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Società

Italiani, popolo di collezionisti. Da Barbie Dreamhouse alle scarpe “brutte”

Dagli orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, dalle monete alle bambole, dai fumetti ai gioielli: gli italiani sono un popolo di collezionisti.

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    Gli italiani sono noti per la loro passione per il collezionismo. Intervistati sei persone su dieci si definiscono collezionisti, un dato che si traduce in circa 33 milioni di italiani che inseguono la propria passione raccogliendo oggetti di vario tipo. Dai classici orologi alle sneakers, dalle figurine alle borse, monete, bambole, fumetti e gioielli, il collezionismo non solo rappresenta un hobby. Sono anche un modo per conservare ricordi, investire e persino guadagnare. Ogni anno, in media, gli italiani spendono 1.381 euro per alimentare questa passione, superando la spesa media per le vacanze estive, che si aggira intorno ai 1.130 euro.

    Oggetti iconici e un fenomeno in crescita

    Il rapporto sui 100 oggetti iconici del 21° secolo, ha evidenziato quanto sia ampio il mondo dei collezionisti. Tra gli oggetti che hanno attirato maggior attenzione figurano la casa giocattolo Malibu di Barbie, il whisky giapponese Yoichi Nikka, la Tesla Roadster elettrica prodotta in soli 2.450 esemplari e la carta Charizard della prima edizione dei Pokémon. Non mancano curiosità come il tappeto che riproduce uno scontrino di Ikea o la maglietta DHL firmata dal brand elitario Vetements. Questi oggetti, in alcuni casi, sono diventati veri e propri simboli di un’epoca.

    Lombardi e giovani tra i più spendaccioni

    Il collezionismo in Italia vede particolarmente attivi i lombardi, seguiti da campani, siciliani, laziali e veneti, con una spesa che nei prossimi 3-5 anni potrebbe crescere del 37%, raggiungendo i 1.892 euro a persona. In particolare, la Generazione X potrebbe arrivare a spendere fino a 2.092 euro all’anno per alimentare le proprie collezioni.

    I più collezionati: libri, orologi, gioielli…

    Tra gli oggetti più amati dai collezionisti italiani ci sono i libri (49%), seguiti da orologi (33%), gioielli (32%), fotografie (32%) e le tradizionali banconote e monete (32%). L’Italia, in particolare, si distingue come il primo paese per acquisto di borse e il secondo per la loro vendita. Questo riflette quanto il mercato del collezionismo nel Paese sia vivace e dinamico.

    L’impatto del web e dei social media

    Il 96% dei collezionisti italiani si aggiorna regolarmente tramite il web e frequenta fiere per essere al passo con le ultime novità. Il 22% segue influencer o esperti sui social media per arricchire la propria conoscenza, mentre un altro 22% preferisce condurre ricerche approfondite per diventare un vero esperto del proprio settore di collezionismo.

    Collezionisti: passione o investimento?

    Per molti italiani, il collezionismo non è solo un hobby, ma anche un modo per preservare e tramandare oggetti di valore. Il 36% lo fa per mantenere un’eredità per le future generazioni, mentre il 68% controlla regolarmente il valore della propria collezione. Il 32% degli intervistati ha dichiarato di voler rivendere parte della collezione per aumentare il proprio reddito, percentuale che sale al 42% tra la Generazione Z, segno di una crescente consapevolezza del valore economico dietro questa passione.

    Il boom di alcuni oggetti iconici: Barbie e Sneakers

    Cecilia Vicini Ronchetti, esperta di bambole, ha evidenziato come il fenomeno Barbie, soprattutto dopo il successo del film, abbia visto un aumento del 20% dei prezzi di vendita. Anche il mondo delle sneakers è in continua evoluzione. Mirco Castagnoli, esperto di questo settore, ha raccontato come il boom del 2016 abbia portato a una vera e propria corsa all’acquisto di alcune scarpe particolari. Ma oggi l’attenzione si è spostata verso prodotti di design e qualità superiore. Iconiche, ma non sempre indossabili, le Salomon Cross Low e i Big Red Boot di Mschf sono esempi perfetti di come alcuni oggetti diventino simboli culturali più che pratici.

    Collezionisti di tutte le età, ma per i Boomers è un affare privato

    Il modo in cui le diverse generazioni approcciano il collezionismo varia significativamente. La Generazione Z lo vede come un’opportunità per interagire e socializzare, mentre i Millennials sono quelli che spendono di più, con una media di 1.450 euro l’anno. I Boomers, invece, lo vivono più come un affare privato e sono meno inclini a vendere gli oggetti collezionati: solo il 15% di loro sarebbe disposto a farlo.

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      Società

      Trova uno scontrino del 2019 e fa la stessa spesa nello stesso supermercato. Quanto avrà speso? Controlliamo la differenza dei prezzi

      Un esperimento condotto dal content creator Alessandro Montesi ha offerto una fotografia chiara della situazione.

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        Negli ultimi anni, il costo della vita in Italia è salito in modo evidente, ma non tutti i prodotti della nostra spesa alimentare hanno subito lo stesso destino. Alcuni, sorprendentemente, hanno registrato un calo nei prezzi. Ma come è possibile? E’ possibile…

        Prendiamo, ad esempio, il pane bianco in cassetta: se nel 2019 il suo prezzo era di 1,10€, sei anni dopo, nel 2025, si nota un lievissimo ribasso a 1,09€. Un centesimo può sembrare poco, ma è comunque un’inversione di tendenza. Tutti ci saremmo aspettati un aumento. E nvece… Un caso ancor più interessante è quello della pasta, in particolare di una specifica marca di fusilli. Nel 2019 il prezzo era di 1,09€, mentre nel 2025 è sceso sensibilmente a 0,89€. Ma questo è l’effetto ribassi per alcuni prodotti molto diffusi che applicano quasi tutti i supermercati. Questo dimostra che, nonostante l’inflazione sembri la norma, esistono eccezioni, probabilmente frutto di strategie di mercato dei supermercati o dell’andamento della domanda e dell’offerta.

        Osservando il quadro generale, emerge una realtà ben diversa

        Un’analisi condotta da Montesi ha messo a confronto i costi complessivi di una spesa tipo. Con l’aiuto dell’app di un grande supermercato italiano, è stato possibile confrontare gli stessi prodotti acquistati nel 2019 e nel 2025. Il risultato parla chiaro. Se sei anni fa la spesa ammontava a 124€, nel 2025 la cifra è salita a 174€, con un incremento di 50€. Questo aumento rappresenta una discreta sfida per molte famiglie, soprattutto considerando che, a differenza dei prezzi, gli stipendi italiani non hanno tenuto il passo con l’inflazione. La conseguenza? Il potere d’acquisto si è ridotto, rendendo più complesso mantenere lo stesso stile di vita di qualche anno fa. Ma forse non avevamo bisogno di questo esperiment per capire questa realtà.

        Una spesa indicizzata…

        Una sintesi non c’è se non quella che oltre all’inflazione in realtà la situazione economica delle famiglie consigliano forniscono utili indicazioni ai commercianti. Se non ci sono soldi nelle tasche degli italiani bisogna stimolare gli acquisti con ribassi, sconti e super offerte.

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          Società

          Pensioni da fame: quasi 5 milioni di italiani sopravvivono con meno di 1.000 euro al mese

          Secondo l’ultimo rapporto INPS i pensionati che nel 2023 hanno avuto un reddito da pensione complessivo inferiore a 1.000 euro al mese sono stati 4.786.521, pari al 29,5% del totale.

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            L’Italia dei pensionati è un Paese a due velocità. Da un lato, una fascia di privilegiati che gode di assegni pensionistici più che confortevoli, dall’altro un esercito di anziani che fatica a sbarcare il lunario con pensioni da fame. A tracciare questo quadro allarmante è il rapporto INPS sulle prestazioni pensionistiche.

            Per un milione di pensionati meno di 500 euro al mese

            Quasi 5 milioni di pensionati, pari al 29,5% del totale, devono fare i conti con un reddito mensile inferiore a 1000 euro. Una cifra che, di fronte all’aumento costante del costo della vita, si rivela del tutto insufficiente per garantire una vecchiaia serena. Ancora più preoccupante è la situazione di oltre un milione di pensionati che percepiscono meno di 500 euro al mese: per loro, la sopravvivenza diventa una sfida quotidiana.

            Rivalutazione delle pensioni minime 2026

            La recente rivalutazione delle pensioni minime previste dal governo nell’ultima manovra finanziaria, che oggi ammonta a ben 614,77 euro per tredici mensilità, porterà un aumento degli assegni di 1,27 euro al mese, circa 4 centesimi al giorno in più. Con un’inflazione stimata all’1,2% il trattamento minimo per il 2026 sarà pari a 604,59 euro. Una cifra che rivalutata all’inflazione si attesta a 611,81 euro. A questo si deve aggiungere l’incremento transitorio pari all’1,3%, cioè a 7,95 euro per un importo finale di 619,16 euro. Esattamente 1,27 euro al mese e 4 centesimi al giorno in più. Da notare che per il 2025, con l’inflazione stimata all’1%, l’aumento è stato di 3 euro al mese e 10 centesimi in più al giorno.

            Un sistema pensionistico iniquo

            Le donne, come sempre, pagano il prezzo più alto. Sono infatti oltre 3 milioni le pensionate che devono accontentarsi di un assegno inferiore ai 1.000 euro, con quasi un milione di loro che riceve meno di 500 euro al mese. Questa disparità è il frutto di una lunga serie di discriminazioni, a partire dalle differenze salariali durante la vita lavorativa fino alle interruzioni di carriera per motivi familiari. I dati INPS mettono in evidenza come il sistema pensionistico italiano sia profondamente iniquo. Mentre una piccola fetta di pensionati, quella con redditi superiori ai 5000 euro mensili, assorbe quasi il 10% della spesa totale, la stragrande maggioranza dei pensionati, quelli con redditi più bassi, deve accontentarsi di briciole.

            In attesa della riforma delle pensioni le conseguenze sociali sono pesanti

            Chi vive con una pensione così bassa è costretto a rinunciare a molte cose, dalla cura della propria salute alle piccole soddisfazioni quotidiane. Questo ha un impatto negativo non solo sulla qualità della vita degli anziani, ma anche sulla coesione sociale. Che fare?

            È urgente intervenire per garantire un reddito dignitoso a tutti i pensionati

            Per prima cosa sarebbe necessario un adeguamento significativo delle pensioni minime, in modo da garantire un livello di vita dignitoso a tutti gli anziani imbrigliati in un sistema pensionistico obsoleto e iniquo. Sarebbe necessario rivederlo completamente, introducendo meccanismi più equi e sostenibili. Sarebbe urgente, e auspicabile, inoltre introdurre maggiori tutele per le donne. È fondamentale adottare misure specifiche per ridurre il gap pensionistico di genere, favorendo la conciliazione tra vita familiare e lavorativa e promuovendo politiche attive per le donne. E infine come argomento da sempre citato e mai affrontato in maniera adeguata sarebbe utile una maggiore e più efficace lotta all’evasione fiscale. Più risorse a disposizione dello Stato significano maggiori possibilità di investire nel welfare e nelle pensioni.

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              Mario Tozzi dixit. Le previsioni sui terremoti dei Campi Flegrei: un allarme da non ignorare

              Il geologo lancia allarmi sui rischi dei Campi Flegrei, considerati un supervulcano più pericoloso del Vesuvio.

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                Chi se non Mario Tozzi, noto geologo e divulgatore scientifico, poteva non lanciare allarmi su allarmi sui rischi legati ai Campi Flegrei, l’area vulcanica nei pressi di Napoli? Le sue previsioni e analisi sono diventate ancora più rilevanti alla luce delle recenti scosse di terremoto che hanno colpito la zona. L’ultima forte scossa ha raggiunto una magnitudo di 4,4, la più forte degli ultimi quarant’anni. Quella di ieri sera venerdì 14 è stata di 3.5.

                Quel supervulcano che secondo Tozzi bolle sotto Napoli

                Come ogni scienziato,Tozzi non le manda a dire. Spesso sottolinea che i Campi Flegrei rappresentano un supervulcano, molto più pericoloso del Vesuvio. Con 29 vulcani sotterranei e una camera magmatica situata a circa 4.000-5.000 metri di profondità sotto la città di Pozzuoli, l’area è suscettibile di eruzioni esplosive devastanti. Tozzi ha descritto i Campi Flegrei come un “pentolone sotterraneo pieno di magma ribollente“. De resto già in passato, Tozzi aveva avvertito che i terremoti nella zona dei Campi Flegrei sarebbero continuati e che la magnitudo delle scosse potrebbe arrivare fino a 5.2. Simili ai paesi asiatici come l’Indonesia. Ha anche più volte evidenziato come il rischio vulcanico non dipende solo dal supervulcano, ma anche dalle scelte urbanistiche e dalla preparazione della popolazione.

                Attenzione battaglione, prevenzione e preparazione

                Tozzi ha insistito sulla necessità di esercitazioni di massa per la popolazione e di piani di evacuazione aggiornati. Ha criticato le scelte urbanistiche che hanno portato alla costruzione di edifici sopra i vulcani sotterranei, cancellando ogni traccia della loro presenza. Secondo il geologo, in caso di eruzione, si dovrebbe parlare di esodo e non di evacuazione, data la gravità della situazione attuale dellla zona. Questo è uno dei motivi per cui il geologo sottolinea spesso l’importanza della responsabilità individuale e collettiva. Ha esortato i cittadini a non costruire ovunque e gli amministratori a far rispettare le regole. Inoltre spesso ribadisce che il rischio vulcanico dipende in gran parte dalle azioni umane e dalla capacità di prepararsi adeguatamente. Un monito che non può essere ignorato in una situazione sociale molto delicata come quella partenopea.


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