Musica
Bad Bunny: “Sì, farò il Super Bowl in spagnolo” e risponde alle polemiche dopo SNL
Durante il monologo di apertura della prima puntata stagionale di Saturday Night Live, l’artista ha annunciato il suo Halftime Show e attaccato le critiche conservatrici con ironia e orgoglio latino.
“Potreste non saperlo, ma mi esibirò al prossimo Halftime Show del Super Bowl, e sono molto felice”. Con queste parole, pronunciate sul palco del Saturday Night Live sabato 4 ottobre, Bad Bunny ha inaugurato la 51ᵃ stagione del celebre show, rispondendo direttamente alle polemiche sul suo futuro spettacolo. Ospite musicale della puntata è stata Doja Cat, ma è stato il monologo d’apertura, firmato dal rapper portoricano, a catalizzare l’attenzione.
Il suo evento è previsto per l’8 febbraio 2026 al Levi’s Stadium di Santa Clara, in California, e sarà interamente in lingua spagnola. Scelta che ha acceso le polemiche: figure conservatrici come l’ex consigliere Corey Lewandowski e la Segretaria per la Sicurezza Interna Kristi Noem hanno ipotizzato la presenza dell’agenzia federale ICE, sostenendo che chi è nel Paese illegalmente non dovrebbe poter trovare “rifugio” neanche durante il Super Bowl.
Lewandowski, ospite del podcast The Benny Show, aveva dichiarato: “Non c’è posto sicuro per chi è qui illegalmente, né al Super Bowl né altrove. Vi troveremo, vi arresteremo…”. Noem ha aggiunto che è sua responsabilità garantire che chi partecipa all’evento abbia la possibilità di entrare e uscire, associando questo principio all’identità americana.
La risposta di Bad Bunny
Sul palco di SNL, Bad Bunny ha usato ironia e spirito provocatorio. “Sono molto emozionato di partecipare al Super Bowl. So che le persone in tutto il mondo che amano la mia musica saranno altrettanto felici… persino Fox News”, ha detto, ridendo. Poi ha continuato in spagnolo: “Especialmente todos los latinos y latinas del mundo entero… aquí en EE.UU. Nadie podrá borrar cómo vivimos, cómo contribuimos…”.
Infine, rivolgendosi al pubblico in inglese: “E se non avete capito cosa ho appena detto, avete quattro mesi per imparare!”. Un invito provocatorio che ha fatto il giro dei social in poche ore.
Durante lo show è stato anche montato un breve video satirico in cui volti del blocco conservatore – in particolare di Fox News – vengono ricomposti per pronunciare: “Bad Bunny è il mio musicista preferito e dovrebbe essere il prossimo presidente”.
Il contesto della polemica
La nomina di Bad Bunny come artista principale del Super Bowl — il primo latino solista a ricevere l’incarico — ha già scatenato reazioni infuocate. Le critiche conservatrici hanno attaccato la scelta di cantare in spagnolo, l’immigrazione e la visibilità della cultura latina.
Noem, in particolare, ha dichiarato che ICE “sarà presente” durante l’evento e che solo “cittadini rispettosi della legge” dovrebbero partecipare. Alla fine, il portavoce della Casa Bianca ha precisato che non c’è un piano confermato per dispiegare agenti al Super Bowl, sebbene la normativa preveda l’aumento della sicurezza per grandi eventi.
Bad Bunny in passato aveva scelto di non includere date negli Stati Uniti durante il suo ultimo tour, citando come motivo le preoccupazioni relative a possibili raid dell’ICE nei confronti dei suoi fan latino.
Un monologo che parla di identità
Nel suo discorso, il rapper non ha solo risposto agli attacchi, ma ha costruito una difesa identitaria: “Questa possibilità non è mia soltanto, è per tutti i latini che hanno lavorato tanto per aprire porte… Nessuno potrà mai cancellare come viviamo e contribuiamo”. Le sue parole hanno assunto una valenza simbolica per milioni di persone che si riconoscono nella sua origine.
Con il monologo a Saturday Night Live, Bad Bunny ha segnato un momento politico e culturale chiave: non solo un annuncio musicale, ma un gesto contro chi vuole minacciare chi parla spagnolo, chi è latino, chi esiste. Il Super Bowl diventa così una scena più vasta di musica: un palcoscenico per affermare visibilità, orgoglio e dignità.
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Musica
Addio a Ornella Vanoni: la voce senza tempo
Dal Piccolo Teatro di Strehler alle “canzoni della mala”, dall’amore artistico con Paoli al Brasile di Vinícius e Toquinho, dal jazz alle collaborazioni con le nuove generazioni: Ornella Vanoni ha incarnato eleganza, fragilità, sensualità e autoironia come nessun’altra. Il suo percorso è la storia di una donna che ha attraversato il tempo senza inseguirlo, reinventandosi sempre, senza mai perdere profondità.
Pensare a Ornella Vanoni come a un capitolo chiuso sembra quasi impossibile. La sua voce, il suo modo di muoversi, quella grazia un po’ storta e irresistibile erano diventati parte dell’identità emotiva del Paese. Ieri, nella sua casa di Milano, l’artista ci ha lasciati a 91 anni, dopo una vita che non è stata mai una linea retta ma un paesaggio: vasto, irregolare, bellissimo.
Da bambina timida, segnata dall’acne e dal desiderio concreto di diventare estetista, Ornella è cresciuta tra gli spostamenti della guerra e i collegi. A Milano scopre il palcoscenico, l’unico luogo in cui sente davvero di respirare. Il Piccolo Teatro la accoglie e Giorgio Strehler la vede subito: una fragilità luminosa, un magnetismo naturale, una sincerità che nessuna tecnica avrebbe potuto insegnarle. Fu un amore artistico e umano intenso, complesso, formativo.
Poi arriva il debutto musicale negli anni Cinquanta: Ornella canta le “canzoni della mala” scritte da Dario Fo, e lo fa con un tono sospeso tra ironia e tragedia. Il pubblico non era pronto, ma lei sì. Non gridava: esisteva. Ed esistere, per lei, era già rompere un confine.
Negli anni successivi incrocia Luigi Tenco, con la malinconia dolce dei grandi fragili, e Gino Paoli, l’incontro che cambia tutto. Da lui nasce Senza fine, manifesto perfetto del suo modo di stare al mondo: elegante, sospeso, inafferrabile. Da quel momento, teatri e televisioni diventano casa: Ornella occupa lo spazio con una naturalezza che nessuno aveva prima.
Nel 1976 decide di cambiare tutto e sceglie il Brasile. Toquinho, Vinícius de Moraes, la musica che le somiglia: calda, levigata, malinconica. La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria è uno dei vertici della sua carriera, la sua vera seconda nascita. Subito dopo arriva il jazz, il territorio dei musicisti più esigenti. Hancock, Garbarek, tutti la accolgono come un’uguale.
Infine l’ultima Vanoni, quella diventata icona pop inattesa negli anni Duemila: ironica, lucidissima, capace di parlare di morte come di una vecchia amica; capace di giocare con Fazio, litigare con mezzo mondo dello spettacolo e scegliersi Ditonellapiaga ed Elodie per l’album Diverse. Su Instagram, ogni suo video è una masterclass di stile involontario.
Ornella Vanoni non è mai appartenuta a nessuno. Era una donna che viveva la sensualità con naturalezza, senza ostentarla né reprimerla. Ha aperto strade senza proclami, ha scardinato tabù con la semplicità di chi non ha nulla da dimostrare. La sua voce resta: vellutata, malinconica, consapevole, sempre un passo più avanti del sentimento comune.
E mentre l’Italia la saluta, resta una sensazione che nessun addio può cancellare: Ornella non se ne va davvero. Perché certe voci non appartengono al tempo. Appartengono alla vita. E la sua, fino all’ultimo, è stata un’opera aperta. Senza fine.
Musica
Kris Jenner fiuta l’affare del secolo: «Chi riporterà Britney Spears sul palco farà una fortuna»
Kris Jenner, sempre più regina Mida dell’intrattenimento americano, è convinta che il ritorno live di Britney Spears valga oro puro. Secondo indiscrezioni, sta analizzando ogni dettaglio per capire come avvicinare la cantante e il suo team, certa che chi riuscirà nell’impresa potrà incassare una fortuna.
Kris Jenner non si lancia in un’impresa se non intravede un potenziale colossale. E stavolta il suo radar sembra puntato su un obiettivo che Hollywood sogna da anni: il ritorno di Britney Spears sul palco. La matriarca del clan Kardashian è convinta che la popstar sia il più grande “tesoro” ancora inutilizzato dell’industria musicale, un diamante grezzo che aspetta solo la giusta mano per tornare a brillare.
Un ritorno che potrebbe valere milioni
Secondo fonti vicine alla famiglia Kardashian, Jenner ritiene che la prima persona — o il primo team — capace di convincere Britney a cantare di nuovo dal vivo potrebbe mettere le mani su un affare multimilionario. Tour, speciali televisivi, merchandising, documentari: il ritorno della Principessa del Pop sarebbe un evento planetario, una macchina da soldi con pochi precedenti nell’entertainment moderno.
Kris studia la strategia
La manager più temuta e rispettata d’America non ha alcuna intenzione di improvvisare. Sta valutando con estrema cautela come avvicinare Britney, come comunicare con il suo entourage e, soprattutto, quale formula proporre per non apparire invadente. Jenner sa bene che la Spears, uscita solo da pochi anni dal lungo incubo della conservatorship, protegge il suo spazio personale come un recinto sacro. Muoversi male significherebbe bruciare tutto.
Un puzzle delicatissimo
Il nodo non è solo economico. È emotivo, è psicologico, è d’immagine. A differenza dei tanti artisti che Kris ha trasformato in imperi — dalle figlie alle nuore, fino alle partnership più improbabili — Britney vive un equilibrio molto fragile. Il suo ritorno dovrebbe essere presentato come un atto di libertà, non di business. Per questo, la Jenner sta studiando come calibrarsi: né troppo forte, né troppo distante. Un corteggiamento da manuale.
Il mondo aspetta solo lei
E Kardashians o no, su un punto ha ragione: l’attesa globale c’è. Il pubblico che è cresciuto con “Toxic”, “Oops!… I Did It Again” e “Slave 4 U” non ha mai smesso di volerla vedere sul palco. Britney resta un’icona pop assoluta e, dopo anni tra tribunali, memoir e post criptici su Instagram, l’idea di un comeback è diventata una sorta di miraggio collettivo.
Riuscirà Kris nel suo colpo più audace?
Non è detto che la Spears accetti. Non è nemmeno certo che voglia farlo. Ma se c’è qualcuno che sa trasformare un “forse” in una miniera d’oro, è Kris Jenner. E stavolta la partita è più grande di tutte le altre.
Musica
Annalisa risponde agli hater: “Dicono che sono sempre in mutande, ma a volte ho un lupetto”
Ospite del programma Say Waaad? condotto da Michele Caporosso su Radio Deejay, Annalisa ha affrontato il tema degli haters che la accusano di mostrarsi troppo. “Scrivono cose assurde senza neanche sapere cosa commentano. Io non mi faccio toccare da tutto questo”.
Ha imparato a ignorare le cattiverie, ma quando serve risponde con ironia. Annalisa, ospite del programma Say Waaad? su Radio Deejay, ha replicato con fermezza a chi sui social la accusa di esibire troppo il proprio corpo. “Io penso che quelli che scrivono quella roba là manco sanno che cosa stanno commentando – ha spiegato –. A volte leggo ‘questa è sempre in mutande’, e magari invece sono con un maglione lupetto”.
La cantante e gli hater
La popstar, che il 10 ottobre ha pubblicato l’album Ma io sono fuoco, non si è tirata indietro davanti alle domande di Michele “Wad” Caporosso, sottolineando quanto i social possano diventare una valvola di sfogo per la frustrazione. “Non so se guardano davvero, magari lo fanno anche, però c’è tanta frustrazione, questo sì”.
“Cattivi a caso”
Poi la riflessione più amara: “La gente molto spesso sui social è cattiva, ma non è cattiva con la testa, è cattiva a caso. E onestamente ha anche un po’ stancato”. Parole che raccontano una consapevolezza nuova, maturata negli anni tra palchi e tastiere.
Tra musica e libertà
Annalisa oggi è una delle artiste più seguite e ascoltate del panorama italiano, ma non rinuncia alla libertà di essere se stessa, anche quando questo scatena commenti feroci. “Io mi diverto, faccio quello che mi piace e mi sento bene così – ha concluso –. Il resto non mi appartiene”.
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