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Animali

Liberato l’orso da due anni incastrato in un coperchio di plastica

In Michigan un giovane orso nero è stato finalmente salvato dopo aver vissuto per due anni con un coperchio stretto al collo. Ora è libero e in salute.

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    Per due lunghi anni l’orso ha vagato nei boschi del Michigan con un coperchio di plastica blu incastrato attorno al collo. Ma il 2 giugno 2025, grazie alla segnalazione di un cittadino e all’intervento del Dipartimento delle Risorse Naturali (DNR), un giovane orso nero americano è stato finalmente liberato da quella trappola involontaria. Il salvataggio è avvenuto nella contea di Montmorency, dove i biologi hanno installato una trappola con esca dopo aver individuato l’animale tramite una fototrappola. Una volta catturato, l’orso è stato anestetizzato e il coperchio – probabilmente proveniente da un fusto da 209 litri usato per conservare mangimi – è stato rimosso. L’animale, un maschio di circa due anni e 50 chili, presentava cicatrici e un ascesso, ma era in buone condizioni generali.

    Il coperchio che ha fatto prigioniero l’orso

    Non è chiaro come l’animale sia rimasto incastrato, ma casi simili sono stati segnalati anche in Florida, Wisconsin e Tennessee. Il problema, spiegano gli esperti, è legato al diametro delle aperture nei contenitori: se troppo strette, possono trasformarsi in trappole mortali per la fauna selvatica. L’orso, una volta sveglio, è stato rilasciato nella stessa area. Una storia a lieto fine che ricorda quanto sia importante gestire con attenzione i rifiuti e i materiali potenzialmente pericolosi per gli animali selvatici. Perché anche un semplice coperchio può diventare una prigione. E un gesto umano, la chiave per spezzarla

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      Salva la tartaruga con la nuova corazza stampata in 3D

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        Un bell’esempio di come la tecnologia possa essere d’aiuto al mondo naturale. Una storia che ha per protagonista una tartaruga recuperata al largo di Cervia quattro anni fa gravemente ferita. L’animale – battezzato Cenere – presentava una profonda lesione da taglio sul carapace. Un problema che le aveva compromesso anche un polmone e l’uso parziale delle pinne posteriori.

        Il carapace stampato in 3 dimensioni

        Con l’utilizzo di una stampante 3D e la tecnologia laser scanner, grazie anche alla collaborazione tra l’Acquario di Cattolica e il Centro di recupero tartarughe marine Cestha di Marina di Ravenna, il guscio (in gergo “carapace”) le è stato sostituito. E la caretta, in via di guarigione, non vede l’ora di riprendere la via del mare. “Questi gusci, fissati con colla epossidica – sottolinea una nota – hanno rappresentato una soluzione innovativa.

        La riabilitazione della caretta avverrà a Cattolica

        Ne sono stati realizzati ben sei di scudi, che hanno seguito l’evolversi del tempo e l’adattamento alla crescita della tartaruga, alla progressiva guarigione della ferita e alla crescente ergonomicità richiesta. Adesso Cenere deve necessariamente recuperare la mobilità compromessa. Un’attività che svolgerà presso il rinomato Acquario di Cattolica, con a disposizione una grande vasca da 80.000 litri di capacità di acqua marina, che presenta un ambiente naturale ideale per la sua riabilitazione motoria e per abituarla all’uso delle sole pinne anteriori.

        Una struttura ideale per riabituarla alla libertà

        “La profondità e le dimensioni della vasca giocheranno un ruolo cruciale nel migliorare la mobilità di Cenere – afferma la responsabile scientifica Sara Segati – Il resto lo farà lei, che si è dimostrata grintosa, tenace e ha sopportato ben undici interventi chirurgici”.

        La campagna dell’Acquario sulle specie a rischio

        “Questo progetto rappresenta non solo un’opportunità unica per la tartaruga, ma anche un’importante iniziativa didattica e divulgativa – spiega Patrizia Leardini, Coo di Costa Edutainment – nel quale l’Acquario di Cattolica integrerà la permanenza di Cenere nella sua campagna comunicativa denominata Salva una specie in pericolo. Un percorso di sensibilizzazione per educare il pubblico sulla più che mai opportuna conservazione delle specie a rischio. Cenere rappresenterà una presenza emozionante anche per i visitatori dell’acquarioa, che potranno seguire passo dopo passo il suo processo di riacquisizione di fiducia con l’ambiente.

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          Animali

          Microchip per tutti: l’Europa mette ordine tra cani, gatti e guinzagli

          L’Europarlamento approva nuove regole per il benessere animale: microchip obbligatorio, stop alla vendita nei negozi e stretta sugli allevamenti.

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            Addio cuccioli in vetrina e pedigree improvvisati: l’Europarlamento ha approvato a larga maggioranza una proposta che rivoluziona la gestione di cani e gatti nell’Unione Europea. Con 457 voti favorevoli, la plenaria di Strasburgo ha dato il via libera a un pacchetto di misure che punta a rafforzare la tutela degli animali da compagnia, a partire da un obbligo. Tutti i cani e i gatti dovranno essere identificabili tramite microchip. I dati dei microchip saranno registrati in banche dati nazionali interoperabili, collegate a un indice centrale gestito dalla Commissione europea, per garantire tracciabilità e contrastare traffici illeciti.

            Via gli animali dalla vetrina

            Ma la stretta non si ferma qui: vietata la vendita di cani e gatti nei negozi di animali, così come la loro esposizione in vetrina. Per gli animali provenienti da Paesi terzi, sarà obbligatoria la registrazione preventiva online almeno cinque giorni prima dell’ingresso in UE, e l’identificazione tramite microchip dovrà avvenire prima dell’arrivo. Il testo approvato prende di mira anche gli allevamenti intensivi e le pratiche dannose: stop alla riproduzione tra consanguinei (genitori e figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle), divieto di allevare animali con caratteristiche morfologiche estreme che ne compromettano il benessere, e niente più collari a strozzo o a punte senza dispositivi di sicurezza.

            Più rispetto e meno sofferenza per cani, gatti & Co.

            Anche le mutilazioni e l’uso di animali con disabilità in spettacoli o competizioni saranno vietati. L’obiettivo è chiaro: più rispetto, meno sofferenza. Con questa posizione, il Parlamento europeo apre ora il negoziato con gli Stati membri per arrivare a un regolamento definitivo. Nel frattempo, Fido e Micio possono iniziare a prepararsi per il loro passaporto digitale. E i negozi di animali? Meglio che inizino a vendere peluche. Per quelli, il microchip non serve.

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              L’Axolotl, la salamandra che rigenera arti (e speranze) meglio di Wolverine

              all’acido retinoico al gene shox, il buffo anfibio messicano ci mostra come potremmo un giorno far ricrescere braccia e organi. Altro che supereroi.

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                Se perdi un braccio, niente panico: chiedi consiglio a un Axolotl. Sembra assurdo ma questo simpatico anfibio messicano, noto anche come Assolotto e diventato celebre grazie a Minecraft, ha una superabilità che farebbe impallidire persino Wolverine. Ovvero? Può rigenerare arti, cuore, polmoni e persino tessuti nervosi. E lo fa con una naturalezza disarmante, come se fosse la cosa più normale del mondo. L’Axolotl (Ambystoma mexicanum) vive nei canali del lago Xochimilco, vicino a Città del Messico, e ha un aspetto da creatura fantasy: branchie piumate, sorriso perenne e un’aria da eterno adolescente. Infatti, non cresce mai davvero: resta per tutta la vita nello stadio larvale, un fenomeno chiamato neotenia, che lo rende una sorta di Peter Pan degli anfibi.

                Il miracolo biologico dell’Axolotl

                Ma dietro quel musetto tenero si nasconde un miracolo biologico. Uno studio della Northeastern University, pubblicato su Nature Communications, ha svelato che il segreto della rigenerazione dell’axolotl è una molecola che tutti conosciamo. Si tratta dell’acido retinoico, il famoso derivato della vitamina A che troviamo nelle creme antirughe. I ricercatori hanno scoperto che questa molecola funziona come un GPS chimico: crea un gradiente di concentrazione che dice alle cellule rigenerative (i fibroblasti) dove si trovano e cosa devono ricostruire. Se sei all’altezza del gomito, ricostruisci l’avambraccio; se sei nella spalla, ricrea tutto il braccio. E non è finita qui. Quando i ricercatori hanno iniettato acido retinoico extra nella mano di un Axolotl, non è cresciuta solo una mano… ma un intero arto duplicato. Un effetto Frankenstein, ma col sorriso.

                Un sorriso branchiato

                Il gene chiave in tutto questo è shox, che regola la formazione degli arti. E indovinate un po’? Anche gli esseri umani ce l’hanno. Solo che da adulti, il nostro shox dorme profondamente. Ma se riuscissimo a risvegliarlo, magari con l’aiuto dell’acido retinoico, potremmo un giorno riattivare le istruzioni genetiche per far ricrescere arti e organi. Come dice il professor James Monaghan, autore dello studio: “I fibroblasti umani sanno costruire un arto. Lo hanno già fatto durante lo sviluppo embrionale. Il punto è farli tornare capaci di ascoltare”. Insomma, l’axolotl non è solo una mascotte adorabile. E’ un manuale vivente di rigenerazione, e forse un giorno ci insegnerà a ricostruire ciò che pensavamo perduto per sempre. E tutto questo… con un sorriso branchiato.

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