Sport
Imane Khelif cambia volto e lascia la boxe: dopo l’oro olimpico, filtri social e test genetici oscurano il futuro
Il makeover social, il trucco e i capelli sciolti come segnale di identità, le polemiche infinite sull’idoneità di genere. Khelif, oro olimpico un anno fa, oggi è fuori dalle competizioni: le nuove regole impongono test genetici obbligatori, mentre il suo agente annuncia che ha smesso di combattere.

Un anno fa, lacrime agli occhi e bandiera algerina tra le mani, Imane Khelif scriveva la storia della boxe con la medaglia d’oro conquistata a Parigi 2024. Oggi, la stessa atleta si mostra trasformata, con trucco, capelli sciolti e filtri Instagram che sottolineano la sua femminilità. Un makeover che sembra rispondere a chi, in questi mesi, ha continuato a metterne in dubbio l’identità.
Khelif è stata al centro della più violenta tempesta sulla “gender eligibility” degli ultimi anni. Nel 2023 l’International Boxing Association l’aveva esclusa dai Mondiali insieme alla taiwanese Lin Yu-ting, citando presunti test genetici falliti. Il CIO, però, le aveva aperto le porte alle Olimpiadi, dove entrambe hanno vinto l’oro. Da lì, il putiferio: accuse di irregolarità, fughe di dati medici con cromosomi XY, pressioni per revocare i titoli.
La nuova federazione World Boxing ha risposto introducendo test genetici obbligatori per tutti gli atleti over 18. Una svolta che ha trovato Khelif assente alla sua prima gara di rientro, l’Eindhoven Box Cup. Nel frattempo, il padre mostrava un certificato di nascita in cui la figlia risulta registrata come donna, mentre il CIO ribadiva: «Nessuna medaglia verrà tolta retroattivamente».
Sui social, intanto, la pugile ha condiviso un messaggio carico di pathos: «Oggi attraverso una fase difficile, piena di sfide e silenzi… Ma lo spirito che ha combattuto per l’oro batte ancora in me. Sono stata campionessa ieri, resiliente oggi e determinata a tornare domani». Parole che però non coincidono con la versione del suo agente.
«Imane ha lasciato la boxe, ha smesso tutto. Ora viaggia per gli sponsor», ha dichiarato l’ex manager Nasser Yefsah, spiegando a Nice Matin che la campionessa non ha solo abbandonato Nizza, ma l’intera attività agonistica: «Attualmente non ha ripreso ad allenarsi seriamente. Dopo quello che è successo alle Olimpiadi… In ogni caso, dovrà sottoporsi agli stessi test se deciderà di tornare professionista».
Test che, secondo i documenti trapelati, avrebbero già rilevato cariotipi XY, alimentando un dibattito che va oltre lo sport. Non è un dettaglio da poco: la World Boxing considera l’iperandrogenismo incompatibile con la categoria femminile, mentre il CIO continua a difendere l’eleggibilità di Khelif.
La vicenda è esplosa definitivamente dopo il match olimpico contro l’azzurra Angela Carini, che si ritirò dopo soli 45 secondi: «Non sono mai stata colpita così duramente nella mia vita», disse in lacrime. Un episodio che ha amplificato sospetti e polemiche, trasformando il ring in un campo di battaglia politico e mediatico.
Il sogno del professionismo, annunciato dopo l’oro, sembra ora evaporato. «La Nice Azur Boxe non poteva offrirle un contratto da professionista. Aveva disputato un incontro a Singapore, ma ne servivano cinque per firmare», ha ammesso l’agente. Al suo posto restano contratti di sponsorizzazione e qualche sessione di allenamento in Algeria o in Qatar, senza però un vero progetto sportivo.
Una parabola brusca per chi, fino a un anno fa, rappresentava il volto trionfale dell’Algeria. Oggi Khelif appare più come un simbolo fragile, sospesa tra una nuova immagine di sé e regole che potrebbero impedirle di rimettere piede sul ring. Il makeover social, con eyeliner e sorrisi filtrati, sembra una risposta indiretta al verdetto della scienza. Ma l’ultima parola, questa volta, non sarà del pubblico. Sarà dei laboratori.
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Calcio
La mamma di Lamine Yamal debutta a Londra: cena a pagamento, selfie da 800 euro e un brand da sfruttare
Nessuna traccia di Lamine: protagonista è solo lei, che dal profilo basso allo stadio passa ora al centro della scena. Il figlio è un campione, ma la madre ha deciso che è anche un marchio da monetizzare.

Sheila Ebana, 35 anni, sorride di profilo come una diva su un poster che annuncia il suo esordio in società: una cena esclusiva al Nobu Hotel di Portman Square, a Londra. Non è una serata di beneficenza, non è un evento di moda. È, semplicemente, la presentazione della “mamma di Lamine Yamal in qualità di mamma di Lamine Yamal”. Nessuna deroga al ruolo: lei è la madre del prodigio del Barcellona e della nazionale spagnola, e tanto basta per trasformare la maternità in un marchio. Biglietti da 150 euro per i curiosi confinati in fondo alla sala, 800 euro per chi vuole un selfie con la signora. Nel prezzo, rassicurano gli organizzatori, sono comprese le tre portate e le noccioline dell’aperitivo. Il figlio, invece, non ci sarà.
La signora Sheila ha già dimostrato di avere fiuto per la scena. Fu lei a orchestrare la discussa festa dei 18 anni del figlio, quella con i nani assunti come intrattenimento. Fu ancora lei a benedire pubblicamente la relazione di Lamine con la cantante argentina Nicky Nicole, quasi a rivendicare un ruolo da futura suocera oltre che da madre. Ora però Sheila sceglie la ribalta per sé, con un’iniziativa che somiglia più a una tournée che a una cena.
La sua storia parte da lontano. Originaria della Guinea Equatoriale, arrivò in Catalogna da ragazzina con pochi soldi e tante speranze. Ha lavorato ovunque: cameriera al McDonald, addetta in churrascherie, domestica. Poi le difficoltà familiari, la separazione dal marito marocchino Mounir Nasraoui, la nascita del secondo figlio Keyne. Lamine, cresciuto tra Rocafonda e il barrio di Matarò, nel frattempo diventava un talento da milioni. Il padre ha sempre preferito la posa dello spaccone – “vivrò alle tue spalle”, ha dichiarato – salvo finire nei guai, fino a beccarsi una coltellata in una lite di quartiere. Lei, invece, fino a ieri, si teneva in disparte: solo qualche apparizione sugli spalti del Camp Nou e all’Europeo, con la maglia numero 19 della Roja.
Adesso il cambio di passo: basta profilo basso, Sheila ha capito che suo figlio è un campione ma anche un brand. E un brand, nell’era dei social e degli eventi a pagamento, va sfruttato. Così nello spot che pubblicizza il gala si fa riprendere in accappatoio, mentre si trucca con tacchi a spillo, un bicchiere di champagne in mano e un sorriso nuovo di zecca. Non serve altro. In fondo, nel calcio moderno, non è solo il talento che fa la fortuna: è il contorno che diventa spettacolo.
Calcio
Oriana Sabatini: «Incinta e felice, ma vomito ogni giorno. Paulo Dybala mi vizia, il sesso? Zero voglia»
La futura mamma si confessa senza filtri: nausea quotidiana, niente intimità e un Dybala trasformato in infermiere personale. Per la piccola in arrivo, caccia a un nome che non faccia sorridere i tifosi.

Altro che gravidanza patinata da copertina. Oriana Sabatini, cantante e attrice argentina e moglie di Paulo Dybala, ha scelto la sincerità più cruda per raccontare i suoi primi quattro mesi da futura mamma. Niente arcobaleni, niente foto da fiaba: «Sono molto felice, ma mi sento malissimo. Vomito tutti i giorni», ha confessato in tv, con l’onestà di chi non ha paura di demolire l’immagine patinata da “principessa del calcio”.
Una confessione che ha subito fatto il giro dei media argentini, soprattutto per i dettagli intimi che la 28enne non ha esitato a condividere. A cominciare dal rapporto con il marito, stella della Roma e idolo delle tifoserie: «Paulo mi vizia, mi mette il pigiama e mi rimbocca le coperte». Altro che Joya in campo: dentro casa, il numero 21 giallorosso si è trasformato in un premuroso badante, pronto a correre in soccorso della moglie ogni volta che la nausea prende il sopravvento.
E quando si parla di intimità? La risposta di Oriana ha spiazzato i fan che la seguono sui social: «Il sesso? Non ne ho voglia, mi sento troppo male». Una dichiarazione che conferma quanto la gravidanza possa rivoluzionare ogni aspetto della vita di coppia, anche per le coppie più glamour.
Capitolo nome della bambina: la scelta non è ancora stata fatta, ma la cantante ha voluto sgombrare il campo da equivoci. «Hermione è troppo», ha detto ridendo, con un chiaro riferimento alla saga di Harry Potter. «Cercheremo qualcosa di originale, ma non strano». Insomma, un nome particolare ma che non trasformi la figlia in una mascotte da curva sud.
Intanto, mentre i tifosi della Roma già fantasticano su futuri cori dedicati alla piccola Dybala-Sabatini, Oriana continua a raccontarsi senza filtri, demolendo con una battuta l’idea che la gravidanza sia solo una passerella glamour. Tra vomiti quotidiani, pigiami infilati dal marito e notti movimentate più per i risvegli che per la passione, l’artista argentina ha dimostrato che la sua favola è tutt’altro che zuccherosa.
E chissà che proprio questa sincerità brutale non diventi il segreto della sua nuova popolarità: più che la “moglie di”, Oriana sembra intenzionata a essere la futura mamma che dice quello che tutte pensano, ma nessuna ammette.
Sport
Marc Marquez, l’uomo solo al comando: il diavolo rosso che eguaglia Valentino Rossi e punta al sorpasso
Jorge Martin si è dissolto, Bagnaia risorge tardi, Quartararo e Bezzecchi arrancano. Nel deserto dei contendenti, Marquez si prende tutto, tornando il pilota feroce che voleva “distruggere il mito di Rossi per creare il suo”.

Commosso, felice e lucidamente consapevole: Marc Marquez è di nuovo il padrone assoluto delle moto. Il campione spagnolo ha eguagliato Valentino Rossi per titoli mondiali e ora mette la freccia per un sorpasso che sembra solo questione di tempo. Una rivincita personale, costruita curva dopo curva, dopo sei anni di dolore, interventi e cadute che avrebbero piegato chiunque. Non lui.
Ha ritrovato il talento, la fame e la ferocia di un tempo. Ma, come osserva Giorgio Terruzzi, “intorno a lui c’è il vuoto”. Perché Marquez oggi corre praticamente da solo, in un campionato orfano di veri antagonisti.
Jorge Martin, campione 2024, si è dissolto: incidenti, errori e una tenuta mentale fragile lo hanno fatto scomparire dai radar. Alex Marquez, fratello minore e ombra troppo docile, è evaporato nel momento cruciale. Quartararo e Bezzecchi restano talenti veri, ma con moto mai abbastanza competitive da impensierire la Ducati.
E poi c’è Pecco Bagnaia. L’italiano “risorge” dopo mesi di smarrimento tecnico e psicologico, quando però il Mondiale è già deciso. Due vittorie tardive che non bastano a restituirgli il ruolo di protagonista. La Ducati parla di una moto “più adatta al suo stile”, ma nessuno spiega davvero come si sia potuti passare da un baratro di difficoltà a una rinascita lampo.
Nel frattempo, Marquez vola. È tornato quello di un tempo, forse persino più lucido. Ha 32 anni e un fisico ricucito come una mappa di battaglie. È il diavolo rosso che non conosce paura, un guerriero che sembra non avere più limiti. Ha attraversato il suo inferno e ne è uscito più affamato di prima.
E chissà se, in fondo, non aveva ragione Valentino Rossi nel 2015, dopo il celebre scontro che spaccò il paddock in due: “Marquez voleva solo distruggere il mio mito per creare il suo”. Forse sì. Perché oggi il mito di Marc è compiuto, e sembra non avere più confini.
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