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Tennis

Bruno Barbieri tifa Sinner con parrucca arancione: «Ora un soufflé alla carota con caviale per il mio Jannik»

Tifoso sfegatato e ormai Carota Boy ad honorem, Bruno Barbieri ha seguito ogni set con cuore e bandana. E adesso sogna New York, e un’Italia con la spilletta di Jannik sulla giacca.

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    Bruno Barbieri non ha più voce. Non per un’indigestione da soufflé, ma per aver urlato come un ossesso davanti alla TV, solo in salotto, vestito in perfetto Wimbledon-style: maglioncino bianco con scollo a V, pantaloncini e parrucca arancione. «Ero pronto. Scaramantico come un napoletano», scherza. Chef, giudice e uomo dallo stile impeccabile, Barbieri non ha mai nascosto il suo tifo per Sinner. Ma questa volta ha esagerato: ha anche promesso di creare un piatto per lui. E promessa mantenuta.

    «Farò un soufflé alla carota», annuncia. «Il soufflé cresce, esplode di sapore, proprio come Jannik. E sopra ci metto un tocco di caviale: dobbiamo tirarcela un po’». Una dedica che è più di un piatto: è un’ode all’ascesa di un giovane campione, elegante e potente, come quella montagna da cui arriva. «Sinner è gente tosta, uno che viene giù come una valanga. Sa leggere le partite, non molla mai. Per anni dovranno fare i conti con lui».

    A Wimbledon, Jannik ha conquistato pubblico e avversari con il suo stile sobrio, mai sopra le righe. «Non parla mai, non fa casino, non sbatte racchette. Anche quando vince, guarda il coach e stringe il pugno. È un esempio enorme, soprattutto per i giovani. E anche per noi meno giovani: ci fa stare bene. E di esempi così abbiamo tutti bisogno».

    Lo chef sottolinea con orgoglio anche il valore simbolico del successo: «In un periodo in cui la Nazionale delude e in Formula 1 le prendiamo da tutti, uno come Sinner ti fa sentire orgoglioso. A Parigi c’era un tifo assurdo contro di lui, ma ora si devono tutti ridimensionare».

    Il prossimo passo? «Ci vediamo a New York», dice Barbieri. E non è solo una battuta: «Da oggi tutti con la spilletta di Jannik sulla giacca». E magari con un soufflé alla carota in forno.

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      Tennis

      Sinner gioca scoperto: sullo sfondo dell’iPhone spunta Laila Hasanovic, l’ex del figlio di Schumacher

      Bastava una telecamera dall’alto degli US Open per far cadere il muro di silenzio: la foto di Laila sul cellulare di Jannik conferma la liaison. E la love story con la ex di Mick Schumacher diventa improvvisamente ufficiale.

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        Un rovescio, un diritto e poi lo zoom assassino della regia americana. Una telecamera inquadra dall’alto Jannik Sinner, seduto in panchina durante gli US Open. Tutto normale, se non fosse per il dettaglio che ha incendiato i social: lo sfondo dell’iPhone del campione. Non un paesaggio, non una palla da tennis, ma il volto sorridente di Laila Hasanovic.

        E così, senza bisogno di comunicati né paparazzi appostati tra Montecarlo e Formentera, arriva la conferma della love story che già circolava sottotraccia. La top model danese, 23 anni, è l’ex fidanzata di Mick Schumacher, figlio del leggendario Michael. Ora, invece, è lei la protagonista del cuore del numero uno italiano.

        La liaison era già stata sussurrata da mesi: avvistamenti incrociati, cene monegasche, like strategici su Instagram. Ma Sinner, come sempre, aveva dribblato con il suo stile glaciale, la solita frase fatta: «Voglio parlare solo di tennis». Stavolta, però, è stato il suo stesso smartphone a tradirlo, trasformando la privacy in breaking news.

        Che sia un gesto voluto o una distrazione da principiante dei gossip, poco importa: lo scatto con Laila campeggia ora ovunque. «Game, set, match», titolano i tabloid danesi, mentre in Italia il pubblico si divide tra chi tifa per la nuova coppia e chi rimpiange la riservatezza del campione di Sesto Pusteria.

        Di sicuro Sinner ha scelto di scendere in campo anche fuori dal circuito: Laila non è un flirt qualsiasi, ma un nome già abituato ai riflettori internazionali. Con buona pace di Mick Schumacher, che deve incassare il colpo.

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          Tennis

          «Sono innamorato, ma non ne parlo» – Sinner confessa il nuovo amore e si racconta tra Lego, rivalità con Alcaraz e critiche alle Olimpiadi

          A New York, Jannik Sinner si concede alle domande dei giornalisti. Ammette la relazione con Laila Hasanovic, ex di Mick Schumacher, ma mette subito i paletti: «Non entro nei dettagli». Difende le sue scelte, ricorda i sacrifici da ragazzino, racconta le paure e l’ossessione per il miglioramento. E intanto il suo cuore batte forte, anche fuori dal campo.

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            New York, vigilia degli US Open. Jannik Sinner arriva con passo deciso, vestito Gucci e Rolex al polso, l’aria di chi è ormai un numero uno non solo sul campo, ma anche fuori. A 24 anni si trova a dover conciliare la concentrazione da campione con la curiosità morbosa che lo circonda. E stavolta un po’ si lascia andare.

            «Sono innamorato – confessa con un mezzo sorriso – ma della mia vita privata non voglio parlare». È la prima volta che ammette senza giri di parole la storia con Laila Hasanovic, modella danese ed ex fidanzata di Mick Schumacher. Una love story che il gossip inseguiva da settimane, e che adesso Sinner riconosce, pur mantenendo un alone di riservatezza: il ragazzo di Sesto Pusteria non vuole che la cronaca rosa sovrasti quella sportiva.

            Sul resto, però, non si tira indietro. Sulle critiche per la mancata partecipazione alle Olimpiadi risponde secco: «Non ho mai risposto e non voglio neanche rispondere». Punto e basta, senza polemiche. Il messaggio è chiaro: ha scelto la sua strada, chi lo accusa perda pure fiato.

            La rivalità con Carlos Alcaraz? Un classico delle nuove generazioni del tennis, che lui tratta con la freddezza del campione: «Non è detto che io e Carlos siamo quelli lì. Adesso sono due anni che giochiamo i Grandi Slam, ma le cose possono cambiare. Se uno non si migliora, altri arrivano. Tra due anni vedremo chi si è stabilito, chi è migliorato e chi è peggiorato». Una visione lucida e per certi versi disarmante: Sinner non si mette mai sul piedistallo, sa che lo sport è spietato.

            E sul gioco da perfezionare non ha dubbi: «Il servizio e il gioco a rete». Ammissioni che raccontano un ragazzo consapevole dei suoi limiti, pronto a smontarsi pezzo per pezzo per ricostruirsi ogni volta più solido. «Non essere paziente, voler fare tutto subito: questo era il mio difetto – rivela – ma ho imparato a lavorare sui dettagli. Mettere insieme i pezzi del puzzle è la strada giusta».

            Dietro questa crescita c’è anche il lavoro psicologico: «Non è nulla di naturale, c’è tanto lavoro dietro. All’inizio pensavo di essere forte, invece non lo ero. Con Riccardo Ceccarelli ci lavoriamo da anni. Mi ha aiutato ad accettare i difetti, poi la differenza la deve fare l’atleta».

            Ed è qui che Sinner sorprende: il rimedio per staccare la spina non è né yoga né meditazione, ma i Lego. «Mi sono appassionato moltissimo. Di sera costruisco, ascolto musica e penso ad altro. A New York sono andato in un negozio vicino all’hotel e ho comprato una Porsche: finita in cinque ore. Allora ho pensato: me ne serve una più grande. Forse l’ultima è troppo grande, ma mi piace. Ti tiene la mente occupata e libera allo stesso tempo».

            Il tennis, però, resta la sua ossessione. «Guardo tanto gli avversari, soprattutto la sera prima del match. La parte visuale è molto importante». Sul manicotto che indossa ancora sul braccio spiega: «A Wimbledon era per un’altra cosa, ora è solo una sensazione. Mi piace come mi fa sentire il braccio».

            Un ragazzo normale, nonostante i milioni in banca e gli sponsor da capogiro. «Non mi piace dire “sono il numero uno al mondo” – sottolinea – posso dire che sono un giocatore forte, ma numero uno lo diventi anche fuori dal campo, per come ti comporti. Il tennis è la mia vita, ma è piccolo. A 35 o 40 anni finisce, e poi devi decidere cos’altro fare».

            E qui torna il Sinner che non ti aspetti: prudente, quasi impacciato quando si parla di futuro. «Non ho idea di chi potrebbe costruire la mia casa. È troppo presto. Forse quando avrò 15 anni in più sarà già vecchia», scherza. La politica? «Le cose importanti sì, ma non entro nei dettagli, ne capisco anche poco».

            La memoria corre indietro, al ragazzino che a 13 anni lasciò casa per inseguire un sogno. «All’inizio è stato difficile, ma ho avuto fortuna. Una famiglia croata mi ha accolto, mi sono sentito come un fratello maggiore per i loro figli. Giocavo anche con il cane: a casa avevamo solo gatti». E il ricordo diventa quasi tenero, lontano dai riflettori di New York.

            Tra Lego, amore e rivalità, Jannik resta fedele a sé stesso: diretto, umile, allergico ai fronzoli. Un ragazzo che, anche con un Rolex al polso, non dimentica di essere quello che mette pezzo dopo pezzo un’auto di plastica per rilassarsi la sera. Numero uno sì, ma sempre a modo suo.

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              Tennis

              Sinner ko a Cincinnati, il mistero del malore: torta di compleanno, aria condizionata o virus intestinale?

              Un compleanno festeggiato con torta panna e fragole, un brindisi fuori programma, i soliti colpi micidiali dell’aria condizionata americana e l’ombra di un virus intestinale. Sono queste le ipotesi sull’improvviso malore che ha costretto Jannik Sinner a dire basta nella finale di Cincinnati.

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                Non è la sconfitta in sé a fare rumore, ma il motivo. Jannik Sinner a Cincinnati non ha perso contro Carlos Alcaraz: è stato battuto da un nemico invisibile. Il suo ritiro dopo appena cinque game resta un giallo. Che cos’ha messo ko il numero uno d’Italia, bianco in volto e incapace di muoversi?

                Gli indizi riportano al giorno prima, quando ha compiuto 24 anni. Gli organizzatori del torneo lo hanno festeggiato con una torta di panna e fragole, un brindisi e qualche foto. Un gesto di routine che però per un atleta di livello può trasformarsi in trappola. Basta una fragola non lavata o un cucchiaio di crema rimasto troppo fuori dal frigo per scatenare un’intossicazione alimentare.

                C’è poi l’altra pista, quella americana per eccellenza: l’aria condizionata. Onnipresente negli hotel, nei ristoranti e persino negli spogliatoi, con getti gelidi che colpiscono a tradimento. Non sarebbe la prima volta che un atleta paga il conto di un colpo d’aria, trasformato in dolori muscolari e malessere generale.

                Infine, l’ipotesi del virus intestinale. Un’infezione che non guarda classifiche né ranking, capace di annientare chiunque con nausea e debolezza. E chi ha visto Sinner domenica lo racconta pallido, con lo sguardo perso, come chi lotta con uno stomaco in rivolta.

                Niente ginocchia, niente caviglie, niente schiena. Stavolta non c’entra la meccanica del corpo, ma la chimica. «Da domenica non mi sentivo bene, speravo di migliorare nella notte e invece sono peggiorato» ha ammesso lui, quasi a confermare che il problema fosse interno, non muscolare.

                La finale è durata ventitré minuti, ma il giallo del malore resta. A New York Sinner dovrà difendere il titolo e scrollarsi di dosso l’incubo di Cincinnati. Intanto resta l’immagine di un campione che, per una torta, un condizionatore o un virus, ha visto incepparsi la sua macchina perfetta.

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