Calcio
L’Italia di Gattuso: tra moduli, coraggio e l’incognita Chiesa
Il nuovo CT punta su energia e velocità, ma dovrà sciogliere il nodo tattico e rilanciare una squadra in difficoltà.

La Nazionale italiana riparte sotto la guida di Gennaro Gattuso, chiamato a risollevare gli azzurri dopo un avvio difficile nelle qualificazioni ai Mondiali 2026. La sconfitta contro la Norvegia ha fatto scattare l’allarme, e ora il nuovo CT deve trovare la formula giusta per restituire identità e competitività alla squadra. Gennaro “ringhio” Gattuso è stato uno dei centrocampisti più combattivi e instancabili della storia del calcio italiano. Nato nel 1978, ha giocato per anni con il Milan, diventando una figura centrale nella squadra che ha conquistato due Champions League (2003 e 2007), due scudetti e numerosi altri trofei.
Un ringhio padrone del centrocampo
La sua grinta in campo, la determinazione feroce e il modo ruvido di affrontare gli avversari gli hanno valso il soprannome “ringhio“, perché giocava con l’intensità di un mastino, sempre pronto a difendere e recuperare palloni con aggressività. Non era un centrocampista elegante, ma era fondamentale: un gladiatore capace di distruggere il gioco avversario e motivare i compagni. Con la Nazionale Italiana, Gattuso ha vinto il Mondiale 2006, formando con Pirlo una coppia formidabile a centrocampo, un perfetto equilibrio tra tecnica e agonismo. Fu celebrato per il suo spirito indomabile, tanto che diventò uno dei giocatori più amati dai tifosi per il suo modo viscerale di vivere il calcio. Gattuso era un simbolo di grinta, cuore e sacrificio, qualità che oggi cerca di trasmettere nella sua carriera da allenatore. Se c’è una cosa certa, è che il calcio senza “ringhio” sarebbe stato molto meno battagliero!
Quale modulo per la nuova Italia?
Gattuso ha sempre preferito la difesa a quattro, con schemi come il 4-3-3 e il 4-2-3-1, moduli che favoriscono il gioco veloce e offensivo. Se applicato alla Nazionale, questo potrebbe valorizzare giocatori come Orsolini, Zaccagni e Politano, giocatori capaci di colpire in rapidità e creare superiorità numerica. Tuttavia, nelle sue ultime esperienze, il tecnico ha anche sperimentato il 3-4-2-1 e il 3-4-3, configurazioni che potrebbero adattarsi meglio alle caratteristiche attuali della rosa. A pesare sullo schema definitivo sarà il ruolo di Federico Chiesa, un talento su cui Gattuso vorrebbe puntare, ma che resta un’incognita a causa delle sue condizioni fisiche e del futuro nel mercato.
Ci sono però alcuni punti fermi. Gattuso, siamo certi, ripartirà da giocatori con personalità e qualità, come Tonali, Barella e Donnarumma, e punterà su due concetti chiave: adattamento e mentalità. L’obiettivo sarà restituire energia a un gruppo che ha faticato troppo nelle ultime uscite, creando un’identità forte e sfruttando le caratteristiche migliori dei suoi uomini. Ci sarà tempo per sperimentare? A leggere il calendario no. Ringhio deve fare presto. Il tempo per sperimentare è poco, e ogni decisione presa sarà determinante per il futuro della Nazionale. Gattuso dovrà trasformare presto la grinta in punti, per evitare che l’Italia resti fuori dai giochi ancora una volta.
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Calcio
Azzurro sbiadito: l’Italia fuori dalla Top 10 Fifa. Ora è dietro anche alla Croazia
Perde due posizioni la Nazionale italiana nel nuovo ranking Fifa. E intanto la Croazia ci supera, il Belgio resta inspiegabilmente tra i big, e l’Argentina continua a guardare tutti dall’alto.

L’azzurro si scolora, ancora una volta. La nuova classifica Fifa, pubblicata in queste ore, è una doccia fredda per i tifosi italiani: l’Italia è ufficialmente fuori dalla Top 10. Dopo un Europeo balbettante e una serie di prestazioni in chiaroscuro, la Nazionale scivola all’undicesimo posto, perdendo due posizioni rispetto alla graduatoria del 3 aprile. Un tonfo che arriva dopo oltre 200 partite internazionali disputate nei mesi di maggio e giugno, e che racconta di un’Italia in evidente affanno.
Il cambio in panchina, con l’addio di Luciano Spalletti e l’arrivo di Gennaro Gattuso, ha portato con sé l’ennesimo scossone. L’esordio del nuovo ct è stato amaro: sconfitta contro la Norvegia nelle qualificazioni ai Mondiali del 2026 e vittoria sofferta contro la Moldova. Troppo poco per tenere il passo delle grandi.
In testa al ranking mondiale resta l’Argentina, seguita da Spagna, Francia, Inghilterra e Brasile. A ruota, Portogallo e Olanda si scambiano il sesto e settimo posto. Il Belgio continua a mantenere saldamente l’ottava posizione, un mistero calcistico ormai da anni: niente finali, niente trofei, ma sempre tra i migliori dieci. Dietro, la Germania risale fino al nono posto, mentre la Croazia rientra in Top 10 proprio scavalcando l’Italia.
Subito dietro gli azzurri, il Marocco resta stabile al dodicesimo posto, ma il Messico fa un bel salto in avanti grazie alla vittoria nella Gold Cup, superando gli Stati Uniti e portandosi al tredicesimo posto. Stabili anche Colombia e Senegal, mentre Uruguay e Giappone perdono terreno.
Tra le nazionali in maggiore ascesa, spicca la Costa Rica, che grazie ai quarti raggiunti nella Gold Cup guadagna 14 posizioni, piazzandosi al 40° posto. Bene anche Norvegia (33°) — proprio la squadra che ha affossato l’Italia — Macedonia del Nord (62°) e Zambia (83°), tutte in crescita di cinque posizioni.
Insomma, il calcio italiano continua a perdere terreno anche nei numeri. E se l’estate 2024 ha lasciato l’amaro in bocca, l’autunno dovrà portare più di una scossa. Gattuso è già al lavoro per ridare grinta, punti… e un po’ di lustro a quell’azzurro che oggi sembra davvero troppo stinto.
Calcio
Balotelli spara a zero: “Stavo antipatico a Vieira, aveva paura che segnassi e lo mettessi in ombra”
Scartato, ignorato e messo ai margini: SuperMario non le manda a dire e punta il dito contro Vieira e il Genoa. “Mi hanno mancato di rispetto, il mister aveva paura che rubassi la scena. La società? Senza palle”

Mario Balotelli è tornato a piede libero, senza squadra, ma con la lingua sempre ben allenata. E se in campo lo si è visto col contagocce, davanti al microfono è tornato SuperMario dei bei tempi: diretto, irriverente e pronto a far saltare il banco. Ospite a sorpresa del podcast “Controcampo” – dove si stava intervistando suo fratello Enock – l’ex attaccante del Genoa ha fatto nomi e cognomi, prendendosela apertamente con Patrick Vieira, allenatore rossoblù.
“Stavo sui coglioni a Vieira, diciamolo chiaramente. Non c’entra nulla il calcio, era solo un fatto personale. Aveva paura che facessi gol e gli rubassi la scena”, ha tuonato Balotelli, con la consueta grazia di un caterpillar in discesa libera.
Il racconto è un mix di delusione e rabbia. “All’inizio mi aveva pure chiamato per sapere come stavo, mi era sembrato in buona fede. Poi però mi ha fatto giocare due minuti qua e là. Col Napoli entro quattro minuti e quasi segno, e da lì mi ha praticamente tagliato fuori. Un problema di antipatia, non tecnico. Lo ha detto anche la società: temeva che non accettassi di giocare poco. Una cazzata. Dite piuttosto che mi odiava”.
Il rapporto con il Genoa? Anche quello ai minimi storici: “Mi hanno mancato di rispetto sul piano umano. Mi hanno lasciato fuori dal gruppo, mi sono allenato da solo e quando ho chiesto spiegazioni mi hanno rimbalzato. Non voglio più sentirli, hanno avuto sette mesi per capire la situazione”.
Sulle accuse di protagonismo a Vieira, Balotelli rincara: “Ogni volta che i giornalisti parlavano di me, si incazzava. Aveva paura di me, punto. E visto che portava a casa i risultati, in società si sono messi la coda tra le gambe e l’hanno lasciato fare”.
A 34 anni, con più panchine che minuti in Serie A, Balotelli sembra vivere l’ennesimo déjà vu di una carriera folle e incompiuta. Ma almeno una cosa non è cambiata: quando parla, non fa mai catenaccio.
Calcio
Alta tensione all’Inter dopo il ko col Fluminense: Lautaro sbotta e punta il dito contro Calhanoglu
Lautaro Martinez, furioso dopo il 2-0 subito contro il Fluminense, attacca i compagni: “Ho visto cose che non mi sono piaciute”. Il presidente Marotta chiarisce: “Ce l’aveva con Calhanoglu, ma niente crocifissioni”. Chivu ammette: “Siamo stati presuntuosi”

Alta tensione nello spogliatoio dell’Inter dopo la pesante sconfitta per 2-0 contro il Fluminense agli ottavi del Mondiale per Club. Il ko ha fatto saltare i nervi al capitano Lautaro Martinez, che nel post-partita ai microfoni di Dazn ha lanciato un messaggio durissimo ai suoi compagni: «Chi vuole restare con noi, resta. Chi non vuole restare deve andare via. Non faccio nomi, ma ho visto tante cose che non mi sono piaciute». Nessun nome, certo, ma la frase non è passata inosservata.
Il riferimento non troppo velato ha scatenato immediatamente una serie di ipotesi, finché a fare chiarezza è stato il presidente nerazzurro Giuseppe Marotta. Intervenuto su Mediaset, ha confermato: «Il discorso era riferito a Calhanoglu. Lautaro non l’ha detto apertamente, ma io sì. Non dobbiamo però buttare la croce su Hakan. Parleremo con lui: al momento non ci sono i presupposti per separarci, ma se ci saranno lo faremo senza problemi».
Una bomba in piena regola, esplosa dopo una partita che ha messo a nudo tutte le fragilità dell’Inter. La squadra, pur reduce da una stagione tra alti e bassi, arrivava a questa sfida con l’ambizione di dire la sua anche a livello mondiale. Invece, il Fluminense ha dominato sul piano fisico e mentale, condannando i nerazzurri a un’eliminazione amara. E a un interno processo.
Lautaro, che ha chiuso la stagione tra i migliori marcatori in Europa, ha sentito su di sé tutto il peso della sconfitta. «Io sono il primo responsabile come capitano – ha detto –. Chiedo scusa ai tifosi. È un’altra sconfitta che fa malissimo. Ma abbiamo lasciato tutto dentro il campo». Tutt’altro che convinto, però, dell’impegno di tutti i suoi compagni.
A cercare di smorzare i toni ci ha provato l’allenatore Cristian Chivu. Anche lui intervistato nel post-partita, ha ammesso: «Siamo stati un po’ presuntuosi, cercando il bello quando bastava fare cose semplici. Abbiamo patito la loro intensità e pressione. Le parole di Lautaro? Capisco, è entrato a gamba tesa, ma tutti dobbiamo restare nella stessa barca. Questa è una squadra che vuole riscattare un’annata non semplice e costruire la prossima con ambizione».
Il problema, però, non sembra solo tecnico. Il malessere che traspare dalle dichiarazioni del capitano e dalla presa di posizione di Marotta lascia intravedere una spaccatura nello spogliatoio, proprio mentre la dirigenza è chiamata a programmare la stagione futura. E Calhanoglu, ora al centro delle polemiche, è in trattativa per un possibile trasferimento in Arabia Saudita. Non una fuga, dicono da Appiano, ma l’interesse c’è.
Intanto, i tifosi reagiscono. Sui social si moltiplicano i messaggi di sostegno a Lautaro, ma anche quelli di delusione per un gruppo che, dopo aver sfiorato la gloria europea nella scorsa stagione, sembra aver perso unità e identità. In campo e fuori. E nel momento in cui servirebbe compattezza, l’Inter si scopre fragile, litigiosa, nervosa.
Il Mondiale per Club doveva essere una vetrina. Rischia invece di trasformarsi nell’inizio di una crisi. E il mercato estivo, già incandescente, è appena cominciato.
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