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Il grande cuore di Geolier: il rapper dona un’ambulanza agli sfollati di Scampia
In un quartiere segnato da sfide sociali, un gesto di grande solidarietà ha illuminato le giornate degli sfollati di Scampia. Il rapper napoletano Geolier ha donato un’ambulanza attrezzata alla comunità, dimostrando un profondo attaccamento alle sue radici e un impegno concreto per il benessere dei suoi concittadini. E oggi monta la protesta.

L’iniziativa, nata dal cuore dell’artista, è stata accolta con commozione e gratitudine dagli sfollati, che si trovano a vivere una situazione di precarietà a causa degli ultimi eventi. L’ambulanza, dotata di attrezzature all’avanguardia, rappresenta un sostegno fondamentale per garantire assistenza sanitaria tempestiva e di qualità a tutti coloro che ne hanno bisogno.
“Ho voluto fare qualcosa di concreto per la mia comunità”, ha dichiarato Geolier. “Scampia è la mia casa e non posso restare indifferente di fronte alle difficoltà che stanno attraversando i miei concittadini. Spero che questa donazione possa essere di aiuto e possa dare un segnale di speranza” .


La tragedia di Scampia: alle Vele crolla un ballatoio, due morti e numerosi feriti.
Cosa è successo a Napoli
La notte del 22 luglio è stata segnata da una tragedia che ha sconvolto la città di Napoli. A Scampia, all’interno della Vela Celeste, uno dei celebri edifici popolari del quartiere, è crollato un ballatoio al terzo piano, trascinando con sé le strutture dei piani inferiori. Il bilancio è drammatico: due persone hanno perso la vita e tredici sono rimaste ferite, tra cui sette bambini, due dei quali in condizioni gravissime.
L’incidente è avvenuto intorno alle 22.30, mentre molti residenti erano ancora in casa. Il crollo improvviso del ballatoio ha provocato il panico e la fuga precipitosa degli abitanti. I vigili del fuoco, intervenuti sul posto con numerose squadre, hanno lavorato ininterrottamente per estrarre le persone dalle macerie e mettere in sicurezza l’area.


Un’intera comunità nelle disperazione
Circa 800 residenti sono stati evacuati dalle loro abitazioni e trasferiti in strutture di accoglienza. Fortunatamente, grazie alle verifiche tecniche condotte durante la notte, circa 300 persone hanno potuto fare rientro nei loro appartamenti già nella serata di martedì. Tuttavia, per gli altri residenti, la situazione rimane incerta e la paura di nuove scosse è palpabile.
Le cause del crollo
Le cause del crollo sono ancora oggetto di indagine. Le prime ipotesi fanno riferimento a un possibile cedimento strutturale, aggravato forse da lavori di ristrutturazione in corso nell’edificio. Gli inquirenti stanno analizzando attentamente le condizioni dell’immobile e ascoltando le testimonianze dei residenti per ricostruire la dinamica dell’accaduto.
Un gesto che va oltre la musica
Geolier, nome d’arte di Emanuele Palumbo, da sempre legato al suo territorio e alle sue storie, ha sempre utilizzato la sua musica come strumento per denunciare le ingiustizie sociali e dare voce ai più deboli. Con questo gesto, l’artista dimostra ancora una volta il suo impegno civile e la sua volontà di contribuire attivamente al miglioramento della sua comunità.
L’iniziativa di Geolier ha mobilitato l’intera comunità di Scampia, che si è stretta attorno all’artista e agli sfollati. Volontari, associazioni e istituzioni locali hanno collaborato per rendere possibile questa donazione e per garantire che l’ambulanza sia utilizzata al meglio.
“Questa ambulanza è un simbolo di speranza per tutti noi – afferma uno degli sfollati – grazie a Geolier e a tutti coloro che si stanno prendendo cura di noi”.
La protesta continua, artisti in prima linea per gli sfollati
La situazione degli sfollati di Scampia, costretti a vivere in condizioni precarie all’interno dell’Università Federico II, si fa sempre più critica. Il caldo torrido, l’assenza di spazi adeguati e la mancanza di servizi essenziali stanno mettendo a dura prova la resistenza di queste famiglie.
Un grido d’allarme
Di fronte a questa emergenza, il Comitato Vele ha indetto una mobilitazione di protesta per oggi martedì 30 luglio. Con un comunicato stampa, il comitato ha denunciato una situazione insostenibile: “La situazione all’interno dell’Università è insostenibile. Il caldo e la precarietà pesano ogni ora di più. I bambini hanno bisogno di un tetto. Ci sono persone che continuamente si sentono male e fino a ieri sera non era garantita neppure un’ambulanza fissa.”
La solidarietà degli artisti
In questa difficile situazione, un segnale di speranza arriva dal mondo della musica. Tanti artisti napoletani hanno dimostrato grande solidarietà verso gli sfollati. Geolier, in particolare, si è distinto finanziando la presenza di un’ambulanza all’interno della struttura universitaria. “Anche a questo abbiamo provveduto da soli ancora una volta con l’aiuto di un artista, Geolier, che ha finanziato la presenza del mezzo e che si è unito ai tanti altri, Franco Ricciardi, Debora De Luca, Enzo Dong, che ci stanno sostenendo e che ringraziamo”, si legge nella nota del Comitato Vele.
Le richieste degli sfollati
Gli sfollati chiedono con forza una soluzione definitiva alla loro situazione. Hanno bisogno di alloggi sicuri e dignitosi, di assistenza sanitaria adeguata e di un supporto psicologico per affrontare le difficoltà di questo momento. La protesta del 30 luglio è un grido d’allarme che non può essere ignorato.
La situazione a Scampia è un’emergenza che richiede un intervento immediato delle istituzioni. Gli sfollati hanno bisogno di risposte concrete e di soluzioni a lungo termine.
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In primo piano
Papa Francesco e la musica: arte, preghiera e incontro di anime

Il compianto Jorge Maria Bergoglio è senza dubbio il pontefice che ha saputo portare la musica nel cuore del messaggio spirituale. Amava il tango, apprezzava Claudio Baglioni, suggeriva Arvo Pärt per la meditazione e – unico nella storia recente – ha persino citato il grande musicista brasiliano Antonio Carlos Jobim in un documento ufficiale. La fede, per lui, aveva un ritmo tutto suo: profondo, inclusivo e – per certi versi sorprendentemente “rock”. Capace di riportare la Chiesa ai valori fondamentali di misericordia e accoglienza, in grado di fare sentire tutti accettati, ognuno coi propri difetti. Un potente che rinuncia alla sua potenza e si mostra al mondo con la sua sofferenza: soprattutto di questi tempi si tratta di un messaggio potentissimo, la straordinarietà della normalità Un uomo che arriva dalla fine del mondo che crede in un mondo migliore… non lo puoi facilmente fermare, proprio come il rock.
Un papa con la musica nel cuore (e nella mente)
Che Papa Francesco avesse un’anima musicale si era capito fin dall’inizio del suo pontificato. Cresciuto nei quartieri popolari di Buenos Aires, dove il tango era parte della quotidianità, ha sempre riconosciuto alla musica un potere unico: quello di unire le anime, parlare senza parole e guarire il cuore. Ma il suo rapporto con la musica non si fermava alla tradizione argentina.
L’arte che unisce
Fra gli artisti italiani più vicini a Papa Francesco c’è senza dubbio Claudio Baglioni, più volte ospite in Vaticano per eventi benefici. Il pontefice ha elogiato pubblicamente i testi del cantautore romano, capaci di raccontare le sfumature dell’umanità con delicatezza e profondità. Baglioni, da parte sua, ha ricambiato con affetto, definendo Francesco “una voce fuori dal coro” in grado di toccare corde profonde come solo un vero artista sa fare.
Consigli per la meditazione
Nei momenti di dolore o riflessione – come i giorni di lutto personale o collettivo – Papa Francesco ha invitato i fedeli a trovare nella musica una forma di preghiera. Una delle opere più adatte a questo scopo è senza dubbio il Te Deum del grande compositore estone Arvo Pärt, un capolavoro di spiritualità sonora: sospeso, essenziale, capace di trasportare l’anima in uno spazio sacro senza tempo. Perfetto per chi cerca raccoglimento, questo brano si trasforma in un ponte tra la terra e il cielo, tra il dolore e la speranza.
Jobim e l’arte dell’incontro: la musica come linguaggio di pace
In un gesto che ha sorpreso molti, Papa Francesco ha citato Antonio Carlos Jobim, uno dei padri della bossa nova, in un documento ufficiale. Nella sua visione pastorale, l’“arte dell’incontro” – espressione resa celebre da Jobim – è centrale: significa accogliere l’altro, costruire ponti, abbattere muri. Anche attraverso la musica. Una citazione che racchiude tutta la modernità di questo pontefice: capace di usare riferimenti colti e popolari per lanciare messaggi di unità, dialogo e misericordia.
La fede può suonare come una sinfonia
Papa Francesco è stato un uomo che parlava dritto al cuore della gente, anche con la musica. Con un’attitudine speciale per l’ascolta, citava i grandi della musica mondiale, consigliava brani per l’anima. Impossibile non ricordare il suo videomessaggio andato in onda durante l’ultimo festival di Sanremo, che conteneva un messaggio:
La musica è bellezza, la musica è strumento di pace. È una lingua che tutti i popoli, in diversi modi, parlano e raggiunge il cuore di tutti. La musica può aiutare la convivenza dei popoli.
Penso, in questo momento, a mia mamma che mi raccontava e mi spiegava alcuni brani di opere liriche facendomi conoscere il senso di armonia e i messaggi che la musica può donare. Penso direttamente a tanti bambini che non possono cantare, non possono cantare la vita, e piangono e soffrono per le tante ingiustizie del mondo, per le tante guerre, le situazioni di conflitto. Le guerre distruggono i bambini. Non dimentichiamo mai che la guerra è sempre una sconfitta.
in uno fra i tanti episodi informali che l’hanno visto protagonista nel quale, liberandosi dalle briglie del protocollo, si fece portare in un negozio di dischi a Roma per acquistare un vinile di musica classica. Un negozio che Papa Francesco conosceva bene, fin dai tempi in cui si recava a Roma in veste di sacerdote e poi come cardinale di Buenos Aires, nel periodo in cui aveva preso alloggio nella vicina Casa del Clero di via della Scrofa.
In copertina su Rolling Stone
Più volte in copertina su riviste come Rolling Stone, sia nella sua edizione americana che italiana, nel 2015 uscì Pope Francis – Wake Up!, l’album musicale con parole e preghiere dello stesso Bergoglio la cui uscita era stata annunciata, con gran fanfara mediatica, come il “disco prog” del Santo Padre. In un tempo di rumore stridente e distrazioni di ogni tipo, quasi sempre malsane, il Santo Padre ci ha insegna che anche una nota può diventare preghiera. Soprattutto da oggi dove, senza di lui, in molti si sentiranno un po’ più soli.
Cronaca
Il nostro grazie commosso a Papa Francesco: una luce che continuerà a guidarci
Con la sua umiltà, il suo coraggio e il suo amore per gli ultimi, Papa Francesco ha lasciato un segno indelebile nella storia della Chiesa e dell’umanità.

Oggi, come direttore di LaCity Magazine e a nome di tutta la nostra redazione, desidero esprimere il nostro più profondo cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco. La notizia della sua morte ci ha raggiunti all’alba, colpendoci nel cuore in un modo che è difficile descrivere. Non si spegne soltanto una delle figure più amate e rivoluzionarie della Chiesa cattolica contemporanea; si spegne una luce che ha illuminato, per oltre un decennio, il cammino del mondo intero, non solo dei fedeli.
Jorge Mario Bergoglio è stato, e resterà, un esempio di rettitudine, coraggio e straordinaria applicazione del Vangelo nella vita concreta. In un’epoca in cui troppe volte la coerenza tra parole e azioni si è fatta labile, Papa Francesco ha saputo testimoniare con forza che la fede non è un concetto astratto, ma un impegno quotidiano fatto di gesti, ascolto e servizio.
Il suo sorriso disarmante, la sua semplicità autentica, la sua voce ferma ma mai arrogante hanno incarnato una Chiesa capace di parlare al cuore di tutti. Francesco non ha mai cercato il consenso. Ha cercato l’incontro, il perdono, la verità. È stato il Papa dei ponti, non dei muri. Il Papa che non ha avuto paura di chinarsi davanti al dolore dei migranti, degli emarginati, dei poveri, degli scartati dalla società.
Come non ricordare la sua solitudine eroica quella sera di pioggia, in una Piazza San Pietro deserta, durante la pandemia? In quell’immagine, che resterà per sempre scolpita nella memoria collettiva, c’era tutta la grandezza di quest’uomo: fragile e fortissimo, umile e immenso, capace di farsi piccolo davanti a Dio e di elevarsi come guida morale universale.
Papa Francesco ci ha insegnato a vivere il Vangelo non come un elenco di precetti, ma come un movimento dell’anima verso l’altro. “Chi sono io per giudicare?”, disse nel 2013, cambiando in una sola frase la storia della Chiesa moderna. Con quell’umanità disarmante ha aperto nuove strade di inclusione e di misericordia, rimanendo sempre fedele alla verità più profonda della fede cristiana: l’amore.
Anche nel momento più buio della Chiesa, quello delle ferite inferte dagli abusi, non ha taciuto. Non ha coperto, non ha voltato lo sguardo. Ha affrontato il dolore, ha chiesto perdono, ha imposto riforme. Con la forza mite di chi sa che la verità può far male, ma è l’unica strada che salva.
Come direttore, come cristiano, come semplice essere umano, sento oggi il bisogno di dire grazie. Grazie per averci insegnato a non avere paura della tenerezza. Grazie per averci ricordato che il vero potere sta nel servire, e che l’autorità spirituale non si misura in privilegi ma in capacità di chinarsi sulle ferite del mondo.
A Papa Francesco dobbiamo la rinascita di una Chiesa che, senza paura, ha camminato nei deserti dell’indifferenza per portare semi di speranza. Dobbiamo il coraggio di una voce che, sola tra i potenti della terra, ha saputo alzarsi a difesa del creato, degli ultimi, della dignità umana.
La sua morte ci lascia un vuoto immenso. Ma la sua eredità è una promessa. È il Vangelo vivo che continua a chiamarci, ogni giorno, a essere operatori di pace, testimoni di amore, costruttori di fraternità.
In queste ore di lutto e di preghiera, affido al cuore di ciascuno il suo ultimo, silenzioso insegnamento: vivere pienamente il tempo che ci è dato, seminando speranza anche nei terreni più aridi. Come lui ha fatto, instancabilmente, fino all’ultimo respiro.
Da tutta LaCity Magazine, dal nostro cuore più autentico, salga una sola parola: grazie, Santo Padre. Continueremo a camminare sulle strade che ci ha indicato. E porteremo nel mondo, come meglio potremo, la luce che ci ha lasciato.
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