Mondo
Epstein, il Dipartimento di Giustizia pubblica la ‘Fase Uno’: tra i contatti Trump, Jagger e Baldwin. Ma i misteri restano
Il Dipartimento di Giustizia USA ha rilasciato 200 pagine di documenti sul caso Epstein, inclusi i registri dei voli privati e un elenco di personalità con cui il miliardario aveva rapporti. Tra i nomi emergono Trump, Mick Jagger, Naomi Campbell e Alec Baldwin. Oscurata la lista delle massaggiatrici, molte delle quali minorenni e vittime di abusi. Ma gli investigatori avvertono: questa è solo la “Fase Uno”. Altri segreti potrebbero venire alla luce.
Dopo anni di speculazioni e richieste di trasparenza, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha finalmente rilasciato i primi documenti ufficiali relativi al caso Jeffrey Epstein, l’ex finanziere morto suicida nel carcere di Manhattan il 10 agosto 2019 mentre attendeva il processo per traffico sessuale di minori.
Si tratta della cosiddetta “Fase Uno”, una documentazione di circa 200 pagine che include, tra gli altri, la tanto discussa lista dei contatti personali di Epstein, i registri di volo del suo jet privato, il famigerato “Lolita Express”, e l’elenco delle prove raccolte dal governo americano contro di lui.
L’attesa era enorme, ma il contenuto dei file diffusi – pubblicati inizialmente a 15 influencer conservatori prima di essere resi disponibili al pubblico – non ha portato a rivelazioni clamorose, almeno per ora. Molti dei nomi e delle informazioni emerse erano già noti da tempo, anche se alcuni dettagli inediti stanno attirando una nuova ondata di polemiche.
Trump a bordo del jet di Epstein e i contatti con le star
Tra i documenti pubblicati compare anche il nome di Donald Trump, immortalato a bordo del jet privato di Epstein il 15 maggio 1994 insieme all’allora moglie Marla Maples, alla figlia Tiffany Trump e alla babysitter. Tuttavia, i voli registrati non risulterebbero legati ai famigerati viaggi verso l’isola di Little Saint James, il luogo in cui per anni si sarebbero consumati abusi sessuali su centinaia di ragazze, molte delle quali minorenni.
I registri indicano che il volo in questione avvenne su tratte interne, collegando Palm Beach, Washington e il New Jersey. Resta il fatto che il coinvolgimento di Trump in qualsiasi vicenda legata a Epstein continua a essere oggetto di speculazioni e dibattiti.
Non solo il tycoon: tra i nomi più discussi presenti nei file emergono quelli di Mick Jagger, Michael Jackson e l’attore Alec Baldwin, oltre a un elenco di politici, attori e imprenditori che in passato erano stati già associati, direttamente o indirettamente, alla cerchia di Epstein.
La lista dei contatti: dai Kennedy a Naomi Campbell
Il documento rilasciato dal Dipartimento di Giustizia elenca una lunga serie di personalità del mondo dello spettacolo, della politica e dell’alta finanza. Tra i nomi spiccano:
- Ethel Kennedy, madre di John F. Kennedy Jr.
- Andrew Cuomo, ex governatore di New York
- Naomi Campbell, supermodella di fama mondiale
- Courtney Love, cantante e vedova di Kurt Cobain
- Bob Weinstein, fratello di Harvey Weinstein
- Ted Kennedy, senatore degli Stati Uniti
- Ralph Fiennes, attore britannico
È importante sottolineare che la presenza di un nome nella lista dei contatti di Epstein non implica necessariamente un coinvolgimento nei suoi crimini. Molti di questi nomi erano già emersi in passato grazie a fughe di notizie e documenti processuali, ma la pubblicazione ufficiale conferma che Epstein aveva rapporti diretti con una vasta rete di personalità influenti.
Il lato oscuro della ‘Fase Uno’: l’elenco delle massaggiatrici e i misteri ancora irrisolti
Oltre ai registri di volo e alla lista dei contatti, i documenti pubblicati includono anche un elenco di 254 massaggiatrici che avrebbero avuto rapporti con Epstein. Tuttavia, i loro nomi sono stati oscurati, poiché molte di loro risultano essere vittime dirette del sistema di traffico sessuale organizzato dall’ex finanziere e dalla sua principale complice, Ghislaine Maxwell, oggi condannata a 20 anni di carcere.
La pubblicazione della “Fase Uno” lascia intendere che potrebbero emergere ulteriori dettagli nei prossimi mesi. Il New York Post, citando fonti interne, sottolinea che non è chiaro se il governo rilascerà altri documenti, ma il nome della documentazione – che lascia intendere una possibile “Fase Due” – alimenta le aspettative.
Jeffrey Epstein: una rete di potere e abusi che ancora scuote l’America
L’arresto e la successiva morte di Jeffrey Epstein restano uno degli scandali più inquietanti e discussi della storia recente degli Stati Uniti. Il miliardario, con legami ai massimi livelli della politica e dell’economia, era già stato condannato nel 2008 per reati sessuali su minori, ma grazie a un controverso accordo di patteggiamento riuscì a evitare una condanna pesante.
La sua rete di traffico sessuale ha operato indisturbata per oltre un decennio, con base principale nella sua proprietà a Little Saint James, un’isola privata nelle Isole Vergini americane acquistata nel 1998. Qui, secondo le testimonianze delle vittime e i documenti giudiziari, si sarebbero consumati abusi sistematici, orge e incontri con vip, spesso con giovani ragazze minorenni.
Epstein si è tolto la vita nell’agosto 2019, in circostanze che hanno sollevato enormi sospetti: la sua morte avvenne mentre si trovava in custodia nel carcere di massima sicurezza di Manhattan, ufficialmente per suicidio. Tuttavia, la facilità con cui sarebbe riuscito a impiccarsi, nonostante le misure di sicurezza, continua a far discutere.
Ora, con il rilascio della prima tranche di documenti ufficiali, la vicenda Epstein torna sotto i riflettori. E una domanda rimane senza risposta: quanti altri segreti emergeranno con la prossima “fase”?
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Mondo
Scommettere sulla guerra e sulle catastrofi: quando il conflitto diventa merce per trader
Piattaforme cripto come Polymarket e app-mappe come PolyGlobe trasformano le crisi globali in previsioni – e lucro. Ma dietro la “previsione” si nascondono opacità, conflitti etici e rischi reali.
Con l’avvento delle criptovalute, piazzare scommesse su eventi globali diventati incomprensibili — guerre, carestie, instabilità economiche — non è mai stato così semplice. Al centro di questo nuovo e controverso panorama c’è – oggi – Polymarket: una piattaforma cripto che consente di puntare su catastrofi, conflitti, elezioni e crisi, trattando il destino delle persone come merce.
Polymarket non è una semplice linea di scommesse sportive: permette di comprare e vendere “contratti di probabilità” su eventi reali, trasformando l’incertezza geopolitica in un prodotto finanziario. Alcuni definiscono questi strumenti “mercati predittivi”, altri li chiamano — senza mezzi termini — casinò digitali.
Perché molti puntano sull’orrore
La logica che spinge un mercato come Polymarket è semplice: il conflitto globale, gli scenari politici instabili, gli eventi catastrofici generano incertezze. Dove c’è incertezza, c’è domanda di “previsioni”. In un mondo che consuma notizie e reazioni in tempo reale, la speculazione sulle conseguenze di guerre, elezioni, crisi economiche diventa una commodity — e un’occasione per scommettere.
Alcuni analisti spiegano che questi mercati possono — almeno in teoria — riflettere “il sentiment collettivo”, offrendo uno specchio in tempo reale delle aspettative globali.
Tuttavia il confine tra previsione e scommessa è labile, e le conseguenze etiche sono tangibili: quando si scommette su morti, distruzioni o esiti tragici, il profitto diventa direttamente collegato al dolore altrui. Critici e avvocati lo definiscono «cynical», immorale.
Dalla mappa al portafoglio: l’ascesa di PolyGlobe
Per seguire questi mercati si è diffusa recentemente un’app — PolyGlobe — pensata per “mappare” le scommesse su eventi globali. In pratica trasforma le probabilità in geo-punti visualizzabili su una mappa: così un conflitto in Ucraina, una crisi in Medio Oriente o una potenziale guerra globale diventa un’opportunità finanziaria navigabile.
Secondo i suoi sviluppatori, l’app fornisce anche dati “open source in tempo reale” (tweet, report, fonti OSINT) per seguire l’evoluzione degli eventi, e un’interfaccia con grafici che ricordano quelli di un listino azionario. Il mercato diventa immediatamente visibile, tracciabile, speculabile.
Ma quanto sono affidabili questi mercati?
Diversi esperti mettono in guardia:
- Il meccanismo di risoluzione dei contratti può essere opaco o arbitrario. Il risultato di una scommessa — su guerre, vittorie politiche o eventi economici — spesso viene deciso da comitati anonimi o token holder crittografici, non da decisioni oggettive. Questo apre a rischi di manipolazione.
- Anche in mercati “trasparenti”, basta una grande puntata iniziale di un professionista per alterare drasticamente le probabilità, creando un consenso artificiale: le probabilità non riflettono più un’opinione collettiva, ma le scelte di pochi.
- Dal punto di vista etico, scommettere su guerra, crisi o disastri significa mettere la propria posta sul destino di vite umane, deprivandolo di qualsiasi rispetto. Trasforma tragedie in grafici e numeri.
Regole, chi decide? Il quadro normativo è in bilico
Fino a poco tempo fa, in molti paesi questi mercati erano in un limbo legale. Commodity Futures Trading Commission (CFTC), autorità americana, considerava Polymarket come una piattaforma di derivati non registrata — e nel 2022 costrinse la società a bloccare gli utenti statunitensi, multandola.
Ma nel 2025 la situazione è cambiata: grazie a una acquisizione e a un nuovo accordo, Polymarket ha ottenuto il via libera per operare nuovamente negli USA come exchange regolamentato.
Questo riporta il dibattito su un terreno controverso: se da un lato si legittima il mercato predittivo, dall’altro si rafforza la critica che identifica in queste piattaforme una forma di gioco d’azzardo legalizzato, con tutte le implicazioni che ne derivano.
Mercato, ma a quale prezzo?
Mercati come Polymarket e strumenti come PolyGlobe rappresentano un’innovazione tecnologica e finanziaria: prevedere eventi, speculare sull’incertezza, raccogliere informazioni. Ma trasformare guerra, crisi e tragedie umane in scommesse e token traduce la sofferenza collettiva in profitto individuale. La promessa di “trasparenza” e “intelligenza collettiva” — per quanto seducente — non cancella il fatto che dietro ogni dato, ogni probabilità, ci siano vite reali.
E anche se oggi queste piattaforme possono essere regolamentate in alcuni paesi, il dibattito etico resta. Perché certi mercati sono costruiti non su desideri o sogni, bensì su paura, morti e disperazione. In definitiva: un “mercato predittivo” può forse anticipare eventi, ma non rende giustizia al valore della vita.
Mondo
Nicolas Sarkozy, bagno di folla a Parigi per il libro sul carcere e ora parte il tour in Francia con Carla Bruni sempre al suo fianco
Migliaia di persone in fila a Parigi per Nicolas Sarkozy e il suo nuovo libro Diario di un prigioniero, in cui racconta le tre settimane trascorse nel carcere di La Santé. Dopo il successo del firmacopie, parte il tour francese. Al suo fianco, come sempre, Carla Bruni, accolta da applausi e attenzioni nella capitale.
Altro che ritiro silenzioso. Nicolas Sarkozy torna al centro della scena pubblica con un bagno di folla che ha sorpreso anche i più scettici. A Parigi, il firmacopie del suo nuovo libro Diario di un prigioniero (Le Journal d’un prisonnier) si è trasformato in un evento di massa: migliaia di fan, una coda interminabile e un clima da grande ritorno, più vicino a una tournée rock che a una presentazione letteraria.
Il libro e le tre settimane a La Santé
Nel volume Sarkozy racconta in prima persona le tre settimane trascorse nel carcere parigino di La Santé. Un diario asciutto e personale, costruito sul racconto della quotidianità dietro le sbarre, delle riflessioni notturne, del tempo che si dilata e del peso simbolico di una detenzione vissuta da ex presidente della Repubblica.
Il titolo non lascia spazio a interpretazioni: Diario di un prigioniero è una scelta diretta, quasi provocatoria. Sarkozy non cerca scorciatoie narrative, ma mette al centro l’esperienza personale, trasformandola in racconto politico ed esistenziale insieme. Una formula che, a giudicare dalla risposta del pubblico, funziona eccome.
Parigi in fila per Sarkozy
Il firmacopie parigino ha avuto toni da evento popolare. File che si allungavano per ore, lettori di ogni età, curiosi e sostenitori accorsi per stringere la mano all’ex capo dell’Eliseo e farsi autografare una copia. Scene che raccontano un personaggio che, nonostante le vicende giudiziarie e il tempo passato, continua a catalizzare attenzione e consenso emotivo.
Non solo politica, ma anche una forte componente umana. Molti fan hanno raccontato di sentirsi toccati dal racconto della prigionia, di riconoscere nel libro una fragilità che raramente si associa a un leader di quel calibro. Sarkozy, dal canto suo, si è mostrato disponibile, sorridente, visibilmente coinvolto dall’accoglienza.
Il tour in Francia e la coppia Sarkozy-Bruni
Dopo Parigi, ora parte il tour in tutta la Francia. Presentazioni, incontri con i lettori, nuove tappe che porteranno l’ex presidente a confrontarsi con un pubblico ancora ampio e curioso. Al suo fianco, come sempre, Carla Bruni.
La moglie lo accompagna in ogni appuntamento e a Parigi è stata, come prevedibile, osannata. Elegante, discreta ma centralissima nell’immaginario collettivo, Bruni resta una figura capace di attirare attenzione quasi quanto il marito. La coppia continua a funzionare anche sul piano mediatico: lui protagonista del racconto politico-personale, lei icona di stile e presenza rassicurante.
Tra racconto personale e ritorno pubblico
Il successo del libro e l’accoglienza parigina segnano un passaggio chiaro. Sarkozy non parla più solo da ex presidente, ma da uomo che ha attraversato una fase dura e ha deciso di raccontarla senza filtri. Una scelta che divide, ma che certamente non lascia indifferenti.
Il tour francese diventa così molto più di una semplice promozione editoriale. È un ritorno nello spazio pubblico, un confronto diretto con i lettori e, inevitabilmente, con l’opinione pubblica. Tra applausi, curiosità e discussioni, Diario di un prigioniero si impone come uno dei casi editoriali più chiacchierati del momento.
E mentre le file continuano ad allungarsi e le tappe del tour si moltiplicano, una cosa appare evidente: Nicolas Sarkozy, nel bene e nel male, resta un personaggio capace di riempire piazze, librerie e conversazioni. Con Carla Bruni sempre al suo fianco, a ricordare che anche questa storia è, prima di tutto, una storia di coppia sotto i riflettori.
Mondo
Giovani donne e il “sogno americano” in fuga: perché il 40% vorrebbe lasciare gli Stati Uniti
Tra clima politico, diritti riproduttivi e sfiducia nelle istituzioni, cresce il numero di giovani donne che non si riconoscono più nell’immagine degli Stati Uniti come terra di opportunità. Canada, Nuova Zelanda, Italia e Giappone le mete più ambite.
Un mito che si incrina
Per generazioni il “sogno americano” ha rappresentato l’idea di un Paese in cui chiunque potesse aspirare a una vita migliore. Oggi, però, sempre più giovani donne non lo percepiscono più come tale. L’ultimo sondaggio Gallup indica che il 40% delle statunitensi tra i 15 e i 44 anni lascerebbe definitivamente gli USA, se ne avesse la possibilità: un dato mai raggiunto prima e quattro volte superiore rispetto al 2014.
La tendenza non è improvvisa. Già nel 2016 si registra un rialzo significativo nelle aspirazioni migratorie femminili, in un contesto politico polarizzato e dopo la definizione dei candidati alle presidenziali poi vinte da Donald Trump. Negli anni successivi la percentuale ha continuato a salire, fino a raggiungere il 44% alla fine dell’amministrazione Biden e stabilizzarsi su valori simili nel 2025.
Politica e identità: un distacco crescente
Il desiderio di trasferirsi non riguarda in modo uniforme tutta la popolazione. Il divario di genere è il più ampio mai rilevato da Gallup: 21 punti separano uomini (19%) e donne (40%) nella stessa fascia d’età.
Gli analisti sottolineano che si tratta di aspirazioni, non di intenzioni concrete, ma la dimensione del fenomeno — parliamo di milioni di giovani — resta indicativa.
La frattura politica pesa molto. Nel 2025, il gap nel desiderio di emigrare tra chi approva e chi disapprova la leadership nazionale raggiunge 25 punti percentuali, il valore più alto osservato negli ultimi quindici anni. Prima del 2016, differenze di questo tipo non erano rilevanti. Con Trump il divario ha iniziato a crescere, si è temporaneamente ridotto sotto Biden e poi è tornato ad ampliarsi.
Una scelta che supera età, matrimonio e figli
Un altro aspetto significativo è che questa spinta migratoria riguarda allo stesso modo donne sposate, single e neomamme. Tra le 18-44enni, il 41% delle sposate e il 45% delle single vorrebbe trasferirsi in modo permanente all’estero.
Perfino la presenza di figli piccoli non sembra frenare il desiderio di partire: il 40% delle madri recenti condivide questa prospettiva, una percentuale in linea con quella delle coetanee senza figli.
Canada in testa, Italia tra le destinazioni più citate
Tra le mete più desiderate emerge il Canada, indicato dall’11% delle giovani intervistate. Seguono Nuova Zelanda, Italia e Giappone, tutte al 5%.
Questo dato contrasta con la situazione nei Paesi dell’Ocse, dove le aspirazioni migratorie delle giovani donne sono rimaste stabili — mediamente tra il 20% e il 30% — senza aumenti paragonabili a quelli degli Stati Uniti.
Diritti e fiducia nelle istituzioni: un legame che si spezza
A spiegare questa disaffezione contribuisce anche il crollo della fiducia nelle istituzioni. Secondo il National Institutions Index di Gallup, tra il 2015 e il 2025 le donne tra i 15 e i 44 anni hanno perso 17 punti di fiducia complessiva.
Un momento cruciale è stato il ribaltamento nel 2022 della sentenza Roe v. Wade, che per mezzo secolo aveva garantito il diritto costituzionale all’aborto. Dopo la decisione della Corte Suprema, la fiducia delle giovani donne nelle istituzioni è scesa dal 55% del 2015 al 32% nel 2025. Tuttavia, Gallup osserva che il trend di crescente desiderio migratorio era iniziato già anni prima, segno di un malessere più ampio.
Un Paese che rischia di perdere una generazione
Il quadro tracciato dal sondaggio rivela più di un disagio passeggero: racconta una generazione che percepisce gli Stati Uniti come un luogo meno capace di garantire diritti, sicurezza e opportunità reali.
Se anche solo una parte di queste aspirazioni dovesse concretizzarsi, gli effetti demografici e culturali sarebbero notevoli. Per molte giovani donne, il “sogno americano” non si è infranto: semplicemente, oggi lo stanno cercando altrove.
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