Televisione
Terremoto a Ballando con le stelle: Angelo Madonia lascia il programma, Federica Pellegrini senza partner
Una decisione improvvisa scuote il talent di Rai 1, con reazioni tiepide da parte dei protagonisti e polemiche dietro le quinte. La Rai annuncia l’addio con una nota ufficiale. Reazioni contrastanti da parte di Sonia Bruganelli e Federica Pellegrini, mentre i social si infiammano.
Un terremoto scuote il palco di Ballando con le stelle. Angelo Madonia, maestro di ballo di Federica Pellegrini, è stato escluso dallo show di Rai 1, a pochi giorni dall’ultima puntata andata in onda. La notizia è arrivata con una nota ufficiale della produzione, che parla di “divergenze professionali” senza entrare nei dettagli. Tuttavia, è impossibile non collegare l’addio improvviso al violento scontro verbale avvenuto sabato sera tra Madonia e Selvaggia Lucarelli.
Durante la puntata, la giurata aveva rivolto al ballerino un commento pungente, insinuando una nascente “coppia” tra lui e Federica Pellegrini, dopo l’eliminazione di Sonia Bruganelli, fidanzata di Madonia. Il botta e risposta è stato acceso, con il maestro che ha replicato duramente: «E tu danneggi la giuria». Dopo l’esibizione, Madonia ha lasciato lo studio senza rilasciare le consuete interviste post-performance.
La decisione di escludere il ballerino sembra essere stata presa per evitare ulteriori polemiche, ma ha lasciato senza partner Federica Pellegrini, che ora attende di conoscere il nome del nuovo maestro. Sul suo profilo Instagram, la campionessa ha condiviso un’emoticon eloquente: una faccina con la testa bendata, simbolo di confusione e dispiacere.
Sonia Bruganelli, presente negli studi de La vita in diretta al momento dell’annuncio, ha preferito non commentare a fondo la vicenda: «Evidentemente ci sono state divergenze. Io non ho idea di cosa sia successo e non mi sembra rispettoso parlarne senza sapere».
La decisione ha diviso i fan sui social. Alcuni criticano la mancanza di chiarezza da parte della produzione, mentre altri elogiano la scelta di preservare il clima dello show. Selvaggia Lucarelli, dal canto suo, non ha commentato ulteriormente, ma il suo scontro con Madonia è stato uno dei momenti più discussi della stagione.
Con poche puntate rimaste, Ballando con le stelle si trova ora ad affrontare una sfida inaspettata, cercando di mantenere l’equilibrio tra intrattenimento e polemiche. Resta da vedere se il cambio di partner di Federica Pellegrini influirà sulla competizione o se il programma riuscirà a riprendersi da questo colpo di scena.
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Televisione
Hollywood in bilico: e se Netflix comprasse Warner Bros.?
Nessuna conferma ufficiale, ma il solo parlarne mostra quanto sia profondo il terremoto in atto a Hollywood: concentrazione dei contenuti, monopoli dello streaming e nuove sfide per le sale cinematografiche.
Il mondo dell’intrattenimento globale sta vivendo una fase di trasformazione in cui nulla è impossibile. E così, nelle ultime settimane, analisti e addetti ai lavori hanno iniziato a domandarsi: e se Netflix decidesse davvero di acquisire Warner Bros.? Una fusione da oltre 80 miliardi di dollari, capace di creare un colosso senza precedenti tra cinema, televisione e streaming.
Per ora si tratta solo di speculazioni, osservano gli esperti. Nessun documento depositato, nessun annuncio formale dei diretti interessati. Ma il fatto stesso che una simile ipotesi venga discussa rivela quanto i rapporti di forza a Hollywood stiano rapidamente mutando. Tra debiti crescenti delle major tradizionali e l’avanzata inarrestabile delle piattaforme.
Netflix, nata come servizio postale di dvd e diventata il simbolo della rivoluzione digitale dell’audiovisivo, domina oggi lo streaming a livello globale. Warner Bros., al contrario, rappresenta un secolo di storia del cinema e della cultura pop. Con marchi che valgono miliardi: DC, Harry Potter, The Lord of the Rings, Game of Thrones, oltre a serie iconiche come Friends e a un archivio sterminato di classici.
Un’integrazione tra questi due mondi ridisegnerebbe completamente la geografia dei contenuti:
• un catalogo sterminato, dai blockbuster ai grandi autori
• una capacità produttiva che toccherebbe ogni genere e formato
• una distribuzione capillare: dalla sala al televisore di casa
Rimane però un nodo cruciale: il cinema tradizionale. Se una simile operazione si concretizzasse, gli osservatori si chiedono se Warner manterrebbe l’uscita in sala prima dello streaming. Modello essenziale per l’economia dei film a grande budget. Un ritorno agli esperimenti pandemici — con le uscite simultanee online — sarebbe infatti visto con paura da esercenti e registi.
L’Europa, e l’Italia in particolare, sentirebbero fortissimo l’impatto di un eventuale monopolista del contenuto premium. Per gli utenti significherebbe meno abbonamenti da gestire, ma anche un rischio di concentrazione eccessiva di proprietà intellettuali. Con ricadute su prezzi, concorrenza e pluralismo produttivo.
A preoccupare è anche la verticalizzazione totale della filiera: produzione, catalogo storico e piattaforma distributiva in un’unica mano. Uno scenario che le autorità antitrust non guarderebbero con leggerezza. In giochi simili, i regolatori statunitensi e europei hanno spesso imposto limiti e cessioni di asset per evitare posizioni dominanti.
Hollywood ha già vissuto fusioni gigantesche: Disney-Fox nel 2019, Amazon-MGM nel 2022. Ma un asse Netflix-Warner Bros. sarebbe un salto ancora più grande, unirebbe la storia del cinema agli algoritmi che guidano lo streaming del futuro.
Se questo scenario resterà fantascienza finanziaria o diventerà la nuova realtà del settore, è impossibile dirlo oggi. Ciò che è certo è che, anche solo parlarne, fa capire quanto il mondo dell’audiovisivo sia a un punto di svolta: tra innovazione e memoria, tra sale e piattaforme, tra concorrenza e concentrazione del potere.
E mentre i grandi giocano a spostare pezzi sulla scacchiera globale, una cosa resta chiara: in questa partita, a cambiare saranno anche le nostre abitudini di spettatori.
Televisione
Sandokan 2025: dieci errori imperdonabili della serie che ha conquistato la tv
Dal Sandokan senza patria alla Marianna suffragetta, dal Borneo trasformato in macchia mediterranea a Yanez ridotto a macchietta, fino alla scena della tigre svuotata del suo mito: un decalogo di errori evitabili che ha fatto infuriare gli appassionati.
Si può applaudire il successo televisivo, la macchina produttiva imponente, il clamore del ritorno di un personaggio che appartiene all’immaginario collettivo italiano. Ma per chi conosce Le Tigri di Mompracem e la saga salgariana, la visione di Sandokan 2025 è stata un susseguirsi di cortocircuiti. La serie non si limita a modernizzare; compie una riscrittura così ampia da cancellare identità, motivazioni e simboli.
Gli spettatori occasionali si divertono; i lettori restano a guardare un mondo che non è più quello di Salgari. Ed è un peccato, perché con una produzione da 30 milioni di euro bastava davvero poco per evitare certe cadute.
Ecco il decalogo degli errori più gravi.
1. Un Sandokan senza patria
Nei romanzi è principe del Borneo, ultimo erede di un regno distrutto dall’espansione coloniale. La sua furia nasce dalla perdita della terra, del popolo, del titolo. Nella serie, Sandokan viene reinventato come uomo cresciuto a Singapore, con un’identità vaga e un passato che non affonda più in una storia politica. La Tigre della Malesia diventa un protagonista qualunque, sradicato, pronto per il consumo globale. L’eroismo perde i suoi motivi, resta solo il muscolo.
2. Lord James Brooke riscritto: dal Raja bianco al rivale di turno
Brooke, figura storica, nel libro è il governatore di Sarawak, è il perno britannico del ciclo. La sua ambiguità, la sua potenza e la sua relazione con la giovane sono parti essenziali del conflitto. Qui viene cancellato. Al suo posto nella serie TV appare un giovane cacciatore di pirati, ridotto a rivale romantico di Sandokan, mentre Lord Guillonk (che nel libro è lo zio), diventa padre di Marianna e governatore di Labuan
3. Marianna diventa una suffragetta nel 1840
La Perla di Labuan è uno dei personaggi più delicati della saga: coraggiosa, curiosa, pronta a sfidare le convenzioni, ma sempre dentro i confini della sua epoca.
Nella serie diventa un personaggio da fiction contemporanea: cavalca da sola nella giungla, sfida ufficiali inglesi, usa espressioni moderne (“ipotermia”) e si comporta come una ribelle del XXI secolo. La credibilità storica evapora, e con essa il senso della sua trasformazione nell’incontro con Sandokan.
4. Abiti e armi fuori periodo
L’Ottocento di Salgari ha un’estetica precisa: sciabole, moschetti, uniformi britanniche, vesti coloniali. La serie sceglie un look “alla moda”, con costumi ibridi, armi fuori contesto e uniformi non coerenti. L’effetto è quello di un parco avventura più che di un mondo storico. Anche chi non è esperto percepisce che qualcosa non funziona.
5. L’eliminazione del colonnello Fitzgerald
Un personaggio chiave nella serie del 76 che è rimasto nel cuore di chi amato lo sceneggiato di Sollima è il colonnello Fitzgerald, giovane, carismatico, antagonista credibile, rappresenta l’Inghilterra che osserva Sandokan con rispettosa diffidenza. In Salgari, quel personaggio addirittura non c’è: c’era invece il baronetto Sir William Rosenthal. Nella serie Fitzgerald sparisce e viene sostituito da Murray, un sergente attempato che sfocia spesso nella macchietta comica. La tensione romantica e militare che Fitzgerald incarnava svanisce, e con essa una parte dell’equilibrio drammatico originale.
6. Il Borneo… con il rosmarino italiano
Le scene girate tra Calabria, Toscana e Lazio sono suggestive, ma non possono diventare il Borneo. Nella serie compaiono rosmarini, pini marittimi, macchia mediterranea, colline bruciate dal sole. Nessuna umidità equatoriale, nessuna vegetazione tropicale. L’esotismo salgariano, fatto di giungle fitte e incandescenti, viene sostituito da una botanica evidentemente fuori posto.
7. Terminologie anacronistiche e dialoghi moderni
Marianna che parla di “ipotermia” mentre tira fuori Sandokan da un’acqua a 30 gradi rischia di diventare la scena simbolo dell’incongruenza. Termini medici moderni, espressioni contemporanee, modi di pensare incompatibili con l’epoca: il linguaggio tradisce continuamente il contesto ottocentesco. Un errore di scrittura che rompe l’illusione storica a ogni frase.
8. La scomparsa delle Tigri della Malesia e Yanez diventa un buffone
Nel romanzo, le Tigri sono una confraternita ribelle, un nucleo carismatico. Nella serie diventano pirati occidentalizzati, quasi comparse. Spariscono quasi del tutto figure fondamentali come Sambigliong e Tremal-Naik. Con loro scompare il senso epico del gruppo, l’identità stessa del movimento ribelle, ridotto a un contorno rumoroso che non aggiunge niente. Yanez de Gomera è l’ironia fatta persona: elegante, lucidissimo, fumatore instancabile, la mente che integra la furia di Sandokan.È forse il personaggio più raffinato di Salgari. La serie lo trasforma in un giullare pieno di battutine e risatine, interpretato da Preziosi con un registro leggero che non ha nulla a che fare con l’archetipo originale. È un tradimento profondo: senza il vero Yanez, Sandokan è un eroe dimezzato.
9. Persino Giuseppe Verdi è fuoriposto
Durante la serata organizzata per il compleanno di Marianna nel palazzo del console qualcosa non torna. Ci riferiamo alla musica. Gli appassionati di lirica l’avranno individuato in pochi secondi: l’orchestrina che anima il ballo esegue alcuni brani tratti da La Traviata di Giuseppe Verdi. Una scelta…impossibile! Perché siamo nel1841, mentre l’opera in questione sarebbe stata composta solo nel 1853. Pertanto la distanza di dodici anni trasforma la musica in un messaggio fuori dal tempo.
10. La scena della tigre: addio al mito
Nel romanzo e nello sceneggiato del ’76 è una scena sacra: Sandokan affronta la tigre, rischia la vita, dimostra coraggio, salva Marianna. Nel 2025 assistiamo a un animatronic poco credibile, una Marianna imprudente che si caccia nei guai e un Brooke che uccide la tigre con un colpo di fucile. Il rito eroico diventa un episodio confuso. La magia si dissolve.
A conti fatti, Sandokan 2025 non fallisce per colpa di Can Yaman o dei singoli attori: fallisce perché tradisce l’universo che avrebbe dovuto raccontare. Con un budget da 30 milioni di euro, bastava rispettare ciò che rendeva la storia unica. Invece si è scelta la via del fumettone globalizzato, sacrificando la profondità, la storia, il mito. E una Tigre senza mito, purtroppo, graffia molto meno.
Televisione
La Rai punta ancora su Roberto Benigni: il 10 dicembre lo speciale su San Pietro per risollevare gli ascolti in prima serata
Dopo il successo del Sogno europeo Benigni affronta la figura dell’apostolo Pietro: “Mi sono innamorato di lui, è proprio come noi”. La Rai spera di replicare gli ascolti record.
Gli ascolti scricchiolano, e la Rai chiama di nuovo Roberto Benigni. Il 10 dicembre, in prima serata su Rai1, l’attore premio Oscar torna con Pietro. Un uomo nel vento, una serata evento costruita attorno alla figura di San Pietro. Una scelta che sa di tentativo strategico: nove mesi fa il Sogno europeo aveva conquistato il 28,1% di share e 4,4 milioni di spettatori. Ora l’azienda spera in un nuovo colpo a effetto, affidandosi al volto che negli ultimi anni è diventato sinonimo di grande televisione d’autore.
L’amore improvviso per Pietro: “È come noi”
Durante l’anteprima al Maxxi, Benigni ha sorpreso tutti con una dichiarazione che definisce il tono del programma: “Mi sono innamorato di Pietro. Completamente. Perché Pietro è proprio come noi”. Un’affezione nata mentre preparava il monologo e maturata leggendo la storia dell’apostolo. “Continuavo a pensare: ma quello sono io, avrei fatto le stesse cose! Si arrabbia, sbaglia, piange, ride… è l’umanità di tutti noi”. Da qui l’idea di raccontarlo come un uomo qualunque chiamato però a un compito sovrumano: “aprire o chiudere le porte del Paradiso”.
Due ore senza pause ai piedi della Basilica
Lo speciale è stato registrato a inizio ottobre, all’aperto, con Benigni in scena per due ore senza stacchi né pause d’acqua. La location è insolita e inedita: un angolo nascosto dei giardini vaticani da cui la Basilica appare sotto una prospettiva quasi mai concessa. “Questi sono i giardini segreti dove solo i Papi vengono a passeggiare – racconta – poche ore fa c’era Leone XIV a raccogliere i fiori”. È da questo spazio carico di simboli che prende forma il racconto del pescatore di Cafarnao, il primo tra gli apostoli, capace di difendere Gesù e di rinnegarlo, di cadere e rialzarsi.
Un racconto intimo che punta al grande pubblico
Il monologo, scritto con lo stesso gruppo che aveva lavorato al Sogno europeo, intreccia teologia, storia e aneddoti, ma sempre con il linguaggio riconoscibile di Benigni. L’attore parla a un pubblico reale, seduto davanti a lui, e lo trascina nella relazione più semplice e potente: quella tra Gesù e Pietro, “il suo migliore amico”. È la chiave che la Rai spera possa funzionare di nuovo, riportando in prima serata il pubblico delle grandi occasioni.
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