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Crazy Pizza di Briatore apre a Napoli: nella tana del leone…

Riuscirà la pizza luxury di Flavio Briatore a conquistare il cuore dei puristi napoletani? Per molti è un vero e proprio azzardo… ma all’imprenditore le sfide piacciono da matti.

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    Alla fine di questa stagione estiva Flavio Briatore promette che sarà tutto pronto. La location scelta per la sua pizzeria di lusso è via Nazario Sauro, sul Lungomare di… Napoli! Il manager e imprenditore, recentemente nominato executive advisor del team Alpine in Formula 1, scende nella fossa dei leoni, sfidando la patria della pizza con le sue proposte da 17 euro (minimo) al piatto. In una città che è la patria riconosciuta della pizza, dove si può gustare una margherita al massimo della forma presso il caratteristico centro storico con 6/7 euro…

    Mission impossible?

    Quella che potrebbe sembrare una “mission impossible”, per lui non è assolutamente tale: «Non la definirei una sfida visto che per me è un enorme piacere arrivare a Napoli, non voglio sfidare nessuno. In questa avventura saremo accompagnati da una serie di soci fortemente legati al territorio, e siamo tutti estremamente felici di portare Crazy Pizza a Napoli. Napoli è famosa in tutto il mondo per la sua cultura e il suo patrimonio culinario e crediamo che la nostra formula di fine dining diversa e unica possa essere un’aggiunta stimolante al panorama gastronomico locale».

    Questione di prezzo

    Tornando sulla questione del prezzo, non di secondaria rilevanza visti gli attuali tempi di vacche magre… da Crazy Pizza quella “entry level” si attesta sui 17 euro – come a Milano – mentre la più cara, quella impreziosita con fette di succulento Pata Negra, arriva fino ai 65 euro!

    La distinzione per ambiente, servizio e qualità delle materie prime

    Briatore giustifica la sua iniziativa, dichiarando che il suo locale è in grado di offrire un’esperienza culinaria di qualità, adatta a chi è alla ricerca di qualcosa di originale e lussuoso. Non va a competere direttamente con le pizzerie o i ristoranti tradizionali, poiché propone una vera e propria esperienza che si distingue per l’ambiente, il servizio, la qualità degli ingredienti e l’intrattenimento. Con l’obiettivo di far fare ai napoletani, ai campani e ai turisti nazionali e internazionali un’experience (lui la chiama proprio così… con elegante esterofilia) nuova e sofisticata, basata su ingredienti di grande qualità, servizio di lusso ed intrattenimento». Come prenderanno queste parole i napoletani? Mah… il rischio che venga tutto interpretato come un sberleffo alla veracità del prodotto locale è dietro l’angolo.

    La proposta è per una clientela superiore

    Prosegue il manager: «Puntiamo a un target di clienti superiore, in cerca di un’esperienza culinaria di lusso ma divertente al tempo stesso. Il nostro obiettivo è attrarre non solo clienti locali, ma anche i tanti turisti, i clienti internazionali. Credo che il nostro concetto di luxury-fun dining (con tanto di dj-set in sottofondo… altro che tarantella, ndr) troverà un terreno fertile a Napoli, offrendo un’opzione unica e sofisticata».

    Davvero era necessario?

    Ma, nella città di Pulcinella, di Totò, delle sfogliatelle e della Genovese… ci voleva davvero il luxury-fun dining? Ci piacerebbe sapere cosa commenterebbe il rimpianto scrittore Luciano De Crescenzo, che della filosofia partenopea aveva fatto una sorta di bandiera, descivendo la città in maniera così completa e precisa, nella sua complessità, che ancora oggi il suo modo di vedere Napoli e i suoi abitanti fanno ancora parte del tessuto partenopeo.

    Pizza sempre più crazy

    Le mire espansionistiche del Crazy Pizza al sud non si limiteranno a Napoli, vista l’accoglienza che la città di Catania ha riservato all’iniziativa lo scorso dicembre. Così almeno sostiene Briatore. Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto / Chi ha dato, ha dato, ha dato / Scurdammoce ô ppassato…

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      Personaggi

      Vivian Jenna Wilson si libera del cognome Musk: «Non voglio più avere a che fare con lui». La figlia di Elon rompe con il padre

      Cambio di nome, nessuna eredità, vita condivisa in un appartamento di Los Angeles e orgoglio militante. Vivian Jenna Wilson, figlia di Elon Musk, rivendica la propria indipendenza e attacca il magnate: «Ha voluto figli brillanti, non felici». E sul passato: «Non volevo più portare quel cognome, faccio quello che voglio».

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        Vivian Jenna Wilson ha un obiettivo chiaro: vivere una vita che non abbia nulla a che fare con suo padre. Un nome pesante, quello di Elon Musk, che a ventun anni ha deciso di abbandonare, legandosi invece a quello della madre, Justine Wilson. A Paris Match racconta il perché senza giri di parole: «Non volevo più avere a che fare con tutte quelle stronzate legate al nome. E poi faccio quello che voglio».

        La rottura con il patron di Tesla e SpaceX non è solo affettiva: è culturale, politica, identitaria. Vivian fa coming out come persona trans nel 2020 e cambia legalmente sesso due anni dopo. Da allora, la distanza con Musk si trasforma in frattura pubblica. Lei sfila, studia, lavora, condivide un appartamento a Los Angeles. «Non vivo in una villa. Non ho una Tesla», dice con ironia feroce. A chi su TikTok l’ha dipinta erede da 40 miliardi risponde così: «Se fosse vero, non ci sarebbero più senzatetto né fame nel mondo».

        La giovane rivendica con orgoglio la strada costruita da sola: modella emergente, attivista LGBTQIA+, voce presente nelle marce e online. Non cerca pietà, non cerca eredità: cerca spazio. E lontananza. «La sola menzione del suo nome mi fa spegnere il cervello», confessa. Una frase che sintetizza anni di incomprensioni, culminate nella rottura definitiva.

        Il contrasto non è solo familiare, ma filosofico. «Quando avevo dieci anni mi disse che Marte sarebbe stato il futuro dell’umanità. Pensai: chi si occuperà della Terra allora? Non parlavamo la stessa lingua». È la fotografia di due mondi che non si incontrano: da un lato il miliardario convinto che il progresso passi dalla colonizzazione dello spazio; dall’altro una figlia che difende i diritti delle minoranze e marcia sul suolo terrestre, tra le persone.

        Sui social Musk l’ha cancellata – letteralmente: «Mio figlio Xavier è morto. Ucciso dal virus woke», scrisse. Oggi lei restituisce il colpo con una frase glaciale: «La morale non si misura in dollari». Non cerca un confronto, non chiede riconciliazione. Alza il mento, senza paura: «Sono stata usata come esempio per dimostrare che i bambini trans non dovrebbero esistere. Non potevo lasciar correre. Non è un capriccio politico. È una questione di sopravvivenza».

        In mezzo, nessun accordo, nessun passo indietro. Solo una ragazza che ha deciso chi vuole essere. E un padre che, almeno per lei, non è più una stella nella stessa galassia.

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          Gossip

          Brigitta Boccoli: «A 14 anni stavo con Pino Insegno, lui ne aveva 27». E i social esplodono: «È gravissimo, ma vi rendete conto?»

          Un amore vissuto negli anni Novanta e raccontato con naturalezza oggi diventa un caso social. Brigitta Boccoli parla della storia iniziata a 14 anni con Pino Insegno, che all’epoca ne aveva 27. Online è bufera: «Se questa cosa accadesse oggi non la raccontereste così». Nessuna replica da parte dell’attore, mentre le reazioni continuano a crescere.

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            Un ricordo privato, riportato con la leggerezza di chi parla di un primo amore. Ma bastano poche parole perché il web divampi. Brigitta Boccoli racconta di aver avuto una relazione con Pino Insegno quando aveva appena 14 anni: «Siamo stati insieme tre anni», spiega. «L’ho conosciuto in tv, andavo a trovare mia sorella. A 14 anni ero già innamorata, volevo sposarlo».

            Un racconto che appartiene agli anni Novanta, narrato con tono affettuoso e nostalgia. All’epoca, lei era una ragazzina di spettacolo alle prime esperienze televisive. Lui un comico emergente, già adulto, 27 anni e una carriera in corsa. «A 17 anni l’ho lasciato per un colpo di fulmine durante una vacanza», aggiunge. Una storia archiviata, per lei, come una parentesi importante e romantica della giovinezza.

            Poi l’intervento della sorella Benedicta, che nei commenti a un video social aggiunge: «Pino fu sostituito in un attimo ma era disperato. Si sfogava con me». Un dettaglio personale, privato, che però amplifica l’effetto domino online.

            Perché oggi il tempo è cambiato — e la percezione pure. Lo dimostrano le reazioni degli utenti, immediate e durissime. «Ma davvero stiamo ascoltando questa cosa come se fosse normale?», scrive qualcuno. «14 anni e 27? Ma tutto a posto?», aggiunge un altro. E ancora: «Perché nessuno sottolinea quanto sia grave?».

            La narrazione “romantica” del passato si scontra con una sensibilità differente, più attenta ai confini, alla tutela dei minori, al linguaggio. Molti utenti ricordano che oggi un racconto simile solleverebbe interrogativi formali, oltre che morali. Altri sottolineano che giudicare retroattivamente non è semplice, ma resta l’impatto emotivo: «Fa impressione sentirlo così normalizzato».

            Nessuna replica da parte di Pino Insegno, silenzio anche da parte della Boccoli dopo le prime dichiarazioni. La discussione, intanto, continua a crescere. Non è nostalgia, non è gossip puro: è il cortocircuito fra memoria privata e sensibilità collettiva. E nel rumore dei commenti, resta una domanda sospesa, senza conclusione netta: come raccontiamo oggi ciò che ieri appariva soltanto una storia d’amore?

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              Chiara Ferragni, amore low-profile con Giovanni Tronchetti Provera: niente social, niente ristoranti glamour

              Ferragni e Tronchetti Provera non si mostrano insieme da settimane, alimentando speculazioni. Ma la realtà, raccontano gli avvistamenti, è opposta: famiglia allargata, passeggiate in centro, bambini e pranzi in locali semplici. La strategia? Zero ostentazione e massima protezione della nuova serenità.

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                Scomparsi dai social, ma tutt’altro che lontani. Chiara Ferragni e Giovanni Tronchetti Provera scelgono il silenzio e l’understatement come stile di coppia, ribaltando il copione dorato dell’amore da copertina. Nulla di orchestrato, nessuna posa. Solo normalità — parola che per due figure così abituate ai riflettori ha il sapore di una conquista.

                In una recente intervista in Spagna, l’imprenditrice digitale non ha esitato: è felice, innamorata e «spera che duri per sempre». Nessun proclama hollywoodiano, nessuna dichiarazione social. Una frase asciutta, quasi timida, arrivata mentre Milano sussurrava che quel legame, lontano dagli smartphone, stesse invece vacillando. E invece no: procede, e senza clamore.

                Lo confermano gli avvistamenti in centro città: niente locali di scena, niente cene stellate né auto nere all’uscita. Chiara e Giovanni scelgono bistrot semplici, prezzi popolari, piatti condivisi tra risate e richieste di bambini curiosi. Con loro Vittoria e Leone, e i figli di lui: una famiglia allargata che prova a respirare normalità. Tra un toast, un succo e un cappottino da abbottonare al volo.

                È un cambio di tono radicale, soprattutto per lei, regina del racconto digitale. Da mesi la narrazione personale è rallentata, filtrata, controllata. Niente foto di coppia, niente cuori o dediche. Solo qualche scatto in cui il dettaglio – un cappotto, una passeggiata, uno sguardo – suggerisce più di quanto mostri. Perché l’intimità, dopo tanto clamore, è diventata bene prezioso.

                La scelta del basso profilo è forse il segno più evidente di questo nuovo capitolo: non un amore urlato, ma custodito. A rimorchio, inevitabilmente, arrivano i pettegolezzi, alimentati proprio dall’assenza. Ma quando la porta si chiude e resta solo la vita vera, i social contano meno del sorriso di un bambino che chiede un’altra patatina.

                In un tempo in cui tutto deve essere mostrato per esistere, loro scelgono l’opposto. E nella semplicità — un tavolo vicino alla finestra, un piatto condiviso, una famiglia che prova a ricomporsi — trovano forse la forma più autentica di lusso. Tutto il resto può aspettare.

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