Sport
Ciclisti borderline… l’omertà regna sulle due ruote
L’uso del monossido di carbonio nel ciclismo rappresenta un’area grigia tra miglioramento delle prestazioni e rischi per la salute. Sebbene non sia considerato doping, solleva questioni etiche e necessita di una regolamentazione chiara. Il ciclismo continuerà a evolversi, ma è fondamentale tracciare linee guida che garantiscano la sicurezza e l’integrità dello sport.

Sembra che al Tour de France quest’anno corrano come delle lippe. Se ne sono accorti tutti. Ciclisti, spettatori, giornalisti e organizzatori. Che succede? E’ stata scoperta qualche sostanza dopante che raggira i controlli antidoping che si fanno a campione dopo ogni tappa?
Inalatori di monossido di carbonio per fare che?
E’ noto per spingere i limiti del ciclismo, e recentemente sono emerse controversie riguardanti l’uso di monossido di carbonio (CO) da parte di alcune squadre. Un’inchiesta pubblicata su Escape Collective ha rivelato che almeno tre squadre, inclusa quella della maglia gialla e la Visma di Vingegaard, utilizzano inalatori di monossido di carbonio per migliorare le prestazioni dei ciclisti. Questo metodo, sebbene non considerato doping, solleva dubbi etici e preoccupazioni per la salute.
Fino a che punto ci possiamo spingere
Tadej Pogacar, parlando della sua esperienza al Tour, ha sottolineato l’evoluzione del ciclismo, dove ogni dettaglio è ottimizzato, dalla tecnologia alla nutrizione. Questa ricerca costante di miglioramento ha portato a innovazioni, come l’uso del monossido di carbonio, ma fino a che punto queste innovazioni sono accettabili?
Come viene utilizzato il monossido di carbonio
Il monossido di carbonio viene normalmente utilizzato per valutare i benefici dell’allenamento in quota. Tuttavia, secondo l’inchiesta, ci sarebbe un uso più aggressivo del gas, inalato per migliorare le prestazioni. Il CO, sebbene naturalmente presente nel corpo umano in piccole quantità, è tossico e letale in alte concentrazioni. L’inalazione controllata durante l’allenamento potrebbe aumentare la massa di emoglobina e migliorare l’assorbimento di ossigeno, ma i rischi associati sono elevati.
Cosa dicono gli esperti
Il professor Daniele Cardinale, esperto in questa metodica, ha dichiarato che il monossido di carbonio viene utilizzato durante i camp di allenamento per misurare la percentuale di emoglobina. L’uso di CO per migliorare le prestazioni è considerato borderline, non vietato dal Codice antidoping, ma sicuramente controverso. Cardinale ha affermato che le squadre che partecipano al Tour de France sono consapevoli dei rischi di uno scandalo, quindi procedono con cautela.
Paragone con l’atletica
Il ciclismo, simile all’atletica, ha subito una trasformazione significativa grazie all’integrazione di professionisti da vari campi scientifici. Come nell’atletica, dove l’introduzione delle super-scarpe ha abbattuto molti record, il ciclismo vede risultati straordinari grazie a innovazioni tecnologiche e scientifiche.
Quali sono i rischi
L’uso del monossido di carbonio nel ciclismo rappresenta un’area grigia tra miglioramento delle prestazioni e rischi per la salute. Sebbene non sia considerato doping, solleva questioni etiche e necessita di una regolamentazione chiara. Il ciclismo continuerà a evolversi, ma è fondamentale tracciare linee guida che garantiscano la sicurezza e l’integrità dello sport.
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Calcio
Champions League, notte di follia a Parigi e in Francia: 5-0 del PSG sull’Inter, la festa degenera in guerriglia urbana
L’esultanza per la prima Champions del Paris Saint-Germain si trasforma in un inferno di fuochi, bottiglie e lacrimogeni. Quasi 300 arresti nella sola Parigi. A Grenoble, un’auto piomba sulla folla: quattro feriti gravi.

Parigi si è svegliata con l’odore acre di lacrimogeni nell’aria e le strade disseminate di vetri rotti e macerie: la prima Champions League vinta dal Paris Saint-Germain, travolgente con un 5-0 contro l’Inter, ha scatenato un’orgia di euforia e violenza che si è trasformata in guerriglia urbana.
Dalle prime ore del pomeriggio, la capitale francese era un unico grande teatro di attesa: decine di migliaia di tifosi, bandiere biancoblu e maglie del PSG ovunque, maxischermi accesi in ogni piazza. Bastava il primo gol, e la festa è esplosa. Ma già allora, i petardi e le bombe carta lanciati in aria lasciavano intuire che la notte non sarebbe finita bene.
Il bilancio ufficiale è da bollettino di guerra: 294 arresti nella sola Parigi, 131 solo negli Champs-Elysées, mentre altri focolai di tensione sono scoppiati ai Grand Boulevard, a Bastiglia e vicino al Parco dei Principi, dove oltre 40mila tifosi si erano radunati davanti ai maxischermi.
Poco distante, un’auto data alle fiamme ha scatenato un fuggi-fuggi di centinaia di persone. E in mezzo al delirio, una ragazza è rimasta ferita cadendo sulle barriere della Bastiglia.
“Barbari nelle strade,” ha tuonato il ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, mentre 5.000 tra poliziotti e gendarmi si sono schierati per contenere la furia.
A Grenoble, a sud, la notte si è macchiata di sangue: un’auto, una Bmw lanciata a tutta velocità, ha investito la folla in festa. Due ragazzi di 17 anni e due donne, di 23 e 46 anni, tutti della stessa famiglia, sono stati falciati in pieno centro. Una delle due donne è ricoverata in prognosi riservata.
Il conducente, in preda al panico dopo la reazione furibonda della folla, ha abbandonato l’auto e si è arreso poco dopo ai poliziotti. Non un atto deliberato, dicono ora le autorità, ma la tragica conseguenza di una guida azzardata nella calca.
Intanto, a Pau, la cronaca nera ha trovato nuovi protagonisti: una banda di una cinquantina di giovani ha devastato la vetrina di un negozio Lacoste, mandato in frantumi il vetro posteriore di un autobus e sfondato l’ingresso di una scuola media.
Fuochi d’artificio e urla, la festa che si trasforma in un’orgia di teppismo. Il cuore di Parigi, illuminato a festa per la notte di gloria del PSG, si è riempito di poliziotti in assetto antisommossa. Lacrimogeni, idranti e corse disperate tra le vie del Marais e quelle più borghesi dell’VIII arrondissement.
I cronisti sul posto parlano di un assalto organizzato: piccoli gruppi di teppisti che spuntano all’improvviso, spaccano tutto e scompaiono di nuovo nella folla. Come in una guerriglia lampo, dove la linea tra la passione sportiva e il vandalismo diventa invisibile.
La vittoria storica del PSG – la prima coppa dalle grandi orecchie della sua storia – è stata la miccia. Un 5-0 che resterà scolpito nelle statistiche del calcio europeo, ma che in Francia rischia di restare associato a una notte di delirio e caos.
Il presidente Macron, attento a non cavalcare la retorica, ha invitato alla calma e alla responsabilità: “Il calcio unisce, non deve dividere”. Parole che suonano quasi retoriche, mentre la polizia chiude la notte con bilanci allarmanti e Parigi si lecca le ferite.
E mentre i tifosi veri – quelli che sognavano da anni questa coppa – si preparano a sfilare sul viale di casa, i soliti predatori del caos già pensano al prossimo pretesto. Perché in questa notte di “calcio e sangue” – come la definiscono i tabloid francesi – la linea sottile che separa la festa dall’inferno si è fatta più sottile che mai.
Calcio
Marco Van Basten: “Non riuscivo più a camminare. Baggio mi disse una frase che non dimenticherò mai”
Nel 1995, a 28 anni, Van Basten fu costretto a dire addio al calcio. Nel suo libro “Io sono Marco Van Basten” racconta la sofferenza fisica, l’addio commosso e l’incontro con Baggio: “Ci promettemmo di provarci insieme, anche se avevamo una gamba sola a testa”

Marco Van Basten è stato uno degli attaccanti più raffinati e letali della storia del calcio. Un talento purissimo, un campione capace di far sognare milioni di tifosi con la maglia dell’Ajax, del Milan e della nazionale olandese. Ma la sua carriera è stata tanto luminosa quanto tragicamente breve: un calvario di infortuni alle caviglie lo ha costretto a ritirarsi a soli 28 anni, nel 1995. In quegli anni drammatici, un episodio in particolare è rimasto scolpito nella memoria dell’ex fuoriclasse: l’incontro con Roberto Baggio, arrivato in rossonero proprio nell’estate in cui Van Basten provò a lottare ancora una volta contro il dolore.
Nella sua autobiografia, “Io sono Marco Van Basten”, il cigno di Utrecht ha aperto il cuore e raccontato quei giorni di speranza e sofferenza. “Ero determinato a provarci ancora, almeno per un altro anno”, scrive. “Volevo farlo, anche perché avevo sempre ammirato Roberto. L’idea di giocare insieme a lui mi sembrava straordinaria. Durante il ritiro, dopo qualche giorno ci incontrammo. Mi chiese delle mie condizioni fisiche e mi disse: ‘Almeno per un anno, sarebbe bello poter giocare insieme. Giochiamo entrambi con una gamba sola, ma magari in due riusciamo a fare un giocatore intero’”.
Quelle parole, dette con il sorriso e la leggerezza che solo chi conosce la sofferenza sa conservare, colpirono Van Basten nel profondo. “Scoppiammo a ridere di gusto. In quel momento capii che tipo fosse Roberto: una persona speciale. Avevamo già trovato un’ottima intesa”. Ma il destino aveva altri piani. Pochi giorni dopo, il dolore alla caviglia di Van Basten si fece insopportabile. Gli antidolorifici non bastavano più, e il corpo cominciò a cedere.
“Stavo male, vomitavo spesso. Era chiaro: dovevo smettere. Non riuscivo nemmeno a camminare”, ricorda Van Basten. Con le lacrime agli occhi, si ritrovò costretto a dire addio a tutto: ai compagni di squadra, alla maglia del Milan, al campo di gioco. L’addio fu straziante. “Salutai tutta la squadra, lasciando per ultimi Franco Baresi e Roberto Baggio”, confessa. E proprio a Baggio toccò pronunciare quella frase che Marco non ha mai dimenticato: “Peccato! Sarebbe stato bello giocare al tuo fianco”.
Una frase che continua a risuonargli dentro. “La sento ancora riecheggiare. Maledette caviglie”, scrive, con un velo di nostalgia e rabbia. Perché Van Basten, in quegli anni, aveva davvero sognato di condividere il campo con Baggio, un altro artista del pallone, un altro calciatore capace di incantare le folle e di superare i propri limiti.
Quell’estate del 1995 avrebbe potuto essere l’inizio di un nuovo capitolo, un binomio leggendario tra due numeri dieci capaci di vedere il calcio con la stessa visione poetica. Invece fu l’epilogo di una carriera vissuta sempre in equilibrio tra l’estro e la sofferenza. Van Basten chiuse con il calcio giocato, lasciando un vuoto nel cuore dei tifosi rossoneri e di chiunque abbia amato il suo stile elegante e la sua capacità di trasformare un pallone in arte.
Il ricordo di quell’ultimo abbraccio con Baggio, e la battuta amaramente dolce scambiata in ritiro, restano la testimonianza più umana e intima del campione. Dietro i trofei e i gol, c’era un uomo che non voleva
Calcio
Ronaldo e Georgina Rodriguez: gli incredibili dettagli dell’accordo di separazione
Dall’amore alla cautela: Cristiano Ronaldo e Georgina Rodriguez avrebbero siglato un accordo di separazione che prevede un mantenimento mensile da 100mila euro per lei e la villa di lusso a Madrid. La coppia, insieme da otto anni, si tutela in caso di un’eventuale rottura, garantendo sicurezza economica e spartizione dei beni.

La storia d’amore tra Cristiano Ronaldo e Georgina Rodriguez, una delle coppie più chiacchierate e ammirate del jet set internazionale, continua a far parlare di sé. Questa volta, però, non si tratta di nuovi successi sportivi o di eventi glamour, ma di un accordo che, qualora l’idillio dovesse spezzarsi, garantirebbe a entrambi una separazione senza sorprese.
Secondo quanto riportato dall’emittente portoghese TV Guia, il fuoriclasse portoghese e la modella argentina avrebbero siglato un contratto di separazione che prevede, in caso di rottura, un mantenimento vitalizio per Georgina di 100mila euro al mese. Un cifra che potrebbe sembrare esorbitante, ma che è in linea con lo stile di vita che la coppia ha condotto negli ultimi anni.





Ma non finisce qui. A Georgina spetterebbe anche la magnifica villa di Madrid, ribattezzata “Villa Ronaldo”, una residenza di ben 4mila metri quadrati che Cristiano acquistò nel 2010 per 5 milioni di euro. La villa, situata in una delle zone più esclusive della capitale spagnola, ha visto inevitabilmente crescere il suo valore nel tempo, rendendo questo patrimonio immobiliare ancora più prezioso.





Nonostante le voci di crisi che ciclicamente tornano a circolare, la coppia non sembra destinata a separarsi nel breve termine. Ronaldo e Georgina vivono attualmente in Arabia Saudita con i loro cinque figli, dopo il trasferimento del campione all’Al-Nassr. Tuttavia, la decisione di siglare un accordo di separazione testimonia la volontà di entrambi di non lasciare nulla al caso e di tutelare il futuro, anche in caso di eventuali difficoltà.





Il fuoriclasse portoghese, noto per la sua meticolosità e precisione in campo, sembra applicare la stessa strategia anche nella gestione della sua vita privata. In caso di separazione, Georgina potrebbe contare su un supporto economico senza pari, mentre Ronaldo si assicurerebbe che tutto avvenga senza intoppi, grazie alla chiara spartizione dei beni.







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