Sport
Alica Schmidt: tra bellezza, potenza e Olimpiadi
È molto più di una semplice atleta. Oltre alle sue straordinarie qualità da quattrocentista, è riconosciuta come una delle atlete più belle e sexy del mondo. Ma ora è pronta anche per volare ai giochi di Parigi, per la sua prima Olimpiade.

Alica Schmidt incarna la perfetta armonia tra forza, grazia e bellezza. Oltre alle sue straordinarie qualità da quattrocentista, che l’hanno resa una figura di spicco nell’atletica leggera mondiale, Alica è riconosciuta anche come una delle atlete più belle e affascinanti del mondo. Il suo magnetismo e il suo carisma hanno catturato l’attenzione di milioni di persone in tutto il mondo, facendola diventare un’icona di stile e glamour.
Ma ora, Alica è pronta per affrontare una nuova sfida: i Giochi Olimpici di Parigi. Questa sarà la sua prima Olimpiade, un momento emozionante e significativo nella sua carriera sportiva. Dopo anni di duro lavoro, sacrifici e dedizione, Alica avrà finalmente l’opportunità di gareggiare al più alto livello e rappresentare il suo paese in uno degli eventi sportivi più prestigiosi al mondo.


Alica Schmidt in gara e come modella
Per Alica, partecipare alle Olimpiadi non è solo un sogno che si avvera, ma anche una testimonianza del suo impegno e della sua determinazione. Ha dedicato la sua vita allo sport, superando ostacoli e sfide con tenacia e perseveranza. Ora, sarà in grado di dimostrare al mondo intero il suo talento e la sua forza in pista, rappresentando l’apice dell’eccellenza atletica.
Mentre si prepara per questo importante evento, Alica porta con sé non solo il suo spirito competitivo, ma anche la sua bellezza e il suo carisma unici. Sarà una presenza luminosa e incantevole nei giochi, ispirando non solo con le sue performance atletiche, ma anche con la sua grazia e il suo fascino innegabile.
Per Alica Schmidt, i Giochi Olimpici di Parigi rappresentano non solo un’opportunità di eccellere nello sport, ma anche un momento di celebrazione e orgoglio per tutto ciò che ha raggiunto finora. È pronta a volare verso nuove vette e a conquistare il cuore del pubblico con la sua bellezza, la sua forza e la sua determinazione.
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Calcio
“Sognando Beckham 2” è realtà: il calcio femminile torna sul grande schermo
La regista è pronta a riportare in campo Jess e Jules, protagoniste di una rivoluzione sportiva e culturale. Atteso nel 2027, il film potrebbe celebrare i 25 anni dell’originale. E David e Victoria Beckham potrebbero tornare… con un cameo.

Il tempismo non poteva essere più simbolico: mentre il calcio femminile vive una nuova era d’oro, con gli stadi europei pieni e il trionfo delle Leonesse agli Europei 2025, Gurinder Chadha conferma che Sognando Beckham avrà un seguito. Il film, uscito nel 2002 e diventato un manifesto dell’emancipazione sportiva e culturale delle donne, tornerà presto sul grande schermo con un nuovo capitolo.
“Abbiamo contribuito a cambiare le regole del gioco. Ora è il momento giusto per scoprire cosa è successo ai nostri personaggi”, ha dichiarato la regista anglo-indiana alla BBC. Chadha, che di recente ha presentato alcuni progetti al Festival di Cannes, ha spiegato che l’idea del sequel è nata appena un mese fa. “Non volevo fare un secondo film solo per nostalgia. Poi ho trovato una storia davvero potente. E ora sono ispirata come non mai”.
La sceneggiatura è ancora in fase di sviluppo, ma l’intento è chiaro: raccontare l’evoluzione del calcio femminile e, insieme, affrontare ancora una volta i pregiudizi che resistono. “Sì, molte cose sono cambiate. Ma c’è ancora chi pensa che le donne non dovrebbero giocare a calcio. Questo sequel serve a ricordare che il gioco non è mai davvero finito”, ha detto la regista a Deadline.
Il primo film, con Parminder Nagra e una giovanissima Keira Knightley, raccontava l’amicizia tra due ragazze inglesi con il sogno di diventare calciatrici professioniste. Bend It Like Beckham (titolo originale) incassò circa 60 milioni di sterline con un budget ridottissimo e diventò un caso mondiale, lanciando anche la carriera di Knightley.
Per il sequel, Chadha sta lavorando per riportare in scena i volti noti. “Keira e Parminder sanno del progetto, ma vorranno leggere la sceneggiatura prima di dire sì. E io voglio assicurarmi che ogni personaggio abbia una storia degna, con scene vere, non solo apparizioni”.
Tra i nuovi nomi coinvolti c’è Emma Hayes, ex allenatrice del Chelsea Women e attuale CT degli Stati Uniti, che collaborerà alla struttura della narrazione. “La sua conoscenza del calcio ad alti livelli è preziosissima”, ha sottolineato Chadha.
E a proposito di volti noti, difficile immaginare Sognando Beckham 2 senza almeno un’apparizione di David Beckham. Nel primo film, l’ex capitano della nazionale inglese appariva brevemente in una scena all’aeroporto, vera e propria icona per le protagoniste. Stavolta potrebbe esserci anche la moglie Victoria, ormai lanciatissima anche come personaggio televisivo, premiata di recente con un Emmy grazie alla docuserie Netflix sulla famiglia Beckham. Secondo fonti vicine alla produzione, un loro cameo sarebbe molto probabile.
L’obiettivo è far uscire il film nel 2027, in coincidenza con il 25° anniversario dell’originale e con la Coppa del Mondo femminile FIFA, che si svolgerà in Brasile tra giugno e luglio dello stesso anno. “Nel 2002 abbiamo detto alle ragazze che potevano avere tutto. È un messaggio che vale ancora oggi”, ha concluso la regista. “E forse, oggi più che mai, va ribadito con forza”.
Sport
Adolescenti e sport: quando la pressione di genitori e allenatori spegne la passione
Un ragazzo su due lascia l’attività sportiva tra i 13 e i 15 anni, schiacciato da competizione, ansia da prestazione e aspettative eccessive

Una partita di calcio tra giovanissimi, un padre che aggredisce il portiere tredicenne della squadra avversaria: il caso di cronaca recente ha riacceso i riflettori sul delicato rapporto tra sport e adolescenza. Dietro la retorica dello sport come palestra di vita, infatti, si nasconde una realtà meno edificante fatta di pressioni, ansie e abbandoni precoci.
Non è un episodio isolato. Molti ragazzi, arrivati ai 14-15 anni, smettono di praticare sport: secondo i dati del CONI, nella fascia 14-17 anni la quota di tesserati è appena il 16,6% del totale, mentre studi del Bambino Gesù di Roma confermano che circa il 50% dei giovani tra i 13 e i 15 anni abbandona l’attività sportiva. Le cause? Non solo impegni scolastici o nuovi interessi, ma soprattutto la pressione emotiva generata da genitori e allenatori troppo esigenti.
Il fenomeno del drop out sportivo
La FIGC, con i suoi oltre 1,5 milioni di tesserati, è uno specchio di questa dinamica. «Sulla carta il calcio giovanile dovrebbe avere finalità formative e ricreative – spiega Vito Di Gioia, responsabile del settore giovanile – ma la competizione tra società porta a selezionare i ragazzi in età troppo precoce. Il risultato è che molti vivono l’esperienza sportiva come un contesto ad alto carico emotivo». Per questo la federazione ha introdotto un codice di condotta e un sito dedicato alle segnalazioni di abusi e poor practice, come lasciare in panchina i più piccoli nonostante il regolamento preveda il gioco a rotazione fino agli under 13.
Quando il corpo dice stop
Le conseguenze non sono solo psicologiche. Attacchi di panico, iperventilazione, persino svenimenti possono essere la manifestazione fisica di un disagio emotivo. «Spesso i ragazzi preferiscono “sentirsi male” piuttosto che deludere genitori o allenatori», racconta la pediatra Annamaria Sapuppo, che segue molti giovani nuotatori.
Il ruolo dei genitori
Gli adulti sono spesso protagonisti involontari del malessere. Trombe, urla e proteste sugli spalti alimentano l’ansia dei figli, che finiscono per associare la prestazione sportiva al giudizio familiare. «La Generazione Z è più fragile emotivamente perché costantemente esposta al confronto sui social» osserva Flavio Nascimbene, psicologo dello sport. «Se però si crea un’alleanza positiva tra famiglia e allenatore, lo sport diventa un’occasione educativa: insegna a gestire lo stress, accettare la sconfitta, riconoscere i propri limiti».
Segnali da non ignorare
Quando il divertimento si trasforma in peso, compaiono i campanelli d’allarme: calo dell’entusiasmo, scuse per evitare allenamenti, blocchi durante le gare, insonnia o perdita di appetito. «In questi casi bisogna fermarsi, parlarne con l’allenatore e, se serve, chiedere supporto psicologico», avverte Giulia Cafiero, medico dello sport al Bambino Gesù.
Un cambio di prospettiva
La soluzione? Rovesciare la logica dei trofei. «Nella scelta di un club le famiglie dovrebbero guardare meno alle classifiche e più alla qualità del rapporto tra allenatori e ragazzi» conclude Nascimbene. Lo sport non dovrebbe essere un trampolino verso il professionismo a tutti i costi, ma un’esperienza formativa, capace di insegnare resilienza, spirito di squadra e soprattutto il piacere del movimento.
Calcio
Gasperini furioso con la Roma: mercato bloccato, promesse tradite e attacco rimasto al palo dopo i flop Sancho e Fabio Silva
La Roma ha chiuso il mercato senza i rinforzi richiesti dal suo allenatore. Restano i paletti del fair play finanziario e le rassicurazioni non mantenute: Sancho ha scelto l’Aston Villa, Fabio Silva non è arrivato, e Bailey si è infortunato al debutto. Ora entrare nelle prime quattro diventa un’impresa.

Il Gasp arrabbiato è diventato rassegnato. «Martedì tireremo le somme», aveva detto Gian Piero Gasperini dopo la vittoria di Pisa, quasi a prepararsi a un finale che sapeva già scritto. Quelle somme raccontano una Roma che, nonostante otto nuovi volti, non ha cambiato volto in attacco. L’unico acquisto di peso, Leon Bailey, si è infortunato al primo allenamento.
Gasperini era stato chiaro fin dal ritiro inglese: «La differenza tra completarsi e rinforzarsi esiste ed è netta. È l’attacco a determinare la forza di una squadra. Quanto saremo competitivi dipenderà da ciò che riusciremo a fare davanti». A distanza di un mese, il quadro è rimasto identico: la Roma che lo scorso anno segnò 28 gol in meno dell’Atalanta è ancora la stessa.
L’allenatore ha aspettato a lungo Fabio Silva, convinto dalle sue parole e promesso alla Roma. Alla fine il portoghese non è arrivato. Stesso epilogo per la telenovela Sancho, che dopo settimane di tira e molla ha scelto l’Aston Villa, lasciando i giallorossi a mani vuote.
I Friedkin avevano ammesso che i paletti del fair play finanziario avrebbero reso complessa la prima parte del mercato. Ma l’8 agosto, a Liverpool, Ryan Friedkin aveva rassicurato Gasperini garantendogli colpi all’altezza. Quelle promesse sono rimaste lettera morta.
I nuovi arrivi, da Ghilardi a Ziolkowski, sono investimenti per il futuro più che soluzioni immediate. Vasquez sarà il vice Svilar, Ferguson è un prospetto interessante ma non ancora pronto a caricarsi l’attacco. Solo Wesley, reduce da una stagione piena in Brasile, appare in grado di incidere da subito, ma con il rischio di pagare la stanchezza accumulata.
Il tecnico, che ha cercato di convincere personalmente diversi obiettivi, oggi si trova con un reparto offensivo identico a quello che aveva criticato. La sua amarezza si intreccia con le prime tensioni interne: il rapporto con il ds Massara, dopo le delusioni estive, esce incrinato. Gasperini però resta saldo nello spogliatoio, sostenuto da un gruppo che lo stima e da una tifoseria che pretende risultati. Le prime quattro, però, così restano lontane.
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