Connect with us

Arte e mostre

Arte e panettone, la festa che unisce Milano per creatività e solidarietà. Ornella Piluso: «L’arte deve trasmettere segnali positivi, soprattutto ai giovani»

Un viaggio emozionante tra libri d’artista, performance e dolci prelibatezze che celebra la tradizione milanese e l’arte più autentica. L’edizione promette di essere un evento unico, in cui oltre 150 artisti e il maestro pasticcere Luigi Biasetto si uniscono per creare un’esperienza culturale e conviviale senza precedenti

Avatar photo

Pubblicato

il

    Quando l’arte incontra la tradizione, il risultato è un evento che lascia il segno: è questo lo spirito che anima la 25ª edizione del Panettone Party, la festa d’arte più attesa della città, ideata dall’Associazione e Movimento di Pensiero Arte da mangiare mangiare Arte, e fortemente voluto dal fondatore e direttore artistico, Ornella Piluso, in arte Topylabrys, che è una artista e creativa italiana nota per il suo approccio innovativo nell’arte visiva. La sua ricerca spazia tra diverse discipline, inclusi il video, la performance, l’installazione e la scultura, ma è conosciuta per i temi legati alla memoria, all’identità e alla trasformazione, spesso utilizzando oggetti quotidiani e materiali riciclati per creare opere che riflettono sulla relazione tra l’individuo e la società. La sua produzione artistica è caratterizzata da un forte impatto visivo che invita lo spettatore a riflettere sulla propria percezione del mondo. L’artista ha esposto in numerosi eventi e mostre in Italia e all’estero, diventando un punto di riferimento nel panorama dell’arte contemporanea.

    La 25ª edizione del Panettone Party è, dunque, un evento che unisce arte, tradizione e solidarietà, ideato da Arte da Mangiare Mangiare Arte, il movimento culturale fondato da Ornella Piluso, in arte Topylabrys. Quest’anno, l’evento si svolgerà domenica 17 novembre presso la storica Libreria Bocca, un simbolo della cultura milanese, e presenterà la mostra “Lievito madre – arte del panettone per una storia milanese”, che esplora il connubio tra arte e il celebre dolce milanese. Oltre 150 artisti hanno creato libri d’artista, che saranno esposti e acquistabili in libreria. A corollario della mostra, l’asta benefica organizzata il 10 dicembre presso il Museo Bagatti Valsecchi contribuirà a raccogliere fondi per il progetto di restauro dell’impianto di illuminazione del museo. L’asta vedrà la selezione di 15 opere da esporre, con i proventi destinati alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale milanese.

    Il Panettone Party non è solo un evento artistico, ma anche un momento di condivisione e convivialità, arricchito da una performance artistica e dalla degustazione di un panettone d’eccellenza, creato dal maestro pasticcere Luigi Biasetto. Un’occasione unica per celebrare Milano come capitale dell’arte contemporanea e della solidarietà, con un forte messaggio di speranza, gioia e unità.

    Arte da Mangiare, curato anche da Monica Scardecchia, è un progetto culturale di grande rilevanza, che ha affrontato numerose tematiche legate all’arte, alla natura e alla sostenibilità. Un esempio emblematico del suo impegno è la creazione del MAF Museo Acqua Franca, un museo unico al mondo che si trova all’interno di uno dei depuratori d’acqua più importanti a livello globale, riconosciuto tra i tre principali, insieme a quelli di Singapore e Tokyo. Questo museo non è solo un’esposizione statica, ma un vero e proprio laboratorio di idee, che ospita costantemente nuove installazioni e progetti di artisti che vogliono confrontarsi con gli elementi naturali come terra, aria, acqua e vento. Il MAF è un progetto che esprime l’interazione tra l’arte e la natura, comprendendo non solo l’aspetto più “idilliaco” del verde, ma anche i fenomeni naturali estremi, come lo tsunami. La sua creazione, avvenuta 13 anni fa, è accompagnata anche da un festival, il Festival dei Depuratori, che celebra questa unione tra arte e ambiente. Questo evento è l’unico del suo genere al mondo e rappresenta un altro esempio della missione di Arte da Mangiare di esplorare e promuovere idee innovative attraverso l’arte, stimolando il dialogo e la riflessione sul nostro rapporto con l’ambiente naturale. Abbiamo rivolto all’artista, fondatore e direttore artistico, Ornella Piluso alcune domande riguardo l’evento.

    Il Panettone Party compie 25 anni e ogni edizione è un connubio tra arte e tradizione. Cosa ti ha spinto a ideare questo evento e quale messaggio vorresti che i partecipanti portassero a casa?
    «Ho deciso di ideare questo evento principalmente per la gioia di fare festa. Spesso, l’arte è dedicata a temi sociali e alla denuncia delle problematiche che affliggono l’uomo, e questo è un aspetto che va sicuramente portato avanti. Tuttavia, credo che non dobbiamo limitarci a esprimerci sempre attraverso il dolore o la sofferenza. È importante anche tirare fuori la nostra gioia, magari con un po’ di ironia, e creare momenti in cui possiamo dire “alleluia”, celebrare la vita. Arte da Mangiare Mangiare Arte ha sempre abbracciato tematiche sociali, ma ha anche messo in evidenza l’importanza della gioia e della festa come parte integrante della società. La gente ha bisogno di momenti di felicità e segnali positivi, e l’ho capito già 25 anni fa. Da allora, questa visione è sempre andata avanti».

    La tua ricerca artistica si concentra su temi come memoria, identità e trasformazione. Come vedi il ruolo dell’arte oggi nel creare connessioni tra le persone e nel rafforzare la solidarietà, come accade durante eventi come questo?
    «La mia ricerca artistica si concentra su temi come memoria, identità e trasformazione. Oggi, vedo l’arte come uno strumento potente per creare connessioni reali tra le persone e rafforzare la solidarietà, come accade durante eventi come questo. Questo evento, in particolare, è legato alla gioia, un aspetto che considero fondamentale nella mia ricerca artistica, anche come scultrice. Non voglio che l’arte sia solo legata alla tragedia o al dolore, ma anche ai momenti di serenità e speranza, soprattutto in un periodo di incertezze come quello che stiamo vivendo. È importante che l’arte possa trasmettere segnali positivi, in particolare ai giovani. Perché l’arte deve essere solo triste? Noi, come artisti, abbiamo la possibilità di raccontare anche la nostra storia, la nostra memoria e identità. Inoltre, possiamo reinterpretare il passato in modo che cresca e si trasformi, offrendo visioni più interessanti e attuali. Ecco, in questo contesto, il Panettone Party diventa un’opportunità per celebrare questi valori».

    Quest’anno il Panettone Party si arricchisce della collaborazione con il Museo Bagatti Valsecchi e con l’asta benefica per il progetto “Illumina il Museo”. Qual è il valore che attribuisci all’arte come strumento di supporto e valorizzazione del patrimonio culturale?
    «Quest’anno, il Panettone Party si arricchisce della presenza del Museo Bagatti Valsecchi, un’iniziativa che ci entusiasma molto. Anche in passato abbiamo collaborato con musei come la Permanente, ma quest’anno abbiamo deciso di supportare il museo Bagatti Valsecchi, che ha chiesto aiuto per raccogliere fondi necessari per aggiornare l’illuminazione del museo, un luogo davvero speciale. Grazie alla generosità degli artisti, più di 150 hanno aderito a questo progetto, portando la loro energia positiva e contribuendo con le loro opere a rendere l’evento ancora più significativo. L’arte, in questo contesto, è un modo per rilassarsi e vedere il mondo con occhi diversi. Milano ha sempre avuto una vocazione di accoglienza e di aiuto, e spingere la cultura verso l’alto è fondamentale. Gli artisti, con la loro visione, sono i veri protagonisti di questo processo. Spero che anche in futuro altre categorie di artisti, come musicisti o teatranti, possano unirsi a noi per sostenere iniziative come quella del Museo Bagatti Valsecchi. Milano, nel Novecento, è stata il cuore dell’arte contemporanea italiana e anche oggi, nonostante la vivacità culturale, è difficile che emergano le realtà che vengono dal basso. Molto spesso, infatti, il sistema dell’arte si lega a circuiti commerciali che non rispecchiano la vera essenza culturale. Con Arte da Mangiare, invece, siamo nati 29 anni fa con lo spirito di dare voce a questa vitalità nascosta. Da quando abbiamo lanciato l’appello per il Panettone Party, la risposta degli artisti è stata incredibile: hanno risposto con grande entusiasmo, creando opere anche in modi innovativi e generosi. Questo è lo spirito che ha sempre animato Arte da Mangiare.

    Nasciamo a Milano, dove la Società Umanitaria ha ospitato le nostre prime iniziative. Non siamo mai stati parte del “sistema”, ma siamo sempre stati un punto di riferimento per quegli artisti che vogliono mettersi alla prova con grande generosità, attraverso installazioni, sculture e opere uniche. E continueremo a farlo, sperando che quest’energia e questo spirito possano crescere sempre di più».

    Per dettagli sull’evento e per acquistare i libri d’artista in mostra: Arte da mangiare mangiare Arte // Email: info@artedamangiare.it / Tel. 340 3406871 – Sponsor:  Luigi Biasetto – Maestro pasticcere

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Arte e mostre

      Dal formaggio ai gelati: l’Italia delle sagre che allungano l’estate e anticipano l’autunno

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Settembre è quel mese sospeso tra le ultime code d’estate e i primi colori d’autunno. Il clima invita ancora a stare all’aperto, mentre il calendario gastronomico si riempie di eventi che mescolano prodotti tipici, cultura e convivialità. Dal 13 al 19 settembre l’Italia diventa un enorme banchetto diffuso, dove formaggi, vini, riso, funghi e gelati disegnano la mappa del gusto.

        In Piemonte si comincia sabato 13 con la Vendemmia Reale ai Giardini dei Musei Reali di Torino: oltre 60 cantine in degustazione, prove alla cieca e performance artistiche con il vino trasformato in colore. Da Vercelli arriva il profumo del Risò, Festival internazionale del Riso (12-14 settembre), mentre ad Asti il Festival delle Sagre Astigiane porta in piazza i piatti della tradizione dentro la cornice della Douja d’Or, storica celebrazione del vino piemontese che proseguirà fino al 21. Ma l’attesa vera è per Cheese 2025, che dal 19 al 22 settembre trasformerà Bra in capitale mondiale dei formaggi naturali, con la partecipazione anche del Gusto.

        Al Nordest, Udine si anima con Friuli Doc, festa che fino al 14 settembre porta in centro le eccellenze regionali: prosciutto di San Daniele, Montasio, vini bianchi e la dolce Gubana.

        Scendendo verso il Centro, a Montalcino il 13 settembre c’è il Premio Casato Prime Donne dedicato all’intelligenza artificiale, mentre a Figline Valdarno (Firenze) la chef Luisanna Messeri e Paolo Gori cucinano a quattro mani per una cena solidale a sostegno di Casa Marta, centro di cure pediatriche. Sempre il 13 e 14, in Maremma torna InGravel Morellino, dove vino e bici si incontrano tra le vigne di Scansano. A Roma, all’Orto Botanico, il 14 settembre si festeggia la Vendemmiata romana con degustazioni e laboratori; ai Castelli Romani, Colle di Fuori ospita la Sagra del fungo porcino alla sua 31ª edizione.

        Il Sud risponde con il fuoco e la freschezza. A Diamante (Cosenza) fino al 14 settembre il Peperoncino Festival celebra il re piccante della Calabria, con piatti come la sardella di Crucoli o il morsello catanzarese e la finale del Campionato dei mangiatori di peperoncino. Sempre in Calabria, Reggio diventa capitale mondiale del gelato dal 13 al 16 con Scirubetta 2025, villaggio del gelato artigianale affacciato sul lungomare.

        Infine la Sicilia, dove dal 18 al 20 settembre gli Etna Days richiamano esperti e winelover da tutto il mondo per celebrare la viticoltura eroica sulle pendici del vulcano. In contemporanea, a Milo, continua fino al 14 settembre ViniMilo, manifestazione storica dedicata al vino e alla gastronomia etnea.

        Dal riso al gelato, passando per peperoncino e formaggi, il messaggio è chiaro: l’autunno arriva, ma in Italia si brinda e si festeggia ancora come in piena estate.

          Continua a leggere

          Arte e mostre

          Wu Keyang, il pittore che unisce Oriente e Occidente: «La mia vita è come il mio nome: sembra semplice, ma ha un significato nascosto»

          La sua missione è chiara: superare il conflitto tra civiltà attraverso la forza universale dell’arte. Dalla pittura a olio incompresa in Oriente ai volti senza pupille di Modigliani, l’artista rivela come il pensiero di Jung e la spiritualità del Tao abbiano forgiato il suo percorso. Un’intervista profonda, tra visioni, rinascite e la convinzione che l’arte non appartenga a un popolo ma all’umanità intera.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Apre il sipario il suono di un nome: Wu. Un cognome che in cinese si pronuncia sempre allo stesso modo, ma può essere scritto con ideogrammi profondamente diversi.
            Può essere , semplice e comune. Oppure , il segno che fonde la lancia () e il fermare (), e che dunque non significa guerra, ma “arte di fermarla”. E infine , il vuoto, l’assenza, il Tao che non si può dire. Tre simboli per un solo suono.
            E forse anche tre anime per un solo artista. Perché in Wu Keyang ogni pennellata è soglia, ogni segno è un passaggio tra mondi. Ciò che sembra noto, nasconde una verità più profonda. La sua intera opera, come il suo nome, è un invito a guardare oltre la superficie.

            Cosa resta oltre la forma? Quale voce sussurra nel silenzio tra spirito e materia? A tentare di rispondere, con colori e visioni, è proprio Wu Keyang, protagonista della mostra personale “Beyond the Form, Within the Cosmos”, che si terrà a Firenze dal 10 luglio al 1° agosto 2025, nelle sale storiche di Palazzo Bellini (Lungarno Soderini 3).

            L’evento, promosso da Hestia Gallery, rappresenta la terza tappa italiana dell’artista negli ultimi tre anni, dopo le esposizioni a Palazzo Pisani di Venezia e alla Garibaldi Gallery di Milano. Un percorso coerente e crescente, che sta contribuendo a far conoscere anche in Occidente il linguaggio originale e profondo di questo pittore “filosofo”.

            In esposizione, oltre 30 grandi dipinti a olio e quasi 80 disegni inediti appartenenti alla serie “super-imaginale”: un progetto che scava nel rapporto tra essere umano e cosmo, con un approccio che non è mai puramente estetico, ma sempre esistenziale. Le opere propongono uno spazio visivo di meditazione, dove i confini tra materia e pensiero si dissolvono, e il segno pittorico diventa rito, invocazione, passaggio.

            Wu Keyang è nato nel 1973 a Zhao’an, nella provincia del Fujian, e ha studiato pittura a olio presso l’Università di Xiamen. Dal 2009 ha scelto di vivere in viaggio, dividendosi tra Asia ed Europa, visitando templi, grotte, musei e luoghi di natura incontaminata. Ha fatto del disegno un esercizio quotidiano, quasi un respiro costante, in cui annotare visioni e riflessioni.

            Ogni foglio, ogni tela, racconta una ricerca interiore senza fine. Il suo lavoro, difficilmente etichettabile, unisce la spiritualità orientale al segno occidentale, con rimandi alla calligrafia, all’astrazione lirica, all’informale. Ma più che alle correnti, Wu sembra rispondere a un’urgenza personale: trovare una forma che non sia prigione, ma soglia.

            Curatori dela rassegna sono Stefano Bigalli, Andrea Betro e Wu Changbei. La mostra “Beyond the Form, Within the Cosmos” si offre così come un dialogo aperto tra Oriente e Occidente, tempo e spirito, visibile e invisibile. Un’occasione rara per incontrare un artista che non cerca l’effetto, ma la verità.

            Ingresso libero. Orari di apertura: da lunedì a sabato, 10:30–12:30 e 16:00–18:00.

            Wu Keyang, dalle tue opere emerge chiaramente un affascinante contrasto tra culture orientali e occidentali. Quando hai cominciato a percepirlo nella tua vita? E in quali circostanze hai sentito il bisogno di diventare un ponte tra questi due mondi?

            È una domanda che porto dentro da tanto tempo. In realtà, da bambino già percepivo certe differenze tra Oriente e Occidente, ma è stato durante gli anni dell’università che ho davvero preso coscienza di questo “conflitto”. In quel periodo ho cominciato a studiare la filosofia occidentale: Socrate, Platone, Aristotele, fino ad arrivare a Hegel, Nietzsche… Ma colui che mi ha toccato più profondamente è stato Carl Jung. Jung è stato, per me, il primo che ha saputo utilizzare il pensiero logico occidentale per spiegare e comprendere il pensiero orientale. Non era solo uno studioso, era anche un praticante, un artista. Ha persino dipinto. Una delle sue opere più importanti, Il Libro Rosso, si ispira direttamente a un testo classico taoista cinese, Il Classico della Vita Dorata di Taiyi. È lì che ho sentito che lui stava facendo quello che io, inconsciamente, desideravo fare: unire due mondi.

            È stata la filosofia a farti scattare questa consapevolezza?

            Non solo la filosofia, ma anche la mia esperienza concreta come pittore. Dipingo a olio, e spesso ho notato che il pubblico orientale non riesce a comprendere appieno questo linguaggio visivo. Molti guardano solo se il dipinto “somiglia” alla realtà, se sembra una fotografia. Ma non colgono la profondità spirituale e filosofica che sta dietro la pittura occidentale, soprattutto quella classica e medievale. Allo stesso tempo, anche molti occidentali non comprendono a fondo la cultura orientale: la vedono come qualcosa di “mistico”, ma distante, quasi esotico. Io vedo in questo una grande frattura. Per me l’arte non è solo immagine, è trasmissione di spirito. Come l’arte classica occidentale, che non è solo tecnica ma un mezzo per cercare il Vero.

            Che ruolo ha la cultura tradizionale cinese nella tua arte?

            È qualcosa che ho nel sangue. Ho sempre praticato e studiato profondamente le tradizioni spirituali del Confucianesimo, del Taoismo e del Buddhismo. In particolare la coltivazione interiore, quella che chiamiamo “coltivare il cuore”. È una forma di lavoro spirituale che eleva la coscienza e la vita stessa. Non è solo teoria: l’ho vissuto, l’ho praticato, l’ho sperimentato.
            Inoltre, ho vissuto tre esperienze di pre-morte. In quei momenti ho toccato qualcosa di molto profondo, come se il cielo mi avesse dato un’altra possibilità, una chiamata. Non era ancora il mio momento di andarmene. Da allora, ho sentito che avevo una missione: dipingere tutto ciò che avevo vissuto e compreso, per condividerlo con il mondo.

            Cosa significa per te “missione”?

            Penso che la mia missione sia quella di colmare la distanza tra Oriente e Occidente. Di mostrare, attraverso l’arte, che le due visioni del mondo – anche se a volte sembrano opposte – in realtà cercano la stessa verità. La cultura, secondo me, non ha confini. Non appartiene a un popolo, a una razza, a una nazione. La cultura vera, quella che cerca il Bello, il Bene e il Vero, è patrimonio dell’umanità. E l’arte è il linguaggio perfetto per superare le barriere: può comunicare a tutti, al di là delle lingue.

            Una curiosità: il tuo cognome crea qualche equivoco, giusto?

            Sì, è vero! Il mio cognome si pronuncia allo stesso modo di un altro carattere cinese, ma è scritto con un ideogramma diverso. È un dettaglio curioso, ma significativo: come tutta la mia vita, che sembra una cosa familiare, ma in realtà ha un significato più profondo.

            Per te l’arte ha un valore spirituale? Può favorire il dialogo tra civiltà?

            Assolutamente sì. L’arte, per me, non è solo una questione estetica o visiva. È uno strumento spirituale, un canale attraverso cui le anime di diverse civiltà possono comunicare. Il mio lavoro non vuole semplicemente rappresentare la superficie delle culture, ma mettere in dialogo le anime stesse di due civiltà diverse.

            Quindi trasmette qualcosa che va oltre il visibile?

            Esattamente. Anche se i colori, le luci, le pennellate nelle mie opere sono importanti, la cosa più essenziale è ciò che sta dietro: la componente spirituale. Lo spirito. Questo spirito non si vede con gli occhi, ma si percepisce con l’anima. Per esempio Modigliani: i suoi volti hanno il collo allungato, gli occhi spesso senza pupille. Per molti può sembrare una scelta stilistica, ma in realtà è un modo per rappresentare lo spirito umano, non solo l’apparenza.

            Ti ispiri anche alla filosofia taoista?

            Sì. Il pensiero taoista è fondamentale per me. Dice: “Il Tao di cui si può parlare non è il vero Tao”. Questo significa che la verità ultima non può essere spiegata con le parole. Ma l’arte può avvicinarsi a quella verità. Il mio scopo è cercare di arrivare all’essenza, all’origine, al nucleo invisibile del mondo. Quando dipingo, cerco di trovare un linguaggio visivo che possa esprimere quell’essenza: con linee, colori, forme o simboli.

            Il pubblico comprende subito le tue opere?

            Non sempre. Anzi, a volte ci vogliono mesi, o addirittura anni, prima che qualcuno comprenda veramente il significato profondo di un mio quadro. Ma non è importante. L’opera nasce da un’esperienza vissuta nell’attimo presente: una visione del mondo, della natura, dell’universo. È un’esplosione interiore. Non mi interessa spiegare tutto: voglio che chi guarda trovi, nel tempo, una propria connessione con quella energia.

            Hai citato Modigliani, ma anche Picasso…

            Sì. Picasso, Modigliani e altri maestri non si sono fermati alla rappresentazione realistica. Hanno decostruito le immagini per raggiungere un altro livello, quello dello spirito. Hanno cercato, come me, un ponte tra forma e essenza, tra materia e spirito.

            Quando ti sei sentito, per la prima volta, un artista “del mondo”?

            Posso dire che è successo nel 2015, quando ho vissuto la mia terza esperienza vicina alla morte. Tornato indietro da quel confine estremo, ho capito che non ero più limitato dallo spazio-tempo. Mi sono sentito parte di una missione umana più grande: rappresentare la ricerca universale della verità, della bontà e della bellezza. L’arte, specialmente la pittura, precede la lingua e il testo. Non ha bisogno di parole per essere compresa. Per questo, è universale. E in quel momento ho sentito che il mio lavoro non era più solo “cinese” ma umano.

            Com’è la situazione dell’arte contemporanea cinese oggi? In che direzione va?

            Come artista orientale, posso dire che oggi in Cina coesistono due sistemi artistici. Uno è quello “istituzionale”, legato allo stato e ai temi ufficiali. L’altro è quello degli artisti indipendenti, come me. Quest’ultimo è molto difficile da sostenere in Cina. Per molto tempo era quasi impossibile sopravvivere fuori dal sistema. Ma io, dopo tre esperienze di vita e morte, e con la mia dedizione assoluta all’arte e alla spiritualità, ho trovato persone nel mondo della cultura, dell’impresa e della ricerca che mi hanno sostenuto. Non è facile, ma è possibile. Ora, però, vedo segnali positivi: giovani artisti nati negli anni ‘80 e ‘90 stanno emergendo con una loro visione, grazie all’accesso a molte informazioni e alla possibilità di confrontarsi con il mondo. Alcuni di loro stanno raggiungendo risultati significativi. Non è un percorso facile, ma è promettente.
            Molti ancora associano l’arte cinese a soggetti convenzionali, istituzionali. Ma l’arte non dovrebbe essere solo riproduzione o propaganda. Dal mio punto di vista, l’arte deve nascere dall’autentica comprensione della propria vita e del proprio tempo. Negli anni ‘80 ci fu una prima ondata di arte contemporanea in Cina. Alcuni di quei nomi sono diventati famosi anche in Occidente, spesso grazie a un legame con temi politici. Ma oggi c’è un cambiamento. Dalla fine degli anni 2000, sempre più artisti cercano le radici della nostra cultura. Si sta ritrovando fiducia nel patrimonio culturale cinese.
            Anch’io, per anni, ho dipinto soggetti buddisti e religiosi, usando tecniche classiche. Erano molto apprezzati e valutati in Cina. Ma dopo le mie esperienze profonde, la mia arte si è trasformata. È diventata una ricerca dell’essenza. Una ricerca spirituale. Oggi stanno emergendo nuovi artisti indipendenti, con visione propria. Questa è una nuova era per l’arte contemporanea cinese, e io sono fiducioso nel suo futuro.

              Continua a leggere

              Arte e mostre

              Wu Keyang, il pittore dell’universo interiore, in mostra a Firenze

              Considerato una delle voci più originali nel panorama dell’arte contemporanea cinese, Wu Keyang coniuga misticismo e segno, forma e intuizione, offrendo una visione pittorica sospesa tra il visibile e l’invisibile.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Cosa resta oltre la forma? Quale voce sussurra nel silenzio tra spirito e materia? A tentare di rispondere, con colori e visioni, è l’artista cinese Wu Keyang, protagonista della mostra personale “Beyond the Form, Within the Cosmos”, che si terrà a Firenze dal 10 luglio al 1° agosto 2025, nelle sale storiche di Palazzo Bellini (Lungarno Soderini 3).


                L’evento, promosso da Hestia Gallery, rappresenta la terza tappa italiana dell’artista negli ultimi tre anni, dopo le esposizioni a Palazzo Pisani di Venezia e alla Garibaldi Gallery di Milano. Un percorso coerente e crescente, che sta contribuendo a far conoscere anche in Occidente il linguaggio originale e profondo di questo pittore “filosofo”.


                La mostra verrà inaugurata giovedì 10 luglio alle ore 19:00, con la presenza dell’artista e dei curatori Stefano Bigalli, Andrea Betro e Wu Changbei.


                In esposizione, oltre 30 grandi dipinti a olio e quasi 80 disegni inediti appartenenti alla serie “super-imaginale”: un progetto che scava nel rapporto tra essere umano e cosmo, con un approccio che non è mai puramente estetico, ma sempre esistenziale. Le opere propongono uno spazio visivo di meditazione, dove i confini tra materia e pensiero si dissolvono, e il segno pittorico diventa rito, invocazione, passaggio.

                Wu Keyang è nato nel 1973 a Zhao’an, nella provincia del Fujian, e ha studiato pittura a olio presso l’Università di Xiamen. Dal 2009 ha scelto di vivere in viaggio, dividendosi tra Asia ed Europa, visitando templi, grotte, musei e luoghi di natura incontaminata. Ha fatto del disegno un esercizio quotidiano, quasi un respiro costante, in cui annotare visioni e riflessioni. Ogni foglio, ogni tela, racconta una ricerca interiore senza fine.

                Il suo lavoro, difficilmente etichettabile, unisce la spiritualità orientale al segno occidentale, con rimandi alla calligrafia, all’astrazione lirica, all’informale. Ma più che alle correnti, Wu sembra rispondere a un’urgenza personale: trovare una forma che non sia prigione, ma soglia.

                La mostra “Beyond the Form, Within the Cosmos” si offre così come un dialogo aperto tra Oriente e Occidente, tempo e spirito, visibile e invisibile. Un’occasione rara per incontrare un artista che non cerca l’effetto, ma la verità.
                Ingresso libero.
                Orari di apertura: da lunedì a sabato, 10:30–12:30 e 16:00–18:00.

                CHI È WU KEYANG

                Wu Keyang è nato nel 1973 a Zhao’an, nella provincia del Fujian, in Cina. Si è formato in pittura a olio presso l’Università di Xiamen, per poi sviluppare un linguaggio artistico personale e riconoscibile, che unisce il pensiero filosofico orientale alle tecniche pittoriche occidentali.

                Dal 2009 vive e lavora tra Asia ed Europa, attraversando musei, monasteri, siti archeologici e paesaggi remoti, alla costante ricerca di connessioni tra arte, spiritualità e natura. Nei suoi viaggi, ha fatto del disegno una pratica quotidiana e ininterrotta, annotando visioni, impressioni e riflessioni che diventano spesso la base per i suoi lavori su tela.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù