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Cinema

Kevin Spacey a Venezia: omaggi romagnoli e un nuovo film di fantascienza

Dal red carpet lagunare al progetto sci-fi che segna il suo ritorno dietro la macchina da presa, l’attore americano conferma il suo legame con l’Italia nonostante il passato controverso.

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Kevin Spacey

    Kevin Spacey è tornato in Italia. Dopo la sua partecipazione all’Italian Global Series Festival dello scorso giugno, l’attore statunitense è sbarcato al Lido di Venezia per la 82esima Mostra del Cinema. Accolto da un omaggio distintivo offerto dal Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni. Una camicia di lino romagnola, decorata a mano con i timbri tradizionali di Santarcangelo, simbolo delle radici e della bellezza della regione. «Un piccolo gesto che racconta la nostra tradizione, l’amore per il cinema e la forza delle nostre origini», ha scritto Borgonzoni sui social.

    Sul red carpet Spacey ha ribadito il suo affetto per l’Italia con parole semplici: “Amo Venezia. Sono felice di essere qui.” Ma la sua presenza non si limitava all’apparenza: l’occasione è servita per presentare il suo ritorno alla regia dopo venti anni. Con il trailer del nuovo film di fantascienza Holiguards Saga – The Portal of Force, di cui è anche regista e protagonista.

    Girato in Messico tra il 2023 e il 2024 con un budget stimato di 10 milioni di dollari, il film vede nel cast stelle come Dolph Lundgren, Tyrese Gibson, Brianna Hildebrand, Disha Patani ed Eric Roberts. È il primo capitolo di una saga in cui due antiche fazioni sovrannaturali, Holiguard e Statiguard, si contendono il destino del pianeta. Lo scontro culmina in un attacco nucleare su Parigi attraverso il potere della mente e l’energia cosmica.

    Questo rilancio alla regia segna un tentativo di rilancio professionale dopo anni di isolamento seguito alle accuse di molestie sessuali. Spacey era stato protagonista di un lungo decesso pubblico, ma le conclusioni processuali, con assoluzioni sia in USA che nel Regno Unito, hanno aperto la strada a questa sua apparizione pubblica.

    In parallelo, la sua figura continua a essere al centro dell’attenzione mediatica per motivi extra-cinematografici. Ha chiesto pubblicamente che siano resi noti i documenti legati al caso Jeffrey Epstein, affermando che «chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere». È stato infatti citato tra i passeggeri del velivolo di Epstein, pur affermando di non aver avuto rapporti personali con il finanziere. E recentemente Spacey ha rivelato che anche Bill Clinton era presente su quel volo, approfittando per rinforzare la sua richiesta di trasparenza.

    Questo doppio registro – artistico e personale – fa emergere il ritratto di un uomo che prova un ritorno in scena a tutti i costi, tra ombre del passato e nuove ambizioni cinematografiche.

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      Cinema

      Paul Haggis firma il RIFF 2025 e incorona Violent Butterflies e E se mio padre: Roma torna capitale del cinema indipendente

      Con 88 opere in anteprima e una direzione artistica che ha rilanciato il ruolo del cinema indipendente, il RIFF 2025 ha premiato Adolfo Dávila per Violent Butterflies e Solange Tonnini per E se mio padre, restituendo a Roma la sua vocazione internazionale

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        Dal 21 al 28 novembre Roma è tornata a essere la capitale del cinema indipendente con la XXIV edizione del RIFF – Rome Independent Film Festival, un appuntamento che da oltre vent’anni offre spazio alle voci più libere della scena internazionale. L’edizione 2025 ha segnato il debutto del Premio Oscar Paul Haggis alla direzione artistica, presenza che ha acceso una nuova attenzione sul festival e sul futuro del settore. Fin dall’apertura Haggis aveva chiarito la sua posizione: «Il RIFF è diventato uno dei festival più importanti dedicati al cinema indipendente. L’Italia ha una lunga tradizione di sostegno a queste voci, e Roma ne è sempre stata il cuore».

        La sua riflessione è diventata il filo conduttore dell’intera settimana, soprattutto quando il regista ha denunciato il rischio di un’industria dominata dagli algoritmi. «Non molto tempo fa un regista coraggioso poteva trovare un finanziatore disposto a fidarsi del suo istinto. Oggi è raro trovare produttori o acquirenti che non dipendano dagli streamer». Parole che hanno risuonato con forza mentre scorrevano le 88 opere presentate in anteprima italiana, testimonianza concreta di una creatività che continua a muoversi fuori dalle logiche del mercato globale.

        La giuria internazionale ha assegnato il premio come Miglior Film a Violent Butterflies di Adolfo Dávila, riconosciuto per la capacità di coniugare intensità politica e sensibilità poetica. Il titolo di Miglior Lungometraggio Italiano è andato a E se mio padre di Solange Tonnini, apprezzato per la delicatezza con cui racconta legami familiari e fragilità emotive. Premi che hanno confermato lo spirito del RIFF: valorizzare opere che difficilmente troverebbero spazio nei circuiti mainstream.

        Con l’annuncio dei vincitori il festival si è chiuso riaffermando la sua identità. «Sarebbe un vero peccato perdere le voci indipendenti di oggi, perché sono quelle che ci entusiasmeranno maggiormente», ha ricordato Haggis. Un messaggio che ha accompagnato la fine dell’edizione e che guarda già al futuro, in una Roma che continua a essere un rifugio creativo per chi sceglie di raccontare storie senza chiedere il permesso agli algoritmi.

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          Cinema

          George Clooney confessa: “Quel maledetto di Brad Pitt! Mi soffiò Thelma & Louise e ci ho messo anni a perdonarlo”

          Nel 1991 Clooney e Pitt erano entrambi emergenti e in corsa per lo stesso ruolo. Pitt lo ottenne, diventò una star e Clooney non guardò il film per anni. Ora l’attore ammette: “Doveva farlo lui”. E Geena Davis rivela: “Ho scelto il ragazzo biondo”.

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            A volte il cinema scrive i suoi destini con un casting, un provino e un po’ di karma. E George Clooney, che oggi è uno degli uomini più potenti di Hollywood, non ha problemi a raccontare quando quel destino gli è passato davanti… con il volto perfettamente scolpito di Brad Pitt.

            Parlando con Screen Rant, Clooney ha ricordato il provino più amaro della sua carriera: quello per Thelma & Louise, il film del 1991 di Ridley Scott che avrebbe lanciato Pitt nell’Olimpo del cinema. «Eravamo io e Brad. Entrambi in difficoltà, agli inizi. Lui ce l’ha fatta, io no. E sì, ero incazzato», ha confessato con la sua ironia elegante. «Non ho guardato il film per anni. Pensavo: “Quel maledetto…”».

            Brad Pitt, in effetti, in quel ruolo di J.D. — jeans larghi, cappello da cowboy, sorriso da rapina — diventò immediatamente un’icona. «Poi l’ho rivisto e ho pensato: doveva farlo lui. Funziona così: certe cose sfuggono, ma per buone ragioni. Non puoi vivere pensando: “Quello dovevo farlo io”».

            Una battuta d’altri tempi, eppure la storia del provino perfetto ha un retroscena ancora più gustoso. A raccontarlo è stata Geena Davis, protagonista del film. Ai microfoni del Graham Norton Show ha ricordato la “finalissima” per il ruolo di J.D.: Brad Pitt, George Clooney, Grant Show e Mark Ruffalo. Tutti belli, tutti bravi, tutti castani.

            Finché non entra Pitt.
            «Era così carismatico che mi ha mandato in tilt. Ho dimenticato tutte le battute. Pensavo soltanto: “Mamma mia, che talento”. Quando mi hanno chiesto una preferenza ho risposto subito: “Il ragazzo biondo!”».

            Una scelta impulsiva che ha riscritto la carriera di tutti: Brad Pitt è diventato la star che conosciamo, Clooney avrebbe trovato la sua consacrazione qualche anno dopo, e Thelma & Louise è rimasto nella storia come un film cult capace di rigenerarsi a ogni generazione.

            Oggi i due attori sono amici, complici sul set della saga di Ocean’s, e perfettamente consapevoli che a Hollywood le strade si incrociano, si perdono e poi tornano a unirsi. Ma Clooney quel sassolino se l’è tolto, con un sorriso che vale più di mille red carpet: «Per anni ho pensato: “Quel maledetto di Brad”…».

            E in fondo, chi non l’avrebbe pensato?

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              Cinema

              Sydney Sweeney in corsa per diventare la nuova Bond Girl: “Forse sì, forse no… dipende tutto dalla sceneggiatura”

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                Sydney Sweeney potrebbe diventare la prossima Bond Girl. Le voci, che da giorni rimbalzano sui media americani e britannici, la danno in pole position per il nuovo capitolo della saga di James Bond, il primo sotto il pieno controllo di Amazon Studios dopo l’acquisizione di MGM per 6,1 miliardi di dollari.

                L’attrice di Euphoria e The White Lotus, 28 anni, è considerata una delle interpreti più richieste del momento e il suo nome circola con insistenza tra i candidati del cast. Secondo Variety, lo stesso Jeff Bezos, fondatore di Amazon, vedrebbe con entusiasmo la Sweeney nel ruolo.

                Un indizio, forse, arriva anche dalla vita reale: la scorsa estate l’attrice era tra gli ospiti del matrimonio di Bezos con Lauren Sanchez a Venezia. Ma non solo. I tre collaborano anche per la distribuzione della linea di lingerie firmata Sweeney, dettaglio che alimenta i sospetti di un legame professionale sempre più stretto.

                Intervistata da Variety, Sydney ha giocato sul filo della diplomazia. «Non so (pausa di sette secondi)… non posso (altra lunga pausa). Ad essere onesta, non sono a conoscenza delle voci. Ma sono sempre stata una grande fan del franchise e sono curiosa di vedere cosa faranno», ha detto sorridendo. Poi ha aggiunto: «Dipende tutto dalla sceneggiatura. In realtà, mi piacerebbe di più interpretare 007 che la Bond Girl».

                Il prossimo film dell’agente segreto, il ventiseiesimo della saga, sarà diretto da Denis Villeneuve con la sceneggiatura firmata da Steven Knight, autore di Peaky Blinders.

                Negli ultimi mesi la Sweeney è stata al centro di diverse controversie: la pubblicità di American Eagle di cui è protagonista è stata accusata di “promuovere l’eugenetica”, accusa amplificata dal fatto che l’attrice, rarità a Hollywood, è registrata come elettrice repubblicana.

                Tra scandali, ruoli da sogno e strategie di marketing, Sydney Sweeney continua a essere il volto perfetto di una Hollywood che mescola glamour, provocazione e potere. E se davvero diventerà la nuova musa di 007, lo farà a modo suo — con la stessa sicurezza con cui, in ogni intervista, lascia che sia il silenzio a dire tutto.

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