Cinema
Emma Stone a Venezia 2025: «Credo negli alieni. Anzi, forse io stessa lo sono».
In concorso a Venezia arriva Bugonia, commedia sci-fi folle con Jesse Plemons e Aidan Delbis. Emma Stone racconta il taglio di capelli, gli allenamenti per le scene di lotta e la difficoltà di essere divi: «Abbiamo un avatar pubblico e poi la persona vera».
«Credo negli alieni. Anzi, forse io stessa sono aliena». Emma Stone, tubino nero smanicato, ha scelto la Mostra del Cinema di Venezia per la sua battuta più virale. L’occasione è la presentazione di Bugonia di Yorgos Lanthimos, in concorso al festival. Una commedia sci-fi brillante e surreale, remake del cult sudcoreano Save the Green Planet! (2003) di Jang Joon-hwan.
Il film mette in scena Teddy e Don, due nerd ossessionati dalle teorie del complotto, interpretati da Jesse Plemons e Aidan Delbis. Convinti che la potente Ceo di una multinazionale farmaceutica (Stone) sia un’aliena pronta a distruggere la Terra, decidono di rapirla e rasarla a zero. Tra colpi di scena e ironia dark, la pellicola riflette su ossessioni contemporanee, fake news e catastrofi ambientali.
Per Stone si tratta della quarta collaborazione con Lanthimos, dopo The Favourite, Poor Things e Kinds of Kindness. «Lavorare con lui mi dà l’opportunità di esprimermi sempre in maniera diversa. Il fatto che si accompagni sempre alle stesse persone ha creato tra noi una famiglia», ha spiegato.
Non è mancato il riferimento al tema della celebrità, che attraversa anche il concorso veneziano con Jay Kelly di Noah Baumbach e George Clooney: «È difficile parlare di questo. Abbiamo un avatar pubblico per certe cose, e poi c’è la persona vera quando sono con i miei amici». Una confessione che riecheggia il sottotesto del film, sospeso tra maschere e identità.
L’attrice è tornata anche sul discusso taglio di capelli durante le riprese: «È stato difficile accettarlo, ma poi mi sono adattata». E sulle scene d’azione: «Per i combattimenti con Jesse Plemons mi sono allenata molto, anche se abbiamo usato diversi stuntmen».
Dal canto suo, Lanthimos ha spiegato che Bugonia non è un film distopico: «Riflette il mondo reale, quello che succede adesso. Racconta cose che non vediamo o non vogliamo vedere, come il cambiamento climatico che sta rovinando tutto». Il regista ha anche rifiutato la distinzione tra cinema indie e grandi studios: «Non ho mai amato categorizzare. Bisogna uscire dai pregiudizi».
Plemons, da sempre parco nelle parole, ha descritto il suo Teddy come «un’anima in pena che cerca con tutte le forze di aiutare gli altri, la sente come la sua unica mission». Un personaggio fragile e disturbante, capace di spiazzare lo spettatore. «Certo, per alcuni il film può essere disturbante – ha detto l’attore – ma esiste in tutti noi un istinto a evitare ciò che ci minaccia, anche se sappiamo che esiste».
Curiosità finale: il titolo Bugonia viene dal greco antico e significa “nascita del bue”. Si riferisce a un mito secondo cui dalle carcasse dei buoi morti nascevano le api, un equivoco simile alla teoria della generazione spontanea. Perfetto per un film che vive di ossessioni, equivoci e paure contemporanee.
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Cinema
Brad Pitt tra nuove ville e vecchie saggezze: “La vera forza è saper camminare da soli”
Mentre aggiunge un’altra villa al suo già ampio patrimonio immobiliare, Pitt riflette sulla solitudine come strumento di crescita interiore: “Chi sa viaggiare, mangiare e vivere da solo senza paura, dimostra sicurezza che nessuno può spezzare”.

Un piede sul tappeto rosso, l’altro saldo nel mondo degli investimenti immobiliari. Brad Pitt, 61 anni, ha acquistato una nuova villa sulle colline di Hollywood, per una cifra che sfiora gli 11 milioni di euro. Una residenza con vista mozzafiato su Los Angeles, che va ad aggiungersi al già variegato portafoglio di proprietà dell’attore: dalla storica casa di Los Feliz al castello di Miraval in Provenza, cuore della sua avventura vinicola.
Ma stavolta non è solo il mattone a far parlare. In parallelo all’acquisto, Pitt si è lasciato andare a una riflessione dal sapore quasi filosofico. «La vera forza non sta nel seguire la massa, ma nell’avere il coraggio di camminare da soli quando serve. Chi sa viaggiare, mangiare o vivere momenti da solo senza paura, dimostra una sicurezza interiore che nessuno può spezzare. Se impari a stare bene con te stesso, allora non c’è obiettivo, sogno o sfida che non possa diventare possibile», ha dichiarato.
Parole che suonano come una dichiarazione di intenti. Dopo anni di copertine legate al divorzio da Angelina Jolie, alle battaglie legali per la custodia dei figli e alle dispute milionarie sullo Château Miraval, l’attore sembra aver trovato un nuovo equilibrio. Lontano dai riflettori delle polemiche, Pitt rivendica il diritto a vivere la solitudine non come vuoto ma come forza rigeneratrice.
E mentre a Hollywood si rincorrono voci sul suo coinvolgimento in nuovi progetti cinematografici e sulla relazione con la jewelry designer Ines de Ramon, le sue parole aggiungono una sfumatura diversa al profilo del divo. Non solo l’uomo dai lineamenti scolpiti e dalla carriera invidiabile, ma anche il cinquantenne che riflette sul senso dell’autonomia personale.
La villa da 11 milioni, tra piscine, spa e sale panoramiche, è un simbolo di stabilità. Ma più della pietra conta il messaggio: Brad Pitt non cerca di seguire la massa. Preferisce costruire il proprio cammino, pietra dopo pietra, sogno dopo sogno.
Cinema
Kevin Spacey a Venezia: omaggi romagnoli e un nuovo film di fantascienza
Dal red carpet lagunare al progetto sci-fi che segna il suo ritorno dietro la macchina da presa, l’attore americano conferma il suo legame con l’Italia nonostante il passato controverso.

Kevin Spacey è tornato in Italia. Dopo la sua partecipazione all’Italian Global Series Festival dello scorso giugno, l’attore statunitense è sbarcato al Lido di Venezia per la 82esima Mostra del Cinema. Accolto da un omaggio distintivo offerto dal Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni. Una camicia di lino romagnola, decorata a mano con i timbri tradizionali di Santarcangelo, simbolo delle radici e della bellezza della regione. «Un piccolo gesto che racconta la nostra tradizione, l’amore per il cinema e la forza delle nostre origini», ha scritto Borgonzoni sui social.

Sul red carpet Spacey ha ribadito il suo affetto per l’Italia con parole semplici: “Amo Venezia. Sono felice di essere qui.” Ma la sua presenza non si limitava all’apparenza: l’occasione è servita per presentare il suo ritorno alla regia dopo venti anni. Con il trailer del nuovo film di fantascienza Holiguards Saga – The Portal of Force, di cui è anche regista e protagonista.
Girato in Messico tra il 2023 e il 2024 con un budget stimato di 10 milioni di dollari, il film vede nel cast stelle come Dolph Lundgren, Tyrese Gibson, Brianna Hildebrand, Disha Patani ed Eric Roberts. È il primo capitolo di una saga in cui due antiche fazioni sovrannaturali, Holiguard e Statiguard, si contendono il destino del pianeta. Lo scontro culmina in un attacco nucleare su Parigi attraverso il potere della mente e l’energia cosmica.
Questo rilancio alla regia segna un tentativo di rilancio professionale dopo anni di isolamento seguito alle accuse di molestie sessuali. Spacey era stato protagonista di un lungo decesso pubblico, ma le conclusioni processuali, con assoluzioni sia in USA che nel Regno Unito, hanno aperto la strada a questa sua apparizione pubblica.
In parallelo, la sua figura continua a essere al centro dell’attenzione mediatica per motivi extra-cinematografici. Ha chiesto pubblicamente che siano resi noti i documenti legati al caso Jeffrey Epstein, affermando che «chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere». È stato infatti citato tra i passeggeri del velivolo di Epstein, pur affermando di non aver avuto rapporti personali con il finanziere. E recentemente Spacey ha rivelato che anche Bill Clinton era presente su quel volo, approfittando per rinforzare la sua richiesta di trasparenza.
Questo doppio registro – artistico e personale – fa emergere il ritratto di un uomo che prova un ritorno in scena a tutti i costi, tra ombre del passato e nuove ambizioni cinematografiche.
Cinema
Alain Delon, la guerra dei figli per l’eredità: Alain-Fabien contro Anthony e Anouchka, testamento nel mirino dei giudici
Il documento, firmato a Ginevra, nomina unica erede Anouchka, correggendo il primo testamento che divideva il patrimonio tra i tre figli. Alain-Fabien denuncia i fratelli e contesta anche una donazione che assegna alla sorella la maggioranza delle quote della società Adid. Prima udienza fissata per marzo 2026 a Parigi.

Non c’è pace tra i figli di Alain Delon, il divo del cinema francese morto a 88 anni poco più di un anno fa. Il più giovane, Alain-Fabien, 31 anni, ha fatto causa al fratello Anthony, 60, e alla sorella Anouchka, 34, chiedendo l’annullamento del secondo testamento dell’attore. Secondo quanto riportato da “Le Monde”, sarebbe in possesso di prove mediche inedite che dimostrerebbero come, al momento della firma, il padre non fosse più in grado di intendere e volere.

La notizia è stata comunicata ufficialmente agli eredi da un ufficiale giudiziario. Il testamento impugnato è quello redatto a Ginevra, con cui Delon nominava unica beneficiaria Anouchka, correggendo il contenuto del primo, risalente al 2015. In quell’occasione l’attore aveva deciso di dividere il patrimonio, stimato in diverse decine di milioni di euro, tra i tre figli. Metà ad Anouchka, il resto suddiviso in parti uguali tra Anthony e Alain-Fabien.
Nella sua azione legale, il figlio minore contesta non solo il testamento. Ma anche una donazione del 2023 che assegna ad Anouchka il 51% delle quote di Adid (Alain Delon International Distribution), la società che gestisce il marchio e i diritti d’immagine dell’attore. Anche Anthony viene coinvolto nella causa, in quanto la legge francese impone che tutti gli eredi ed eventuali esecutori testamentari siano citati in giudizio.
A sostegno della sua richiesta, Alain-Fabien richiama la decisione di un tribunale del 2024. Che aveva imposto a Delon una misura di “tutela rafforzata” poiché l’attore “presentava disturbi cognitivi che alterano l’espressione della volontà”. Per questo, sostiene, non avrebbe avuto “il discernimento sufficiente” per firmare né un testamento né atti di donazione.
La prima udienza civile è fissata per il 9 marzo 2026 davanti al tribunale di Parigi. Un appuntamento che si annuncia come il capitolo giudiziario più delicato della saga familiare. Destinata a gettare un’ombra sul mito di Alain Delon anche dopo la sua morte.
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