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Musica

Tony Effe è “incinto” e salta i Tim Summer Hits. Parola di Carlo Conti

Con un colpo di teatro (e di sarcasmo), Carlo Conti giustifica così l’assenza di Tony Effe: “È incinto!”. Il riferimento? La gravidanza di Giulia De Lellis. Ma dietro la battuta, spunta l’ipotesi di una comparsata a sorpresa e, forse, di una pace con il Campidoglio

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    Tony Effe non ci sarà ai Tim Summer Hits 2025. Ma niente panico, il motivo è semplice: è incinto. Parola di Carlo Conti, che ha aperto così, tra l’applauso divertito dei giornalisti, la conferenza stampa dell’evento musicale più atteso dell’estate romana.

    “Come mai non ci sarà Tony Effe? È incinto, ma forse ci farà una sorpresa”, ha dichiarato con la sua solita ironia il conduttore, che ha appena archiviato un Festival di Sanremo di successo e ora si prepara a guidare la carovana musicale di Piazza del Popolo, in scena dal 7 al 10 giugno.

    Dietro la battuta, però, c’è molto di più. Tony Effe – al secolo Nicolò Rapisarda – è in realtà compagno di Giulia De Lellis, influencer da milioni di follower, che ha da poco annunciato la sua prima gravidanza. E il rapper, da bravo futuro papà (o forse da icona pop con tempismo perfetto), ha deciso di defilarsi proprio ora, lasciando un vuoto nel cast di oltre 80 artisti chiamati a infiammare l’estate romana.

    Ma attenzione: la sua assenza non è definitiva. Anzi. “Chissà, magari a Tim Summer Hits potrebbe essere lui una delle sorprese”, ha sussurrato maliziosamente Conti, lasciando intendere che la porta è tutt’altro che chiusa. “Del resto, a Sanremo ha cantato in romanesco Damme ‘na mano… e potrebbe essere questa l’occasione per dare una mano a lui e fare pace”, ha aggiunto il presentatore, in un riferimento nemmeno troppo velato alla querelle dell’ultimo Capodanno romano, quando Tony venne escluso dal concerto in piazza tra le polemiche.

    Una ferita mai del tutto rimarginata, soprattutto considerando che il rapper ha poi colpito in pieno il cartellone elettorale del sindaco Gualtieri con una pallonata, nel video promozionale del suo concerto del 6 luglio al Circo Massimo, girato insieme a Francesco Totti. Gesto provocatorio? Casualità? O strategia comunicativa da perfetto villain da palcoscenico?

    A Gualtieri, interpellato in conferenza stampa sul video, è toccato il ruolo del diplomatico. “Non mi ha suscitato particolari reazioni”, ha risposto con glaciale aplomb. “Pubblicizza un concerto al Circo Massimo… Massima libertà, nulla di che”. Nessuna dichiarazione di guerra, ma nemmeno un invito alla distensione.

    Quello tra Tony Effe e il Campidoglio è un balletto mediatico fatto di provocazioni, silenzi e mezze aperture. Un tira e molla che potrebbe risolversi, chissà, proprio con una comparsata a sorpresa in Piazza del Popolo, magari per rappare sotto gli occhi di Conti e del sindaco, chiudendo il cerchio con un colpo di scena in perfetto stile urban.

    Per ora, sul palco dei Tim Summer Hits ci saranno Geolier, Annalisa, Mahmood, Emma, Angelina Mango, e tanti altri volti noti dell’ultimo Sanremo. Ma l’assenza di Tony – tra i protagonisti più discussi del 2025 – si fa notare. E lascia uno spazio vuoto che potrebbe riempirsi quando meno ce lo aspettiamo.

    In fondo, il bello del pop è che non sai mai dove finisce lo show… e dove inizia il prossimo colpo di teatro. Anche se ha le fattezze di un rapper romano con l’accento de Trastevere e un figlio in arrivo.

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      Musica

      Annie Lennox, la scoperta a 70 anni: “Convivo con l’ADHD, ma è anche un superpotere”

      La storica voce degli Eurythmics rivela di aver ricevuto solo di recente la diagnosi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Un tassello che spiega molti aspetti della sua creatività e della sua sensibilità artistica.

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      Annie Lennox

        A settant’anni compiuti, Annie Lennox ha deciso di raccontare una scoperta che ha cambiato il modo in cui guarda a sé stessa: la cantante soffre di ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. La rivelazione è arrivata durante un’intervista a Woman’s Hour, programma della BBC Radio 4, dove la leggendaria voce di Sweet Dreams (Are Made of This) ha condiviso con serenità la sua esperienza, definendola una sorta di “rivelazione tardiva ma liberatoria”.

        «Non è una cosa facile con cui convivere», ha ammesso, «ma è anche un superpotere. Mi ha aiutata a capire perché vedo e sento le cose in modo così intenso».

        Una mente sempre in movimento

        Durante la conversazione con la conduttrice Emma Barnett, Annie Lennox ha descritto la propria percezione del mondo con un’immagine vivida: «Sono come una gazza ladra. Osservo tutto, ogni dettaglio mi attrae. Sono estremamente sensibile». È stato proprio questo modo di vivere la realtà — curioso, frenetico, attento alle sfumature — a portarla a chiedersi se ci fosse qualcosa di più dietro la sua costante “iperattenzione emotiva”.

        La diagnosi di ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) ha dato un nome a quella che lei stessa definisce una “mente sempre in movimento”. Si tratta di una condizione neurodivergente, cioè di una diversa modalità di elaborare informazioni, emozioni e stimoli. Non una malattia, ma una variazione del neurosviluppo, al pari di autismo e dislessia.

        «Mi è stato spiegato come funziona la mia mente e come funziona quella delle persone che condividono questa condizione», ha raccontato. «È stata una rivelazione, ma anche un sollievo: finalmente ho compreso molte cose del mio passato e del mio modo di essere».

        Dalla fragilità alla forza creativa

        Per Lennox, l’ADHD non è mai stato un ostacolo alla carriera, anzi: «Credo che porti con sé una certa brillantezza», ha detto sorridendo. «Non sto dicendo di essere brillante, ma ammetto che ho sempre aspirato a esserlo, attraverso la musica, le parole, la performance. Forse è proprio l’energia dell’ADHD ad avermi dato quella spinta costante a creare».

        E in effetti, ripensando alla sua carriera, il filo rosso della curiosità e della ricerca è evidente. Dagli anni Ottanta con gli Eurythmics, al fianco di Dave Stewart, fino ai progetti solisti più intimi e impegnati, Lennox ha sempre dimostrato una sensibilità fuori dal comune, capace di fondere pop e introspezione, sensualità e denuncia sociale.

        Oggi, alla luce della diagnosi, interpreta molti aspetti della sua vita con uno sguardo nuovo: «Forse la mia iperattività mentale, quella sensazione di non riuscire mai a spegnere il cervello, è la stessa forza che mi ha tenuto viva e creativa per tutti questi anni».

        Una condizione spesso sottovalutata

        L’ADHD negli adulti è un tema di cui si parla ancora poco, anche nel mondo scientifico. Spesso la diagnosi arriva in età avanzata, soprattutto tra le donne, perché i sintomi possono manifestarsi in modo più sottile rispetto agli uomini.

        Tra i segnali più comuni ci sono distrazione, impulsività, difficoltà a organizzarsi, insonnia e iperfocalizzazione su interessi specifici. In molti casi, le persone imparano a sviluppare strategie di compensazione per gestire questi tratti, riuscendo a mantenere una vita piena e di successo.

        La diagnosi, spiegano gli esperti, è clinica e si basa su una valutazione accurata condotta da psicologi o neuropsichiatri, che analizzano la storia personale e comportamentale del soggetto secondo i criteri del Manuale diagnostico DSM-5. Non esistono test univoci, ma un percorso multidisciplinare che include colloqui, osservazioni e, se necessario, test cognitivi e neurologici.

        La serenità di una nuova consapevolezza

        Per Annie Lennox, scoprire di avere l’ADHD non è stato un colpo, ma un passo verso una nuova forma di autocomprensione. «Non è una diagnosi che ti definisce, ma ti aiuta a capire chi sei davvero. Ho sempre cercato di canalizzare la mia energia nel creare, e ora so da dove veniva quella spinta».

        Oggi l’artista britannica vive con leggerezza la sua scoperta, trasformandola in un messaggio di accettazione e di forza: «Ogni mente è unica. E se la mia è un po’ più caotica del normale, va bene così. È anche per questo che la musica, per me, è sempre stata casa».

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          Musica

          Jack Osbourne: “Mio padre non voleva che la gente provasse pena per lui. Lo trovava ridicolo”

          Dalla malattia al libro scritto fino a due giorni prima di morire, Jack Osbourne ripercorre la parabola finale del padre. “Era frustrato perché non riusciva più a stare in piedi, ma non ha mai smesso di ridere. Roger Waters? Un idiota del cazzo, geloso. Mio padre lo ascoltava sempre”.

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            Jack Osbourne ha dovuto dividere suo padre con il mondo. “Era sempre in tour”, racconta il figlio minore di Ozzy in un’intervista a Rolling Stone UK. “Posso dire d’averlo conosciuto davvero solo da adulto, ai tempi di World Detour, quando giravamo l’America insieme. È stato l’ultimo periodo in cui stava bene”. Quel tempo sereno finì nel 2019, con la caduta domestica che aggravò i sintomi del Parkinson e diede inizio a un calvario durato anni.

            Di quell’esperienza parla oggi nel documentario Ozzy: No Escape from Now e nel libro postumo Last Rites, cui il cantante ha lavorato fino a due giorni prima della morte. “Ci siamo chiesti se fosse giusto pubblicarlo – spiega Jack – ma era il suo desiderio. Non farlo sarebbe stato un torto. Papà non aveva rimpianti. Ha vissuto una vita incredibile, e scrivere era il suo modo per dire: ‘Ok, sono stato malato, ma non provate pena per me’. Lo trovava ridicolo”.

            Il figlio ricorda un uomo che non si arrendeva. “Era frustrato perché non riusciva ad alzarsi, ma lavorare lo faceva sentire vivo. Quando registrava un disco o faceva il podcast con noi era felice. Nei periodi di inattività si abbatteva. Si sentiva utile solo quando creava qualcosa”.

            L’ultimo concerto, Back to the Beginning, ha avuto per la famiglia un sapore agrodolce. “È stato come un funerale in vita. C’era una perfezione divina e al tempo stesso strana. Lui era felice: aveva rivisto amici di trent’anni prima, fan, colleghi. E nella sua Birmingham era come chiudere un cerchio”.

            Anche nei momenti peggiori Ozzy restava Ozzy: ironico, rumoroso, indisciplinato. “Gli bastava una battuta con la parola ‘cazzo’ per ridere come un pazzo. Dopo l’incidente era diventato più tranquillo, ma non meno se stesso. Continuava a sparare la musica a dieci miliardi di decibel. Passava da Michael Jackson ai Pink Floyd, e questo rende ancora più assurde le parole di Roger Waters. Che idiota del cazzo. Penso sia solo gelosia: mio padre lo stimava e lo ascoltava sempre”.

            Le operazioni fallite restano una ferita aperta. “Quella prima, in particolare, ha peggiorato tutto. È la maledizione dei medici di Los Angeles: hanno paura di dire la verità. Da quell’intervento è andato tutto a rotoli”.

            Oggi Jack vive tra America e Inghilterra, vicino alla madre Sharon. “Sta bene non stando bene. Sta cercando di capire da dove ripartire. Ma è circondata d’amore e papà non avrebbe voluto vederla triste. Detestava la pietà, diceva sempre: ‘Guardate avanti’”.

            Alla fine, resta l’eredità di un uomo che ha attraversato mezzo secolo di rock senza perdere la sua fame. “Molti diventano rockstar, lui lo è stato davvero. Non si è mai fermato, non ha mai avuto paura di cambiare. Non c’è decennio in cui non abbia lasciato il segno. E quando scrive, nell’ultimo capitolo, ‘Ho avuto una vita rumorosa. Ora sono pronto per un po’ di silenzio’, io so che lo credeva davvero. Solo che quel silenzio, adesso, fa un rumore assordante”.

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              Musica

              Al Bano contro Amadeus e Conti: “Non presenterò più canzoni a Sanremo, voglio solo rispetto per il mestiere che faccio”

              Dopo anni di palcoscenico e applausi, Al Bano Carrisi dice basta: non invierà più brani per le selezioni del Festival di Sanremo. Nel mirino Amadeus e Carlo Conti, colpevoli — secondo lui — di averlo escluso senza la dovuta considerazione. “Con Baudo c’era eleganza anche nel dire no, oggi no”.

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                Al Bano non salirà più sul palco dell’Ariston. Il cantante pugliese, ospite dell’evento “Tennis & Friends – Salute e Sport” al Foro Italico, ha annunciato che non presenterà brani per la prossima edizione di Sanremo 2026. Lo ha fatto con parole dure, miste a orgoglio e amarezza: «Penso di avere diritto a un pizzico di rispetto per il mestiere che faccio, ma non sto a certi giochetti. È già la seconda volta che sono stato trattato in un certo modo, non ci sto a queste cose».

                La decisione nasce da una delusione che brucia ancora: due esclusioni consecutive dalle selezioni, prima con Amadeus e poi con Carlo Conti. Due bocciature che l’artista non ha mai digerito. «Non presenterò più nessuna canzone finché non ci sarà qualcuno che sappia valutare con rispetto il lavoro di chi, come me, ha dato tanto alla musica italiana».

                Non è solo una questione di orgoglio, ma di principio. Già un mese fa, Al Bano aveva ricordato con nostalgia i tempi di Pippo Baudo, definendolo “un signore”. Capace di dire sì o no con garbo e gratitudine. «Con lui c’era eleganza, anche nel rifiuto. Non serviva passare dai giochetti o dai silenzi». Una frecciata evidente ai due conduttori più recenti, rei — a suo dire — di averlo ignorato senza neanche una parola di spiegazione.

                Carrisi avrebbe voluto chiudere il cerchio della sua lunga storia sanremese nel 2025, ma non gli è stata concessa quella passerella finale. Conti, oggi alla guida del Festival, ha scelto altri nomi, escludendo il veterano di Cellino. Una scelta che l’artista ha vissuto come un segnale definitivo: «Se non c’è più spazio per chi ha fatto la storia, pazienza. Il rispetto, però, non si nega a nessuno».

                Così, per la prima volta dopo decenni di Festival, Al Bano si sfila dal gioco. Un addio che sa di delusione, ma anche di dignità ferita. E mentre il mondo della musica guarda già alla prossima edizione, lui sembra aver chiuso la partita: «Sanremo è nel mio cuore, ma non posso restare dove non mi sento rispettato».

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