Cronaca
Benvenuti a Forest City la città fantasma
Benvenuti a Forest City, una città fantasma da 100 miliardi di dollari completamente abbandonata alle porte di Singapore in Malesia. Una bolla immobiliare?

Benvenuti a Forest City, una città fantasma da 100 miliardi di dollari completamente abbandonata alle porte di Singapore in Malesia. Una bolla immobiliare o qualcos’altro?
Il progetto era titanico ideato per ospitare quasi 700 mila abitanti costato finora oltre 100 miliardi di dollari. A realizzarla la società Risland, colosso immobiliare cinese, parte del conglomerato Country Garden, ‘rebrandizzata’ nel 2020 con un nuovo nome associato ai progetti internazionali, da sviluppare in Indonesia, Thailandia, Stati Uniti, Regno Unito e Australia. Country Garden è una società di sviluppo immobiliare attiva in oltre 1.400 città. Con cinque milioni di clienti e 300mila dipendenti, specializzata in costruzioni ad alto impatto tecnologico, la società è quotata alla Borsa di Hong Kong. Non pizza e fichi. Il colosso è nato partendo da zero. Era una piccola società di costruzione, e in pochi anni è entrata a fare parte della Fortune Global 500, classifica annuale delle 500 aziende più importanti al mondo, misurate in base al fatturato. Ma Country Garden oggi si trova in gravissime difficoltà finanziarie che le impediscono di proseguire e portare avanti il faraonico progetto.
Forest City una città inesistente
Il complesso edilizio di Forest City non lontana dalla città-stato di Singapore, ideato per ospitare oltre 700.000 abitanti, prevedeva la costruzione di una serie di alte torri residenziali, grattacieli di 35 piani sull’isola artificiale nello Stretto di Johor. Per chi si reca in città oggi lo spettacolo è spettrale. Le strade sono deserte, i viali silenziosi, i negozi e gli appartamenti vuoti. Le immagini che circolano in rete sono per lo più dei rendering, ovvero delle immagini create dall’Ai. Riportano la città come potrebbe diventare una volta realizzata definitivamente.
Come avrebbe dovuto essere nei progetti di chi l’ha ideata
La città di 30 km2, avrebbe dovuto essere un paradiso digitale e vegetale. Per ora ha attirato solo 2.000 residenti, che comprendono anche la nutrita squadra di lavoratori che si dovrebbe occupare della manutenzione dell’area. Il Covid19 del 2020 ha creato così tante restrizioni che hanno scoraggiato gli acquirenti dall’investire in una seconda casa. Lo scorso dicembre, la rete televisiva del Regno Unito BBC ha mandato in onda un’intervista a un ex residente della città fantasma, che ha confidato di essere “riuscito a fuggire”. Una intervista che fa comprendere l’incubo di chi ha provato a vivere n questa città. L’ingegnere informatico trentenne si era stabilito a Forest City, in un grattacielo affacciato sul mare, e in un appartamento con una sola camera da letto. “Non mi importava della caparra o dei soldi, volevo solo scappare da lì”.
Una città fantasma abitata soltanto da spiriti
Una testimonianza che la dice lunga su come vivono oggi i pochi abitanti. Un disagio moltiplicato dal fatto di trovarsi in un luogo praticamente deserto, senza nessun tipo di forma di vita o di abitante. Quando ha incontrato il giornalista il giovane ingegnere sembrava spiritato, riporta il cronista della BBC. Una città fantasma abitata soltanto da spiriti. Spiriti che sembrano abitare anche alcuni borghi italiani. Ormai abbandonati ma ancora in piedi. Abbandonati per colpa di frane, terremoti, lontananza da centri urbani. Eppure alcuni di loro resistono grazie all’attrazione turistica come per esempio nel caso di Civita di Bagnoreggio accessibile solo attraverso un ponte pedonale. Secondo una ricerca effettuata da Istat in Italia sono oltre mille le città fantasma. Da Craco, in Basilicata, borgo abbandonato dagli anni ’70, alla citata Civita di Bagnoregio, che ha incantato molte celebrities che lì hanno comprato casa.
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Politica
Matteo Salvini compra casa a Roma: nuovo appartamento mentre cresce l’attesa per le nozze con Francesca
La coppia, insieme dal 2019, convive già a Roma ma continua a smentire nozze imminenti. Intanto Francesca, 32 anni, produttrice cinematografica e social media manager, resta la presenza più costante nella vita del ministro. Salvini, dopo la rottura con Elisa Isoardi, ha trovato stabilità e complicità al suo fianco.

Un appartamento nuovo, in una delle zone più prestigiose di Roma, a pochi passi dalla Farnesina. Matteo Salvini ha scelto di investire nella Capitale, segno che la sua vita privata e politica continua a gravitare intorno alla città. Con lui, come sempre, c’è Francesca Verdini, la compagna che dal 2019 è al suo fianco e che molti vedono già in abito bianco, nonostante le continue smentite del ministro su un matrimonio imminente.
Francesca Verdini, nata a Firenze il 27 luglio 1992, è la figlia dell’ex parlamentare Denis Verdini e di Simonetta Fossombroni. Cresciuta soprattutto con il padre, ha due fratelli più grandi, Tommaso e Diletta. A 18 anni si è trasferita a Roma per studiare alla Luiss, dove si è laureata in Economia e Direzione di Imprese. Proprio il giorno della laurea aveva dedicato parole sentite ai genitori, agli amici e a Matteo: «Sono stati i fari, i remi e la nave nel mio maremoto».
Il sogno di Francesca è sempre stato il cinema: nel 2017 ha fondato la società di produzione La Casa Rossa, di cui detiene il 95%. Parallelamente lavora a Mediaset come social media manager di Forum, continuando a muoversi tra televisione e cinema.
L’incontro con Salvini, allora vicepremier nel governo gialloverde, è avvenuto poco dopo la rottura del leader leghista con Elisa Isoardi. Da quel momento la relazione è diventata stabile: Francesca ha costruito un rapporto sereno anche con i figli del compagno e la coppia è apparsa spesso insieme in pubblico, senza mai nascondersi.
Il nuovo appartamento romano si aggiunge alle tappe di un percorso di coppia che ha resistito agli scandali politici e familiari. Il fratello di Francesca, Tommaso, è stato coinvolto nell’inchiesta Anas e ha patteggiato due anni per le vicende legate alle commesse pubbliche, ma lei ha sempre preferito restare lontana dalle polemiche. Oggi la figlia di Denis Verdini è la presenza discreta e costante accanto al ministro, tra un impegno politico e un set cinematografico. Le nozze, per ora, restano un’ipotesi. Ma l’acquisto della nuova casa conferma che la coppia guarda avanti.
Italia
Emilio Fede, da “invidiato speciale” a Sciupone l’Africano: il giornalista che volle vivere all’ombra del Cavaliere
Morto ieri sera a 94 anni, Fede ha attraversato mezzo secolo di televisione con esuberanza, narcisismo e fedeltà assoluta a Berlusconi. Dall’Africa al Tg4, fino alle dirette Instagram, la sua vita è stata un palcoscenico dove recitare con spudoratezza e vitalità.

Se n’è andato ieri sera, a 94 anni, Emilio Fede. E mai come in questo caso la raccomandazione antica di ricordare dei morti solo il bene si inceppa subito: perché Fede è stato un personaggio capace di muoversi tra vero e falso, tra eccessi e virtuosismi, tra la cronaca e la farsa. Lo testimonia una delle sue undici autobiografie, l’ultima intitolata “Che figura di merda” (2020), in cui rievocava con candore un episodio africano: aver salvato il ministro Aldo Moro dall’attacco di un leone. Storie, leggende, invenzioni? Per lui, tutto insieme.








Negli anni in cui amava definirsi “l’invidiato speciale”, i colleghi lo chiamavano “Sciupone l’Africano” per i fasti delle trasferte Rai. Poi arrivarono altri soprannomi: “L’ammogliato speciale”, “Il genero di prima necessità”, per via del matrimonio con Diana De Feo, figlia del vicepresidente socialdemocratico della Rai. La Garzantina di Aldo Grasso ne ha raccolti diversi, segno che già allora Fede era più maschera che cronista.
Abile a fiutare i venti della politica, seppe convertirsi alla Dc fanfaniana con tanto di prima comunione celebrata a San Pietro, lui che fino a poco prima ostentava laicismo militante. La sua carriera si intrecciò poi con l’ascesa di Berlusconi: al Tg4 incarnò un modello di notiziario-spettacolo, tra invettive, sbuffi e occhi strabuzzati. Fedeltà assoluta al Cavaliere, che evocava come una divinità, mano sul petto, trasformando la cronaca in liturgia.
Eppure, al di là del culto berlusconiano, Fede ha rappresentato un unicum televisivo. Le dirette disperate su Instagram, la badante accanto, gli irriducibili fan e i detrattori feroci: fino all’ultimo ha recitato il ruolo che si era cucito addosso, quello di maschera della commedia italiana, fatta di espressività, spudoratezza, narcisismo, dissimulazione e vittimismo.
Tra i suoi desideri più intimi c’era quello di essere sepolto con Berlusconi nel mausoleo di Arcore. “Chissà se adesso ho diritto anch’io a un angolino?”, si chiedeva. Non gli fu concesso. Forse, in fondo, anche questo rifiuto suggella la parabola di un uomo che volle vivere sempre e solo nell’ombra del Cavaliere.
Cose dell'altro mondo
Miracolo o truffa? Gisella Cardia, la “veggente” di Trevignano, a processo: nelle lacrime della Madonna il suo DNA
Secondo i magistrati, Cardia e il marito avrebbero messo in piedi un sistema di “artifizi e raggiri” per attirare i fedeli. Le analisi sul sangue versato dalla statua hanno rivelato tracce genetiche della stessa santona. Tra le promesse mai mantenute anche moltiplicazioni di pizze e gnocchi.

Le lacrime della Madonna non erano un miracolo, ma contenevano il DNA di Gisella Cardia. La Procura di Civitavecchia ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per la “veggente” di Trevignano Romano, il cui vero nome è Maria Giuseppa Scarpulla, e per il marito Gianni. Per entrambi l’accusa è di truffa aggravata in concorso.
Secondo gli inquirenti, la coppia avrebbe costruito un sofisticato sistema di inganni per convincere i fedeli a credere nelle presunte apparizioni mariane. La statua della Vergine che piangeva sangue era il fulcro di un meccanismo ben collaudato: le analisi condotte dal genetista Emiliano Giardina hanno accertato che il materiale ematico proveniva dalla stessa Cardia. Lontano, quindi, da qualsiasi intervento soprannaturale.
Non solo lacrime miracolose. Nel repertorio della santona rientravano anche promesse di moltiplicazioni di pizze e gnocchi, mai verificatesi, che servivano a consolidare l’aura di misticismo attorno a lei. Un copione che, secondo la Procura, si traduceva in consistenti donazioni: in alcuni casi cifre a sei zeri, come i 123mila euro versati da una fedele.
Il fascino esercitato su centinaia di persone ha trasformato Trevignano Romano in una sorta di santuario parallelo, con pellegrini attratti dalle presunte apparizioni e un flusso costante di offerte. Al centro, però, restava un progetto economico ben preciso: convincere i credenti a sostenere la missione spirituale con i propri risparmi.
Il lavoro degli inquirenti ha raccolto testimonianze, prove documentali e analisi scientifiche che smontano l’intero impianto dei presunti miracoli. Da qui la richiesta di processo: non più la “veggente” in dialogo con la Madonna, ma una donna accusata di aver approfittato della devozione popolare per trarne vantaggio economico.
Ora la parola passa al giudice, che dovrà decidere sul rinvio a giudizio. Intanto a Trevignano il clima è di smarrimento: tra chi si sente tradito e chi, nonostante tutto, continua a credere.
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