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Altro che fantascienza: i robot sono fra noi e ci assomigliano, forse troppo…
Il protoclone è una delle creazioni più inquietanti della bioingegneria moderna. Si tratta di un essere generato artificialmente con un DNA quasi identico a quello umano, capace di replicarne non solo l’aspetto fisico, ma anche alcune funzioni cognitive ed emotive. Questa somiglianza estrema con l’uomo solleva interrogativi profondi: cosa ci rende davvero unici?
Osservarlo muoversi, parlare e interagire come farebbe un essere umano genera una sensazione di ansia e disagio. Il protoclone è così simile a noi che il cervello fatica a distinguerlo, creando quello che gli psicologi chiamano “uncanny valley”: una reazione di inquietudine verso qualcosa che sembra umano ma non lo è completamente.
La sua esistenza apre scenari che fino a pochi anni fa appartenevano alla fantascienza. Se un protoclone può pensare e provare emozioni, possiamo ancora considerarlo una semplice macchina? E se sviluppasse una propria coscienza? Questi interrogativi rendono il protoclone un tema centrale nei dibattiti sull’etica e sulla tecnologia, con implicazioni che vanno dalla robotica avanzata fino alle future applicazioni dell’intelligenza artificiale.
L’umanità è davvero pronta a convivere con esseri che la imitano alla perfezione? Il protoclone potrebbe essere la nostra più grande invenzione… o il nostro peggior incubo.
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Un giorno potrò dire “Io c’ero”…

In Piazza San Pietro, durante ogni evento epocale, si accende una marea di telefonini, pronti a catturare immagini da tramandare ai posteri. È il trionfo della cultura del “io c’ero“, dove ogni fedele, turista o curioso alza il proprio smartphone al cielo per immortalare l’istante. Tuttavia, quelle stesse foto e video, spesso sfocate o identiche a migliaia di altre, finiranno dimenticate tra i giga occupati nella memoria del cellulare.
Eppure, l’esigenza di documentare e condividere è più forte che mai, segno di un’epoca in cui la testimonianza visiva sostituisce quella emotiva. Piazza San Pietro diventa così non solo luogo di spiritualità, ma anche palcoscenico digitale, dove la presenza si misura in pixel.
L’immagine rubata, più che conservare il ricordo, certifica la partecipazione. È la memoria 2.0, dove il valore del momento si misura in like… ma il rischio dietro l’angolo è quello di perdere il significato profondo dell’esperienza vissuta.
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Trump “a caldo” sul papa connazionale, il primo a stelle e strisce della storia

La prima reazione ufficiale di Donald Trump all’elezione di Prevost come Papa – il primo pontefice americano nella storia della Chiesa cattolica – non si è fatta attendere. In un comunicato diffuso sui suoi canali ufficiali e rilanciato dai media internazionali, Trump ha definito l’elezione “un momento storico per gli Stati Uniti e per il mondo cristiano”.
Ha poi aggiunto: “È un onore vedere un americano, finalmente, assumere il ruolo di leader spirituale globale. Conosco Prevost, è un uomo di grande fede e determinazione.” L’ex presidente ha sottolineato come questa elezione rifletta “l’influenza crescente dell’America nei valori spirituali globali”.
Il messaggio, pur elogiativo, ha anche un sottotesto politico. Con Trump che ha accennato al fatto che “i leader americani, quando motivati da fede e patriottismo, possono guidare anche le istituzioni più antiche”. Una reazione che unisce orgoglio nazionale, spiritualità e la consueta retorica trumpiana.
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La tanto attesa fumata bianca in versione TikTok

Sul popolare social spopola il video di un giornalista di Repubblica che, emozionato, annuncia la fumata bianca: è stato eletto Papa Leone XIV. In pochi secondi, la notizia rimbalza da San Pietro agli smartphone di mezzo mondo, con milioni di visualizzazioni e reaction in tempo reale. È il segno evidente che la nomina papale è sempre più social.
Questa elezione segna non solo un nuovo pontefice, ma anche una nuova era digital per la Chiesa di Roma. Dai balconi ai feed, dalle omelie alle live, il linguaggio cambia. Il Vaticano sembra voler dialogare con una generazione abituata agli hashtag e alle stories, senza però rinunciare alla propria solennità. Papa Leone XIV eredita non solo la tiara simbolica, ma anche la sfida di rendere attuale un messaggio antico. E la fumata bianca, oggi, non si leva solo dai comignoli, ma anche dai pixel. Il futuro della fede è anche una questione di connessione: spirituale… e Wi-Fi!
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