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Tommy Cash: ma a parte l’italico espresso?!?

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    Lui rappresenta l’enfant terrible dell’Estonia, con il look di un ladro d’auto creato da uno stilista milanese. Pure i bambini canticchiano il suo brano, in pochissimo tempo è diventato il nuovo nome sulla bocca di tutti. Ma non certo per meriti artistici, tipo “scrittura ispirata” o “profondità emotiva”… No, il suo successo lo deve a Espresso Macchiato, una canzonetta che possiede lo stesso spessore di un bicchierino di plastica dimenticato su un termosifone.

    All’assalto dell’Europa canzonettara

    Con un testo che sembra scritto durante un attacco di fame davanti a una caffetteria hipster, il baffetto ha deciso di conquistare l’Europa a colpi di caffeina e nonsense. Perché parlare d’amore o crisi esistenziali quando puoi urlare “Espresso Macchiaaato!” come un barista in preda a un esaurimento nervoso?

    Occhio al rischio dimenticatoio

    L’Eurovision, si sa, è terreno fertile per le meteore: uno scintillio, un outfit improponibile, un tormentone e subito dopo… il nulla. E Tommy, con la sua energia da spot pubblicitario degli anni ’90, pare già in fila per diventare il nuovo testimonial dell’effimero pop europeo. Certo, oggi è viralissimo. Ma domani? Forse si sveglierà in un bar vuoto, con il jingle in sottofondo e un barista che gli chiede di consumare o di alzare i tacchi!

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      Al Bano canta in terra russa, un gesto audace che a molti non è piaciuto

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        Al Bano in Russia, nel 2025. Un gesto audace, quasi da romanzo di spionaggio, se il romanzo fosse scritto da un fan dei talent show. In un momento storico in cui la diplomazia si gioca tra sanzioni, embargo e conferenze infuocate, lui prende l’aereo — e va a cantare Felicità a Mosca. Felicità, davvero.

        C’è chi ha gridato allo scandalo, chi ha invocato l’ergastolo culturale, chi ha cercato di boicottare le sue bottiglie di vino (che, poverine, non c’entrano nulla). Ma Al Bano non si scompone: dice che la musica unisce i popoli. Dimenticando che, a volte, i popoli non hanno la minima voglia di cantare… ma di capire da che parte stai. E così, mentre l’Europa discute di armi, gas e diritti umani, lui intona Nostalgia Canaglia davanti a una platea di oligarchi con le lacrime agli occhi. Sarà per la canzone, o per la vodka?!?

        Del resto, Al Bano è un veterano del paradosso geopolitico: è stato Cavaliere in Italia, Artista del Popolo in Russia e probabilmente verrà beatificato in Bielorussia. Ha la magica capacità di essere ovunque e con chiunque, purché ci sia un palco e una tastiera MIDI. Chissà… forse ha ragione lui. Forse la pace mondiale comincerà con un duetto con Putin. Magari sulle note di Ci sarà. O magari no. Ma intanto, un italiano canta in Russia, come se nulla fosse. Ed è proprio questo il problema.

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          Saranno anche dei superstiti degli anni ’80… però senti come suonano!

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            I Duran Duran hanno recentemente incendiato il Foro Italico con due live che hanno sorpreso anche i fan di lunga data. Non solo per l’energia, ma per la qualità sonora e l’eleganza della performance. Si tratta di una versione diversa della band quella che si è presentata sul palco: più matura, più concentrata, più consapevole. Non c’è più l’ossessione estetica degli anni ’80, quel glamour esasperato che li rese icone pop, ma spesso oscurava la loro abilità musicale.

            Simon Le Bon canta con voce più rotonda e sicura, John Taylor fa vibrare il basso con groove inossidabile e Nick Rhodes, dietro i synth, è il solido architetto sonoro di una scaletta che ha mescolato classici e gemme meno note. La sorpresa? Suonano forse meglio oggi di quanto facessero al culmine del loro successo.

            La band appare finalmente libera dalle pressioni dell’immagine, e si concede momenti di vera introspezione musicale. E il pubblico romano non ha potuto che rispondere con entusiasmo, in un clima di festa ma anche di rispetto. I Duran Duran del 2025 non cercano di rivivere il passato: lo celebrano con classe, ma con lo sguardo rivolto dritto verso il futuro: una rinascita artistica, più solida e intensa, che lascia sperare ancora in nuovi anni di buona musica.

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              Non è l’anti Vasco, è solo Liga al massimo volume! Campovolo 2025 da fan

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                C’era da aspettarselo, ma viverlo è tutta un’altra storia. Campovolo 2025 è stato molto più di un concerto: si è trattato di un rito collettivo, un abbraccio lungo una notte intera, una dichiarazione d’amore a quel rock sincero e diretto che solo Luciano Ligabue sa regalare. E no, non è l’anti Vasco. È Liga, e basta. Due mondi paralleli, due cuori rock, ma quello che abbiamo vissuto a Reggio Emilia non ha bisogno di confronti.

                Una scaletta piena di hit

                Dalle prime note di Balliamo sul mondo alle lacrime collettive su Certe notti, è stato un susseguirsi di emozioni che hanno attraversato trent’anni di musica, sogni e verità urlate sotto palco. Il Liga è salito sul palco con la grinta di sempre, gli occhi lucidi e la voce un po’ graffiata dall’anima. Nessun bisogno di effetti speciali, solo chitarre che parlano, parole che arrivano dritte al petto e quella sua voglia irriducibile di raccontarci noi stessi.

                Altro che fazioni: il rock è inclusivo

                Campovolo è il suo regno, e i suoi fan rappresentano i cittadini fedeli che rispondono all’appello, ogni volta. Lì, in mezzo a una folla che canta all’unisono, non esistono paragoni: esiste solo la magia di un rocker che ci conosce uno a uno, anche se non ci ha mai incontrati. Il rock non divide, unisce. E Liga ci è riuscito per l’ennesima volta. Altro che sfide: questa è solo passione vera.

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