Benessere
Orgasmo e benessere: quando il piacere fa bene anche alla pelle

Non è solo questione di piacere. Secondo ricerche e sondaggi, l’orgasmo – raggiunto da soli o in coppia – può avere effetti positivi concreti sulla salute e, sorprendentemente, anche sull’aspetto della pelle. A sostenerlo non sono solo aneddoti o opinioni popolari, ma dati scientifici.
Un’indagine di Planned Parenthood del 2000 rivelava che quasi il 40% degli intervistati ricorreva alla masturbazione per ridurre lo stress. Un’intuizione confermata dalla fisiologia: livelli bassi di ossitocina, l’“ormone dell’amore”, si associano a stress elevato, invecchiamento cutaneo e infiammazioni. Al contrario, abbracci, baci e orgasmi stimolano la produzione di ossitocina, favorendo anche un sonno più profondo e riposante.
Il beneficio non si ferma qui. Uno studio dell’Università del Michigan ha dimostrato che il climax aumenta i livelli di estrogeno, ormone che contribuisce a mantenere la pelle più spessa, elastica e idratata, rallentando la formazione delle rughe. Durante l’attività sessuale, inoltre, il flusso sanguigno verso il viso aumenta, portando più ossigeno e nutrienti alle cellule: ecco spiegato il classico aspetto luminoso e leggermente arrossato del “post-sesso”, legato anche alla stimolazione del collagene.
«Il piacere ha un impatto psicofisico rilevante», sottolinea Kait Scalisi, sex educator certificata, in un’intervista a The Maudern. «Gli ormoni rilasciati durante il sesso – ossitocina, serotonina, prolattina – sostengono il sistema immunitario, migliorano la qualità del sonno, aiutano a regolare la pressione sanguigna e persino a potenziare la memoria».
E per quanto riguarda la frequenza? Non esiste una regola universale. «Alcuni studi suggeriscono rapporti più volte a settimana, ma la misura giusta è quella che fa stare bene te e il tuo partner. Trasformare il sesso in un obbligo può generare ansia e annullare i benefici», precisa Scalisi.
In sintesi, il piacere può essere un alleato della salute, ma non dovrebbe diventare un traguardo da centrare a ogni costo. L’intimità – con sé stessi o con l’altro – resta uno spazio da coltivare per desiderio, non per dovere. Se poi a guadagnarci sono anche la pelle e il benessere generale, tanto meglio.
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Benessere
Hai un appuntamento importante? Rilassati…con queste tecniche
Adottare alcune tecniche di rilassamento può fare una grande differenza nel modo in cui affrontiamo alcuni appuntamenti importanti della nostra giornata.

Creare un rituale di rilassamento prima di un appuntamento importante come un esame universitario, un colloquio di lavoro o un incontro ‘galante’ può aiutare a entrare in uno stato di calma e concentrazione. Ognuno di noi ha dei rituali che spaziano dallo scaramantico alla concentrazione (come nel caso di molti atleti). Esistono diverse tecniche di rilassamento alla portata di tutti che possono aiutarci a gestire l’ansia e soprattutto a migliorare la nostra performance sia fisica che mentale.
Respirazione profonda
La respirazione profonda è una tecnica semplice ma efficace per ridurre lo stress. Concentrarsi sul respiro può aiutarti a calmare la mente e il corpo. Pr questa tecnica bisogna trovare un posto tranquillo e sedersi comodamente. Chiudere gli occhi e fare un respiro profondo attraverso il naso, contando fino a quattro. Quindi trattenere il respiro per quattro secondi. Espirare lentamente attraverso la bocca, contando fino a sei. Poi ripetere per cinque-dieci minuti.
Meditazione
La meditazione è un ottimo modo per ridurre l’ansia e migliorare la concentrazione. Praticare la meditazione regolarmente può portare a una mente più calma e focalizzata. Bisogna trovare un posto tranquillo e sedersi comodamente. Chiude gli occhi e concentrare l’attenzione sul tuo respiro. Lasciare andare i pensieri che emergono, riportando gentilmente l’attenzione al respiro. E consigliabile iniziare con sessioni di cinque-dieci minuti e aumentare gradualmente la durata.
Fare esercizio fisico
L’attività fisica è un eccellente antistress naturale. Fare esercizio regolarmente può migliorare l’umore, ridurre l’ansia e aumentare i livelli di energia. E’ consigliabile per esempio passeggiate, camminare all’aria aperta oppure praticare qualche esercizio o corso di Yoga. E’ consigliabile, inoltre, combinare esercizi di respirazione con stretching e posizioni che rilassano i muscoli. Naturalmente qualsiasi attività fisica che ci piace, come nuoto, corsa o ciclismo, può essere benefica.
Tecniche di visualizzazione
La visualizzazione implica immaginare scenari positivi per ridurre l’ansia e migliorare la fiducia in se stessi. Anche se non si è guidati da qualcuno che conosce bene questa tecnica si può provare a praticarla come sempre sedendosi in un posto tranquillo e e chiudendo gli occhi.
Immaginate voi stessi mentre affrontate l’esame con calma e sicurezza. Visualizzate ogni passo, dalla lettura delle domande alla scrittura delle risposte, con successo e serenità. E’ consigliabile pratica questa tecnica ogni giorno per pochi minuti.
Progressive Muscle Relaxation (PMR)
La PMR è una tecnica che prevede il rilassamento graduale dei vari gruppi muscolari del corpo per ridurre la tensione fisica e mentale. Ideale per l’esame di maturità. Sedersi o sdraiarsi comodamente. Iniziare dai piedi, contraendo i muscoli per cinque secondi, poi rilassandoli per dieci secondi. Procedere lentamente verso l’alto, passando ai polpacci, cosce, addome, braccia, spalle, e infine al viso. Ripetere se necessario, focalizzandoti sulla sensazione di rilassamento.
Mindfulness
La mindfulness è la pratica di essere presenti nel momento, accettando i propri pensieri e sensazioni senza giudizio. Per spiegare bene questa pratica ideata da Jon Kabat-Zinn ci vorrebbero pagine e pagine. Qui indichiamo alcuni esercizi base. Per pima cosa bisogna sedersi comodamente e chiudi gli occhi. Portare l’attenzione al respiro, alle sensazioni fisiche o ai suoni intorno a noi. Se la mente vaga, riportala gentilmente al momento presente. Praticare per cinque-dieci minuti al giorno. Prima iniziate meglio è.
Benessere
Dipendenza affettiva: la prigione invisibile che trasforma l’amore in ossessione
L’amore non è controllo, non è ansia, non è tormento. Eppure, per molte persone, la relazione di coppia si trasforma in una gabbia emotiva da cui è difficile uscire. Si chiama dipendenza affettiva ed è una delle principali cause delle relazioni tossiche. Una condizione che, pur non essendo riconosciuta ufficialmente nei manuali diagnostici, condivide molte caratteristiche con le dipendenze comportamentali.

Secondo la psicologa e psicoterapeuta Monica Martuccelli, alla base della dipendenza affettiva c’è sempre un denominatore comune: l’idealizzazione dell’altro. Chi ne soffre costruisce un’immagine distorta del partner, investendolo di aspettative irrealistiche e trasformandolo nell’unica fonte di felicità e sicurezza. Il risultato? Un legame soffocante, fatto di ansia costante, bisogno compulsivo di rassicurazioni e paura irrazionale dell’abbandono.
Le cause sono molteplici e spesso affondano le radici nell’infanzia. Una bassa autostima, traumi legati all’abbandono o un modello familiare disfunzionale possono alimentare la convinzione di non essere abbastanza, di dover sempre “guadagnare” l’amore dell’altro. Questo porta a dinamiche sbilanciate, in cui una persona si annulla pur di non perdere il partner, accettando qualsiasi comportamento, anche i più distruttivi.
Segnali d’allarme: quando l’amore diventa ossessione
Chi soffre di dipendenza affettiva tende a vivere la relazione con angoscia e insicurezza, manifestando atteggiamenti che vanno ben oltre il normale coinvolgimento emotivo:
- Bisogno costante di rassicurazioni: la paura di non essere abbastanza spinge a chiedere conferme continue.
- Gelosia ossessiva e controllo: l’altro diventa un’ossessione, con comportamenti soffocanti e manipolatori.
- Ansia e depressione: la felicità dipende esclusivamente dalla presenza e dall’umore del partner.
- Difficoltà a vedere la realtà: si giustificano comportamenti tossici pur di non mettere in discussione la relazione.
Come liberarsi dalla dipendenza affettiva?
Uscire da questa spirale è possibile, ma richiede consapevolezza e un lavoro su se stessi. Il primo passo, come spiega la dottoressa Martuccelli, è la presa di coscienza: riconoscere di avere un problema e comprendere le radici di questa dipendenza.
Un aspetto fondamentale è il rafforzamento dell’autostima. Spesso, chi soffre di dipendenza affettiva non sa riconoscere il proprio valore al di fuori della relazione. Imparare a soddisfare i propri bisogni senza cercare continue conferme dall’altro è essenziale per costruire rapporti più sani e equilibrati.
La chiave, secondo l’esperta, sta nell’educazione alla gentilezza e alla reciprocità: un amore sano è uno scambio, non un rapporto unilaterale basato sul bisogno e sulla paura.
Per chi sente di essere intrappolato in una relazione tossica, il consiglio è uno solo: chiedere aiuto. Un percorso terapeutico può essere fondamentale per imparare a riconoscere i propri schemi disfunzionali e sostituirli con relazioni più sane e consapevoli.
Perché l’amore vero non è dipendenza, ma libertà.
Benessere
Sesso, solitudine e genetica: cosa rivela la scienza su chi non ha mai avuto rapporti sessuali
Dall’intelligenza più alta alla solitudine, dalla minore forza fisica all’introversione: la ricerca mostra come il fenomeno dell’asessualità, volontaria o involontaria, sia influenzato da una rete di fattori genetici e sociali che spesso si intrecciano fin dall’adolescenza.

Cosa accomuna chi non ha mai avuto un rapporto sessuale? Una domanda che, oltre le implicazioni sociologiche, interessa oggi anche la scienza. Un nuovo studio condotto da ricercatori dei Paesi Bassi e dell’Australia – basato su dati provenienti da oltre 400.000 persone nel Regno Unito (dalla UK Biobank) e 13.500 in Australia – ha analizzato le caratteristiche psicologiche, fisiche e genetiche di coloro che non hanno mai avuto esperienze sessuali.
Il risultato? Circa l’1% degli adulti intervistati, uomini e donne, non ha mai avuto rapporti. Ma dietro questo dato si nasconde un mosaico complesso di fattori biologici, sociali e ambientali.
Le coordinate sociali della solitudine
Tra le variabili più influenti, i ricercatori hanno individuato la geografia e le disuguaglianze economiche. Gli uomini che non avevano mai avuto rapporti sessuali vivevano più spesso in aree del Regno Unito con minor presenza femminile, mentre per entrambi i sessi l’assenza di esperienze sessuali era più comune in zone caratterizzate da maggiore disparità di reddito.
Sul piano emotivo, le persone asessuali tendevano a descriversi come più nervose, più sole e meno felici, a conferma del legame fra benessere psicologico e vita intima.
Fattori personali e stili di vita
Lo studio ha evidenziato correlazioni interessanti anche sul piano individuale. Negli uomini, l’assenza di rapporti era più associata alla mancanza di una relazione di fiducia, al poco uso del cellulare, al russare e a una ridotta massa muscolare nelle braccia. Nelle donne, invece, la vita lavorativa e gli orari professionali irregolari sembravano avere un peso maggiore.
Sorprendentemente, chi non aveva mai avuto rapporti mostrava una minore tendenza a consumare alcol e droghe. Secondo gli studiosi, ciò potrebbe dipendere dal fatto che tali sostanze riducono le inibizioni e favoriscono l’avvicinamento sociale.
Un altro dato curioso riguarda gli occhiali da vista: chi li indossava già in giovane età aveva una probabilità leggermente maggiore di non aver mai avuto rapporti, forse perché questa caratteristica poteva influenzare le dinamiche sociali e sentimentali durante l’adolescenza.
Quando la genetica entra in gioco
Gli autori dello studio hanno condotto anche analisi genetiche per capire se l’asessualità potesse avere correlazioni con altri tratti. I risultati hanno mostrato una connessione genetica positiva con l’intelligenza, il livello di istruzione e lo status socioeconomico, ma anche con introversione, disturbi dello spettro autistico e anoressia.
Al contrario, è emersa una correlazione negativa con depressione, ansia e ADHD, segno che l’asessualità non coincide necessariamente con un disagio psichico.
«Il profilo che emerge – scrivono i ricercatori – ricorda da vicino lo stereotipo del “nerd”: intelligente, introverso, fisicamente meno prestante, socialmente isolato e poco propenso all’uso di alcol e droghe». Tuttavia, precisano, il campione esaminato aveva un’età compresa tra 39 e 73 anni, quindi è probabile che esperienze o mancanze adolescenziali abbiano avuto un effetto duraturo sul comportamento sessuale adulto.
Una realtà ancora poco studiata
Gli scienziati sottolineano che il lavoro non fornisce risposte definitive: non è chiaro, ad esempio, se l’assenza di sesso causi infelicità o se, al contrario, chi è infelice tenda a evitare rapporti. Inoltre, i partecipanti non sono stati distinti tra asessuali per scelta e asessuali involontari, categorie che presentano motivazioni e vissuti differenti.
In Italia, secondo le stime più recenti del Censis (2019), circa 1,6 milioni di persone tra i 18 e i 40 anni non avevano mai avuto rapporti sessuali completi. Una percentuale, intorno all’1-2%, che coincide con i dati internazionali raccolti anche da Ipsos in occasione del Pride 2023.
Un tema di salute e identità
Lo studio apre la strada a nuove riflessioni: non solo sul significato dell’asessualità come orientamento, ma anche sull’impatto sociale dell’isolamento affettivo.
In un’epoca che celebra la libertà sessuale, ricordano i ricercatori, c’è ancora chi vive il desiderio o la sua assenza come un territorio silenzioso, in bilico tra genetica e società. E forse proprio lì, nel punto in cui biologia ed emozioni si incontrano, si nasconde la chiave per comprendere meglio la complessità del desiderio umano.
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