Lifestyle
Tiffany & Co. sfilata di star per la nuova collezione di gioielli

Una prestigiosa lista di illustri personaggi provenienti da tutto il mondo si è riunita per celebrare l’incantevole universo della rinomata casa di gioielli Tiffany & Co. L’atteso evento ha svelato la collezione annuale di gioielli, Blue Book 2024: Tiffany Céleste presso The Beverly Estate a Los Angeles. Vediamo i look più notevoli.

Reese Witherspoon ha optato per uno stile classico, indossando quindi un abito nero senza spalline con un elegante ritaglio sul davanti con i sandali neri a cinturino. Ava Phillippe, figlia di Reese, ha condiviso la serata con la famosa madre, sfoggiando anch’essa un abito senza spalline di colore grigio. Entrambe indossarono i collier cosparsi di piccoli cristalli.

Indubbiamente Emily Blunt ha mantenuto l’eleganza con un abito midi bianco adornato da paillettes e sottili spalline, facendo risaltare soprattutto la sua audace collana plastron con le grandi pietre azzurre Tiffany & Co.

Anya Taylor-Joy, l’attrice di Dune – Parte II, ha catturato l’attenzione con un corsetto di raso senza spalline color cioccolato. Abbinato a un elegante abito con gonna di velluto. Così ha completato il suo look con una collana di rubini e diamanti, orecchini coordinati, un braccialetto e un anello.

Rosie Huntington-Whiteley, la celebre modella britannica, ha indossato un paio di raffinati tacchi argentati a cinturino per l’evento serale. In pratica, ha abbinato la sua elegante calzatura a un aderente abito midi bianco con profonda scollatura, arricchito dunque da una collana di diamanti con uno zaffiro a goccia.

Invece Olivia Wilde attrice e registra statunitense ha optato per un sofisticato lungo abito nero di velluto con profonda scollatura elegante. Mentre il suo aspetto ha completato un girocollo con acquamarina in tono con i suoi occhi.

E alla fine, Suki Waterhouse, cantante britannica, la neomamma di una figlia in comune con l’attore Robert Pattinson, ha sfoggiato un elegante abito color crema con una grande fibbia argentata, così completando il suo look con un cappotto coordinato. Il suo grazioso collo è decorato da una collana con i eleganti fiori decorati da tante piccole pietre preziosi.
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Società
In Autogrill arriva GourmAut: il panino inclusivo creato dai ragazzi di PizzAut che trasforma la sosta in un gesto di solidarietà
Un panino a forma di ruota, quattro spicchi da condividere e una campagna che unisce gusto e inclusione. Con ogni GourmAut venduto fino al 15 ottobre, Autogrill devolverà un euro a PizzAut per finanziare le “Palestre di Autonomia Abitativa”.

C’è chi si ferma per un caffè, chi per sgranchirsi le gambe, e chi per un panino veloce tra un casello e l’altro. Da oggi, però, la pausa in Autogrill può diventare un gesto che va oltre la fame. Il merito è di GourmAut, il panino rotondo e condivisibile ideato dai ragazzi di PizzAut, la prima pizzeria in Italia gestita interamente da persone autistiche. «È un panino che non si accontenta di sfamare, ma nutre l’inclusione», racconta Nico Acampora, fondatore del progetto che ha dato vita ai locali di Cassina de’ Pecchi e Monza, sostenuti negli anni anche dal presidente Mattarella e da Papa Francesco.
Lo spot della campagna mostra proprio Acampora e i suoi ragazzi in viaggio, trasformati in navigatori speciali per i viaggiatori in autostrada. GourmAut non è solo un panino: con la sua forma circolare, che ricorda una ruota, diventa simbolo di movimento e condivisione. Si divide in quattro spicchi, invitando a spezzare insieme il pane e le barriere. Dentro, ingredienti semplici e freschi: prosciutto cotto, zucchine, robiola di bufala e pomodorini secchi.
La collaborazione con Autogrill non è nuova: già nel 2024 era stata lanciata una campagna con la fumettista Beatrice “AUToprodotto” e un contributo da 200mila euro per i food truck di PizzAut. Quest’estate il progetto cresce: «Per ogni panino venduto fino al 15 ottobre, Autogrill devolverà un euro a PizzAut, sostenendo le Palestre di Autonomia Abitativa», spiega Acampora. Qui i ragazzi imparano a vivere da soli, con percorsi che combinano formazione cognitiva, pratica sul campo e lavoro in cucina.
La campagna mette insieme due mondi solo in apparenza lontani: da un lato la ristorazione veloce, dall’altro l’inclusione sociale costruita con pazienza e talento dai giovani pizzaioli. «Il messaggio è giocoso, lieve come una nuvola di farina, ma il sostegno è solido come un impasto ben lievitato», aggiunge Acampora.
Nella grafica, una valigia aperta unisce l’idea del viaggio e quella di un futuro condiviso: un cammino in cui il valore delle persone non si misura con etichette o limiti, ma con la capacità di donare, creare ed essere. Fermarsi per un panino, insomma, non è mai stato così significativo.
Animali
Olympus, il levriero dimenticato per 1459 giorni: dopo quasi quattro anni in rifugio ha trovato finalmente una famiglia
Arrivato in un rifugio australiano con un carattere difficile da interpretare, Olympus ha atteso quasi quattro anni prima che qualcuno lo capisse davvero. Un percorso di riabilitazione lo ha aiutato a gestire le emozioni e a mostrarsi per ciò che era: un cane intelligente e dolce, solo bisognoso di tempo e pazienza. Oggi vive in prova con i suoi nuovi umani e ha già conquistato un divano, una cuccia e soprattutto un futuro.

C’è un’immagine che pesa come un macigno: un cane che giorno dopo giorno osserva il mondo da dietro le sbarre, sperando che qualcuno si fermi proprio davanti al suo box. Olympus, levriero dallo sguardo intenso e malinconico, ha vissuto così per 1459 giorni. Quasi quattro anni di attesa infinita al Greyhound Rescue, in Australia. Poi, quando sembrava aver perso la speranza, è arrivato quel miracolo che ogni cane di rifugio sogna: una casa.
La sua storia comincia con un fraintendimento. Olympus era un cane dolce, ma non facile da interpretare. Lo staff lo descrive come “fantastico”, ma spesso incomprensibile a chi non conosceva i suoi bisogni. Nei momenti di forte eccitazione aveva una singolare abitudine: tenere in bocca un pezzo di stoffa, una coperta o uno straccio, che a volte strappava per liberare la tensione. Se non ne aveva uno a disposizione, rischiava di rivolgere la sua energia ai vestiti delle persone, saltando e afferrandoli. Non aggressività, ma incapacità di regolare le emozioni.
Così, mentre altri cani venivano adottati in poche settimane, lui restava indietro. Più passava il tempo, più la sua attesa diventava simbolo della solitudine dei rifugi. Lo staff, però, non si è arreso e ha deciso di investire in un percorso speciale di riabilitazione. Giochi, esercizi mirati e tanta pazienza hanno permesso al levriero di imparare a gestire l’impulso. “È incredibilmente intelligente e motivato dal cibo”, raccontano i volontari. “Ha raggiunto tutti gli obiettivi che gli abbiamo dato”. E lentamente Olympus è cambiato.
Poi è arrivato l’incontro decisivo. Una persona ha chiesto di conoscere proprio lui, il cane che più a lungo aveva aspettato. Dopo alcuni incontri e un periodo di conoscenza, ha deciso di offrirgli quello che Olympus aveva sognato per anni: una famiglia. Oggi il levriero vive la fase di prova con i suoi nuovi adottanti e le notizie sono già incoraggianti. Si è rannicchiato sul divano accanto ai suoi umani, ha osservato l’altro cane di casa imitando i suoi comportamenti e sembra più calmo e sereno.
Quando ha lasciato il rifugio, volontari e operatori hanno organizzato una piccola festa di addio. In un video condiviso sui social si vede Olympus che trotterella verso l’uscita mentre tutti lo salutano commossi. Dopo 1459 giorni, non guarda più il mondo da dietro le sbarre, ma da un divano accanto alla sua nuova famiglia, con il cuore finalmente leggero.
Società
Le estati in VHS: quando il mare sapeva di “Baywatch” e merendine al cioccolato fuso
Altro che resort, droni e foto in HD: c’era un tempo in cui l’estate si consumava tra spot Martini, videocassette ingiallite e pomeriggi passati davanti a “Supercar”. E il massimo dell’esotico era Rimini. Benvenuti nell’era delle estati in VHS.

C’è stato un tempo — né troppo lontano né abbastanza vicino da essere vintage. In cui l’estate non passava sui social ma in VHS, con l’audio frusciante e l’immagine sgranata. Erano le estati degli anni ’80 e ’90. Quelle del ghiacciolo “tropicale” e dei costumi fluo, delle spiagge affollate da famiglie intere e delle televisioni accese dal mattino al tramonto.
Era il tempo di “Baywatch” a ora di pranzo, con Pamela Anderson che correva al rallentatore. Mentre tu, dodicenne in braghette, capivi vagamente che qualcosa stava cambiando. Le pubblicità erano più martellanti della risacca: Martini, Algida, Fanta. Ogni spot una promessa di felicità semplice, da consumare sotto il sole con una cannuccia fluo.
Le vacanze al mare si facevano rigorosamente in macchina, con il sedile che scottava. La cartina stradale appiccicata alla gamba sudata del papà e la radio che gracchiava “Gioca Jouer”. La meta più ambita? Rimini, Jesolo, Cecina, al massimo Bibione: nomi che sembravano esotici solo perché c’era il mare.
E poi, loro: le merendine. Il Buondì sciolto nella borsa frigo, il Tegolino che diventava una tavoletta di cioccolato caldo e quella voglia di un Calippo che, nella memoria, ha lo stesso peso emozionale del primo bacio.
A casa, mentre gli adulti russavano nella penombra dei ventilatori, noi guardavamo cartoni giapponesi e repliche dei cinepanettoni. “Vacanze di Natale”, “Yattaman”, “Fantozzi in Paradiso”. L’estate era anche questo: una VHS registrata da Canale 5, con l’inizio tagliato e un nastro che saltava proprio sulla battuta buona.
Sulla spiaggia si giocava a racchettoni, si facevano buche profonde come trincee e si sfoggiavano infradito Puma e occhiali Carrera. Il mito da imitare? I paninari: ciuffo impomatato, cintura El Charro e Walkman sempre acceso. Con quella certezza incrollabile che bastasse un “yo bello!” per diventare qualcuno.
Oggi l’estate è smart, iperconnessa e fotogenica. Ma c’è una generazione intera che, chiudendo gli occhi, sente ancora il fruscio della cassetta che parte, il rumore del bagnasciuga in lontananza e l’odore inconfondibile della crema solare al cocco del discount.
E se non sai di cosa parliamo, forse sei nato dopo il DVD. O forse non hai mai visto Baywatch mangiando una Fiesta mezza fusa. Ed è un gran peccato.
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