Connect with us

Libri

Perché leggiamo sempre meno? E perché dovremmo preoccuparcene

In Italia un adulto su due non apre nemmeno un libro in un anno. E i dati peggiorano ogni anno. Ma leggere non è solo un passatempo: è un allenamento alla complessità, alla libertà, alla resistenza. Senza libri, perdiamo molto più che storie.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Le statistiche non mentono: nel 2024 solo il 38% degli italiani ha letto almeno un libro non scolastico nei dodici mesi precedenti. Un crollo silenzioso, che non fa rumore ma cambia tutto. Perché leggere non è solo un passatempo colto: è un atto politico, sociale, persino fisico. È una palestra per la mente e per la cittadinanza. E se i lettori calano, calano anche le possibilità di capire il mondo.

    Gli editori lo sanno, e tremano. Le vendite si sono polarizzate: pochi titoli vendono tanto, tantissimi vendono pochissimo. I giovani leggono meno, ma anche i genitori. Nelle case scompaiono le librerie. Si legge sui social, certo, ma non è la stessa cosa. I libri chiedono tempo, attenzione, sforzo: tre parole sempre più rare.

    “Un Paese che legge poco è un Paese che pensa poco”, dice uno scrittore. Ma è anche un Paese che rischia di farsi manipolare più facilmente, che si affida all’impressione e non alla riflessione, che perde la memoria del passato e la capacità di immaginare il futuro.

    Il problema non è solo cosa si legge, ma che cosa si perde non leggendo. Empatia, vocabolario, spirito critico, capacità di concentrazione, apertura mentale. I benefici della lettura sono comprovati da decine di studi. Ma continuano a essere sottovalutati.

    Ci sono, per fortuna, piccole resistenze. Librerie indipendenti che fanno animazione culturale. Festival che uniscono scrittori e lettori. Bookclub che nascono online e si trasformano in comunità vere. Ma sono isole, non arcipelaghi.

    E allora la domanda è semplice: vogliamo un futuro senza storie? Senza parole? Senza pensiero complesso? Perché è quello che ci aspetta, se rinunciamo ai libri.

    Leggere è un piacere. Ma oggi è anche un dovere. Verso noi stessi. E verso ciò che vorremmo restasse umano.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Libri

      Cronaca di un fallimento: Kamala Harris racconta in “107 Days” la corsa più breve (e disastrosa) alla Casa Bianca

      Kamala Harris ha annunciato l’uscita di 107 Days, il volume in cui ripercorre i tre mesi scarsi della sua avventura presidenziale democratica, naufragata tra sondaggi impietosi e fughe di sponsor. La decisione di non candidarsi come governatore della California nel 2026 sembra un passo indietro tattico, in vista di un possibile ritorno alla corsa presidenziale nel 2028

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Una corsa lampo, un tonfo fragoroso e ora un libro che tenta di rimettere insieme i cocci. Kamala Harris ha annunciato la pubblicazione di 107 Days, il memoriale della campagna elettorale più breve della storia politica moderna americana: appena tre mesi di tour, comizi e interviste prima della resa, che ha di fatto consegnato la Casa Bianca di nuovo a Donald Trump.

        Il volume sarà in libreria il 23 settembre per Simon & Schuster, con la promessa di svelare retroscena e riflessioni di un’esperienza che ha segnato un punto di non ritorno nella carriera politica dell’ex vicepresidente. Nel video di lancio Harris appare sorridente ma provata, e introduce così il libro: «Poco più di un anno fa ho lanciato la mia campagna per la presidenza degli Stati Uniti. Centosette giorni in viaggio per il Paese, lottando per il nostro futuro. È stata la campagna più breve della storia moderna. Dopo aver lasciato l’incarico, ho riflettuto molto su quei giorni e ho scritto un resoconto sincero di ciò che ho visto e imparato».

        Dietro le parole, il peso di una sconfitta bruciante. La sua candidatura, nata tra grandi speranze e spinte mediatiche, si è sgonfiata sotto il fuoco incrociato di sondaggi impietosi, raccolte fondi al rallentatore e l’ombra ingombrante di Trump, tornato a dettare legge nel campo avversario.

        La Harris, intanto, ha fatto un passo indietro anche a livello locale: ha annunciato che non correrà come governatore della California nel 2026, una mossa interpretata dagli analisti come una pausa strategica in vista di un possibile tentativo di rivincita presidenziale nel 2028.

        107 Days si propone come un viaggio dentro errori e lezioni di una campagna-lampo: un racconto di incontri, paure e strategie mai decollate, in cui la politica americana si specchia in un caso emblematico di ascesa bruciata e caduta rapida. Resta da vedere se il libro riuscirà a restituire a Kamala Harris almeno la narrazione di un fallimento dignitoso, mentre Trump brinda al suo secondo mandato e i democratici si leccano le ferite.

          Continua a leggere

          Libri

          Agatha Christie, la crocerossina che sapeva uccidere: così la regina del giallo imparò l’arte dei veleni

          Durante la Prima guerra mondiale la scrittrice si offrì volontaria come assistente farmacista a Torquay, sviluppando la competenza tossicologica che avrebbe reso immortali i suoi delitti letterari.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Tra zollettine di curaro in tasca, manuali di dispensazione e veleni mascherati nella marmellata, Agatha Christie costruì il suo arsenale narrativo durante gli anni in corsia. La sua conoscenza chimica e farmacologica trasformò il giallo in scienza, anticipando metodi e trame che ancora oggi affascinano lettori e studiosi.

            Prima di diventare la regina del giallo, Agatha Christie indossò il grembiule bianco della crocerossina. Siamo nel 1914, a Torquay: la giovane Agatha, spinta dal desiderio di contribuire allo sforzo bellico, si offre volontaria in ospedale. È lì che, tra corsie e dispensari, incontra l’ingrediente segreto che renderà micidiale la sua narrativa: la chimica dei veleni.

            Come racconta la chimica e saggista Kathryn Harkup nel libro V is for Venom (V come Veleno, Bloomsbury), fu proprio l’esperienza da assistente farmacista a fornirle l’arsenale letale per i suoi futuri romanzi. Nel 1917, Agatha supera l’esame da dispensatrice farmaceutica e comincia a maneggiare sostanze che, a seconda delle dosi, possono curare o uccidere. «Molte delle sostanze presenti nei suoi gialli avevano all’epoca un uso medico», ricorda Harkup. Non a caso, nel suo esordio Poirot a Styles Court, Christie cita direttamente il manuale The Art of Dispensing, che studiava in quegli anni.

            A rafforzare la sua curiosità fu l’incontro con un farmacista locale, Mr. P, figura quasi da romanzo. Nella sua autobiografia, Christie lo descrive come un uomo dall’aspetto innocuo ma inquietante, che portava in tasca una zolletta di curaro «perché gli dava un senso di potenza». Da lui imparò dettagli pratici che poi si sarebbero trasformati in omicidi letterari: dalle proprietà della strofantina, veleno di frecce africane usato all’epoca come farmaco cardiaco, fino all’arte di sfruttare la sottile linea che separa la dose terapeutica da quella letale. Tre racconti pubblicati tra il 1937 e il 1958 si basano proprio su questa sostanza.

            La Christie sapeva che un buon avvelenamento letterario non si gioca solo sulla sostanza, ma anche sui tempi di azione. Nel romanzo Polvere negli occhi, ad esempio, un uomo d’affari muore apparentemente dopo una tazza di tè. Ma l’indizio è depistante: il veleno non è nel tè, bensì nella marmellata della colazione, che ha mascherato il gusto amaro della tassina, alcaloide tossico del tasso. In Poirot e i quattro, invece, un indizio in punto di morte — “gelsomino giallo” — si rivela la chiave di un avvelenamento da gelsemina, principio attivo di varietà di Gelsemium mortali che in Inghilterra non sopravvivono, segno che la mano dell’uomo ha colpito.

            Non solo veleni vegetali: la sua fantasia toccò anche batteri e armi biologiche. In Carte in tavola (1936), un pennello da barba contaminato con antrace richiama un incidente reale del 1915. Ma con la diffusione degli antibiotici negli anni ’40, le sue trame batteriologiche svaniscono: troppo facile salvare una vittima con un’iniezione.

            Così, mentre nelle corsie di Torquay iniettava medicinali per salvare vite, nella sua mente Agatha imparava a uccidere persone di carta, trasformando ogni fiala, zolletta o barattolo di marmellata in un potenziale colpo di scena. E la sua penna, come una siringa, non sbagliò mai la dose.

              Continua a leggere

              Libri

              Claudio Amendola si racconta: dalla gioventù ribelle alla paternità

              “Ma non dovevate anda’ a Londra” è il libro scritto da Claudio Amendola che ci permette di conoscere meglio l’uomo dietro l’attore.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

                Claudio Amendola, l’amato attore e regista italiano, ha pubblicato il libro “Ma non dovevate anda’ a Londra“, Sperling & Kupfer editore, 256 pagine, un’autobiografia che ripercorre i suoi primi 32 anni di vita. Nell’opera, l’attore romano si racconta con sincerità e ironia, rivelando aneddoti sulla sua infanzia, adolescenza e giovinezza, segnate da una grande libertà, ma anche da momenti di difficoltà.

                Un’infanzia segnata dalla politica e dal cinema

                Figlio d’arte, Amendola è cresciuto in un ambiente artistico e politico. Sua madre, la celebre doppiatrice Rita Savagnone, era una convinta comunista e lo ha coinvolto fin da piccolo nelle sue battaglie ideologiche. Un viaggio in Europa dell’Est, organizzato dalla madre, ha lasciato un segno indelebile nell’animo del giovane Claudio, che ha scoperto l’importanza della libertà e dell’uguaglianza. Ma è stato il padre, Ferruccio Amendola, anch’egli doppiatore di primissimo piano apprezzato da attori di tutto il mondo, a trasmettergli la passione per il cinema. Claudio ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza tra set cinematografici e studi di doppiaggio, assorbendo l’atmosfera creativa e l’amore per la recitazione.

                Un giovane ribelle e le sue passioni

                Raccontandosi Amendola non ha nascosto le sue difficoltà scolastiche e la sua indole ribelle. Ha lasciato la scuola dopo la terza media e ha iniziato a lavorare presto, sperimentando diversi mestieri. Il calcio – e la squadra della Roma di cui è uno sfegatato tifoso – sono stati un’altra grande passione, ma anche una fonte di delusioni. Nel libro l’attore ha ammesso di aver avuto un periodo difficile con la droga, dalla quale è uscito grazie alla consapevolezza di essere padre. Amendola parla anche dei suoi rapporti familiari soprattutto quello con la madre che è stato molto intenso e conflittuale. Con il padre, invece, ha sempre avuto un legame profondo, nonostante le separazioni. L’attore ha raccontato anche dei suoi amori, compresa la relazione con Francesca Neri, di cui parla con grande rispetto e affetto.

                La paternità e il successo

                Amendola è padre di tre figli. Ha ammesso di non essere stato sempre presente come avrebbe voluto, ma di essere orgoglioso dei suoi ragazzi. L’attore ha sottolineato l’importanza della famiglia e del ruolo di padre nella sua vita. Il successo professionale è arrivato grazie a numerosi film e serie tv, tra cui “I Cesaroni“, che gli ha regalato una popolarità senza precedenti. Amendola ha ammesso di aver apprezzato la sicurezza economica che gli ha garantito questo successo, ma ha anche sottolineato l’importanza di mantenere la propria indipendenza e di non farsi condizionare dal successo.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù