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Musica

Springsteen infiamma San Siro e attacca Trump: «L’America è in mano a un governo disonesto»

Sul palco di San Siro, Bruce Springsteen parla alla platea con un messaggio politico forte: critica Trump, difende la democrazia e cita Baldwin. E per farsi capire da tutti, fa tradurre in italiano ogni parola

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    Bruce Springsteen non è solo tornato a San Siro: ha acceso un fuoco. Davanti a 58mila spettatori, il Boss ha trasformato il primo dei suoi due concerti milanesi in una dichiarazione civile potente. L’ha fatto alla sua maniera: con musica, sudore, e parole che pesano. Tra un brano e l’altro, ha preso la parola e ha lanciato un attacco frontale a Donald Trump, parlando di “un’America tradita” e di “un governo corrotto e disonesto”. Un discorso carico di significato, proiettato in tempo reale con sottotitoli in italiano sui maxischermi dello stadio.

    «Benvenuti nel tour della terra della speranza e dei sogni», ha esordito, mentre l’arena esplodeva di entusiasmo. Poi, la stoccata politica: «La potente E Street Band è qui stasera per invocare il potere virtuoso dell’arte, della musica, del rock’n’roll in tempi pericolosi. A casa mia, l’America che amo, quella di cui ho scritto, che è stata un faro di speranza e libertà per 250 anni, è attualmente nelle mani di un’amministrazione corrotta, incompetente e traditrice».

    Non ha mai nominato direttamente Trump, ma il bersaglio era evidente. Springsteen ha parlato della necessità di resistere, di combattere l’autoritarismo con la cultura e l’impegno civile. «Stasera chiediamo a tutti coloro che credono nella democrazia e nel meglio del nostro esperimento americano di unirsi a noi, alzare la voce contro l’autoritarismo e far risuonare la libertà».

    Poi la chiusura, affidata alle parole dello scrittore afroamericano James Baldwin: «In questo mondo non c’è tanta umanità quanta se ne vorrebbe, ma ce n’è abbastanza».

    A quarant’anni esatti dal suo debutto a San Siro nel 1985, Bruce ha suonato con una forza che non conosce il tempo. Ha aperto con No Surrender e ha infilato uno dietro l’altro i suoi inni di resistenza e riscatto. Vestito con camicia, gilet e cravatta – look austero per una serata dal tono solenne – ha condotto il pubblico in un viaggio che è stato molto più di un concerto: un atto di fede nel potere della musica e della libertà.

    In tempi in cui anche le rockstar sembrano spesso rinchiuse in bolle di convenienza, Springsteen ha dimostrato ancora una volta di essere il Boss. Di se stesso, della sua arte, della sua coscienza. E ieri sera, anche di San Siro.

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      Musica

      The Dark Side of the… Pooh: siamo alla fantamusica!

      Gli alfieri del progressive rock inglese e il longevo quartetto pop di casa nostra; che cosa potranno mai avere in comune? Qualcuno sostiene una teoria quantomeno bizzarra…

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        E’ proprio il caso di considerarlo un paragone assurdo quello fra la band italiana e quella inglese. Anche se, a ben guardare, un elemento che li lega – anche se non certo positivo – esiste. Il brano di Facchinetti e soci Concerto per un oasi è molto simile alla floydiana Terminal Frost, tratta dall’album A Momentary Lapse of Reason. La composizione dei Pooh è, infatti, molto debitrice di suoni particolari. I Pooh li conosciamo tutti molto bene, hanno vissuto una lunghissima e gloriosa carriera, elevando il valore del pop (ogni tanto con qualche spruzzatina di rock…) in Italia. Certamente non avevano bisogno di copiare una delle formazioni progressive rock più ricche e celebrate. O forse sì…

        Nessuna azione legale da parte dei Pink Floyd

        Ad onor del vero va detto che non c’è mai stato alcun procedimento penale o giudiziario a riguardo. Si tratta quindi di una possibile copia mai realmente confermata, anche se gli ascoltatori più esperti possono certamente pensar male. Prova ad ascoltare…

        Comunque sia… rimane il fatto che la band italiana rappresenta un classico intramontabile, un romanzo popolare che da quasi sessant’anni non si smette di leggere. E, nonostante tour d’addio e saluti finali… non sembra abbiano intenzione di smettere. E a chi gli paragona alla band di David Gilmour, loro rispondono, con un – si spera – tocco di autoironia: “Non siamo i Pink Floyd italiani. Semmai sono loro i Pooh inglesi”.

        Tutto grazie al pubblico, che “alimenta la macchina”

        L’anno scorso Roby Facchinetti ha spento 80 candeline: «Emozione. Quella che sento dentro di me pensando a questo progetto, e che vedo sui volti delle persone che vengono ad ascoltarci. Il fuoco si autoalimenta così, la spinta a migliorare non finisce mai, però con una serenità e una consapevolezza che prima non c’erano. Se ci siamo rimessi a suonare dopo sette anni, e dopo la perdita di Stefano D’Orazio (il loro batterista, avvenuta nel 2020, ndr), lo dobbiamo all’insistenza dei nostri figli e all’amore del pubblico».

        Nel 2026 la festa per i 60 anni

        Al momento l’età pensionabile non è prevista. Nel 2025 si concederanno un anno sabbatico, e nel 2026 festeggeranno i sessant’anni di attività. Sempre avanti… finché ci sarà musica.

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          Musica

          Venditti depresso, fu salvato dal suicidio dall’amico Lucio Dalla

          Il popolarissimo cantautore romano, in attività dal 1972, si è raccontato in una lunga intervista a Domenica In, non nascondendo un aspetto molto difficile della sua vita. Segnato dalla depressione, trovò in Lucio Dalla un forte sostegno, capace di aiutarlo.

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            Domenica In rappresenta il termometro della popolarità dei personaggi dello spettacolo: se ci sei vuol dire che vali davvero! Quando Antonello Venditti è andato a fare visita alla “zia” Mara si è confessato a cuore aperto. Un contesto nel quale il cantautore si è raccontato senza filtri, parlando del suo nuovo libro e ripercorrendo la sua vita e la sua carriera rendendo noti al grande pubblico momenti particolarmente difficili che ha dovuto affrontare. Dai quali, fortunatamente, è riuscito a venire fuori.

            Anni ’80: grande successo ma un subdolo male di vivere nell’anima

            Nella chiacchierata conla Venier si arriva ad un certo punto a toccare gli Anni Ottanta. In quel perido Venditti, nonostante si trovasse nel pieno del suo successo artistico, era attanagliato da un malessere sordido, al punto da non riuscire a venirne fuori. Pensando addirittura di mettere drasticamente alla sua vita. Ad aiutarlo, però, ci fu un collega ed amico: l’indimenticabile Lucio Dalla.

            Grazie Lucio!

            Racconta l’artista romano di Sotto il segno dei pesci: “Lucio Dalla mi ha salvato, lo sanno tutti. Uno dei problemi della nostra vita è la depressione, che porta alla solitudine e all’idea di suicidio che sembra diventata comune. Lui se ne accorse nel 1980. Non avevo nulla, ma lui capì che io dovevo andare via da Roma. Mi portò a Carimate e li mi ha curato. Mi ha curato anche stare a contatto con altri artisti”. Un supporto esistenziale scaturito dal potere della musica musica e dalla possibilità di essere circondato da chi – come lui – condivideva le stesse passioni, riuscendo ad allentare la morsa della depressione.

            La vicinanza salvifica di alcuni colleghi

            “A Carimate, presso gli Stone Castle Studios, c’erano due studi: c’erano De Andrè, Lucio, i Pooh, Pino Daniele… La sera, quando avevamo finito le nostre session, stavamo insieme e ci confrontavamo. L’idea malvagia di farla finita non mi era passata, volevo uccidermi con la macchina. Sapevo guidare talmente bene che non mi è riuscito, non ci ho nemmeno provato”.

            Gli innovativi Studios di Carimate

            In un vecchio castello vicino Como, il discografico Antonio Casetta, ebbe infatti l’idea di aprire dei nuovi studi di registrazione con apparecchiature all’avanguardia (per l’epoca), con l’intento di realizzare una struttura che consentisse agli artisti, ai musicisti ed ai tecnici di vivere a stretto contatto in un ambiente isolato. Per dedicarsi anima e corpo alla realizzazione dei dischi in maniera totale, senza vincoli di orario.


            Al Circo Massimo, dove avvenne la rinascita

            Venditti ha proseguito questo per certi versi “doloroso” racconto, citando un preciso momento in cui ha avvertito come mai prima la possibilità di potersi rialzare in piedi: “Il mal di vivere mi è passato con l’amore ricevuto, percepito. Sono guarito veramente al Circo Massimo”. Il cantante parla naturalmente del grande concerto da lui tenuto nel 1983. Durante quella memorabile esibizione, Venditti eseguì Grazie Roma, per celebrare lo scudetto conquistato dalla sua squadra del cuore l’8 maggio 1983, pareggiando 1-1 in casa del Genoa. L’intero concerto fu poi pubblicato nel primo album live dell’artista.

            Uno scudetto “miracoloso”

            “Sono guarito dopo il primo scudetto della Roma. Avevo la sensazione che non ci fosse distonia tra me e gli altri. Io non mi piacevo, non mi accettavo. Tendevo alla perfezione e chi tende alla perfezione spesso è il più fragile”.

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              Bad Bunny: “Sì, farò il Super Bowl in spagnolo” e risponde alle polemiche dopo SNL

              Durante il monologo di apertura della prima puntata stagionale di Saturday Night Live, l’artista ha annunciato il suo Halftime Show e attaccato le critiche conservatrici con ironia e orgoglio latino.

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              Bad Bunny

                “Potreste non saperlo, ma mi esibirò al prossimo Halftime Show del Super Bowl, e sono molto felice”. Con queste parole, pronunciate sul palco del Saturday Night Live sabato 4 ottobre, Bad Bunny ha inaugurato la 51ᵃ stagione del celebre show, rispondendo direttamente alle polemiche sul suo futuro spettacolo. Ospite musicale della puntata è stata Doja Cat, ma è stato il monologo d’apertura, firmato dal rapper portoricano, a catalizzare l’attenzione.

                Il suo evento è previsto per l’8 febbraio 2026 al Levi’s Stadium di Santa Clara, in California, e sarà interamente in lingua spagnola. Scelta che ha acceso le polemiche: figure conservatrici come l’ex consigliere Corey Lewandowski e la Segretaria per la Sicurezza Interna Kristi Noem hanno ipotizzato la presenza dell’agenzia federale ICE, sostenendo che chi è nel Paese illegalmente non dovrebbe poter trovare “rifugio” neanche durante il Super Bowl.

                Lewandowski, ospite del podcast The Benny Show, aveva dichiarato: “Non c’è posto sicuro per chi è qui illegalmente, né al Super Bowl né altrove. Vi troveremo, vi arresteremo…”. Noem ha aggiunto che è sua responsabilità garantire che chi partecipa all’evento abbia la possibilità di entrare e uscire, associando questo principio all’identità americana.

                La risposta di Bad Bunny

                Sul palco di SNL, Bad Bunny ha usato ironia e spirito provocatorio. “Sono molto emozionato di partecipare al Super Bowl. So che le persone in tutto il mondo che amano la mia musica saranno altrettanto felici… persino Fox News”, ha detto, ridendo. Poi ha continuato in spagnolo: “Especialmente todos los latinos y latinas del mundo entero… aquí en EE.UU. Nadie podrá borrar cómo vivimos, cómo contribuimos…”.

                Infine, rivolgendosi al pubblico in inglese: “E se non avete capito cosa ho appena detto, avete quattro mesi per imparare!”. Un invito provocatorio che ha fatto il giro dei social in poche ore.

                Durante lo show è stato anche montato un breve video satirico in cui volti del blocco conservatore – in particolare di Fox News – vengono ricomposti per pronunciare: “Bad Bunny è il mio musicista preferito e dovrebbe essere il prossimo presidente”.

                Il contesto della polemica

                La nomina di Bad Bunny come artista principale del Super Bowl — il primo latino solista a ricevere l’incarico — ha già scatenato reazioni infuocate. Le critiche conservatrici hanno attaccato la scelta di cantare in spagnolo, l’immigrazione e la visibilità della cultura latina.

                Noem, in particolare, ha dichiarato che ICE “sarà presente” durante l’evento e che solo “cittadini rispettosi della legge” dovrebbero partecipare. Alla fine, il portavoce della Casa Bianca ha precisato che non c’è un piano confermato per dispiegare agenti al Super Bowl, sebbene la normativa preveda l’aumento della sicurezza per grandi eventi.

                Bad Bunny in passato aveva scelto di non includere date negli Stati Uniti durante il suo ultimo tour, citando come motivo le preoccupazioni relative a possibili raid dell’ICE nei confronti dei suoi fan latino.

                Un monologo che parla di identità

                Nel suo discorso, il rapper non ha solo risposto agli attacchi, ma ha costruito una difesa identitaria: “Questa possibilità non è mia soltanto, è per tutti i latini che hanno lavorato tanto per aprire porte… Nessuno potrà mai cancellare come viviamo e contribuiamo”. Le sue parole hanno assunto una valenza simbolica per milioni di persone che si riconoscono nella sua origine.

                Con il monologo a Saturday Night Live, Bad Bunny ha segnato un momento politico e culturale chiave: non solo un annuncio musicale, ma un gesto contro chi vuole minacciare chi parla spagnolo, chi è latino, chi esiste. Il Super Bowl diventa così una scena più vasta di musica: un palcoscenico per affermare visibilità, orgoglio e dignità.

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