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Cinema

Non c’è pace per Sabra. La supereroina Marvel divide i fan israeliani e palestinesi

Marvel ridimensiona Sabra, l’agente al servizio del Mossad che irrita israeliani e palestinesi. Il personaggio del quarto capitolo di Captain America, ‘Brave new world’, in sala il 14 febbraio divide i fan.

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    Il quarto capitolo della saga di Captain America, intitolato Brave New World e in uscita il 14 febbraio 2025, ha già scatenato polemiche prima ancora di approdare in sala. Al centro della controversia c’è il personaggio di Sabra, la supereroina israeliana che nella versione cinematografica ha subito importanti modifiche. Che hanno scatenato critiche sia da parte di sostenitori pro-Israele che pro-Palestina.

    Sabra: da agente del Mossad a funzionaria americana

    Sabra, il cui vero nome è Ruth Bat-Seraph, è apparsa per la prima volta nei fumetti Marvel nel 1981 come agente del Mossad e mutante israeliana. Cresciuta in un kibbutz, è diventata famosa nell’universo Marvel per le sue battaglie al fianco di supereroi come Spider-Man e Hulk. Tuttavia, nella versione cinematografica di Brave New World, Sabra è stata ridisegnata come “funzionaria del governo americano“, eliminando ogni riferimento al Mossad.

    Una revisione che non piace né agli uni né agli altri

    Questa revisione del personaggio ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, i sostenitori pro-Israele hanno criticato Marvel per aver cancellato l’identità israeliana e il legame di Sabra con il Mossad, considerandolo un tradimento del personaggio originale. Dall’altro lato, i sostenitori pro-Palestina non vedono di buon occhio la presenza di un personaggio ebreo-israeliano in un contesto geopolitico così delicato, soprattutto in piena guerra a Gaza.

    Marvel a caccia di inclusività

    Marvel ha da tempo abbracciato l’inclusività, introducendo personaggi di diverse origini etniche e religiose, come Black Panther, Kamala Khan (musulmana pakistano-americana) e America Chavez (portoricana e lesbica). Tuttavia, la recente rimozione degli elementi israeliani dal personaggio di Sabra potrebbe riflettere la sensibilità attuale intorno al conflitto israelo-palestinese.

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      Cinema

      Michele Morrone, il divo che si crede Hollywood: da Dolce & Gabbana a Scervino, ma fuori c’erano solo trenta fan

      Dopo aver “scoperto” il circolino del cinema italiano, Michele Morrone ha puntato tutto sulla mondanità delle passerelle. Tra una foto con Meryl Streep e un invito a un evento di cosmesi, però, l’entusiasmo del pubblico non è stato all’altezza delle aspettative.

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        Alla Milano Fashion Week chi si è tirato più delle star di Hollywood? Manco a dirlo, Michele Morrone. L’attore di 365 giorni si è calato nel ruolo di protagonista assoluto, muovendosi tra sfilate e party con l’aria di chi pensa che ogni flash sia lì solo per lui. A partire da Dolce & Gabbana, dove sedeva in prima fila accanto a Stanley Tucci e Meryl Streep, sfoderando lo sguardo intenso e la posa studiata a favore di camera.

        Poi è passato da Ermanno Scervino, stesso copione: sorriso accennato, giacca aperta, occhi socchiusi e quell’atteggiamento da influencer più che da attore. Il pubblico, però, non sembrava particolarmente impressionato. Molti lo hanno riconosciuto, sì, ma pochi si sono fermati a chiedere selfie o autografi.

        Il vero banco di prova è arrivato durante la presentazione di una nuova linea di cosmesi di cui Morrone è testimonial. L’attesa, almeno secondo il suo entourage, doveva essere da red carpet: folla di fan, urla, telefonini alzati. E invece, sorpresa. All’ingresso dell’evento si contavano una trentina di curiosi, per lo più passanti o clienti di un vicino bar attirati dal trambusto.

        Certo, lui ha fatto finta di nulla. È arrivato con passo da star internazionale, giacca chiara e occhiali da sole, dispensando sorrisi come se davanti ci fossero migliaia di persone. Una performance impeccabile, se non fosse per il piccolo dettaglio del pubblico semi-deserto.

        Morrone, che negli ultimi mesi ha cercato di conquistare la scena italiana dopo il successo globale del film Netflix, sembra aver sposato in pieno la filosofia del “vedo, non vedo”: visibilità a ogni costo, anche quando l’eco dei flash è più rumorosa della folla.

        Insomma, la Fashion Week lo ha accolto, ma non proprio incoronato. E se il red carpet resta la sua passerella preferita, forse è arrivato il momento di capire che, per brillare, non basta un completo su misura. Serve anche qualcuno disposto a guardarti.

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          Cinema

          Miuccia Prada furiosa: nel sequel de Il diavolo veste Prada la sfilata sarà di Dolce & Gabbana

          Dopo Valentino nel primo capitolo, ora tocca a Dolce & Gabbana rappresentare il mondo della moda nel sequel del cult con Meryl Streep. E a quanto pare Miuccia Prada non l’ha presa con filosofia.

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            Gira voce, nei salotti della moda milanese, che Miuccia Prada sia tutt’altro che contenta. Nel sequel de Il diavolo veste Prada, film che già nel titolo porta il suo cognome, la sfilata scelta dalla produzione non sarà infatti quella della maison Prada, ma di Dolce & Gabbana. Un dettaglio che a molti sembrerà marginale, ma che nel mondo patinato delle passerelle vale come un affronto simbolico.

            D’altronde, un po’ di ragione la stilista ce l’ha: se c’è un nome che, anche solo per assonanza, dovrebbe essere presente nel film, è proprio il suo. E invece, per la seconda volta, Prada resta fuori. Già nel primo capitolo, uscito nel 2006 e diventato un cult grazie all’interpretazione di Meryl Streep e Anne Hathaway, la sfilata mostrata sullo schermo era quella di Valentino, nonostante il titolo rendesse omaggio – seppur ironicamente – al suo brand.

            A quanto si dice, la decisione sarebbe arrivata direttamente dai produttori americani, desiderosi di dare un tocco più mediterraneo e sensuale al nuovo episodio della saga ambientato tra Milano e Parigi. Una scelta strategica per attrarre il pubblico globale, ma che nella capitale della moda italiana ha fatto storcere più di un naso.

            Fonti vicine alla maison milanese raccontano di una certa irritazione: «Capiremo le ragioni commerciali, ma resta una scelta discutibile – mormora un insider –. Non puoi chiamare un film così e poi mostrare un’altra casa di moda».

            Il sequel, ancora top secret nella trama, dovrebbe vedere il ritorno di Meryl Streep nei panni della temutissima Miranda Priestly, ispirata ad Anna Wintour, e una nuova generazione di giovani assistenti alle prese con un’industria sempre più dominata dai social e dall’intelligenza artificiale.

            Intanto a Milano si alimenta il gossip: Miuccia non commenterà mai pubblicamente, ma il suo silenzio – come spesso accade nel mondo della moda – vale più di qualsiasi comunicato stampa. In fondo, quando il diavolo veste Dolce & Gabbana, qualcuno all’inferno del fashion system un po’ si scalda.

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              Cinema

              Roma come Fantozzi: salta la “Coppa Cobram”, trenta ciclisti partono lo stesso tra nuvole finte e amare risate

              Tra biciclette travestite, “bombe” mancanti e permessi fantasma, la gara più folle dell’anno si è trasformata in un pasticcio all’italiana. Ora il Municipio promette una nuova data per ottobre e l’organizzatore, accusato di dilettantismo, promette rimborsi e “un pensierino”.

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                È finita come in un film di Fantozzi, ma senza risate registrate. Doveva essere la prima edizione romana della Coppa Cobram, la mitica gara ciclistica aziendale nata nel film Fantozzi contro tutti. E invece si è trasformata in un piccolo disastro organizzativo.

                Alle 10 del mattino, una trentina di concorrenti si sono comunque presentati davanti al Forte Antenne. Vestiti da impiegati anni ’70, con caschetti d’epoca e perfino con nuvole di cartone legate alle bici. Non sapevano che la Questura non aveva autorizzato il percorso per la concomitanza con Roma–Verona all’Olimpico. L’annullamento era stato comunicato solo poche ore prima, alle 1.16 della notte, tramite una mail che molti non hanno nemmeno letto.

                Delusi ma determinati, i fantozziani moderni sono partiti lo stesso lungo via di Ponte Salario. Scivolando in discesa come nel celebre film, con tanto di caduta collettiva “alla Filini”. Una parodia diventata realtà, tra amarezza e risate forzate.

                Chi aveva pagato i 45 euro d’iscrizione si è sentito preso in giro. L’organizzatore, Riccardo M., ha scritto in fretta e furia agli iscritti promettendo rimborsi e una nuova data, il 12 ottobre. Assicurando che “la prossima volta ci sarà anche un pensierino per tutti”. Ma in molti sospettano una leggerezza imperdonabile. Già nei giorni precedenti il II Municipio lo aveva avvertito che il percorso andava modificato e che era in ritardo per ottenere il via libera.

                L’Uisp Roma, che aveva patrocinato l’iniziativa, si è trovata a pagare le spese di un evento mai partito: ambulanza, assicurazione, 300 pasti preparati dal catering e perfino la “trattoria al Curvone”, ricreata per l’occasione.

                Ora sarà il Municipio a occuparsi della prossima edizione, escludendo l’organizzatore, segnalato alle autorità competenti. Un epilogo tragicomico degno del ragionier Ugo: tra permessi mancati, ciclisti delusi e figuracce all’italiana, la “Coppa Cobram” romana è già entrata nella leggenda — ma dalla parte sbagliata della storia.

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