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Politica

L’amore come esca: da Mata Hari a Boccia, la storia delle “trappole di miele” che hanno fatto tremare il potere

L’arte della seduzione non è solo il mestiere più antico del mondo, ma anche un’arma potente nelle mani delle spie. Da Mata Hari, la leggendaria danzatrice e spia, a Maria Rosaria Boccia, presunta protagonista di una moderna “trappola al miele” che avrebbe tentato di destabilizzare il governo italiano, la storia si ripete. Ma questa volta, sarà una tragedia o una farsa?

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    Due sono i mestieri più antichi del mondo: il primo si svolge sotto i lampioni delle strade, mentre il secondo si insinua tra le pieghe della guerra, dell’informazione e, soprattutto, dei segreti. Di spie e agenti provocatori è piena la storia dell’umanità, e spesso questi mestieri si intrecciano indissolubilmente con il sesso e la seduzione. Gli 007 hanno un termine per questo: “Honey trap”, trappole di miele. Sono dolci, seducenti e, una volta invischiati, è quasi impossibile uscirne.

    Prendiamo Mata Hari, per esempio. Il suo nome è diventato leggenda, simbolo di una seduzione letale. Nata Margaretha Geertruida Zelle, si sposa con un capitano dell’esercito olandese tramite un annuncio su un giornale e finisce in Indonesia, dove impara le danze locali. Tornata in Francia, si esibisce davanti ad aristocratici e finanzieri, incantandoli con i suoi veli che cadono lentamente, lasciando intravedere solo i suoi preziosi gioielli. Durante la Prima Guerra Mondiale, gioca un pericoloso doppio ruolo tra ufficiali francesi e tedeschi, un gioco che la porta alla morte, immortalata – come ogni grande spia – in una falsa fotografia.

    Ma le trappole di miele non sono solo una questione del passato. Mordechai Vanunu, tecnico nucleare israeliano, lo sa bene. Nel 1986, dopo aver rivelato al mondo l’esistenza dell’arsenale atomico israeliano, viene sedotto da “Cindy”, una bella ragazza americana che in realtà è Cheryl Ben Tov, un’agente del Mossad. L’amore lo acceca, e durante una vacanza a Roma, viene rapito, drogato e riportato in Israele, dove sconta 18 anni di prigione.

    E oggi? Le voci raccontano di una moderna Mata Hari, Maria Rosaria Boccia, che prima di sedurre il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, avrebbe tentato di avvicinare Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura. Ma non è tutto: ci sono anche insinuazioni secondo cui la Boccia sarebbe stata mandata da qualcuno per mettere in crisi il governo. Chi potrebbe essere questo “qualcuno”? E soprattutto, a quale scopo?

    Queste domande ci portano a riflettere sulla “trappola al miele” che si è svolta sotto il sole di Pompei. Perché, infatti, la Boccia avrebbe filmato tutto tramite appositi occhiali? Perché conservare tutte le conversazioni su WhatsApp? E perché registrare ogni incontro, ogni parola?

    Maria Rosaria Boccia non sarà Mata Hari, ma la storia si ripete sempre, anche se con nuove modalità. E mentre osserviamo questa vicenda svilupparsi, resta da vedere se si concluderà come una tragedia o come una farsa.

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      Politica

      Vacanze politiche: Mattarella in quota, Meloni tra le isole, Salvini e Fratoianni vicini di montagna

      Dal Trentino alle Cicladi, passando per la Puglia e il Portogallo: mete brevi, agende fitte e appuntamenti già fissati per la ripartenza. Anche in vacanza, la politica resta in modalità campagna elettorale.

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        Agosto regala qualche giorno di tregua alla politica, ma senza veri stacchi. Con le Camere in pausa e il governo a ritmi ridotti, ministri e leader di partito si concedono una manciata di giorni tra mare e montagna, con lo sguardo fisso sulle regionali d’autunno e sugli appuntamenti che chiuderanno il mese.

        Sergio Mattarella, fedele alla tradizione degli ultimi anni, salirà in Trentino, in Val di Siusi. Un rifugio discreto, lontano dai flash, dove il Capo dello Stato potrà camminare tra i sentieri alpini e seguire a distanza i dossier più urgenti. All’estremo opposto, Giorgia Meloni ha in programma un’agenda divisa: prima tappa in Grecia, in una delle isole delle Cicladi, in viaggio con la famiglia; poi, dopo Ferragosto, ritorno in Italia per qualche giorno di mare in Puglia, terra a lei cara e già palcoscenico del G7 2024.

        Le altre cariche istituzionali scelgono rotte italiane: Lorenzo Fontana, presidente della Camera, si sposterà sul Gargano, mentre Ignazio La Russa rientrerà nella sua Sicilia, con la possibilità di un passaggio a Zoagli, in Liguria.

        Tra i ministri, Matteo Salvini punterà ancora sul Trentino, Antonio Tajani resterà a Fiuggi con la famiglia e Roberto Calderoli si ritirerà nel suo casolare in Monferrato. Maurizio Lupi conferma la Valcamonica, meta fissa da anni.

        Sul fronte dell’opposizione, Nicola Fratoianni farà rotta verso la Grecia, forse a poche isole di distanza dalla premier, mentre Angelo Bonelli sceglierà il Trentino, rischiando di incrociare Salvini sui sentieri di montagna. Elly Schlein non ha ancora annunciato la destinazione, ma il calendario politico le lascerà poco spazio per il relax. Carlo Calenda visiterà il Portogallo, Giuseppe Conte resterà fedele alla sua “amata Puglia”, Matteo Renzi passerà agosto in famiglia, con meta ancora top secret.

        Molti di loro si ritroveranno comunque a fine mese a Rimini, al Meeting di Comunione e Liberazione, tradizionale snodo politico post-estivo. Sarà il primo vero palcoscenico per testare umori e strategie in vista della ripartenza autunnale.

        A distinguersi, il segretario dei Radicali italiani Filippo Blengino, che trasformerà le vacanze in una maratona di visite nelle carceri italiane. Un’agenda insolita in un agosto dove, tra una passeggiata in quota e un tuffo nel Mediterraneo, la politica continua a viaggiare a doppia velocità: quella del relax e quella, sempre accesa, della campagna elettorale.

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          Politica

          Matteo Salvini, Sydney Sweeney e i jeans della discordia: quando la politica si fa social

          La nuova miccia dell’estate politica italiana non arriva da un decreto o da un cantiere ferroviario, ma da un paio di jeans. Matteo Salvini, fedele alla sua strategia di populismo social, ha deciso di commentare la pubblicità di American Eagle con protagonista Sydney Sweeney, accusata da parte del web di strizzare l’occhio a ideali reazionari e nostalgie MAGA. Il risultato è la solita tempesta mediatica: destra e sinistra a litigare online su una faccenda che riguarda più l’algoritmo che la politica.

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            La nuova miccia dell’estate politica italiana non arriva da un decreto o da un cantiere ferroviario, ma da un paio di jeans. Matteo Salvini, fedele alla sua strategia di populismo social, ha deciso di commentare la pubblicità di American Eagle con protagonista Sydney Sweeney, accusata da parte del web di strizzare l’occhio a ideali reazionari e nostalgie MAGA. Il risultato è la solita tempesta mediatica: destra e sinistra a litigare online su una faccenda che riguarda più l’algoritmo che la politica.

            Testo:
            Se Franz Kafka fosse vivo, probabilmente resterebbe perplesso: oggi non ci si sveglia più trasformati in un insetto gigante, ma in un post di Matteo Salvini. Il ministro dei Trasporti, instancabile narratore del proprio orto social e degli immancabili meloni estivi, ha trovato un nuovo passatempo: trasformare un banale spot di moda in un caso politico nazionale.

            Il pretesto questa volta si chiama Sydney Sweeney, 27 anni, occhi blu e curriculum da protagonista di Euphoria. American Eagle l’ha scelta per lanciare una campagna pubblicitaria in cui il gioco di parole tra “jeans” e “genes” – i geni ereditari – diventa slogan. Lei, in un video ammiccante, spiega che i geni determinano tratti come colore dei capelli e personalità, per poi chiudere con un «My jeans are blue». Tanto è bastato perché il web esplodesse in un flame globale: per alcuni un’innocua provocazione pop, per altri l’eco inquietante di un’estetica da propaganda suprematista.

            Salvini, fiutando l’occasione perfetta per inserire il proprio nome nel trend del giorno, ha postato il video ai suoi 2,5 milioni di follower chiedendo: «Solo a me sembrano reazioni folli?». E così, tra un cantiere ferroviario e un raccolto di zucchine, il leader leghista ha riacceso il suo motore preferito: la polemica social a costo zero.

            L’affaire Sweeney è la tempesta perfetta dell’ecosistema digitale contemporaneo: un’attrice dal profilo ambiguo, uno spot volutamente sopra le righe, l’indignazione automatica dei liberal e la reazione compiaciuta dei conservatori, pronti a brandirla come musa dei valori “autentici” contro il mondo woke. Da qui, il passo verso la strumentalizzazione politica è breve: la destra occidentale la difende come icona di libertà estetica, la sinistra la condanna come simbolo di sessismo e nostalgia reazionaria.

            Il paradosso è che la polemica non riguarda né l’attrice né i jeans in sé – piuttosto brutti, a dirla tutta – ma la dinamica mediatica che li avvolge. Ogni reazione indignata alimenta la visibilità del brand, che ottiene la vera vittoria: trasformare un paio di pantaloni in arma di distrazione di massa.

            Intanto Salvini capitalizza sulla vicenda, rafforzando il suo ruolo di influencer politico: lontano dalle criticità del trasporto pubblico, immerso in dirette tra piante aromatiche e selfie di stagione, trova nel caso Sweeney un perfetto palcoscenico estivo. L’Italia discute di propaganda nazista nei blue jeans mentre gli algoritmi brindano.

            E alla fine, il messaggio implicito è sempre lo stesso: non importa se il dibattito sia surreale, basta che si parli di lui. Perché, come dimostra l’affaire dei jeans della discordia, il confine tra politica e intrattenimento non è mai stato così sottile.

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              Politica

              Tajani sorride, i Berlusconi comandano: Forza Italia a Cologno fra consigli, statuti e voglia di rinnovamento

              Antonio Tajani arriva a Cologno Monzese per un incontro “tra amici”, ma la regia politica di Forza Italia è ormai tutta nelle mani degli eredi del Cav. Pier Silvio parla di “rinnovamento”, e il segretario obbedisce: nuovo statuto, nuova comunicazione, stesso sorriso forzato.

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                «Parleremo di tutto, del futuro e anche di Forza Italia». Antonio Tajani prova a recitare il copione del leader saldo, mentre si presenta alla villa di Marina Berlusconi a Cologno Monzese. Lo accompagna il mantra di sempre: «Li conosco da quando sono ragazzi, questi incontri li abbiamo sempre fatti». Ma dietro le parole di circostanza, la fotografia è chiara: chi comanda davvero sono gli eredi del Cavaliere.

                A tavola con lui ci sono Marina e Pier Silvio, veri azionisti politici e finanziari del partito – il loro credito verso Forza Italia sfiora i 90 milioni di euro – e Gianni Letta, garante della liturgia familiare. L’incontro era stato rinviato due settimane fa tra voci di malumori, ora torna come se nulla fosse: «Un incontro tra amici», dice Tajani, cercando di smussare i rumors su un partito percepito come troppo appiattito sugli alleati e incapace di ritagliarsi uno spazio proprio.

                La realtà è che basta una frase di Pier Silvio Berlusconi per orientare la rotta: quando ha parlato di “rinnovamento”, Tajani ha eseguito. In pochi giorni è arrivato il nuovo statuto, è stato scelto Simone Baldelli come coordinatore della comunicazione e si è dato il via a un lifting silenzioso della catena di comando. Tutto senza clamori, ma con un messaggio inequivocabile: Forza Italia è un marchio di famiglia, e chi la gestisce in politica lo fa in affitto.

                Intanto, le voci di insofferenza per il segretario crescono: la linea prudente di Tajani, fatta di piccoli compromessi e temi secondari come lo Ius scholae, convince poco i custodi del brand berlusconiano. «Ascolto i consigli che arrivano dagli amici», ripete lui, ma gli amici hanno appena deciso quali note dovrà suonare.

                Per ora Tajani sorride e incassa. La regia resta a Cologno, la bacchetta pure.

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