Benessere
Il metodo giapponese per trovare la calma: il potere del wabi-sabi
Dimentica la ricerca ossessiva della perfezione: il wabi-sabi è il segreto giapponese per vivere con più serenità. Scopri come applicarlo nella vita quotidiana per ridurre lo stress, accettare il cambiamento e trasformare ogni piccola imperfezione in un’opportunità di crescita.
Viviamo in un mondo che ci spinge costantemente verso la perfezione. Il lavoro deve essere impeccabile, la casa sempre in ordine, il corpo tonico e scolpito, la vita all’altezza degli standard di Instagram. Ma in questa corsa infinita, ci dimentichiamo di un dettaglio fondamentale: la perfezione non esiste.
Qui entra in gioco il wabi-sabi, un concetto giapponese che rivoluziona il nostro modo di vedere il mondo. Non è solo un’estetica, è una filosofia di vita che ci insegna a trovare la bellezza nelle imperfezioni, ad accettare il cambiamento e a vivere con maggiore consapevolezza.
Ma cos’è esattamente il wabi-sabi?
Il termine deriva da due parole giapponesi:
- Wabi (侘): indica la semplicità, l’umiltà e l’armonia con la natura. È il piacere delle cose modeste e dell’essenziale.
- Sabi (寂): rappresenta il passare del tempo, la bellezza della decadenza e l’accettazione dell’impermanenza.
Insieme, creano un’idea potente: niente è perfetto, niente è eterno, e va bene così.
Come applicare il wabi-sabi alla vita quotidiana
1. Accetta le imperfezioni (anche le tue)
Quante volte ci stressiamo per un difetto fisico, un errore al lavoro, un dettaglio fuori posto? Il wabi-sabi insegna a non combattere l’imperfezione, ma ad abbracciarla.
Quel graffio sulla tua scrivania? È parte della sua storia. Quella ruga sul viso? È il segno del tempo vissuto. Imparare a vedere la bellezza nelle imperfezioni è il primo passo per ridurre l’ansia e vivere con più serenità.
2. Rallenta e apprezza le piccole cose
La frenesia ci porta a vivere di corsa, senza mai goderci davvero il presente. Il wabi-sabi ci invita a rallentare e a riscoprire la bellezza dei gesti quotidiani: il profumo del caffè al mattino, il suono della pioggia, il tepore di una coperta in inverno.
Non serve cercare esperienze straordinarie per essere felici: la felicità sta nelle cose più semplici.
3. Lascia andare il controllo
Non tutto nella vita va come previsto. La filosofia wabi-sabi ci ricorda che il cambiamento è inevitabile e che provare a controllare ogni cosa è solo una fonte di stress inutile.
Piuttosto che opporci a ciò che non possiamo cambiare, possiamo accettarlo con leggerezza e trovare la bellezza anche nell’imprevedibile.
4. Circondati di oggetti e ambienti che raccontano una storia
Nell’arredamento giapponese, il wabi-sabi si traduce in materiali naturali, oggetti invecchiati dal tempo, pezzi artigianali con imperfezioni uniche.
Un tavolo di legno con venature visibili è più wabi-sabi di un mobile laccato perfetto. Un vaso rotto e riparato con la tecnica giapponese del kintsugi (che salda le crepe con l’oro) è un simbolo di bellezza imperfetta.
Lo stesso vale per i vestiti, i libri, i ricordi: scegli ciò che ha un valore emotivo, non ciò che è semplicemente perfetto.
5. Applica il wabi-sabi anche nei rapporti umani
Le persone non sono perfette. Noi non siamo perfetti. E non dobbiamo esserlo.
Il wabi-sabi insegna ad accettare le imperfezioni negli altri, invece di cercare rapporti basati su aspettative irrealistiche. Ogni relazione ha le sue crepe, ogni amicizia ha i suoi alti e bassi. Il segreto è imparare ad apprezzare la bellezza anche in quelle crepe.
Il wabi-sabi ci aiuta a vivere meglio
Adottare questa filosofia non significa diventare passivi o rassegnati, ma imparare a vivere con meno stress, meno ansia e più gratitudine per ciò che abbiamo.
Non dobbiamo riempire la nostra vita di oggetti perfetti, di esperienze straordinarie, di standard impossibili. Dobbiamo solo imparare a vedere la bellezza in quello che c’è, così com’è.
E forse, alla fine, questo è il vero segreto della felicità.
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Benessere
Cioccolato fondente, alleato del cuore e della salute
Non solo golosità: il cacao aiuta a ridurre il colesterolo cattivo e a migliorare il benessere generale. Ma attenzione alle quantità.
Quando si pensa al cioccolato, la prima immagine è spesso legata alla dolcezza e al piacere del gusto. Ma negli ultimi anni numerosi studi hanno mostrato che il cioccolato fondente, se assunto con moderazione, può essere un prezioso alleato della salute. Non si tratta solo di un alimento sfizioso, ma di un vero concentrato di benefici grazie al cacao, la sua componente principale.
Perché il cioccolato fondente fa bene
Il cacao è ricco di flavonoidi, sostanze naturali che hanno effetti positivi sul cuore e sulla circolazione. Secondo Carlo Selmi, docente all’Università degli Studi di Milano, «fra gli alimenti capaci di modulare il sistema immunitario c’è proprio il cacao, presente nel cioccolato fondente. Più alta è la percentuale di cacao, maggiori sono i benefici».
Il professore sottolinea anche che il cacao sembra aiutare a proteggere il fegato dalla steatosi epatica, una malattia legata spesso a cattive abitudini alimentari, abuso di alcol o diabete. Inoltre, può migliorare la sensibilità all’insulina nelle persone in sovrappeso, contribuendo così a ridurre il rischio di diabete di tipo 2.
Effetto antinfiammatorio e antistress
Il cioccolato fondente non si limita a favorire il cuore: ha anche proprietà antinfiammatorie. Consumare piccole dosi regolarmente può ridurre l’incidenza di malattie croniche come aterosclerosi, tumori e degenerazioni dell’apparato cardiovascolare.
Ma i benefici non si fermano qui: gli studiosi della Loma Linda University in California hanno scoperto che il cacao migliora anche le funzioni cerebrali. «Maggiore è la concentrazione di cacao, maggiore è l’impatto positivo sulle capacità cognitive, sulla memoria, sull’umore e sul sistema immunitario», spiega Lee S. Berk, docente e ricercatore dell’ateneo americano.
Un aiuto contro il colesterolo alto
Uno degli effetti più interessanti riguarda il colesterolo. Secondo diverse ricerche, i flavonoidi del cacao possono abbassare i livelli di LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”, e aumentare quelli di HDL, il “colesterolo buono”. Questo equilibrio è fondamentale per la salute del cuore e delle arterie.
Come spiega ancora Selmi, «una piccola quantità di cioccolato due volte al giorno per un paio di mesi può ridurre la pressione arteriosa e lo stress ossidativo in persone con colesterolo elevato». Non serve quindi esagerare: la chiave sta nella moderazione.
Quanto e quale scegliere
Gli esperti consigliano di preferire cioccolato fondente con almeno il 70% di cacao, che contiene meno zuccheri e più sostanze benefiche. La porzione ideale va dai 20 ai 30 grammi al giorno, l’equivalente di due o tre quadratini.
È importante ricordare che, pur avendo tanti effetti positivi, il cioccolato resta un alimento calorico. Consumarlo in eccesso può far aumentare di peso, annullando i benefici sul cuore e sulla salute.
Il cioccolato fondente può essere un piccolo grande alleato del benessere: protegge il cuore, sostiene il cervello, riduce lo stress e contribuisce a tenere sotto controllo il colesterolo. Ma, come sempre, il segreto sta nella misura: gustarlo con equilibrio permette di godersi il piacere del gusto e i vantaggi per la salute.
Benessere
La tua nuova vita senza lattosio: come cambiare abitudini senza rinunciare al gusto
Dai sostituti vegetali alle strategie per leggere correttamente le etichette, ecco come affrontare l’intolleranza al lattosio senza stress e senza rinunciare ai piaceri della tavola.
Quando il corpo dice “stop” al lattosio
Scoprire di non tollerare il lattosio – lo zucchero naturale contenuto nel latte e in molti derivati – può inizialmente sembrare una piccola rivoluzione quotidiana. Secondo i dati dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare), fino al 70% della popolazione mondiale presenta una ridotta capacità di digerirlo. In Italia la prevalenza varia tra il 40 e il 50%, con valori più alti al Sud.
Il problema nasce da una ridotta produzione di lattasi, l’enzima che scinde il lattosio in glucosio e galattosio. Quando l’enzima è scarso, il lattosio non digerito fermenta nell’intestino, provocando gonfiore, crampi, meteorismo e in alcuni casi diarrea.
«Ricevere una diagnosi di intolleranza al lattosio non è la fine del mondo – spiega la nutrizionista Dott.ssa Chiara Rossi – ma l’inizio di un nuovo equilibrio alimentare. Oggi esistono alternative sicure e gustose che consentono di mantenere una dieta varia e completa».
Cosa eliminare (e cosa no)
La prima reazione, dopo la diagnosi, è spesso quella di bandire completamente latte e formaggi. In realtà, la questione è più sfumata.
«Non tutte le persone intolleranti reagiscono allo stesso modo – sottolinea Rossi –. Alcuni tollerano piccole quantità di lattosio, soprattutto se assunte insieme ad altri alimenti o in prodotti fermentati». Yogurt e kefir, ad esempio, contengono fermenti lattici che predigeriscono parte del lattosio, rendendoli più digeribili.
Anche i formaggi stagionati, come Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Pecorino, contengono quantità minime di lattosio e possono essere consumati in moderazione.
Leggere le etichette: la regola d’oro
Il lattosio si nasconde dove meno ce lo aspettiamo: in prodotti da forno, salse pronte, salumi, farmaci e integratori. Imparare a leggere le etichette è quindi fondamentale.
Sulle confezioni, la dicitura “senza lattosio” indica che il contenuto è inferiore allo 0,1%. Se invece compare la scritta “delattosato”, significa che il lattosio è stato scomposto in zuccheri semplici per facilitarne la digestione.
«Consiglio di tenere un piccolo diario alimentare nelle prime settimane – suggerisce la nutrizionista –. Aiuta a individuare eventuali alimenti “a rischio” e a capire la propria soglia di tolleranza personale».
Le alternative vegetali e le nuove abitudini in cucina
Il mercato oggi offre un’ampia gamma di bevande e prodotti vegetali a base di soia, avena, mandorla, cocco o riso, spesso arricchiti di calcio e vitamina D per compensare l’assenza di latte vaccino.
«Il segreto – spiega Rossi – è variare le fonti vegetali e preferire prodotti non zuccherati. In cucina si possono usare per preparare frullati, besciamelle, dolci o caffè, senza perdere gusto».
Anche nei dolci fatti in casa, burro e panna possono essere sostituiti da oli vegetali o margarine naturali. E per chi ama il cappuccino? Basta scegliere un latte vegetale con una buona cremosità, come quello d’avena o di soia, che monta facilmente e regala la stessa soddisfazione della versione classica.
Equilibrio e benessere: la chiave sta nella consapevolezza
Seguire un’alimentazione lactose free non significa privarsi di tutto, ma imparare a conoscere il proprio corpo e adattare le scelte quotidiane.
«L’obiettivo è mantenere un buon apporto di calcio, proteine e vitamine – conclude Rossi –. Se necessario, il nutrizionista può consigliare integratori o piani alimentari personalizzati».
In molti casi, con una dieta bilanciata e una gestione consapevole, i disturbi si riducono drasticamente e il benessere intestinale migliora.
Una nuova normalità possibile
Accettare l’intolleranza al lattosio significa semplicemente imparare un nuovo modo di mangiare, più attento e consapevole. Dopo qualche settimana di adattamento, la vita “senza lattosio” non appare più una limitazione, ma una scelta salutare che aiuta a sentirsi meglio e più leggeri.
Con un po’ di pazienza e curiosità, si scopre che anche un cappuccino con latte d’avena o un dolce con crema di mandorla possono diventare piccoli piaceri quotidiani.
Benessere
Insonnia, l’alleato silenzioso: mindfulness e meditazione per addormentarsi meglio
Gli studi mostrano che la meditazione riduce stress, ansia e iperattività mentale, tra le principali cause dei disturbi del sonno. Ecco come applicarla a casa con esercizi semplici e sicuri.
Difficoltà ad addormentarsi, risvegli notturni, pensieri che corrono come un treno in piena notte: l’insonnia è un problema in aumento. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, quasi un terzo degli adulti sperimenta disturbi del sonno significativi almeno una volta nella vita. In Italia, le stime parlano di uno su cinque con insonnia cronica o ricorrente. A risentirne non è solo l’energia al mattino: dormire poco indebolisce memoria, umore, capacità di concentrazione e persino il sistema immunitario.
Non sorprende, quindi, che si cerchino soluzioni non farmacologiche, soprattutto quando lo stress è il motore principale del problema. Tra queste, la mindfulness — una forma di meditazione basata sulla consapevolezza del momento presente — sta dimostrando efficacia clinica crescente. Studi pubblicati su riviste come JAMA Internal Medicine e Sleep hanno rilevato che programmi di Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR) migliorano la qualità del sonno in persone con insonnia lieve o moderata, riducendo i sintomi dell’ansia e diminuendo la latenza dell’addormentamento.
Perché funziona
Il meccanismo è semplice nella teoria, meno nella pratica: la mindfulness smonta l’iperattivazione mentale, la stessa che porta a girarsi nel letto per ore.
Quando si medita, il sistema nervoso riduce l’attività della risposta “lotta o fuggi” e aumenta quella del sistema parasimpatico, collegato al rilassamento. Si abbassano i livelli di cortisolo e rallenta il flusso dei pensieri intrusivi, quelli che iniziano con “domani devo…”.
Non si tratta di “spegnere” il cervello, ma di spostare l’attenzione: dal rimuginio al respiro, dalle preoccupazioni alle sensazioni del corpo, dal futuro al presente.
Le tecniche da provare subito
Ecco alcuni esercizi semplici da fare a casa, senza attrezzature e senza competenze particolari:
1) Respirazione 4-4-6
Indicata per rallentare il battito e sciogliere la tensione.
- inspira dal naso per 4 secondi
- trattieni l’aria 4 secondi
- espira lentamente 6 secondi
Ripetere 4-6 volte.
2) Body scan
Distesi, occhi chiusi: si passa mentalmente una “torcia” su ogni parte del corpo, dai piedi alla testa.
Osserva tensioni e lascia andare senza giudizio.
Utile per spegnere la ruminazione mentale.
3) Mindfulness dei suoni
Attenzione ai rumori circostanti: respiro, silenzio, rumore lontano.
Accettarli invece di combatterli aiuta a ridurre la reattività allo stress.
4) Il pensiero-ancora
Quando arriva un pensiero molesto (“E se domani…?”), invece di inseguirlo:
- riconoscilo
- etichettalo: «Ecco un pensiero di preoccupazione»
- torna al respiro
È un metodo clinicamente validato per gestire l’ansia notturna.
Quando praticarla
La mindfulness non agisce come un interruttore immediato, ma come una palestra mentale: più si allena il cervello, più si abitua a rilassarsi. Bastano 10-15 minuti al giorno, meglio se la sera, in un rituale privo di schermi e luci forti.
Consigli pratici:
- Smartphone lontano dal letto
- Luci calde e ambiente fresco
- Niente notifiche o contenuti stimolanti prima di dormire
- Routine regolare: stesso orario per addormentarsi e svegliarsi
Una cura senza controindicazioni
Mentre i farmaci per dormire possono generare dipendenza o tolleranza, la mindfulness non ha effetti collaterali rilevanti ed è raccomandata da specialisti del sonno come supporto alle terapie tradizionali. In molti casi, può essere il primo passo prima di ricorrere a cure farmacologiche.
Quando il disturbo persiste per settimane, però, è importante chiedere aiuto a un medico o a uno specialista del sonno: insonnia, ansia e depressione sono strettamente correlate e non vanno sottovalutate.
Dormire bene è un’abitudine
Ascoltare il proprio corpo, imparare a fare spazio alla calma, riconoscere che spegnere il mondo esterno è possibile: sono piccoli gesti che, ripetuti ogni sera, trasformano il sonno da nemico a complice.
L’insonnia non è una colpa né una condanna.
È un segnale — e la consapevolezza può diventare la via per spegnerlo dolcemente.
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