Italia
Amori virtuali, truffe del cuore e semplici illusioni
In Valle d’Itria, una donna ha organizzato il suo matrimonio senza un vero sposo, ritrovandosi sola all’altare. La storia si inserisce in un fenomeno più ampio di “matrimoni virtuali”, dove persone si convincono di relazioni inesistenti. Ecco alcuni esempi simili, tra cui il caso di Pamela Prati e il finto fidanzato Mark Caltagirone, e Gianfranco Bonzi, truffato da una falsa Dua Lipa.

In una vicenda che ha lasciato la Valle d’Itria senza parole, una sposa ha organizzato un matrimonio senza la presenza dello sposo, ritrovandosi sola all’altare. La donna, elegantemente vestita e piena di speranza, è arrivata davanti alla chiesa madre del paese con ogni dettaglio curato alla perfezione: fiori bianchi, un autista, un lungo velo. Tuttavia, al suo arrivo, non c’era nessuno ad attenderla, né lo sposo né gli invitati. Solo il sacerdote era presente, e ha cercato invano di dissuaderla dal proseguire con una cerimonia inesistente.
Il caso di questa “sposa infelice” non è isolato e si inserisce in un fenomeno più ampio di “matrimoni virtuali” o relazioni inesistenti. Negli ultimi anni, diverse storie hanno catturato l’attenzione del pubblico, mostrando come alcune persone possano essere ingannate o autoconvincersi di vivere una storia d’amore che in realtà non esiste.
Uno degli esempi più noti è il caso di Mark Caltagirone, che ha coinvolto la showgirl Pamela Prati. La Prati era convinta di avere un fidanzato e aveva organizzato un matrimonio con tanto di figli in affido. La vicenda, poi rivelatasi una farsa, ha tenuto banco in numerosi programmi televisivi, incluso il Grande Fratello Vip 7.
Un altro esempio è quello di Gianfranco Bonzi, scomparso dopo essere stato vittima di una truffa amorosa. L’uomo aveva inviato 5.000 euro a un profilo falso che si spacciava per la popstar britannica Dua Lipa. Convinto di avere una relazione con la celebre cantante, Bonzi è finito per essere truffato e la sua scomparsa ha suscitato grande preoccupazione.
Ancora più clamoroso è il caso di Roberto Cazzaniga, ex pallavolista della Nazionale italiana, che per ben 13 anni ha creduto di essere fidanzato con una modella brasiliana inesistente che sui social utilizzava le foto della supermodella Alessandria Ambrosio. In questo periodo, Cazzaniga ha inviato circa 700.000 euro a una donna residente in Sardegna che lo aveva ingannato, facendogli credere di essere in una relazione amorosa.
La storia della sposa solitaria nella Valle d’Itria si aggiunge a questa lista di tristi vicende, riflettendo il desiderio disperato di alcune persone di realizzare un sogno d’amore anche a costo di ignorare la realtà. Dopo aver tentato invano di avviare le pubblicazioni del matrimonio, la sposa aveva deciso di organizzare tutto da sola, convinta che il suo amato si sarebbe presentato all’ultimo momento. Purtroppo, non è stato così, e la sua storia rimane un monito sulle illusioni che l’amore non corrisposto può creare.
La comunità locale, solitamente tranquilla, è ora scossa e intrisa di discussioni e supposizioni. La vicenda della “sposa infelice” ricorda il romanzo “Il paese delle spose infelici” di Mario Desiati, dove realtà e fiction si intrecciano in una narrazione di sogni infranti e amori disperati.
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Italia
Autovelox e Tutor, quando finisce la rilevazione della velocità media?
La questione della segnalazione dei tratti di rilevazione della velocità media e l’uso di autovelox non omologati sollevano importanti interrogativi sulla trasparenza e la legittimità delle pratiche di controllo della velocità. Una normativa più chiara e lineare, come suggerito da esperti e associazioni di consumatori, potrebbe risolvere molte delle attuali controversie e migliorare la fiducia del pubblico nelle misure di sicurezza stradale.

Un recente caso giudiziario ha sollevato domande cruciali sull’obbligo di segnalare la fine dei tratti di rilevazione della velocità media con Tutor, alimentando dubbi e preoccupazioni tra automobilisti e motociclisti.
La vicenda del Tribunale di Latina
Un automobilista multato per aver superato la velocità media di 90 km/h su una strada a Sannino (Latina) ha fatto ricorso, sostenendo che la segnalazione non era adeguata. Il Tribunale di Latina ha annullato la sanzione, ritenendo che la segnalazione generica di “controllo della velocità” non fosse sufficiente a informare gli automobilisti che veniva rilevata la velocità media, come richiesto dall’articolo 142 del Codice della Strada.
Per la Cassazione non c’è obbligo di segnalare la fine della rilevazione
La Corte di Cassazione ha però ribaltato questa decisione, accogliendo il ricorso del Comune di Sannino sostenuto dalla Procura generale. La Cassazione ha stabilito che la normativa prevede solo l’obbligo di segnalare l’inizio del tratto controllato da dispositivi di rilevamento della velocità, Tutor, senza ulteriori specificazioni riguardo la fine del tratto.
Cosa dicono gli esperti. Come ci dobbiamo comportare?
Fabio Galli, un esperto di Codice della Strada, critica la decisione della Cassazione, sottolineando che la norma parla di “tratti determinati“, implicando che dovrebbero essere chiaramente indicati sia l’inizio che la fine della rilevazione. Suggerisce che una lettura preventiva e chiarificatrice della norma potrebbe essere richiesta al Ministero dell’Interno o attraverso un’istanza presentata da un’associazione di tutela dei consumatori.
Il mistero degli autovelox sequestrati
Parallelamente, la questione degli autovelox illegali ha portato a sequestri in tutta Italia, in luoghi come Venezia, Vicenza e Modena. Le apparecchiature in questione non erano omologate correttamente, rendendo illegittime le multe emesse. I consumatori possono fare ricorso se non hanno ancora pagato o se sono entro i termini per impugnare le sanzioni. Il Codacons ha annunciato azioni legali per il danno erariale e per tutelare i diritti dei consumatori, sostenendo che la sicurezza stradale deve essere garantita nel rispetto delle leggi e con strumenti omologati.
Insomma non riusciamo a venirne fuori serenamente
La questione della segnalazione dei tratti di rilevazione della velocità media e l’uso di autovelox non omologati sollevano importanti interrogativi sulla trasparenza e la legittimità delle pratiche di controllo della velocità. Una normativa più chiara e lineare, come suggerito da esperti e associazioni di consumatori, potrebbe risolvere molte delle attuali controversie e migliorare la fiducia del pubblico nelle misure di sicurezza stradale.
Italia
Guerra a colpi di forchetta: pastasciutta antifascista contro risotto nero anticomunista
A Omegna, la tradizionale “pastasciutta antifascista” scatena la reazione dei nostalgici: nasce il “risotto anticomunista”. Una provocazione culinaria che riapre ferite ideologiche. E fa saltare la tregua a tavola.

C’è chi serve la memoria con burro e Parmigiano. E chi risponde con il nero di seppia. A Omegna, in Piemonte, il 25 luglio si avvicina e, come ogni anno, torna la “pastasciutta antifascista”, piatto simbolo della fine del regime mussoliniano. Ma quest’anno la Resistenza va di traverso alla destra locale, e qualcuno ha deciso di ribaltare il menù: Luigi Songa, ex Fratelli d’Italia, propone un’alternativa dal retrogusto polemico. Il risotto nero “anticomunista”. Così, quello che doveva essere un pranzo popolare è diventato uno scontro ideologico. Di quelli che fanno rumore anche con le posate.
Songa non ci sta. A farlo insorgere è l’inserimento dell’evento nel calendario delle attività turistiche del Comune. “Non è cultura, è politica”, tuona. E invece di organizzare un comizio, sfodera la padella. Risultato: un piatto che sa più di provocazione che di tradizione. E che sui social diventa subito meme: tagliatelle liberali, tortellini sovranisti, lasagne identitarie. Benvenuti nell’Italia in cui ogni ricetta è uno schieramento.
Ma attenzione: la pastasciutta antifascista non nasce ieri. È il gesto dei fratelli Cervi, nel 1943, per celebrare la caduta di Mussolini. Da allora si ripete in oltre 300 piazze, e ogni anno trova nuovi estimatori. Ma anche nuovi nemici. Come il deputato Urzì (FdI), che in Trentino si è indignato: “Pure in vacanza ti servono l’antifascismo nel piatto!”. C’è chi brontola per le multe ai volontari, chi per i patrocini negati. Ma la sostanza non cambia: la pastasciutta divide.
A Omegna, il sindaco ha già scelto da che parte stare: “Io ci sarò. È un gesto simbolico. E se fa discutere, meglio: almeno ricorda chi ci ha permesso oggi di parlare, anche di risotti polemici”. Intanto Songa rincara: “Il prossimo 28 aprile cucino la pasta in bianco per Mussolini”. E no, non è satira: è propaganda spadellata.
Morale? Nessuna. Solo che in Italia persino un piatto di maccheroni può diventare un atto politico. E che, nel dubbio, la libertà si difende anche a tavola. Con la forchetta ben affilata.
Italia
Urbano Cairo prepara il colpaccio: via Report dalla Rai, Ranucci verso La7. E il Corriere molla Meloni
Sigfrido Ranucci verso La7, dopo mesi di silenzi forzati e bastoni tra le ruote in Rai. Il suo arrivo è il fiore all’occhiello della campagna acquisti dell’editore, che nel frattempo prepara anche il restyling del Corriere della Sera: basta centrismo molle, via ai giornalisti d’assalto. Perché il melonismo, in edicola e in prima serata, non buca più.

Siete pronti? Via. È partita la campagna acquisti più rovente dell’estate. Non parliamo del calciomercato, ma della corsa di Urbano Cairo a sinistra. L’editore di La7 (e del Corriere della Sera) ha deciso che il melonismo non vende e si prepara a fare spazio in palinsesto – e in redazione – a firme e volti che Giorgia non vorrebbe nemmeno al cenone di Natale.
Obiettivo numero uno: Sigfrido Ranucci. La Rai lo considera un corpo estraneo, un parente scomodo da evitare alle cene istituzionali. Tagli di puntate, slittamenti, commissariamenti, provvedimenti disciplinari: in Viale Mazzini stanno facendo di tutto per farlo stancare. E lui, da par suo, si guarda intorno. E guarda proprio verso La7. L’idea è già scritta sulla lavagna di Cairo: prima serata del lunedì, un nuovo nome (perché il brand Report è della Rai), e una seconda serata sperimentale – tipo Report-Lab – dove coltivare giovani segugi dell’inchiesta.
A contorno, libri editi da Solferino, un piano social che sfrutti la macchina da sei milioni di follower che Ranucci e i suoi si sono costruiti in anni di servizio pubblico. Cairo non conferma, ma ammicca. E quando gli chiedono di Report, si limita a dire: “È un programma di qualità”. Tradotto: sto apparecchiando la tavola, vediamo se Ranucci si siede.
E non è finita. Perché mentre sogna di portare l’uomo delle inchieste a La7, Urbanetto pensa anche al lifting del Corriere della Sera. Basta editoriali soft sul governo, basta moderatismo sussurrato. Il centrodestra ha già i suoi giornaletti da battaglia (Libero, Il Giornale, La Verità). Il Corriere deve tornare a graffiare. E allora ecco l’operazione restyling: direttore in uscita (Luciano Fontana), Sarzanini in pole, e voci di nuovi innesti dalla sinistra investigativa: Valeria Pacelli, Giacomo Salvini, Simone Canettieri.
Il messaggio è chiaro: chi copia il melonismo non vince. E se perfino Cairo lo ha capito, forse è già tardi per chi sperava di cavalcare la stagione sovranista. Il vento è cambiato, e l’editore di La7 – come sempre – fiuta da che parte conviene schierarsi.
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