Televisione
La D’Urso rimbalza anche in Rai: un veto per “garbo” (verso i Berlusconi, mica verso di lei)
Barbara D’Urso ancora esclusa dal piccolo schermo. Il suo ritorno in Rai salta per “motivi editoriali”, ma dietro si muovono equilibri fragili tra Meloni, Lega e famiglia Berlusconi. E così, la regina del pomeriggio finisce vittima di un sistema in cui tutti sono amici di tutti, tranne che suoi.

Il veto non è scritto, ma pesa come un macigno. Barbara D’Urso in Rai? Giammai. Troppo trash, troppo cara, troppo D’Urso. Ma soprattutto troppo scomoda in un momento in cui la politica detta i palinsesti come se fossero decreti legge. La regina della tv popolare è di nuovo fuori dai giochi, e non certo per “scelte editoriali”, come si affannano a dire da Viale Mazzini. Qui c’entra il “garbo”, sì, ma quello verso i Berlusconi. Mica verso di lei.
Eppure fino al 18 giugno il suo nome compariva nelle bozze dei palinsesti. C’era, nero su bianco, sotto la voce “prime time”, nel faldone del nuovo direttore Williams Di Liberatore, creatura leghista approdata al timone con tanto di benedizione di Antonio Marano, eminenza grigia del Carroccio. E allora perché la D’Urso non c’è più? Perché il suo ritorno in tv è diventato tabù?
Ufficialmente il programma presentato da Fremantle non convinceva. Troppo ambizioso, troppo costoso. Ma chi conosce i corridoi della Rai sa che nessuno, soprattutto un neodirettore, si sarebbe mai permesso di mettere in discussione un nome così gradito alla Lega, senza un ordine preciso dall’alto. E infatti, c’è chi sussurra che la telefonata giusta sia arrivata da chi, più in alto, ha voluto evitare rotture con Forza Italia e con l’universo berlusconiano. Un’alleanza che regge su fili sottilissimi. E una Barbara in prima serata avrebbe potuto strappare uno di quei fili.
Non è la prima volta che D’Urso paga il conto di un equilibrio altrui. È accaduto in Mediaset, dove si dice che la frattura definitiva con la famiglia Berlusconi risalga a ben prima della famosa foto ai funerali di Silvio. Altro che mani giunte: a quanto pare, a Cologno le mani hanno tremato per anni. Lei, però, ha incassato in silenzio. Fino all’intervista al Corriere, dove ha detto quel che doveva dire: senza rabbia, ma con una dignità che molti non si aspettavano da chi viene etichettata come regina del trash.
E ora? Ufficialmente, tutto rimandato a gennaio. Ma i bene informati sanno che gennaio è solo un modo elegante per dire “mai più”. Perché quando un programma viene bocciato dall’Ad in persona, nessun direttore ha il coraggio di riproporlo. Nemmeno se si chiama Di Liberatore. Nemmeno se dietro c’è Salvini in persona a spingere.
Intanto, in Rai si festeggiano gli ascolti “a pari perimetro” con Mediaset, dimenticando che sui canali tematici a Cologno si brinda ogni sera. E che il pubblico che amava la D’Urso, quello da milioni di spettatori, continua a restare orfano. Mentre i dirigenti si palleggiano la colpa come in una finale di calcetto tra ministeri.
Da due anni Barbara è fuori. Troppo facile ora etichettarla come simbolo di una tv superata, dimenticando quanto ha portato in termini di share e di soldi. La Rai meloniana gioca con il peperone “cazzone” a Camper, ma guai a ridare un microfono a Barbara. Sarebbe troppo.
E allora, aridatece la D’Urso. Con la sua faccia sempre perfetta, con i suoi sorrisi da commedia all’italiana, con la sua capacità di reggere da sola uno show intero mentre il palazzo la affossa a suon di “garbo istituzionale”. Perché tra trash e ipocrisia di Stato, almeno lei non ha mai fatto finta di essere un’altra.
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Televisione
DAZN, un pozzo senza fondo: nel 2023 ha perso 1,5 miliardi di dollari. E in Italia i conti non tornano
Il colosso dello streaming sportivo aumenta i ricavi ma continua a perdere cifre astronomiche. Solo nel 2023 il bilancio si è chiuso con un passivo di quasi 1,5 miliardi di dollari, mentre il suo azionista ha dovuto iniettare altre centinaia di milioni per tenere in piedi la baracca. In Italia la situazione resta preoccupante: i costi della Serie A pesano e gli abbonati non bastano a coprire le spese.

DAZN continua la sua corsa a perdifiato, ma il traguardo del pareggio di bilancio sembra sempre più un miraggio. I conti della piattaforma di streaming sportivo sono ancora in profondo rosso e il 2023 si è chiuso con perdite per 1,488 miliardi di dollari, un dato in peggioramento rispetto ai 1,262 miliardi del 2022. E non si tratta di un episodio isolato: dal 2018 a oggi il gruppo ha accumulato una perdita complessiva di 7,7 miliardi di dollari, con una media di 1,54 miliardi l’anno.
I numeri emergono dal bilancio consolidato 2023 di DAZN Group Limited, pubblicato sul sito ufficiale del governo britannico. Nel documento si legge che i ricavi globali della piattaforma sono saliti a 2,86 miliardi di dollari, in crescita del 30,3% rispetto ai 2,19 miliardi del 2022. Ma l’incremento delle entrate non è riuscito a tamponare il fiume di spese, soprattutto per i diritti televisivi, che rappresentano di gran lunga il costo maggiore per l’azienda. Solo nel 2023 DAZN ha speso 3,12 miliardi di dollari per i diritti tv, mentre nel complesso i costi operativi hanno superato i 4,2 miliardi di dollari.
Il problema principale resta quello di un modello di business che fatica a reggersi in piedi. DAZN sostiene di avere circa 300 milioni di utenti mensili, ma gli abbonati paganti – ovvero quelli che realmente generano ricavi – sarebbero appena 20 milioni secondo le stime di mercato. Un numero troppo basso per garantire la sostenibilità dell’intero sistema.
A tenere in piedi il colosso dello streaming sportivo è Len Blavatnik, il magnate ucraino naturalizzato britannico che controlla DAZN attraverso il suo gruppo Access Industries. Dal 2016 ad oggi, l’imprenditore ha dovuto versare quasi 7 miliardi di dollari nelle casse della società per evitarne il collasso, con un’ulteriore iniezione di 827 milioni di dollari solo negli ultimi mesi, tra cui 100 milioni a dicembre 2023.
Guardando al futuro, il management di DAZN prevede di raggiungere ricavi per 3,4 miliardi di dollari nel 2024, grazie anche all’acquisizione della società australiana Foxtel per 2,2 miliardi di dollari e ai diritti per i Mondiali per Club FIFA 2025, che da soli costeranno un miliardo di dollari. Obiettivi ambiziosi, ma che non cancellano il problema strutturale di fondo: DAZN continua a spendere più di quanto guadagni.
E in Italia? I numeri ufficiali non esistono, ma le stime parlano chiaro: la piattaforma perderebbe circa 200 milioni di euro ogni anno. Il costo principale è ovviamente rappresentato dai diritti della Serie A, per cui DAZN paga 700 milioni di euro l’anno, senza contare gli altri campionati e competizioni, dalla Liga alla Serie B. Applicando lo stesso schema del bilancio globale, si può ipotizzare che i costi operativi complessivi della piattaforma in Italia si aggirino attorno ai 930 milioni di euro annui.
Il problema è che gli abbonati italiani non bastano a coprire questa montagna di spese. DAZN può contare su circa 1,7 milioni di clienti, ma non tutti pagano la tariffa piena di 34,99 euro al mese. Anche ipotizzando che lo facessero, il fatturato si aggirerebbe sui 700 milioni di euro l’anno, a cui si aggiungono 50-60 milioni dalla pubblicità gestita da Mediaset. Più realisticamente, il giro d’affari di DAZN in Italia potrebbe essere inferiore ai 600 milioni, lasciando così un buco di almeno 200 milioni ogni 12 mesi.
Il paradosso è che DAZN, nata con l’ambizione di rivoluzionare il mercato della trasmissione sportiva, si ritrova oggi in una situazione finanziaria traballante, in cui ogni anno ha bisogno di capitali freschi per sopravvivere. Il modello basato sugli abbonamenti non si è dimostrato sufficiente e, nonostante i rincari applicati nel tempo, il problema della redditività resta enorme.
Il nodo cruciale è rappresentato dalla strategia sui diritti tv. DAZN continua a investire cifre enormi per garantirsi le esclusive, ma senza avere un ritorno economico immediato. E la sostenibilità di questo sistema è sempre più in discussione. Se da un lato gli investitori sperano in una crescita esponenziale dei ricavi nei prossimi anni, dall’altro la realtà dei numeri racconta una storia molto diversa.
Il rischio è che DAZN diventi l’ennesimo esempio di startup brucia-miliardi, sostenuta solo dall’intervento costante del suo finanziatore. Ma fino a quando Blavatnik sarà disposto a coprire le perdite? E soprattutto, quanto ancora potrà permettersi di farlo?
Televisione
Grande Fratello Gold: chi entrerà nella Casa dei veterani e chi è già fuori dai giochi
Cristina Plevani, Sophie Codegoni e Tommaso Zorzi tra i possibili concorrenti della versione celebrativa. Ma per Oriana Marzoli, Daniele Dal Moro e Luca Argentero la porta di Cinecittà sembra chiusa. E in studio spunta la strana coppia Orlando-Pettinelli.

Altro che “una sola edizione l’anno”: il Grande Fratello si fa in due. Per festeggiare i 25 anni dall’arrivo del reality più longevo della TV italiana, Mediaset lancia una doppia programmazione autunnale: da un lato il classico GF Nip, con volti non famosi; dall’altro il debutto di Grande Fratello Gold, una versione deluxe che riunirà i personaggi che hanno segnato la storia del programma.
A guidare questa doppia maratona saranno due volti ben noti al pubblico: Alfonso Signorini tornerà al timone della versione “celeb”, mentre Simona Ventura si occuperà della caccia ai nuovi gieffini. L’obiettivo? Celebrare la storia del programma, ma con dinamiche fresche e imprevedibili.
Intanto, il casting della Casa Gold alimenta indiscrezioni e speranze. La più accreditata? Cristina Plevani, prima vincitrice del GF e fresca di trionfo all’Isola dei Famosi. Con lei potrebbe tornare anche Sophie Codegoni, il cui passato sentimentale tra quelle mura promette sviluppi succosi. Spuntano poi i nomi di Dayane Mello, Floriana Secondi, Margherita Zanatta e persino Tommaso Zorzi, tutti veterani capaci di animare le dinamiche.
E in studio? Secondo i rumor, fuori Cesara Buonamici e Beatrice Luzzi, dentro la coppia Stefania Orlando e Anna Pettinelli: la prima da ex gieffina esperta, la seconda con la lingua affilata già vista ad Amici. Il mix promette scintille nei prime time del lunedì sera.
Non tutti, però, varcheranno la porta rossa. Le indiscrezioni parlano di esclusioni eccellenti: Oriana Marzoli e Daniele Dal Moro, spesso al centro del gossip, sembrerebbero tagliati fuori. Stessa sorte per Brando e Raffaella, mai realmente considerati. E se qualcuno sperava in un ritorno di Luca Argentero, dovrà rassegnarsi: l’attore avrebbe gentilmente declinato per “impegni artistici”.
Prepariamoci, dunque: quest’autunno il Grande Fratello non si limiterà a entrare nelle case degli italiani. Ne prenderà possesso. Due volte. E per 25 settimane.
Televisione
Can Yaman dice addio a “Viola come il mare”: e ora chi farà battere il cuore di Francesca Chillemi?
Impegni internazionali, duelli con la sciabola e passioni tropicali: l’attore turco più amato di sempre lascia “Viola come il mare” per dedicarsi a “El Turco” e alla nuova “Sandokan”. Le fan già in lutto (e in cerca di consolazione)

Strappate i poster, mettete in freezer le emozioni e preparate i fazzoletti: Can Yaman abbandona Viola come il mare. Dopo due stagioni da sogno, l’attore turco più cliccato d’Italia non tornerà a vestire i panni dell’affascinante Francesco Demir. Motivo? Troppo amore… per il lavoro.
Con El Turco e Sandokan che impazzano a livello internazionale, Can è ormai un divo globale. Nella prima serie lo vediamo alle prese con sciabole e turbanti nel ruolo del giannizzero Hasan Balaban; nella seconda diventa addirittura la Tigre della Malesia, a torso nudo tra giungle e sguardi ammiccanti. Con due set impegnativi e una preparazione da Marines, restava davvero poco spazio per le spiagge di Palermo e gli sguardi profondi tra lui e Francesca Chillemi.
Così, mentre la terza stagione di Viola era ancora in cantiere (con tanto di ritardo dovuto anche alla dolce attesa dell’attrice protagonista), è arrivata la notizia-bomba: Can saluta la fiction di Canale 5.
Le fan sono in rivolta. Il rapporto tra Viola Vitale e Francesco Demir era il cuore pulsante della serie, e immaginare una nuova stagione senza il detective dallo sguardo magnetico è un colpo basso. Chi prenderà il suo posto? Mistero assoluto. Le riprese, si dice, inizieranno a fine 2025: quindi di tempo per sperare ne resta.
Ma una cosa è certa: Viola come il mare 3 dovrà reinventarsi. E noi, nel frattempo, ci accontenteremo di Can versione pirata romantico o guerriero ottomano. Sempre meglio che niente. Anche se, diciamolo, un po’ ci manca già.
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