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Se al microfono c’è Belen… l’interesse si impenna!

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    Anno dopo anno, stagione dopo stagione, scandalo dopo scandalo, Belen Rodriguez resta sempre lì: saldamente seduta sul trono dell’immaginario erotico collettivo italiano. Ma com’è possibile che nel 2025 nessuna riesca nemmeno ad avvicinarsi? Una domanda che puzza un po’ di disperazione… e di routine.

    Showgirl? Forse. Artista? Uhm…

    Diciamocelo: non canta bene, prova a recitare, non balla (non troppo, almeno), ma riempie palinsesti e feed Instagram come poche. Sarà merito del “carisma”? Del “misterioso fascino argentino”? O forse solo di qualche selfie ben calibrato? Intanto, la concorrenza latita. O forse semplicemente si arrende.

    Nessuna sfidante all’orizzonte?

    Possibile che in tutta Italia, patria di milioni di donne brillanti, belle, ironiche e con contenuti veri, nessuna riesca a rubare la scena? Forse il problema non è Belen… ma gli italiani medi, quelli che ancora cercano nel mondo dello spettacolo la velina perfetta da sogno erotico pomeridiano, non la performer completa.

    All’italiano medio interessa solo… quello

    Cultura? Ironia? Talento? No grazie. L’algoritmo maschile nostrano pare rispondere a un solo stimolo. Belen lo sa, ci gioca, ci vive. E mentre lei continua a guadagnare like e cachet, il paese si chiede (o forse no): ma davvero non abbiamo di meglio da idolatrare?

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      Realpolitik o Politici Punk? Quando, nella fantasia, il Parlamento incontra il pogo

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        Ma ve li immaginate i nostri politici nelle vesti dei punk ribelli che negli anni ’70 rivoluzionarono la musica e il costume, sia in Inghilterra che negli Stati uniti? Altro che compromessi e coalizioni: qui si parla di anarchia nel Senato e di pogo alla Camera!

        Come sarebbe

        Giorgia Meloni che urla “God Save the Nazione”, vestita in pelle e borchie, mentre Elly Schlein si presenta in aula con una spilla dei Dead Kennedys e un megafono. Matteo Salvini? Probabilmente impegnato a tradurre i testi degli incendiari Ramones o dei Damned in dialetto padano, con la felpa dei Sex Pistols sopra la camicia di flanella. La realpolitik lascia spazio al real pogo, e la democrazia parlamentare si trasforma in un concerto in un locale sordido che puzza di birra e anche di qualcos’altro. Invece delle mozioni, si vota a colpi di chitarra distorta e urla in faccia al sistema. Altro che dibattiti moderati…

        T-shirt sdrucita o abito scuro?

        Il dilemma è attuale: meglio un governo che “scende a compromessi” o una politica che rompe tutto e riparte da zero? La realpolitik ha prodotto stabilità ma anche immobilismo. Il punk, invece, non cercava il consenso: cercava il corto circuito generale, urlando sul muso ai benpensanti No Future. E forse è per questo che oggi i politici preferiscono la giacca e la cravatta. Ma sotto sotto, un po’ di cresta qualcuno potrebbe ancora avercela…

        Immaginare non costa nulla, almeno per ora…

        Nel Paese delle infinite commissioni e delle leggi “rimandate a settembre”, forse servirebbe davvero un po’ di quella attitudine. Non per mettere a fuoco Montecitorio, ma almeno per dire le cose come stanno, urlarle se serve. Magari con una chitarra elettrica al posto del microfono istituzionale. Naturalmente è solo un gioco confezionato con l’ausilio dell’AI… ma, visto che ci volete togliere tutto, lasciateci almeno l’immaginazione.

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          Ritmo a fior di pelle… nuda: la notte si accende con dj Aniram

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            Da ballerina a dj, passando per le passerelle: ecco come si costruisce una carriera… una serata alla volta, ammaliando l’audience danzerina. Marina Dainotto, in arte dj Aniram – che letto al contrario fa comunque “energia pura” – non è una semplice disk jockey. Rappresenta un concentrato di luci stroboscopiche, jungle terror e pieghe perfette. Nata artisticamente come ballerina (perché prima si sgambetta, poi si suona), a 16 anni era già il volto di una linea di prodotti per capelli.

            Dalla consolle al calendario, passando per i corsi professionali

            Quando ha iniziato a frequentare le discoteche milanesi, invece di optare per uno spritz ha chiesto: “Scusate, ma la consolle chi la manovra?”. Ed è lì che deve aver realizzato: niente più balli, meglio comandare la pista. Ma Marina non si accontenta di fare play/stop: si iscrive a corsi per dj produttori e inizia a mischiare generi musicali come una fashion blogger con i filtri di Instagram. Jungle terror e drops? Sì, grazie, con contorno di beat e determinazione.

            La bellezza salverà il mondo, ma intanto infiamma i club italiani

            Sui social è seguitissima e non solo per la musica: diciamolo, l’obiettivo la ama (e anche il pubblico). Ha posato per il calendario Noktilux di Enrico Ricciardi, confermando che può essere esplosiva anche senza casse da 18 pollici. Ma attenzione: dietro la chioma perfetta e lo sguardo magnetico, c’è una donna con le idee chiare, che non ha bisogno di luci psichedeliche per brillare. Anche se, va detto, aiutano…

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              A San Siro va in scena l’Elodie Circus: arte o marketing?

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                Al Meazza parte la giostra sensoriale, fatta di laser senza badare a spese, bassi che ti fanno vibrare la pancia e monologhi che sembrano scritti dal manuale “Attivismo per principianti”. Quattro atti – sì, quattro: AudaceGalatticaErotica e Magnetica – ognuno con il suo bravo messaggio edificante e coreografie con più fumo che arrosto. LED wall a non finire, ballerini in trance sincronizzata, frustini per tutti: se la sostanza latita, almeno si acceca lo spettatore.

                La musica? Pare ci fosse, dicono

                Ogni tanto, tra un visual e un cambio d’abito, fa capolino anche la musica. Tribale riesce a strappare una lacrimuccia a comando, mentre i rimandi alla superstar Madonna (che più acchiappa-like di così si muore) riempiono i vuoti. L’apice emotivo arriva con Tutta colpa mia, eseguita live per la prima volta – probabilmente perché troppo vera, troppo nuda, troppo poco ritoccata dai soliti cinque team creativi. E quando saltano gli auricolari? Nessun dramma: tutto si trasforma in “performance viscerale”. Il playback è morto, viva il difetto tecnico con intento narrativo!

                Con un piccolo aiuto da parte dei miei amici

                Achille Lauro piomba sul palco per una versione glitterata di Rolls Royce degna di una sfilata a tema Halloween, mentre Gianna Nannini arriva come apparizione mistica a portare un briciolo di sostanza (ma tranquilli, dura poco: non sia mai che qualcuno oscuri la padrona di casa). Gaia e la dj russa Nina Kraviz fanno da cornice: una come mascotte, l’altra a offrire un set che pare uscito dal retropalco di un rave sponsorizzato. Il tutto, ça va sans dire, con la stessa grazia di un festival scolastico travestito da Coachella.

                Da Amici con furore

                Lo stage è costantemente in movimento. Nel corpo di ballo che accompagna Elodie scorgiamo l’ex velina Giulia Pelagatti da Amici 16Megan Ria da Amici 22Marisol Castellanosvincitrice del circuito ballo nella 23a edizione del talent Mediaset. Menzione a parte per Alessio La PadulaAnche il ballerino e coreografo, infatti, è nel corpo di ballo che accompagnano Elodie durante lo showMa lui e quest’ultima hanno partecipato alla stessa edizione del talent, la quindicesima, nella quale facevano entrambi parte della squadra bianca.

                Drag variopinte, free Palestina e monologhi preconfezionati

                Drag queen distribuite con cura in ogni “ambiente tematico”, monologhi sulla fluidità, la bandiera palestinese come climax visivo: nulla viene lasciato al caso, tutto deve comunicare qualcosa. O sembrare che lo faccia. Il confine tra arte e marketing? Labile, come sempre. Quando l’identità diventa accessorio da palco e la militanza un effetto scenico, il rischio di inciampare nell’ipocrisia è più che concreto. Le cause sono nobili, certo, ma qui sembrano arredamento, più che sostanza.

                Inclusività o hashtag di tendenza?

                Sia chiaro: nessuno mette in discussione l’importanza dei diritti, ci mancherebbe! Ma quando il messaggio fagocita l’arte, forse vale la pena farsi due domande. L’inclusività sembra più una strategia di posizionamento che una presa di posizione. Elodie, pi-up da urlo, spesso coperta nella voce e avvolta in brani che sembrano outfit d’alta moda più che esperienze musicali, sembra più preoccupata di finire in trending topic che nei cuori del pubblico.

                Il talento resta dietro le quinte

                Lo show ha avuto successo, i selfie sono piovuti come polpette, le stories in rete si sono moltiplicate. Missione compiuta. Ma che cos’è, oggi, un concerto se non una playlist visiva da spacchettare su TikTok? Elodie ha segnato tutte le caselle: ha pianto dove doveva, ha sventolato il simbolo giusto, ha domato il catino di San Siro. E l’arte? Forse non ha trovato parcheggio. O si è persa tra un faretto e una stories in 4K.

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