Calcio
David Beckham, quasi 50 anni e in forma perfetta: il segreto di una leggenda
L’ex stella del calcio continua a incantare con la sua classe, mentre si allena quotidianamente tra padel, palestra e sfide con i figli. “Il mio corpo sta meglio ora di quando giocavo”, racconta in un’intervista.

Guardare David Beckham calciare una punizione è ancora uno spettacolo senza tempo. Il collo del piede che impatta la palla con precisione chirurgica, la traiettoria perfetta che aggira la barriera e si infila all’incrocio: un’immagine che ha segnato la storia del calcio. Ha lasciato il campo dodici anni fa, ma ogni volta che si avvicina a un pallone, anche i grandi campioni dell’Inter Miami CF, il club di cui è co-proprietario, si fermano a guardarlo. Perfino Leo Messi, il più grande calciatore della sua generazione, lo incita a unirsi a una partitella, curioso di vedere da vicino la sua tecnica intatta.
Beckham è una sorta di Jaguar E-Type del calcio: una bellezza classica, sempre in perfette condizioni. Oggi, a pochi mesi dal traguardo dei 50 anni, dice di sentirsi meglio di quando giocava. “Mi chiedono spesso se ho problemi alle ginocchia o alle caviglie. In realtà, sono la schiena e l’anca sinistra a darmi fastidio. Ho fatto risonanze, radiografie, ed è solo usura. Ma nel complesso, mi sento alla grande”.

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Disciplina e allenamento: il segreto della sua forma
Lontano dai campi di Premier League e Champions, Beckham non ha mai smesso di allenarsi. Vive tra Miami e Londra, dove segue una routine rigorosa con l’ex judoka olimpico Bobby Rich, suo personal trainer e amico. “Beckham è il sogno di qualsiasi allenatore”, racconta Bobby. Lui, però, scherza: “Credo che stia mentendo! La verità è che io e Bob ci divertiamo un sacco”.


Dopo una carriera in cui il focus era solo sulle gambe, oggi Beckham lavora molto anche sulla parte superiore del corpo. “Durante la mia carriera non avevo nemmeno i pettorali! Ora, invece, mi alleno diversamente. Odio le trazioni alla sbarra, ma ora le facciamo quasi ogni giorno”. La sua forma fisica è frutto di un mix di esercizi: padel tre volte a settimana, sessioni in palestra, allenamenti funzionali e persino qualche sessione di jiu-jitsu.
La sfida con i figli: lo spirito competitivo non muore mai
La competizione è ancora parte del suo DNA, e Beckham lo dimostra anche fuori dal campo. Sfida i figli a ping-pong, biliardo, snooker, ma ammette di non lasciarli vincere facilmente. “Gli concedo un game, ma mai la partita”, dice con un sorriso. Il suo amore per le sfide si è esteso anche allo snowboard e all’eliski, esperienze che non aveva mai potuto provare durante la carriera a causa di rigide clausole assicurative.
“La prima volta è stata una prova di resistenza”, racconta. “Ci tiravamo fuori dalla neve, finivamo sugli alberi… Ma è la mia vacanza preferita. Quando sei sugli impianti di risalita con i tuoi figli, non possono usare il cellulare, e finalmente parli con loro. È incredibile”.
David e Victoria: coppia da palestra
Anche sua moglie Victoria Beckham ha ceduto al fascino degli allenamenti di Bobby Rich. “Per anni ho provato a convincerla e alla fine ha accettato”, racconta David. “Ora ci alleniamo insieme cinque o sei giorni a settimana. Però… diciamo che non è bravissima a seguire le istruzioni! Bobby le dà 90 secondi di recupero, ma dopo 25 è già pronta a ripartire”.
Victoria, da sempre icona di stile, è una fan sfegatata di StairMaster e Versaclimber, mentre David preferisce circuiti di resistenza e allenamenti di forza. “Allenarsi insieme è una sfida continua, ma ci divertiamo”.
Da calciatore a imprenditore: la nuova vita di Beckham
Oltre alla sua straordinaria forma fisica, Beckham ha costruito un nuovo impero fuori dal campo. È co-proprietario dell’Inter Miami, club che ha portato alla ribalta ingaggiando campioni come Messi, Busquets e Suárez. Ma il suo stile di leadership è rimasto lo stesso di quando giocava sotto la guida di Sir Alex Ferguson.
“Ho imparato molto da lui”, racconta. “Ora, nei miei affari, cerco di essere il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarmene. Penso che il successo dipenda da come tratti le persone, che sia il ragazzo all’ingresso o il CEO. Non mi piacciono gli ambienti pieni di tensione, voglio rispetto e collaborazione”.
Un’icona senza tempo
La carriera di Beckham è un mosaico di momenti iconici, dalla punizione contro la Grecia nel 2001 che portò l’Inghilterra ai Mondiali, fino al trionfo con il Manchester United e il Real Madrid. Eppure, a quasi 50 anni, sembra aver trovato il perfetto equilibrio tra sport, affari e famiglia.
“Mi sento meglio oggi di quando giocavo”, dice con la solita espressione sicura. “E non smetterò mai di competere. Anche a 70 anni, proverò ancora a scendere da una pista da sci a tutta velocità”.
Beckham non ha perso il tocco. E, a giudicare dalla sua forma, sembra che non abbia alcuna intenzione di rallentare.
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Calcio
Dybala ko: operazione al tendine e stagione finita. “Tornerò più forte”
Paulo Dybala dice addio al finale di stagione. Dopo la rottura del tendine semitendinoso sinistro, l’attaccante si opererà: l’obiettivo è tornare a disposizione per l’inizio della prossima stagione.

La stagione di Paulo Dybala finisce qui. L’argentino della Roma dovrà operarsi nei prossimi giorni a causa di una seria lesione al tendine semitendinoso sinistro, rimediata durante il match contro il Cagliari. Fatale un colpo di tacco che ha causato la rottura del tendine in ben due punti. Una diagnosi pesante, che ha convinto lo staff medico giallorosso e la proprietà dei Friedkin a spingere per un intervento chirurgico, preferito a una terapia conservativa che – secondo i medici – avrebbe potuto mettere a rischio persino la carriera del calciatore.
Il club ha ufficializzato la decisione con un comunicato, spiegando che la scelta dell’operazione è stata presa di comune accordo tra Dybala e la società. L’intervento, considerato delicato, comporterà almeno tre mesi di stop: l’obiettivo è permettere al numero 21 di essere pronto per il ritiro di luglio e per l’inizio della prossima stagione, ad agosto. Tra le opzioni per l’operazione ci sono centri specializzati in Svizzera, Finlandia e, più lontana, negli Stati Uniti. La Roma ha già inviato i migliori auguri all’argentino: “Ti aspettiamo!”.
Dybala ha voluto affidare ai social il suo messaggio ai tifosi: “Cari amici, vi ringrazio di cuore per l’affetto che sempre mi dimostrate. Dopo i risultati degli esami e aver valutato le diverse opzioni, ho deciso di sottopormi all’intervento ora per tornare il prima possibile. Anche se sarò lontano dal campo, continuerò a sostenere i miei compagni della Roma in questa fase cruciale del campionato e la nostra nazionale che seguirò come un tifoso in più durante queste partite di qualificazione. Tornerò presto, ancora più forte, promesso. Ci vediamo in campo. Forza Roma e Vamos Argentina”.
Una perdita pesante per la Roma, che dovrà fare a meno del suo talento nella fase decisiva della stagione. Mourinho e i tifosi sperano ora in un recupero senza intoppi per riabbracciare la Joya in estate.
Calcio
Edoardo Bove: “Ero indemoniato in ambulanza, cercavo di mordere tutti. Eriksen mi ha chiamato subito dopo il malore”
Ospite del podcast di Gianluca Gazzoli, Edoardo Bove svela i dettagli del malore in campo, il viaggio choc in ambulanza, la vicinanza di Eriksen e la nuova vita con il defibrillatore sottocutaneo: “Mi sento fortunato, ma oggi non sono più l’Edoardo di prima”.

Edoardo Bove ha scelto il podcast “Passa dal BSMT” di Gianluca Gazzoli per raccontare senza filtri uno dei momenti più drammatici della sua carriera e della sua vita. Il giovane centrocampista, che oggi vive lontano dal campo in attesa di capire se potrà tornare a giocare, ha ripercorso il malore che lo ha colpito durante Fiorentina-Inter e le conseguenze che ne sono derivate, tra diagnosi incerte e un futuro ancora tutto da scrivere.
Bove ha spiegato che, secondo la legge italiana, non potrà tornare a giocare a livello agonistico con il defibrillatore sottocutaneo, installato per proteggere la sua vita: “All’estero potrei firmare una liberatoria, ma qui non è permesso. Andrò avanti con le visite e se un giorno potrò toglierlo valuterò. La mia salute mentale però conta più di tutto. Se non mi sento sicuro senza defibrillatore, non importa. Vivo un’altalena di emozioni, tra speranza e paura”.
Il ricordo del malore è ancora vivido, ma Bove ammette che rivedere quelle immagini oggi è più difficile: “All’inizio ero quasi distaccato, ora mi fa male. Mi chiedo perché io no e gli altri sì. Poi mi sento subito in colpa perché so di essere fortunato. Ho capito subito quanto si sono spaventati tutti, ed è stato devastante”.
Il centrocampista ha raccontato in modo dettagliato quanto accaduto durante quella tragica partita: “Ricordo tutto fino a poco prima del malore. Avevo la testa che girava, ma pensavo fosse l’alimentazione. Mi sono chinato fingendo di allacciarmi le scarpe, poi il buio. Quando mi sono svegliato, pensavo di aver avuto un incidente. Mi hanno raccontato che in ambulanza ero fuori controllo, cercavo di mordere chiunque, ma non ricordo nulla di quel momento”.
Bove ha voluto sottolineare l’importanza della prontezza dei soccorsi: “Siamo dipendenti da chi ci sta accanto. Se accade in strada e nessuno sa fare il primo soccorso, non c’è scampo. Io sono vivo perché ero nel posto giusto al momento giusto. In campo avevo accanto i medici, i defibrillatori, le persone giuste. Sono grato per come è andata”.
Sulla nuova quotidianità con il defibrillatore, Bove ha raccontato anche l’impatto psicologico: “All’inizio l’ho presa alla leggera, ma ora lo sento sempre addosso. Quando dormo, quando faccio certi movimenti. Ti cambia la percezione di te stesso, anche nei controlli aeroportuali. Ti senti osservato, a volte violato”.
Tra i momenti più toccanti, la chiamata di Christian Eriksen, che ha vissuto un’esperienza simile durante gli Europei del 2021: “Non lo conoscevo di persona, ma mi ha chiamato subito. È stato bellissimo, mi ha detto di pensare solo a stare tranquillo e a stare con la mia famiglia”.
Infine, Bove ha parlato anche del dolore dei suoi cari: “Vedere la mia famiglia soffrire senza poter fare nulla mi ha distrutto. Nonostante le tante fake news che giravano, sono stati sempre al mio fianco, mi hanno dato tutto. Ho vissuto questa cosa forse con troppa maturità. Oggi non sono più l’Edoardo di prima, ma non smetto di lottare”.
Bove è pronto a riprovarci, ma senza forzature: “Non mi precludo nulla. Devo rispetto a me stesso, alla mia famiglia e ai sacrifici fatti. Ma voglio fare tutto con serenità e ascoltando i medici”.
Calcio
Il medico di Maradona irriconoscibile in tribunale: Leopoldo Luque cambia volto e fisico dopo le accuse
Botox, chirurgia e palestra: Leopoldo Luque si trasforma in un’altra persona. Ma il tribunale di San Isidro deve stabilire se sia uno dei responsabili della fine di Maradona

Leopoldo Luque, il neurochirurgo argentino diventato famoso per essere stato il medico personale di Diego Armando Maradona, è apparso irriconoscibile alla prima udienza del processo sulla morte del campione. Volto visibilmente ritoccato, zigomi gonfi, mascella scolpita e un fisico da bodybuilder che nessuno ricordava. Luque, 44 anni, accusato di omicidio con dolo eventuale insieme ad altri sette imputati, ha deciso di cambiare completamente aspetto: niente più l’immagine del medico in camice che si asciugava le lacrime davanti alle telecamere nel 2020, ma quella di un uomo che sembra voler cancellare ogni traccia del passato.
La scelta di Luque non passa inosservata tra i fan del Pibe de Oro e nel “tribunale popolare” che da sempre condanna il medico per la morte di Diego. Maradona morì il 25 novembre 2020, in quella che gli inquirenti hanno definito la «casa degli orrori», un’abitazione di Tigre che secondo l’accusa non offriva alcuna assistenza adeguata a un paziente in quelle condizioni. Luque frequentava quella casa, vicino sia a Diego che all’avvocato-manager Matías Morla, anch’egli al centro delle indagini.
Secondo l’accusa, le indicazioni sanitarie di Luque sarebbero state superficiali, se non addirittura determinanti nel peggiorare la salute di Maradona. Il medico, già allora sotto il fuoco incrociato di tifosi e familiari, aveva dichiarato: «Non l’ho ucciso io, gli volevo bene e ho fatto tutto per lui», ma le sue parole non hanno mai convinto del tutto l’opinione pubblica argentina.
Ora il cambio d’identità. Nelle immagini emerse dalla prima udienza al tribunale di San Isidro, il medico appare con lineamenti trasformati, probabilmente grazie a un mix di interventi estetici e botox, ma soprattutto con un corpo muscoloso frutto di sessioni intense in palestra. L’obiettivo, secondo molti osservatori, sarebbe quello di sfuggire al linciaggio mediatico e alle possibili minacce di chi accusa Luque di essere una delle cause della fine tragica di Diego.
Il medico, infatti, è il volto più noto tra gli otto imputati. A lui la famiglia Maradona e i fan più accaniti attribuiscono la maggiore responsabilità per la gestione sanitaria del campione durante gli ultimi giorni di vita. Le accuse per tutti gli imputati parlano di omicidio con dolo eventuale, un reato che in Argentina prevede pene fino a 25 anni di carcere.
Sul banco degli imputati, accanto a Luque, ci sono anche una psichiatra, due infermieri, un coordinatore infermieristico, una psicologa, un medico clinico e un coordinatore medico. La loro gestione della salute di Maradona, secondo l’accusa, fu «imprudente e inadeguata», aggravata da negligenza e presunta disorganizzazione.
Il processo, che si preannuncia lungo e complesso, proseguirà nelle prossime settimane, ma l’attenzione mediatica è già tutta su Luque e su quella trasformazione che molti hanno letto come un tentativo estremo di sottrarsi all’odio popolare. Anche se, al netto del nuovo volto, l’accusa resta sempre la stessa: aver lasciato morire un’icona planetaria, senza l’assistenza medica necessaria.
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