Televisione
Un ruolo duro e spaventoso per Luca Marinelli: quello del Duce in “M – Il figlio del secolo”
Un prodotto televisivo di grandissima qualità, in programmazione attualmente sulla piattaforma Sky, che però è costato all’interprete principale un travaglio interiore di grabnde rilevanza.
La serie tv diretta da Joe Wright racconta la storia dell’ascesa al potere di Benito Mussolini, dalla fondazione dei Fasci italiani di combattimento del 1919 fino al discorso in Parlamento del 3 gennaio 1925. Nel mezzo una serie di vicende che, con grande attinenza storica, raccontano in che maniera il fascismo riuscì a conquistare non solo l’Italia ma soprattutto gli italiani.
Un’interpretazione magistrale
L’attore Luca Marinelli è alla sua prova della vita, almeno per ora: la sua interpretazione è di straordinaria qualità, basato sul libro di Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega nel 2019. Un uomo irriverente, sopra le righe, animalesco, spesso interessato a strappare un sorriso agli spettatori, ma circondato allo stesso tempo da persone fondamentali per la sua ascesa.
Il ruolo della vita
Da uomo che si dichiara antifascista, l’attore dice: «Aver dovuto sospendere il giudizio per dieci ore al giorno per sette mesi è stato devastante umanamente. Ma dal punto di vista artistico è stata una delle cose più belle mai fatte nella mia vita». Durante la conferenza stampa di presentazione della serie, un giornalista gli fa osservare che, come sosteneva Matteotti, «il fascismo non cadrà da solo». Oggi ha rialzato la testa. Come possiamo combatterlo?
Il parallelo coi tempi attuali
Marinelli risponde: «Il tempo presente è molto triste. Stanno ritornando cose che sembravano incubi del passato. E stanno tornando a essere, orrendamente e tristemente, la nostra nuova realtà. Quello che dice Matteotti è verissimo: non cadrà da solo. Bisogna essere tutti assieme e resistere. L’importante è essere svegli e pensare con la propria testa, non farci condizionare da bugie e populismo. Una risposta semplice a un problema molto più complesso».
Gli espedienti narrativi
Il cosiddetto camera look che il personaggio nella serie utilizza nel dialogare con gli spettatori si rivela efficacissimo. Ne parla lo sceneggiatore Davide Serino: «Volevamo che all’inizio chi guarda si sentisse complice». La serie gira la camera verso lo spettatore, con Benito Mussolini che guarda fisso in macchina. Assume il suo punto di vista e gioca con l’empatia: «Il libro di Antonio Scurati comincia e finisce in prima persona, noi abbiamo scelto di seguire sempre questa strada e di rompere la quarta parete». Un po’ come in House of cards. È un registro quasi grottesco, che poi si attenua. Volevamo che lo spettatore si divertisse, che abbassasse la guardia».
All’inizio lo spettatore è complice del personaggio, poi l’atmosfera cambia radicalmente
Il Mussolini degli esordi nella serie ci respinge e ci affascina, risulta forte e coinvolgente. Un personaggio da commedia all’italiana, che parla con accento romagnolo (che più avanti si romanizzerà) ma anche un incantatore di serpenti, come in fondo ogni buon dittatore, ma persino ogni buon leader o politico, dev’essere”. La serie prosegue e questa sensazione leggere man mano si dissolve. Proprio perché lo spettatore è diventato complice del narratore, viene poi preso quasi a schiaffi da quello che succede. con un cambio di passo violento, in grado di provocare disagio. Difficile pensare che qualcuno potrà accurare M – Il figlio del secolo di apologia di regime.
Il dissidio interiore dell’attore
Prosegue Marinelli: «Era importante non utilizzare per Mussolini appellativi come “pazzo” o “diavolo” perché lo allontanano. Era un essere umano come noi. Un criminale che ha deciso coscientemente tutti i suoi atti criminali. Da antifascista, la cosa che più mi ha spaventato e danneggiato dal punto di vista umano è stato il fatto di dovermi avvicinare, doverlo stare a sentire e restare con lui. Ricordo scene nelle quali era possibile mi fomentassi anch’io con lui. Questo mi generava una profonda tristezza che non potevo vivere. Dovevo schiacciare qualcosa in me per continuare a pompare quel lato oscuro. Mi hanno colpito molto le scene in Parlamento dove non celava nessuna delle sue mire. Abbiamo ripreso i suoi discorsi e articolare quelle parole è spaventoso».
Per essere consapevoli del tempo che stiamo vivendo
In merito al monumentale lavoro di scrittura di Scurati, l’attore commenta: «Nell’approcciare il libro di Scurati sono stato messo di fronte alla mia gigantesca ignoranza. Penso sia sano confrontarcisi, non pensare che le cose siano semplici. Quello si chiama populismo e l’ha inventato la persona di cui parliamo. La serie mi ha lasciato il fatto di voler essere presente al mio presente e passato. Solo così che possiamo comprendere quello che siamo e cosa stiamo vivendo. E capire come andare nella direzione più utile a tutti».
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Televisione
Uomini e Donne, Gemma Galgani perdona Mario e balla con lui: lo studio esplode tra accuse, polemiche e applausi
Gemma Galgani e il cavaliere Mario si riavvicinano dopo settimane di incomprensioni: un ballo scatena la bufera in studio. Tina Cipollari e Gianni Sperti lo accusano di cercare visibilità, altri cavalieri lo attaccano, mentre Gemma difende il gesto: “È stata una cosa carina”.
A Uomini e Donne basta poco per far partire un incendio, e questa volta a scaldare l’atmosfera ci ha pensato Gemma Galgani. Dopo un ballo inaspettato con Mario, Maria De Filippi ha colto al volo l’occasione per chiedere conto dell’avvicinamento. Gemma, serena come non la si vedeva da tempo, ha confermato: «Abbiamo ballato insieme… abbiamo fatto la pace». Una frase semplice che ha fatto rumoreggiare l’intero studio. «Cosa c’è di male?», ha replicato lei, pronta a difendere il momento.
Il ritorno di fiamma (televisiva) che divide lo studio
La pace tra i due non è piaciuta agli opinionisti. Gianni Sperti è stato il primo ad affondare: «Questa non è una balera…». A ruota è intervenuta un’altra dama, convinta che il cavaliere avesse giurato di non voler più creare equivoci con Gemma. Ma lo scontro più acceso è arrivato da un altro cavaliere, che ha puntato il dito su Mario con una frase che ha infiammato la sala: «Credo siano finite le macchine dell’autosalone e quindi ti riattacchi a Gemma per visibilità». Il pubblico ha applaudito a scena aperta.
Gemma si difende, Tina attacca
Lei però non si scompone: «È stata una cosa carina… non c’è niente di tutto questo». Ma Tina Cipollari, tornando dal suo recente affondo contro Gemma durante l’ospitata a Verissimo, non gliela fa passare: «Lo sai benissimo che ballando con Gemma avresti suscitato polemiche. E l’hai detto anche a Renata che non volevi ballare con lei per evitare fraintendimenti».
Le spiegazioni di Mario: “L’ho vista in difficoltà”
Mario ha tentato di respingere gli attacchi spiegando il motivo reale del gesto: «L’ho vista avvilita quando Piero ha fatto quell’uscita. Avrei voluto abbracciarla, ma mi sono trattenuto. Oggi l’ho fatto. Che c’è di male?». Gesto nobile o strategia di visibilità? Lui assicura di non provare interesse sentimentalmente, ma il parterre resta diviso.
A Uomini e Donne, come sempre, basta un ballo per far scoppiare una rivoluzione.
Televisione
Can Yaman dimagrisce 10 chili per Sandokan e racconta l’incidente sul set: «Sono rimasto intrappolato sott’acqua»
Can Yaman presenta la sua versione di Sandokan, lontana dal remake di Kabir Bedi e costruita con mesi di preparazione estrema. Racconta il digiuno intermittente che lo ha fatto scendere di oltre dieci chili, l’incidente sott’acqua che lo ha terrorizzato e la scelta di girare senza controfigure. E sulle scene intime: «Mi imbarazzo solo quando l’attrice è a disagio».
Il ritorno di Sandokan non è stato un viaggio semplice. Quattro anni di set interrotti, rinvii, stop and go continui: ma ora la Tigre di Mompracem è pronta a ruggire su Rai1 dal 1° dicembre, con Can Yaman nel ruolo che fu di Kabir Bedi. Un paragone inevitabile, che l’attore turco spezza subito: «Non è un remake. È una versione completamente diversa, non abbiamo mai pensato di rifare la serie del ’76».
Dieci chili in meno per diventare Sandokan
Per entrare nella pelle — e nei muscoli — del nuovo eroe, Yaman è passato da un cambio fisico notevole. «Quando ho girato Il Turco pesavo 102 chili. Sandokan invece è felino, asciutto. Ho perso più di dieci chili in un mese, non mangiavo quasi nulla. Ho seguito il digiuno intermittente». Una preparazione durissima, unita a un lavoro emotivo altrettanto intenso: «Sandokan è un combattente con il sorriso, un eroe che non uccide se non serve. Dovevo tirarne fuori l’anima».
L’incidente che ha spaventato tutti
Tra gli aneddoti del set, uno ha fatto tremare anche i più esperti. «Giravo la scena dell’esplosione della canoa. Sono finito in acqua e il costume ha fatto effetto vela: mi ha avvolto tutto. Mi sono sentito intrappolato». A salvarlo è stato il regista, Jan, che stava filmando sott’acqua: «Ha capito subito che c’era un problema e mi ha aiutato. Non uso controfigure… sì, lo so, sono un po’ pazzo».
Le scene intime e l’imbarazzo inatteso
In Sandokan tornano anche i momenti romantici. Can, abituato alle passioni travolgenti delle sue serie turche, li affronta con naturalezza, ma confessa un limite: «Affronto le scene intime come quelle d’azione: sono parte della storia. Ma mi imbarazzo se l’attrice è a disagio».
Sandokan sta per tornare, e anche questa volta Yaman promette di far parlare di sé: tra fisico scolpito, stunt senza rete e un personaggio che vive di carisma e contraddizioni.
Televisione
Adelina Tattilo, la Hugh Hefner de’ noantri: la donna che con “Playmen” liberò l’Italia dal tabù del sesso
Editrice visionaria, giornalista e provocatrice, Adelina Tattilo portò in edicola un erotismo elegante, unendo nudo e cultura. Con Playmen batté Playboy e fece scandalo con lo scoop di Jacqueline Kennedy nuda. Poi il declino, ma la sua lezione resta: la libertà può essere un’impresa editoriale.
Quando nel 1967 Adelina Tattilo lanciò Playmen, l’Italia bigotta e cattolica scoprì che anche l’erotismo poteva essere cultura. Nata a Manfredonia nel 1928, la Tattilo fu una pioniera: una donna sola contro i pregiudizi, capace di costruire un impero editoriale partendo da una rivista che mescolava sensualità, ironia e impegno civile. Sessant’anni dopo, Netflix le dedica la serie Mrs Playmen, interpretata da Carolina Crescentini, in uscita il 12 novembre.


La rivoluzione del porno-chic
Playmen non era solo una rivista “per uomini”. Tra le sue pagine, accanto alle modelle in pose audaci, comparivano disegni di Jacovitti, articoli di Luciano Bianciardi e interviste a giganti come Fred Astaire, Umberto Eco, Leonardo Sciascia e Fellini. Tattilo spiegava così il suo progetto: “Volevo combattere i bigottismi e affermare una cultura libertaria e socialista. Il sesso è parte della vita, non un peccato”.



Lo scandalo e il successo
Nel 1969 Playmen pubblicò la foto di Jacqueline Kennedy nuda nella piscina di Onassis a Skorpios, uno scoop che fece il giro del mondo. Ma anche tante dive italiane – da Ornella Muti a Patty Pravo, da Brigitte Bardot ad Amanda Lear – scelsero di posare per la rivista, contribuendo a farne un simbolo di emancipazione. Negli anni Settanta Tattilo toccò il record di 400.000 copie vendute a settimana e sfidò persino Playboy, che le intentò una causa per il nome, vinta solo nel 1982 negli Stati Uniti.
Dall’erotismo alla cultura pop
Quando arrivarono le videocassette hard e poi Internet, Playmen perse terreno. Ma Adelina non si arrese: convertì la sua casa editrice a nuovi settori – tecnologia, fotografia, bricolage – continuando a pubblicare con lo stesso spirito di curiosità.
Oggi, a distanza di decenni, la sua eredità è quella di una donna che seppe portare il sesso in edicola senza volgarità, anticipando le battaglie femministe e libertarie. In un Paese che ancora arrossiva davanti a un bikini, Adelina Tattilo inventò la rivoluzione più difficile di tutte: quella della libertà di guardare, pensare e desiderare.
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