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Personaggi e interviste

Baggio dice addio alla sua Lancia Delta “Giallo Ginestra”… ma senza rimpianti!

L’ex fuoriclasse ha venduto all’asta la sua iconica Lancia Delta Integrale Evoluzione del 1994 per la cifra record di 230 mila euro. Il ricavato? Tutto devoluto in beneficenza. Un’auto da Pallone d’Oro per un gesto da fuoriclasse.

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    C’era una volta un’auto da leggenda, una quattro ruote che più che una macchina era un pezzo di storia del calcio. Un’auto che ha vissuto in garage illustri, sognata da collezionisti e ammirata da appassionati. Ora, però, è giunto il momento dell’addio: Roberto Baggio ha venduto la sua storica Lancia Delta Integrale “Giallo Ginestra”. E no, non per fare spazio a un SUV ibrido o a una citycar elettrica, ma per una causa ben più nobile.

    Un’asta da record: 230 mila euro per il Divin Codino

    La Lancia Delta “Giallo Ginestra” non è un’auto qualunque. Costruita nel 1994 per celebrare il Pallone d’Oro vinto da Baggio nel 1993, è una delle 220 unità realizzate, ma con una particolarità: un design esclusivo che la rende unica. Con i suoi 211 cavalli e la trazione integrale, questa belva giallo fiammante ha fatto sognare gli appassionati di rally e i fan del calcio.

    Il compratore si è aggiudicato un pezzo di storia

    Così, quando è finita all’asta su Catawiki, la notizia ha scosso il mondo degli amanti dei motori. La cifra di vendita? Ben 230 mila euro, un record per un’auto venduta da un italiano nel 2024. E mentre molti collezionisti si mordevano le mani per non aver alzato la posta, qualcuno si è aggiudicato un pezzo di storia.

    Restauro da campioni

    Non parliamo di un’auto abbandonata in un vecchio garage e ritrovata sotto uno strato di polvere, ma di una macchina riportata al suo massimo splendore da veri esperti del settore. Il restauro è stato eseguito da Ivan e Stefano Parussini di ItaliaMotorsport, con la supervisione nientemeno che di Miki Biasion, leggenda del rally. Un’opera d’arte su quattro ruote, curata nei minimi dettagli e pronta per far girare la testa a chiunque la veda passare.

    Un’auto in cambio di un gesto da fuoriclasse

    Chi pensa che Baggio abbia venduto l’auto per togliersi uno sfizio o finanziare una nuova collezione di oggetti vintage si sbaglia di grosso. Il 100% del ricavato, al netto dei costi, è stato devoluto in beneficenza. Il Divin Codino ha scelto di destinare i fondi a diverse organizzazioni benefiche, tra cui “Stella di Cuori APS”, la Fondazione Vialli e Mauro Onlus, la Pupi Onlus e la Fondazione Mondiale Piloti Onlus. Un gesto che rispecchia appieno il Baggio di sempre: riservato, lontano dai riflettori, ma sempre capace di fare la cosa giusta al momento giusto. Un vero campione non si riconosce solo in campo, ma anche fuori.

    Cosa resta della Delta di Baggio?

    La “Giallo Ginestra” ora è nelle mani di un nuovo proprietario, che magari la terrà gelosamente in un garage blindato o la esibirà con orgoglio ai raduni di auto d’epoca. Ma una cosa è certa: il suo valore simbolico rimane intatto. Non è solo una Lancia Delta, non è solo una macchina da collezione. È il simbolo di un calcio che non c’è più, di un campione che ha fatto innamorare milioni di tifosi e di un gesto che fa bene al cuore. Baggio, intanto, continuerà a essere il solito: lontano dai riflettori, fedele ai suoi principi, magari con un’auto meno appariscente, ma sempre con la stessa classe. Perché un Pallone d’Oro può anche vendere la sua macchina, ma la sua leggenda rimane intatta.

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      Personaggi e interviste

      Achille Costacurta, il racconto shock al podcast: “Ho preso sette boccettine di metadone per suicidarmi”.

      Nel podcast One More Time Achille Costacurta ricorda l’adolescenza tra droghe, ricoveri forzati e violenza, fino al tentativo di suicidio a 15 anni: “Mi hanno salvato, non so come sia vivo”. La svolta in Svizzera, la diagnosi di ADHD e il legame ritrovato con i genitori.

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        La storia di Achille Costacurta non è un racconto patinato. È una discesa nel buio e una lenta risalita, narrata con lucidità nel podcast One More Time di Luca Casadei. “Ho iniziato a fumare a 13 anni, al compleanno dei 18 ho provato la mescalina”, racconta. Una spirale di abusi, scontri con la realtà e con la legge: “Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7 in un anno”.

        TSO, disperazione e il buio più profondo
        Non risparmia nulla, nemmeno i momenti più duri. “A Milano ho trovato due dottori cattivissimi che mi hanno legato al letto per tre giorni… urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato e mi dovevo fare la pipì addosso”. Un dolore quegli anni che tocca anche la famiglia: “L’unica volta che ho visto piangere mio padre è stata quando gli chiedevo di andare a fare l’eutanasia, perché non provavo più nulla”.

        Il punto più basso arriva a 15 anni e mezzo. Arresti, comunità, isolamento. E la fuga verso l’estremo: “Prendo le chiavi dell’infermeria, sette boccettine di metadone. Le bevo tutte. Volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta… nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo”.

        La Svizzera e la diagnosi che cambia tutto
        La svolta arriva dopo. “Quando sono arrivato in clinica mi hanno detto: ‘Se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto’”. In Svizzera scopre l’ADHD. “Tu ti volevi auto-curare con la droga”, gli dicono i medici. Una frase che gli rimane impressa. Anche i genitori partecipano a un corso specifico: “Da lì non è mai più successo niente, perché loro sanno come dirmi un no”.

        Una nuova consapevolezza
        Oggi Achille ha 21 anni e guarda avanti: “Sono fiero di me. Non mi vergogno di quello che mi è successo, perché sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi, ma a farne tesoro”.

        Non uno slogan motivazionale, ma una verità conquistata, passo dopo passo. E, come dice lui, “grazie a chi non ha smesso di esserci”.

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          Personaggi e interviste

          Elisabetta Gregoraci smentisce ogni coinvolgimento nel caso del padre: «Totalmente estranea ai fatti».

          Il legale Lorenzo Pellegrini chiarisce che Elisabetta Gregoraci è «assolutamente estranea» alle vicende giudiziarie che coinvolgono il padre, respinge ogni accusa e denuncia «insulti e minacce» sui social. La showgirl diffida chi diffonde informazioni false e annuncia azioni legali: «Costretta a vivere nella paura».

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            Elisabetta Gregoraci prende le distanze, con decisione, dalle vicende giudiziarie che riguardano il padre Mario Gregoraci. A parlare è il suo avvocato, Lorenzo Pellegrini, che con una nota sottolinea come la conduttrice sia «totalmente estranea ai fatti oggetto di denuncia e di accertamento giudiziario». Nel mirino delle precisazioni ci sono le informazioni circolate online in merito all’ex compagna dell’uomo, Rosita Gentile, che ha denunciato Mario Gregoraci per maltrattamenti. Secondo alcune ricostruzioni circolate sui social, la showgirl avrebbe avuto comportamenti offensivi o discriminatori nei confronti della donna. Una ricostruzione che il legale definisce priva di fondamento.

            Smentita e diffida
            Nella nota, l’avvocato Pellegrini ribadisce che Elisabetta Gregoraci «non avrebbe mai offeso né emarginato» Rosita Gentile e che eventuali riferimenti al suo coinvolgimento sono «destituiti di ogni realtà fattuale». La posizione è chiara: la conduttrice non è parte del procedimento e non ha alcun ruolo nei fatti contestati all’uomo. Al contrario, tramite i suoi difensori, Gregoraci ha diffidato chiunque continui a diffondere contenuti ritenuti falsi o diffamatori. Nelle stesse ore, la showgirl ha informato anche Rosita Gentile della volontà di «agire nelle sedi giudiziarie per la propria tutela».

            Minacce social e “clima d’odio”
            Nella comunicazione diffusa dal legale emerge un altro elemento: la pressione mediatica. La showgirl starebbe affrontando — sempre secondo la nota — un’ondata di insulti e minacce via social, alimentata da ricostruzioni improprie. «Si sta formando nei suoi confronti un clima d’odio che la costringe a vivere nella paura», evidenzia l’avvocato. Un passaggio che richiama, ancora una volta, il tema della responsabilità nell’informazione online e del confine tra cronaca e speculazione.

            La vicenda giudiziaria che coinvolge il padre segue il suo corso; per Elisabetta Gregoraci, l’obiettivo dichiarato è evitare sovrapposizioni e tutelare il proprio nome. In attesa degli sviluppi, la linea è ferma: nessun coinvolgimento, difesa legale e richiesta di rispetto.

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              Personaggi e interviste

              Fiorello racconta la caduta in bici: “Volevo fare il figo, sono atterrato di faccia”

              “Mi sono svegliato alle quattro e mezza e ho deciso di pedalare. Il cancello si avvicinava, ho cercato il telecomando senza fermarmi e… boom”, ha raccontato ridendo. Tre operai lo hanno soccorso: “Mi hanno detto che mi ero proprio rovinato”.

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                Rosario Fiorello, anche quando si fa male, riesce a far ridere tutti. Al Festival dello Spettacolo di Milano ha raccontato con la solita ironia la disavventura in bici che lo ha costretto, qualche tempo fa, a comparire in diretta con qualche cerotto sul volto.

                «Mi sveglio alle quattro e mezza e dico: “Adesso vado in bici”. A Roma è una delle cose più belle che si possano fare. È come vivere La grande bellezza: la gente dorme, i cinghiali dormono», ha esordito lo showman, scatenando le risate del pubblico.

                Poi il racconto diventa una piccola commedia. «C’è una lunga discesa che porta al secondo cancello, che si apre con un telecomando. Non mi sono voluto fermare per prenderlo, volevo fare il figo e prenderlo mentre pedalavo. Ma il cancello si avvicinava sempre di più e mi sono accorto che era troppo tardi. Ho detto “freno”, ma… sono atterrato di faccia!».

                Fiorello, fedele al suo stile autoironico, ha precisato: «Non posso dirvi dove abito, sennò vengono i ladri», alludendo al furto subito lo scorso agosto.

                Dopo la caduta, tre operai che lavoravano vicino al suo palazzo sono accorsi in suo aiuto. «Mi hanno tirato su, io non sentivo niente. Ho chiesto: “Che mi sono fatto?” e loro, invece di rassicurarmi, mi hanno detto: “Ti sei proprio rovinato!”».

                Lo showman ha mostrato anche la foto del suo volto subito dopo l’incidente: qualche cerotto su naso e labbro, ma nulla di grave. «Ora non si vede più niente, ma se aveste visto come ero conciato…», ha scherzato.

                Il racconto si è chiuso con il sorriso di sempre e un messaggio implicito: anche dopo una caduta, Fiorello resta in piedi. E, tra un cerotto e una battuta, riesce sempre a trasformare ogni scivolone in uno spettacolo.

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