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Televisione

Quanta strada ha fatto Raoul Bova: alle donne piace anche in abito talare…

Entra ogni settimana nelle case degli italiani con il suo personaggio sacerdotale nella nuova serie di Don Matteo. Attore celebrato, Bova ripercorre la sua ascesa alla popolarità in un’intervista ad un fanoso quotidiano italiano.

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    Un attore amatissimo dal pubblico televisivo, tornato nei panni di Don Massimo nella serie cult Don Matteo. Idolo di stuoli di casalinghe disperate, per molte incarna il prototipo dell’uomo affascinante ma con quel “qualcosa” di femminile e gentile che lo pone in totale antitesi con lo stereotipo del “maschio dude”. Lui che di strada ne ha fatta tanta per arrivare ad oggi ma che, del Raoul bambino, mantiene ancora una sfumatura di timidezza. Come nella sua infanzia, dove per rivolgere la parola ad un suo coetaneo – o ad una sua coetanea – doveva fare uno sforzo immane. In una recente intervista al Corriere della Sera, ripercorre alcuni momenti incredibili della sua lunga carriera.

    Quel bacio con la popstar

    Nell’intervista al Corsera descrive un aneddoto che riguarda il bacio con la popstar Madonna nello spot per un rossetto: «Avevo il terrore di sbagliare. Non sapevo come ci si bacia e ci si abbraccia sul set. Dopo ho imparato che esiste una tecnica. Fu Lina Wertmüller a insegnarmi tutto sulle scene d’amore». La Ciccone, racconta l’attore: «È stata carina: “Rilassati, non ti preoccupare, lo rifacciamo finché non sei contento”».

    Con la Jolie fu un disastro

    I ricordi di Bova arrivano a toccare un’altra icona femminile di grandissima popolarità, Angelina Jolie. Conosciuta sul set di un provino per il film Tomb Rider: «Volevano prendere me. Però soffrivo ancora di ansia. All’ultimo call back feci un disastro totale: dimenticai le parole, ricominciai da capo e non si fa. Tempo dopo ho incontrata Angelina a una festa, abbiamo ballato insieme. Mi confidò: “Mi dispiace, facevo il tifo per te”. “Dai, ci saranno altri film, non ti preoccupare. Don’t cry for me, Angelina”».

    Ingrassato dopo la perdita dei genitori

    Raoul Bova ha parlato anche di uno dei momenti più brutti della sua vita: quando morirono entrambi i suoi genitori. In quel periodo l’attore, da sempre apprezzato per la sua bellezza e per il suo talento, per reazione era ingrassato arrivando a pesare 110 chili. «E sui giornali scrivevano: “È crollato un mito”, “Bova ha perso tutto il suo sex appeal”. Stavo male, avevo appena perso mamma e papà. Il dolore scatena il cortisolo che ti fa gonfiare. Già stai a pezzi e ti vedi ridotto così. In più sentirsi dire certe cose non è facile. Ci ho sofferto».

    Con Rocío Muñoz Morales, uniti dal 2013

    Insieme rappresentano una delle coppie più affascinanti del panorama italiano contemporaneo. La differenza di età, ben 17 anni, non è stata un ostacolo ma – anzi – un elemento che ha contribuito a rafforzare il loro legame. Bova ha sempre detto che le sfide che una relazione presenta si possono trasformare in opportunità per esplorare esperienze nuove, sottolineando come “amarsi è facile, ma noi ce lo rendiamo difficile”. Questo approccio pragmatico alla vita in comune evidenzia quanto lui e Rocío siano disposti a lavorare per la loro relazione, enfatizzando la presenza di un arricchimento reciproco che supera qualsiasi disagio legato alla differenza del dato anagrafico. In questo senso, l’attore ha individuato un vantaggio nel sentirsi spinti a esplorare orizzonti mai calpestati prima, accogliendo il cambiamento e l’imprevisto, affrontando la vita con un’apertura mentale che sfida le normali convenzioni sociali sulla vita a due.

    Una storia esemplare

    Bova parla di lei come “la persona che amo”, sottolineando l’intimità e il profondo legame che li unisce. Con due figlie insieme, Luna e Alma, la loro unione si è evoluta in una vera e propria famiglia. Rocío per lui rappresenta la stabilità e la comprensione di cui ha bisogno. La scelta di vivere una relazione così intensa senza il matrimonio, è indice della fiducia e dell’impegno profondo che nutrono l’uno nei confronti dell’altra, rendendo la loro storia d’amore ancora più autentica.

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      Televisione

      Nikita Perotti si confessa: il legame con Andrea Delogu va oltre Ballando e diventa un punto fermo nella sua vita

      Tra prove, dolore condiviso e una sintonia che sorprende anche loro, Nikita Perotti parla del sentimento profondo che lo lega ad Andrea Delogu, mentre lei ammette che il loro rapporto sta cambiando e che il futuro, dopo il programma, è tutto da scrivere.

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        Certe intese nascono senza volerlo, altre si costruiscono passo dopo passo. Quella tra Nikita Perotti e Andrea Delogu, coppia di Ballando con le Stelle, sembra un po’ entrambe le cose: spontanea, intensa, inattesa. E negli ultimi giorni è diventata un caso mediatico, complice lo sfogo sincero del ballerino a La Volta Buona.

        «Ci tengo tantissimo ad Andrea», ha detto guardando la telecamera senza cercare riparo. Parole che hanno colpito il pubblico perché suonano diverse dal repertorio “da show”: più intime, più vere. «Mi ritengo fortunato ad averla nella mia vita, mi sta insegnando tanto. Mi sentivo in dovere di starle accanto perché anche io avevo bisogno di lei», ha raccontato, spiegando quanto quella connessione sia diventata un appoggio reciproco.

        Il momento più difficile, inevitabilmente, è stato quello del lutto per il fratello Evan. «È una persona magnifica e farò di tutto, sempre, per farle tornare il sorriso», ha aggiunto. Nessun eroismo: solo la naturale conseguenza di una vicinanza che si è trasformata in presenza.

        Perotti non nasconde nemmeno la componente professionale: «Penso sempre ad arrivare alla vetta, ma per tutto quello che sta facendo Andrea e per quello che ha passato, se lo merita tantissimo». Poi la frase che ha fatto il giro dei social: «Io ho già vinto dal primo giorno in cui l’ho incontrata».

        E Andrea? Lei stessa ha ammesso che qualcosa, dentro quel rapporto, si è spostato. «Non so cosa succederà dopo Ballando», ha confessato. Non è incertezza, è consapevolezza: quando un legame cresce dentro settimane di prove, fatica, pressioni e dolori, è difficile capire cosa resterà a telecamere spente.

        Intanto, però, la conduttrice riconosce a Nikita un ruolo decisivo: «Con lui riesco a sentirmi difesa». Una frase che dice molto più di quanto sembri. Significa fiducia, significa protezione, significa che la competizione televisiva è diventata il luogo in cui due persone, arrivando da strade diverse, si sono incontrate davvero.

        Il resto — definizioni, etichette, previsioni — può aspettare. Per ora resta una certezza: tra un passo di tango e un appoggio improvvisato, la pista di Ballando ha restituito a entrambi più di quanto si aspettassero.

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          Televisione

          Kabir Bedi benedice il nuovo Sandokan, ricorda i suoi giorni eroici e confessa il dolore più grande: “Io, la tigre, e il suicidio di mio figlio”

          Tra orgoglio, nostalgia e ferite mai rimarginate, Kabir Bedi racconta la sua epoca d’oro, i rischi sul set senza controfigure, il successo mondiale e la perdita del figlio Siddharth. Sul nuovo Sandokan: “Ogni epoca ha il suo modo di raccontare un classico”.

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            Per molti italiani, Sandokan ha il volto magnetico di Kabir Bedi. Occhi di tigre, fascino indomabile, sguardo che attraversava lo schermo. E oggi, con il ritorno della Tigre della Malesia in versione Can Yaman e con gli ascolti della nuova serie Rai schizzati alle stelle, il confronto è inevitabile. “Ogni epoca ha il suo modo di raccontare un classico”, dice Bedi, che dalla lontana Londra manda un augurio sincero al collega turco: “Can Yaman è molto bravo e molto bello. A me, al trucco, mettevano solo un po’ di matita…”.

            La leggenda, però, comincia nel 1976. “Noi non avevamo effetti speciali”, ricorda. Eppure quelle scene — il salto della tigre, le cavalcate, i duelli — sono rimaste scolpite nella memoria collettiva. “Nessuna controfigura. Una volta ho rischiato di affogare”, racconta ridendo. Il suo Sandokan nasceva da un set povero ma coraggioso: “Gli operatori erano dietro una grata. Io davanti alla tigre vera. Mi dicevano: ‘Stai tranquillo’. Io rispondevo: ‘Venite voi, allora!’”.

            Quell’interpretazione lo trasformò in una star mondiale, ma il successo portò con sé anche una gabbia dorata. “All’inizio fu ingombrante. Ho dovuto accettare ruoli da cattivo per dimostrare che ero un attore completo”. Eppure l’epopea di Sollima resta irripetibile: “Eravamo bravi ed eravamo amici. Con Philippe Leroy e Adolfo Celi ci sentivamo ancora dopo anni”.

            Poi c’è la ferita che nessuna gloria può cancellare: la morte del figlio Siddharth, suicidatosi a venticinque anni. Bedi non la nasconde, non la addolcisce. “Ho fallito. Non sono riuscito a evitarlo. Non può esistere dolore più grande”. Una confessione che restituisce il volto umano dietro l’eroe televisivo che aveva insegnato a intere generazioni il valore della libertà e della giustizia.

            Il resto è storia. L’arrivo in Italia senza cappotto, i provini massacranti di Sollima (“Mi fecero nuotare, cavalcare, tirare di scherma…”), la Perla di Labuan interpretata da una giovanissima Carole André (“Era molto triste, aveva appena perso il padre”), l’amore del pubblico italiano (“L’Italia è casa mia. Essere nominato Cavaliere della Repubblica è un onore immenso”).

            E oggi, mentre il nuovo Sandokan divide, Bedi resta il punto di riferimento. “Dentro di me, un po’ sono ancora lui”, confessa. E i boomer — quelli che alle figurine ripetevano il salto della tigre — lo sanno benissimo.

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              Televisione

              Barbara D’Urso sfida il dolore e torna in pista a Ballando: «Nessuno mi ferma», anche con un tutore al braccio e l’incognita sull’esibizione di sabato

              D’Urso ha annunciato sui social che non rinuncerà alla puntata di sabato. Il ballerino Pasquale La Rocca assicura che la coppia proverà una coreografia adattata per permettere comunque l’esibizione. L’obiettivo è non interrompere il percorso in gara.

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                Barbara D’Urso non ha nessuna intenzione di lasciare Ballando con le stelle. Neppure l’infortunio alla spalla sinistra — uno stop che per molti avrebbe significato ritiro immediato — sembra aver scalfito la determinazione della conduttrice, che sui social ha annunciato la sua decisione con la consueta energia: «Io non mi voglio arrendere, voglio continuare. Nessuno mi ferma». Una promessa più che una semplice dichiarazione, rivolta a chi temeva di non vederla più in pista.

                A tenerla bloccata è una lesione che la costringe a portare un tutore al braccio. Ma nemmeno questo dettaglio, ingombrante e doloroso, sembra aver scalfito il suo obiettivo: esserci comunque, sabato sera, anche a costo di ripensare completamente la coreografia. D’Urso ha voluto rassicurare il pubblico e la produzione, mostrando un mix di grinta e fragilità che ha trovato immediata solidarietà tra i fan.

                A sostenerla c’è il suo maestro di ballo, Pasquale La Rocca, che ha confermato l’intenzione della coppia di presentarsi regolarmente in gara. «Cercheremo di fare il possibile affinché tu possa esibirti sabato. Sono incidenti che possono capitare…» ha detto il ballerino, spiegando che la priorità ora è adattare i movimenti a una condizione fisica inevitabilmente limitata. Una sfida complessa, ma non impossibile: l’idea è costruire una performance che valorizzi la presenza scenica della conduttrice, evitando prese o rotazioni che possano aggravare l’infortunio.

                Nel mondo di Ballando, dove ogni settimana si sfidano resistenza, tecnica e nervi saldi, tornare in pista dopo un trauma non è solo un gesto atletico: è un messaggio simbolico. D’Urso lo sa bene e sta utilizzando questo momento per ribadire il suo attaccamento al programma e la sua voglia di mettersi in gioco senza riserve. La conduttrice, spesso al centro di dibattiti televisivi e social, si ritrova così in una posizione inconsueta: non il personaggio che divide, ma la concorrente che lotta.

                Resta da capire come reagirà la giuria e quale sarà l’impatto dell’infortunio sul voto tecnico. Se da un lato il pubblico potrebbe premiare la tenacia, dall’altro la gara richiede performance all’altezza della competizione. Ma per Barbara, almeno per ora, non è questo il punto: conta esserci, dimostrare che la pista non le fa paura e che l’ostacolo non diventa un alibi.

                Sabato sarà il momento della verità. Con un braccio immobilizzato e una coreografia reinventata, D’Urso tornerà sotto i riflettori. E, comunque vada, lo farà seguendo la sua regola preferita: non arrendersi mai.

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