Sport
Che delusione: le medaglie di bronzo di Parigi già ossidate!
Alla soddisfazione per il terzo posto si aggiunge la delusione per l’usura delle relative medahlie, che dopo soli alcuni giorni presentano macchie e scheggiature…

Vincere una medaglia alle Olimpiadi è un’emozione fortissima. Se però la stessa si mostra ossidata dopo pochi giorni… al ricordo meraviglioso del podio si mescola l’amarezza per un trofeo già rovinato. Alcuni atleti stanno scrivendo sul web commenti negativi sulla qualità dei riconoscimenti che si sono messi al collo solo pochi giorni fa.
Graffi e macchie davanti e dietro
Per esempio, il fiorettista americano Nick Itkin ha documentato lo stato preoccupante della sua medaglia di bronzo olimpica appena due settimane dopo averla conquistata. Il 24enne, che era stato già medagliato a Tokyo, ha replicato la sua performance a Parigi, salendo di nuovo sul podio grazie alla vittoria per 15-12 contro il giapponese Kazuki Limura nel fioretto individuale.
In un video apparso su TikTok, l’atleta mostra la sua medaglia deturpata da graffi e macchie scure su entrambi i lati. «Non sono sicuro di cosa sia successo. Sembra che ne abbia passate parecchie», ha scritto nel post.

Ridotta così dopo solo una settimana
Tutta colpa dell’ossidazione
Naturalmente i commenti degli utenti non si sono fatti attendere. Qualcuno sottolinea che la probabile causa sia l’ossidazione, una reazione tipica del metallo quando viene esposto all’aria. Tra medaglie di cioccolato (è un meme che sta impazzando in rete), di legno e di bronzo rovinate… i Giochi Olimpici di Parigi 2024, nonostante si siano conclusi, non smettono di far parlare di sé e dei problemi che si sono portati dietro.
Non è il solo a lamentarsi
L’americano non è stato l’unico atleta a sollevare dubbi sulla resistenza delle medaglie olimpiche, come scrive anche il quotidiano Daily Mail. Altri due campioni a stelle e strisce si erano già esposti in merito: Nyjah Huston e Ilona Maher.
Lo skater ironizza
Huston, vincitore di una medaglia di bronzo nella nuova disciplina dello skateboard, era stato il primo a diffondere la notizia sulla scarsa qualità delle medaglie. «Ok, queste medaglie olimpiche sembrano fantastiche quando sono nuove di zecca», ha dichiarato. «Ma dopo averle tenute sulla pelle con un po’ di sudore e averle fatte indossare ai miei amici durante il weekend, sembra che non siano poi di così alta qualità come si potrebbe pensare». Mostrando la sua, l’atleta ha fatto presente come il colore bronzeo presentasse delle scheggiature in svariati punti. «La medaglia sembra che sia andata in guerra», ha aggiunto con tono ironico.
La rugbista la mostra in tv
Gli fa eco la rugbista Ilona Maher, che ha conquistato anche lei per gli USA il bronzo, ha notato l’usura della sua medaglia durante un’apparizione alla trasmissione Late Night With Seth Meyers: «Non è proprio leggera da indossare e si è anche consumata», ha ironizzato surante la sua ospitata.
Le denunce di Huston e Maher sollevano domande sulla qualità delle medaglie di Parigi 2024, cosa che potrebbe spingere gli organizzatori a rivedere i materiali e i processi di produzione utilizzati. Per molti atleti, la medaglia rappresenta il culmine di anni di lavoro e sacrifici, è essenziale che questo simbolo di successo ed eccellenza sia duraturo e di alta qualità. Per ora, la comunità sportiva rimane in attesa di una risposta da parte degli organizzatori.
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Calcio
“Fui indagato ingiustamente, quell’episodio mi ha segnato”: Ciccio Cozza tra la Reggina, le ombre del passato e il futuro da allenatore
Dalle pagine di sport a quelle di cronaca, fino alla fine del matrimonio con Manila Nazzaro: Cozza oggi guarda avanti, accanto alla nuova compagna e al figlio, senza rinnegare nulla ma con la ferita di quelle vicende.

Francesco “Ciccio” Cozza, 51 anni, a Reggio Calabria resta una leggenda. Durante l’evento “Operazione Nostalgia”, al Granillo, è stato accolto come un figlio tornato a casa. “Il Ciccio bambino sognava di giocare in Serie A e di diventare capitano della Reggina. Ho avuto la fortuna di realizzare entrambi i desideri. Mi sono divertito, quei sogni che avevo li ho realizzati”, racconta.
Ma se il campo gli ha regalato la gloria, la vita extra sportiva gli ha imposto prove dure. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport, Cozza ha parlato a cuore aperto dell’inchiesta giudiziaria che anni fa lo vide indagato per associazione a delinquere aggravata dal favoreggiamento alla ’ndrangheta. Un’accusa pesante, che lo segnò profondamente.
“Quell’episodio mi ha fatto male – spiega – perché chi non ti conosce ti inquadra subito in una certa maniera. Purtroppo è stata una vicenda che mi ha segnato nel mondo dello sport: essere indagato, nonostante nelle carte non ci fosse mai nulla su di me, ti lascia un marchio. E non solo su di me, ma anche sulla mia famiglia. Sono esperienze che fanno soffrire”.
Una ferita che, a distanza di anni, resta. Ma Cozza preferisce considerarla un capitolo chiuso. “Fa parte del passato – dice – e mi auguro che non succeda mai più nulla di simile. Perché sono cose che ti tolgono il sonno, che ti fanno male dentro e intorno. Però vado avanti, oggi sono felice e sereno”.
La cronaca lo ha travolto anche sul fronte privato. La fine del matrimonio con Manila Nazzaro fece molto rumore, tra accuse reciproche e dichiarazioni avvelenate. “Con la mia ex moglie non ho più un rapporto – chiarisce – anche perché in passato ha detto cose assurde. Erano cose fuori luogo. C’erano tante bugie in quei racconti, ma ora è tutto chiuso. Lei si è fatta la sua vita e io la mia. L’importante era far crescere bene e tutelare i figli”.
Una chiusura netta, anche se non priva di amarezze. “Ci siamo chiariti tramite gli avvocati – prosegue Cozza –. Non è stato semplice, ma adesso non se ne parla più. Io oggi sono un uomo felicissimo: ho una compagna, Celestina, che amo, e abbiamo un figlio insieme. Siamo innamorati e la mia vita è piena”.
Alla Gazzetta Cozza ha voluto anche ribadire il legame con la città che lo ha consacrato: “Reggio per me è tutto. Lo spiego in due parole: Cozza è la Reggina e la Reggina è Cozza. Sono arrivato a dodici anni, poi il Milan mi prese a quindici, ma il cuore è rimasto sempre qui”.
Sul futuro non ha dubbi: vuole allenare, magari lontano dall’Italia. “Vorrei trovare una squadra all’estero – spiega –. Per conoscere altri campionati, altre realtà. Il calcio italiano mi ha dato tanto e io ho dato tanto. Però da anni mi sembra che tutto si sia un po’ fermato: è più difficile scoprire talenti e portarli a grandi livelli. Lo abbiamo visto anche con le difficoltà della Nazionale. Ora confidiamo in Gattuso”.
Intanto, l’ex regista amaranto si dedica alla crescita dei giovani. “Il mio obiettivo è divertirmi e far divertire i ragazzi che alleno. Il calcio è stato la mia vita e ora voglio restituire qualcosa. Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto, nemmeno i momenti più duri. Ma oggi voglio guardare avanti”.
Un passato da idolo, un presente segnato da resilienza e voglia di riscatto, un futuro che parla ancora di calcio. Cozza non smette di crederci: “Sono un uomo che ha sofferto, ma che non ha mai smesso di lottare”.
Sport
Myriam Sylla, addio a Milano: «Mercenaria? Forse dovevo svegliarmi prima»
La schiacciatrice azzurra risponde alle critiche dopo il trasferimento al Galatasaray: “Ho trent’anni, posso cambiare. Ho dato tutto alla Serie A1”

Myriam Sylla ha deciso di voltare pagina. Dopo aver salutato Milano e il campionato italiano, la schiacciatrice della Nazionale si prepara a una nuova avventura con il Galatasaray Istanbul, firmando un ricco contratto con formula 2+1. Una svolta di carriera che segna la sua prima esperienza all’estero, dopo anni vissuti da protagonista tra Villa Cortese, Bergamo, Conegliano e appunto Milano. A Istanbul ritroverà Massimo Barbolini, oggi assistant coach di Julio Velasco in azzurro, che conosce bene il suo talento e la sua forza emotiva.
Il trasferimento, però, ha scatenato reazioni contrastanti. In tanti l’hanno accusata di aver lasciato l’Italia solo per motivi economici. Sylla non si è nascosta e ha risposto con durezza. «Perché sono andata al Galatasaray? È una scelta personale. Si può cambiare, no? Ho trent’anni, sono grande. La gente dice “vai per i soldi”. Non mi interessa. E se anche fosse? Forse mi dovevo svegliare prima e fare la mercenaria, come mi chiamano ora. Credo sia il momento giusto. Ho dato il meglio di me al campionato italiano». Parole che rivelano orgoglio, ma anche una certa amarezza per le etichette che le sono state cucite addosso.
Un chiarimento, la campionessa l’ha voluto fare anche sul rapporto con Stefano Lavarini, allenatore di Milano, che alcuni avevano tirato in ballo come causa della sua partenza. «Io e Lavarini abbiamo un rapporto incredibile. Il rispetto e il bene che provo per lui non possono essere messi in discussione. E poi, un’altra cosa: se un allenatore mi mettesse in panchina continuerei a sostenere la squadra senza prendermela. Per questo non deciderei mai di andarmene».
Sylla, insomma, non cerca alibi. Rivendica il diritto di cambiare aria e di misurarsi con nuove sfide. Istanbul rappresenta un salto di livello anche economico, certo, ma soprattutto un’occasione per crescere fuori dai confini della Serie A1 che l’ha vista protagonista per oltre un decennio. «Ho dato tutto quello che avevo al campionato italiano», ripete. Ora la sua energia e il suo carisma li metterà a disposizione del Galatasaray, portando con sé l’esperienza accumulata in anni di battaglie sportive e un carattere che non ha mai avuto paura di dire le cose come stanno.
Calcio
Lucio, ex dell’Inter: «Ricordo le fiamme sul volto, sulle braccia e sulle gambe. Dio mi ha dato un secondo tempo»
L’ex difensore dell’Inter Lucio racconta il terribile incidente con un camino ecologico che gli ha lasciato il 18% del corpo ustionato e 20 giorni di ricovero. “È avvenuto all’improvviso: un amico ha gettato alcol sul fuoco e c’è stata l’esplosione. Il ricovero è stata la parte più dura”

Anche solo poter pronunciare quelle due parole, Juve-Inter, è già un segno di rinascita per Lucio. L’ex difensore brasiliano, colonna del Triplete nerazzurro del 2010, quattro mesi fa ha visto la morte da vicino. Un camino ecologico esploso in casa di amici lo ha investito con una fiammata improvvisa, ustionandogli il volto, le braccia e le gambe. Oggi, a 47 anni, racconta la sua storia con gratitudine e un filo di commozione: «Sono qua a parlarne, Dio mi ha dato un secondo tempo della partita».




Era l’8 maggio, il giorno del suo compleanno. Lucio aveva appena spento le candeline quando il camino si è affievolito. «Un amico, nel tentativo di ravvivare il fuoco, ha gettato sopra un bidoncino di alcol e lì c’è stata l’esplosione. Io ricordo soltanto le fiamme che mi avvolgevano. Mia moglie, per fortuna, non è rimasta ferita. Mi sono buttato in piscina per spegnere il fuoco». La corsa in ospedale, le prime medicazioni, poi il trasferimento da Brasilia al Rio Grande do Sul per affrontare il lungo ricovero.
«Sono stati venti giorni durissimi, tra terapia intensiva e interventi delicati per rimuovere tessuti danneggiati. Le ustioni sono un tipo di lesione molto difficile da sopportare, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Non avevo mai trascorso così tanto tempo in ospedale. Non riuscivo a dormire per il dolore, ogni ora sembrava infinita. Quella è stata la prova più grande».
Il bilancio parla di ustioni sul 18% del corpo, ma oggi il peggio è alle spalle. «Continuo il trattamento sulla pelle, il percorso è lungo, ma sto migliorando. Ci vorranno ancora mesi prima di poter dire di essere tornato al 100%, però la cosa più importante è che sono vivo. Questo incidente mi ha fatto capire quanto la vita possa cambiare in un istante».
Lucio non perde l’occasione per lanciare un messaggio: «Quello che mi è accaduto deve servire da monito. A volte basta poco per evitare una tragedia: un attimo di attenzione, un gesto diverso, un po’ di prudenza. Proteggete voi stessi e chi vi sta accanto. Ne vale la pena».
Dal dramma, il calciatore ha tratto una nuova consapevolezza. «Ho imparato ad avere più cura di me stesso e a godermi i momenti semplici. Prima davo tante cose per scontate. Ora no, ogni giorno è un dono». E poi c’è sempre il calcio, la sua grande passione: «Oggi posso parlare ancora di Juve-Inter. E questo per me significa tutto. La vita mi ha dato un secondo tempo: adesso sta a me giocarlo bene».
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