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Televisione

Stefano De Martino si è montato la testa? No, sta solo puntando al Festival di Sanremo

Addio a Rai 2 e al programma che gli ha portato successo e popolarità: Stefano De Martino guarda avanti. Rai 1 lo corteggia per eventi speciali, prime serate e forse anche il Capodanno. Ma il vero traguardo è uno solo: la direzione artistica e conduzione del Festival di Sanremo tra due anni. Una strategia alla Amadeus che scatena reazioni contrastanti.

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    Stefano De Martino ha deciso di cambiare pelle. E rete. Secondo indiscrezioni sempre più insistenti, dalla stagione televisiva 2025/2026 l’ex ballerino diventato showman non sarà più alla guida di Stasera tutto è possibile, lo show di Rai 2 che negli ultimi anni gli ha cucito addosso la reputazione di conduttore versatile, ironico, affidabile.

    Un addio che fa rumore, ma che non nasce dal caso. La scelta sembrerebbe perfettamente calcolata: De Martino vuole ormai essere (solo) un volto di Rai 1. La stessa strada già battuta da Amadeus, che proprio da Stasera tutto è possibile spiccò il volo verso l’Ariston, dopo aver lasciato la “Cenerentola” delle reti Rai per diventare il re indiscusso della rete ammiraglia.

    Per De Martino si prepara ora un percorso simile. Confermato alla guida de I soliti ignoti (la trasmissione dei pacchi), potrebbe presto essere protagonista di nuove prime serate speciali, e – si sussurra – anche del tradizionale programma di Capodanno di Rai 1. Ma il vero obiettivo è scritto a chiare lettere: Sanremo 2027. Una sfida enorme, ambiziosa, per la quale pare si stia già preparando.

    C’è chi approva e chi storce il naso. Abbandonare un programma di successo consolidato come Stasera tutto è possibile potrebbe sembrare un azzardo. Ma per De Martino – che ormai è molto più di una promessa – è anche l’unico modo per compiere quel salto definitivo che lo consacrerebbe come volto unico e trasversale della tv di Stato.

    Il suo profilo in effetti ha tutte le carte in regola: giovane ma già rodato, simpatico, capace di cantare, ballare, improvvisare. E soprattutto, dicono i bene informati, instancabile. Dietro i sorrisi e la spigliatezza, c’è uno che studia, che si prepara, che non lascia nulla al caso. Un professionista che ha imparato dai grandi e che oggi viene considerato, nei corridoi della Rai, una vera scommessa vinta.

    Naturalmente, i paragoni con Amadeus si sprecano. Ma De Martino non è (solo) un erede. Ha uno stile personale, una leggerezza moderna che piace ai giovani ma non disturba i più adulti. Il rischio, come sempre in questi casi, è che il salto sia più lungo della gamba. E che lasciare Rai 2 significhi perdere quel contatto diretto e affettuoso con un pubblico fidelizzato.

    Ma De Martino sembra sapere bene dove vuole arrivare. E, soprattutto, come arrivarci. Il Festival lo aspetta. Forse non nel 2026, ma l’anno dopo, quando le luci dell’Ariston potrebbero accendersi proprio su di lui. Più che montarsi la testa, sembra abbia messo la testa a posto. E l’ha puntata in alto.

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      Televisione

      Pier Silvio Berlusconi cambia le carte: Max Giusti al posto di Gerry Scotti a “Caduta Libera”

      Il conduttore romano è il nuovo innesto scelto dal Biscione per guidare il game delle botole. Bonolis in onda fino a gennaio con “Avanti un altro”, mentre resta da sciogliere il nodo Gerry Scotti: solo “La Ruota della Fortuna” o un terzo preserale su misura?

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        Il preserale di Canale 5 è ufficialmente in pieno rimescolamento. Paolo Bonolis, appena rientrato in studio, sta registrando una novantina di nuove puntate di Avanti un altro, che garantiranno copertura almeno fino a gennaio. Ma la vera novità riguarda Caduta Libera. Per la prima volta dalla sua nascita, il quiz delle botole non sarà condotto da Gerry Scotti, bensì da Max Giusti. Un debutto che segna il suo ingresso ufficiale in casa Mediaset, voluto direttamente da Pier Silvio Berlusconi.

        Un cambio di rotta clamoroso, considerando che Scotti è da sempre legato al titolo e al suo pubblico. Il conduttore pavese, però, ha già in mano l’altro asso del palinsesto. La Ruota della Fortuna, rilanciata con un successo che ha sorpreso gli stessi manager del Biscione. E che rischia di assorbirlo fino alla fine della stagione. È su questo equilibrio che si giocherà la partita. Se a Gerry verrà cucito addosso un terzo preserale, o se il colpo di scena sarà quello di vederlo impegnato solo con la Ruota.

        Dietro le quinte, la scelta di Giusti viene letta come un investimento sul futuro. Il conduttore romano, reduce da esperienze in Rai e in radio, porta con sé un bagaglio di comicità e improvvisazione che potrebbe rinfrescare il format e intercettare un pubblico diverso, senza rinunciare alla fidelizzazione storica del quiz. Un azzardo, certo, ma anche un segnale preciso: Pier Silvio vuole sperimentare, allargando la scuderia dei volti forti e cercando di alleggerire il carico di Scotti.

        Resta, però, una domanda cruciale: il pubblico di Caduta Libera accetterà facilmente la sostituzione del suo volto di riferimento? La prova sarà sul campo, nel momento in cui le nuove puntate entreranno in palinsesto. Fino ad allora, il gioco delle botole è già diventato il banco di prova di una stagione che si annuncia movimentata, con Bonolis, Giusti e Scotti chiamati a contendersi, in modi diversi, il preserale più affollato degli ultimi anni.

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          Televisione

          Elena Guarnieri, vicedirettrice del Tg5: “Patriarcato, femminismo… a me le etichette non sono mai piaciute”

          La giornalista racconta come è diventata virale dopo il suo intervento contro i siti che diffondevano foto rubate e fotomontaggi di donne famose. “Maschi si nasce, uomini si diventa. Ma tanti restano idioti”.

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            Dal palco serioso del Tg5 alle tendenze di TikTok, il passo è stato brevissimo. Elena Guarnieri, volto storico dell’informazione Mediaset e oggi vicedirettrice, non si aspettava che una frase buttata lì a fine telegiornale – «Nascere maschi è nella natura, è diventare uomini che è molto complicato» – potesse accendere un dibattito così forte. Ma erano i giorni delle rivelazioni su “Mia Moglie” e “Phica.net”, i portali che ospitavano immagini intime rubate e fotomontaggi di politiche, influencer e semplici cittadine, conditi da commenti di una volgarità feroce.

            «Ho parlato con la pancia – spiega – e forse per questo le mie parole sono arrivate. Non ho preparato un discorso, in diretta ho detto cose che ripeto ogni giorno a mio figlio». Parole che l’hanno trasformata in un simbolo, anche se Guarnieri rifiuta di indossare l’etichetta di femminista: «Sono cresciuta in mezzo ai maschi, fratelli e cugini, e ho imparato a difendermi da sola. Le etichette non mi piacciono, non mi interessano. Rispetto a trent’anni fa, quando andavo a scuola, le cose sono migliorate. Certo, gli idioti esistono ancora e con loro bisogna fare i conti».

            Un passato, il suo, che racconta bene quanto l’odio digitale non sia certo nato ieri. «Venticinque anni fa mi chiamò l’ufficio legale di Mediaset per mostrarmi un fotomontaggio pornografico con il mio volto. Per poco non svenni. Pensai a mio padre e a quanto sarebbe rimasto sconvolto. Minacciammo azioni legali e il responsabile si scusò, ritirando tutto». Un episodio che oggi risuona con forza nell’epoca dei deepfake e dei social fuori controllo.

            Il web, però, non l’ha risparmiata neanche di recente. «Un trapper molto noto, che all’epoca aveva milioni di follower, mi insultò pubblicamente dopo un servizio critico. A scuola di mio figlio ridevano tutti, e lui voleva sotterrarsi dalla vergogna. Io gli dissi che doveva esserne orgoglioso: aveva una madre che non aveva paura degli insulti». Non fa il nome, ma il riferimento resta. «Dare della “donna di facili costumi” come insulto è un’abitudine diffusa, anche tra i ragazzi. Ed è sbagliatissimo. Perché per denigrare una donna bisogna sempre tirare in ballo il sesso? Non esiste un corrispettivo maschile».

            Sui siti che hanno fatto esplodere l’ultimo scandalo è netta: «Se davvero mariti hanno caricato le foto delle loro compagne ignare, è la cosa più schifosa. Una perversione, non certo goliardia». E ribadisce il punto che l’ha resa virale: «Non si tratta solo di rispetto per le donne, ma di responsabilità collettiva. Perché quelle immagini possono finire davanti agli occhi dei nostri figli. Maschi o femmine che siano».

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              Luca Argentero: vent’anni di cinema, l’impegno sociale e la sfida “alcol free” con Sodamore

              Dal successo di Doc al lancio del brand che rivoluziona il bere consapevole. “L’empatia è la mia arma segreta: l’unica che può salvarci davvero”.

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                Vent’anni davanti alla macchina da presa, un personaggio – Andrea Fanti in Doc – che è entrato nell’immaginario collettivo, un impegno costante nel sociale e ora la voglia di mettersi in gioco come imprenditore. Luca Argentero non si ferma. Cerca nuove strade, sfide che abbiano senso. Così è nata Sodamore, prima una bibita, poi un brand, un’esperienza che va oltre il bere: convivialità diversa, “alcol free”, senza rinunciare al gusto.

                «Cercavo una bibita fresca, analcolica, senza zuccheri artificiali, made in Italy, ma sugli scaffali non c’era», racconta. «Così con un amico, oggi mio socio, ci siamo detti: perché non proviamo a farla noi? All’inizio lo avevamo preso come un gioco, ma poi abbiamo capito che era una cosa seria».

                Dalla soda alla birra il passo è stato breve. «La birra era nei nostri piani da subito. La soda è stata solo il punto di partenza. L’obiettivo è costruire una gamma completa: vino, amaro, magari un gin. Tutto rigorosamente alcohol free. Non si tratta di rinunciare, ma di distinguersi senza sentirsi diversi. È anche una sfida culturale, perché in Italia il bere ha un valore identitario».

                Radici piemontesi, un casale in Umbria e un’idea precisa di cucina. «Mio nonno portava mio padre nell’orto, mio padre portava me e ora io ci porto i miei figli. Non compro una bottiglia di olio industriale da vent’anni. È una questione educativa, un modo di intendere la vita: ciò che mangi racconta chi sei».

                Il discorso torna sempre lì: empatia e consapevolezza. «È sorprendente che ci siano bambini convinti che il mais cresca nelle scatolette. La consapevolezza parte dall’educazione. Per me è naturale pensare che la terra ti dia i suoi frutti, ed è quello che cerco di insegnare ai miei figli».

                Argentero viaggia molto, ma resta fedele a questa filosofia. «Paradossalmente, nei luoghi più remoti del mondo è ancora più facile trovare verdure, carne, ingredienti essenziali. Il cibo industriale è quasi sempre una cattiva abitudine».

                Sul futuro di Sodamore ammette: «Siamo quattro ragazzi che nella vita fanno anche altro. Portare i nostri prodotti fuori dall’Italia sarebbe bellissimo, ma servono tempo e risorse. Intanto siamo negli store italiani dell’Antico Vinaio, e vederci lì è già una soddisfazione enorme».

                E in cucina? «So cucinare praticamente tutto, tranne i dolci. Non mi piacciono, quindi non li preparo. Mi diverto con le verdure: una semplice ratatouille può essere un piatto gratificante».

                Quest’anno festeggia vent’anni di carriera. «Andrea Fanti in Doc è il personaggio a cui sono più legato. È come se avessi dato utilità al mio mestiere. Ed è raro». La chiave? «L’empatia. Doc funziona perché parla di questo, ed è il tema del nostro tempo. L’unica cosa che può salvarci».

                Lo stesso spirito che ha dato vita alla Onlus 1 Caffè. «È stata la prima realtà sociale digitale per sostenere le piccole associazioni no profit italiane. Dal 2011 abbiamo aiutato più di 900 realtà, garantendo la trasparenza dei fondi. È qualcosa di cui vado molto fiero».

                Cinema, sociale, impresa: un mosaico che ha un filo comune. La voglia di costruire, di mettere insieme passione e responsabilità. Argentero oggi è tutto questo: attore, padre, imprenditore, testimone di un’idea semplice e radicale. Che la vera forza, alla fine, sia proprio l’empatia

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