Le spiegazioni di Mario: “L’ho vista in difficoltà”
        Mario ha tentato di respingere gli attacchi spiegando il motivo reale del gesto: «L’ho vista avvilita quando Piero ha fatto quell’uscita. Avrei voluto abbracciarla, ma mi sono trattenuto. Oggi l’ho fatto. Che c’è di male?». Gesto nobile o strategia di visibilità? Lui assicura di non provare interesse sentimentalmente, ma il parterre resta diviso.

        A Uomini e Donne, come sempre, basta un ballo per far scoppiare una rivoluzione.

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          Televisione

          Can Yaman dimagrisce 10 chili per Sandokan e racconta l’incidente sul set: «Sono rimasto intrappolato sott’acqua»

          Can Yaman presenta la sua versione di Sandokan, lontana dal remake di Kabir Bedi e costruita con mesi di preparazione estrema. Racconta il digiuno intermittente che lo ha fatto scendere di oltre dieci chili, l’incidente sott’acqua che lo ha terrorizzato e la scelta di girare senza controfigure. E sulle scene intime: «Mi imbarazzo solo quando l’attrice è a disagio».

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            Il ritorno di Sandokan non è stato un viaggio semplice. Quattro anni di set interrotti, rinvii, stop and go continui: ma ora la Tigre di Mompracem è pronta a ruggire su Rai1 dal 1° dicembre, con Can Yaman nel ruolo che fu di Kabir Bedi. Un paragone inevitabile, che l’attore turco spezza subito: «Non è un remake. È una versione completamente diversa, non abbiamo mai pensato di rifare la serie del ’76».

            Dieci chili in meno per diventare Sandokan
            Per entrare nella pelle — e nei muscoli — del nuovo eroe, Yaman è passato da un cambio fisico notevole. «Quando ho girato Il Turco pesavo 102 chili. Sandokan invece è felino, asciutto. Ho perso più di dieci chili in un mese, non mangiavo quasi nulla. Ho seguito il digiuno intermittente». Una preparazione durissima, unita a un lavoro emotivo altrettanto intenso: «Sandokan è un combattente con il sorriso, un eroe che non uccide se non serve. Dovevo tirarne fuori l’anima».

            L’incidente che ha spaventato tutti
            Tra gli aneddoti del set, uno ha fatto tremare anche i più esperti. «Giravo la scena dell’esplosione della canoa. Sono finito in acqua e il costume ha fatto effetto vela: mi ha avvolto tutto. Mi sono sentito intrappolato». A salvarlo è stato il regista, Jan, che stava filmando sott’acqua: «Ha capito subito che c’era un problema e mi ha aiutato. Non uso controfigure… sì, lo so, sono un po’ pazzo».

            Le scene intime e l’imbarazzo inatteso
            In Sandokan tornano anche i momenti romantici. Can, abituato alle passioni travolgenti delle sue serie turche, li affronta con naturalezza, ma confessa un limite: «Affronto le scene intime come quelle d’azione: sono parte della storia. Ma mi imbarazzo se l’attrice è a disagio».

            Sandokan sta per tornare, e anche questa volta Yaman promette di far parlare di sé: tra fisico scolpito, stunt senza rete e un personaggio che vive di carisma e contraddizioni.

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              Televisione

              Adelina Tattilo, la Hugh Hefner de’ noantri: la donna che con “Playmen” liberò l’Italia dal tabù del sesso

              Editrice visionaria, giornalista e provocatrice, Adelina Tattilo portò in edicola un erotismo elegante, unendo nudo e cultura. Con Playmen batté Playboy e fece scandalo con lo scoop di Jacqueline Kennedy nuda. Poi il declino, ma la sua lezione resta: la libertà può essere un’impresa editoriale.

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                Quando nel 1967 Adelina Tattilo lanciò Playmen, l’Italia bigotta e cattolica scoprì che anche l’erotismo poteva essere cultura. Nata a Manfredonia nel 1928, la Tattilo fu una pioniera: una donna sola contro i pregiudizi, capace di costruire un impero editoriale partendo da una rivista che mescolava sensualità, ironia e impegno civile. Sessant’anni dopo, Netflix le dedica la serie Mrs Playmen, interpretata da Carolina Crescentini, in uscita il 12 novembre.

                La rivoluzione del porno-chic

                Playmen non era solo una rivista “per uomini”. Tra le sue pagine, accanto alle modelle in pose audaci, comparivano disegni di Jacovitti, articoli di Luciano Bianciardi e interviste a giganti come Fred Astaire, Umberto Eco, Leonardo Sciascia e Fellini. Tattilo spiegava così il suo progetto: “Volevo combattere i bigottismi e affermare una cultura libertaria e socialista. Il sesso è parte della vita, non un peccato”.

                Lo scandalo e il successo

                Nel 1969 Playmen pubblicò la foto di Jacqueline Kennedy nuda nella piscina di Onassis a Skorpios, uno scoop che fece il giro del mondo. Ma anche tante dive italiane – da Ornella Muti a Patty Pravo, da Brigitte Bardot ad Amanda Lear – scelsero di posare per la rivista, contribuendo a farne un simbolo di emancipazione. Negli anni Settanta Tattilo toccò il record di 400.000 copie vendute a settimana e sfidò persino Playboy, che le intentò una causa per il nome, vinta solo nel 1982 negli Stati Uniti.

                Dall’erotismo alla cultura pop

                Quando arrivarono le videocassette hard e poi Internet, Playmen perse terreno. Ma Adelina non si arrese: convertì la sua casa editrice a nuovi settori – tecnologia, fotografia, bricolage – continuando a pubblicare con lo stesso spirito di curiosità.

                Oggi, a distanza di decenni, la sua eredità è quella di una donna che seppe portare il sesso in edicola senza volgarità, anticipando le battaglie femministe e libertarie. In un Paese che ancora arrossiva davanti a un bikini, Adelina Tattilo inventò la rivoluzione più difficile di tutte: quella della libertà di guardare, pensare e desiderare.

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