Beauty
La dentatura da 20mila euro di Achille Costacurta: ne abbiamo parlato con uno specialista
Dopo la polemica innescata dal video di Achille Costacurta che mostra la sua nuova dentatura di diamanti, abbiamo chiesto ad uno specialista costi e rischi di una scelta del genere.
Un morso che vale un sacco di soldi, quello del figlio di Martina Colombari e Billy Costacurta! Il diciannovenne è tornato di recente su Tik Tok dopo una breve pausa per calmare le acque, con una rentree a dir poco… brillante.
Un ragazzo incorrengibile
Dopo aver partecipato in coppia con la madre a Pechino Express, Achille aveva conosciuto un discreto successo, iniziando ad essere decisamente molto seguito sui suoi canali sociali, in particolare Instagram e Tik Tok. Nelle ultime settimane, tuttavia, Achille ha compiuto una serie di gaffe che hanno indignato non poco i frequentatori del web, finendo all’interno di una tempesta mediatica che ha provato ad arginare disattivando momentaneamente i suoi account.
Esposizione social che fa discutere
La querelle ha avuto inizio da un commento poco galante nei confronti della madre, pubblicato sotto una foto di Martina in costume da bagno, nel quale invitava la mamma ex miss Italia a non mostrare il proprio corpo pubblicamente. Una sorta di “body shaming familiare” che ha incendiato l’opinione pubblica, riversatasi contro il giovane Costacurta. Non contento, pochi giorni dopo, Achille ha pubblicato su Tik Tok un video dove mostrava mazzette di soldi e una polverina… non meglio identificata. In seguito, magari consigliato da qualcuno, Achille ha disattivato tutto per poi tornare pochi giorni fa con un nuovo video e una nuova polemica.
Di gran moda fra i rapper
Il giovane ha pubblicato alcuni video in cui mostra orgoglioso suoi nuovi denti tempestati di diamanti, un accessorio di gran moda fra i rapper e le star di tutto il mondo che grida lusso e soldi da tutte le parti… rappresentando il classico “schiaffone alla miseria”!
Il parere di un esperto
“Non mordere mai il tuo gioielliere mentre ti fa i denti nuovi“. Questa la frase che descrive l’operazione alla quale si è sottoposto il giovane Costacurta, fiero della sua nuova dentatura. Tantissimi i commenti negativi piovuti sotto al video, c’è pure chi chiede che venga allontanato dai social perché alcuni potrebbero voler seguire i suoi esempi, quandomeno poco ortodossi. Abbiamo chiesto al dottor Claudio Peron, responsabile del Centro di Igiene Orale e Prevenzione di un noto ospedale, un parere sia economico che tecnico su un’installazione come quella fatta da Costacurta junior.
Come Mahmood a Sanremo
I grillz, gioielli per i denti recentemente sfoggiati da Achille Costacurta, sono una delle tendenze beauty degli ultimi anni. Sono accessori ornamentali che si applicano sui denti come un gioiello: calotte metalliche che possono essere di diversi materiali e sono di due tipi, fisse o removibili. Dopo Mahmood che li ha sfoggiati all’ultimo Festival di Sanremo e la ginnasta Jordan Chiles che li ha applicati per salire sul podio alle Olimpiadi di Parigi 2024, ecco apparire sui social un grillz interamente tempestato di diamanti.
Già conosciuti in antichità
Nonostante la tendenza sia stata diffusa in tempi recenti dalla cultura urban e hip hop americana, la pratica dei grillz ha origini antiche. Già le popolazioni dei Fenici e poi quelle dei Maya erano abituati a incastonare nei loro denti pietre preziose o addirittura ricoprirli d’oro. Oggi sono un segno distintivo che rappresenta uno status symbol per rapper, cantanti hip hop e persone nere che lo vedevano anche come un “segno di rivalsa”. Star del calibro di Beyoncé, Madonna, Miley Cyrus, Lady Gaga hanno sdoganato i grillz trasformandoli in un moda mainstream. È stato però il rapper Kanye West ha portare questo fenomeno socioculturale a un altro livello facendosi applicare recentemente una protesi in titanio al posto dei denti.
Fondamentale il ruolo del dentista
Il dottor Peron ci ha spiegato che per applicare uno di questi gioielli dentali è assolutamente necesssario rivolgersi a uno specialista: “Esistono vari grillz fatti di diversi materiali: oro, argento, platino oppure incastonati con delle pietre preziose. Prima di installarli è necessario l’intervento di un dentista, che crei l’alloggiamento e la cavità per inserire il grillz. Il ruolo del dentista si rivela imprescindibile anche nella costruzione di queste coperture che, pur essendo ornamentali, vengono applicate come ‘gusci’. Prima del posizionamento e prima dell’impronta, si deve fare una visita approfondita da parte del dentista. Che prenderà le opportune impronte digitali, potendo mostrare – con le tecnologie digitali – il risultato finale del manufatto anzitempo.
Estetica e rischi
Il dottor Peron sottolinea quanto sia fondamentale valutare lo stato di salute dei denti del paziente, assicurandosi che non ci siano malattie o infezioni nella bocca. I grillz comportano comunque dei rischi, potendo alterare la salute di denti e gengive perché trattengono placca e tartaro, impedendo una corretta igiene orale causando anche eventuali malattie gengivali, provocando carie o afte e alitosi. Inoltre, possono usurare i denti antagonisti e provocare fratture, creando anche difficoltà nell’occlusione delle arcate dentali che innescano patologie più gravi e conseguenti mal di testa.
I costi
I prezzi sono differenti, a seconda di alcune variabili. Si va dai 500 euro per il modello in argento fino ai 20mila euro se – come nel caso di Costacurta – contengono all’interno dei diamanti. Esisotono poi due tipologie di grillz: fissi e rimovibili. La più diffusa, quella rimovibile, una volta applicata non permette il consumo di alimenti, fare uso di bevande zuccherate o alcoliche: devono essere rimossi nell’arco di 24 ore e poi detersi e disinfettati. Per quanto riguarda quelli fissi, è importante fare massima attenzione all’igiene orale, lavando di frequente i denti, passando sempre il filo interdentale e spazzolandoli con estrema cura.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Benessere
Due giorni offline: il metodo semplice per liberare la mente
Notifiche spente, tempo reale rallentato, abitudini più consapevoli: il digital detox del weekend è un reset gentile per chi vive con lo smartphone sempre acceso. Basta poco per alleggerire la mente e riattivare l’attenzione.
Perché disconnettersi fa bene
Viviamo dentro un flusso costante di stimoli: aggiornamenti, messaggi, video, notifiche che bussano di continuo. Il risultato è una mente in perenne modalità “allerta”, con effetti su concentrazione, sonno e qualità dell’umore. Un fine settimana di digital detox non è fuga dal mondo, ma una scelta di equilibrio: rallentare l’iperconnessione per lasciare spazio a sensazioni più profonde, ritmi più umani, relazioni più presenti.
Piccoli gesti, grande effetto
Il segreto è la semplicità. Non si tratta di spegnere tutto e isolarsi, ma di impostare confini praticabili:
– notifiche disattivate;
– smartphone lontano dal comodino;
– niente scroll compulsivo;
– lettura al posto dei feed;
– camminate all’aria aperta, meglio se in mezzo al verde.
Anche solo decidere di controllare il telefono a orari specifici restituisce libertà mentale. La casa diventa luogo di respiro, non un prolungamento dei social.
La riscoperta del tempo “vuoto”
Il digital detox funziona perché restituisce una risorsa preziosa: il tempo vuoto, quello che permette di ascoltare i propri pensieri, riflettere, immaginare. È l’occasione per dedicarsi a attività spesso sacrificate: cucinare con calma, leggere un giornale in poltrona, annotare idee su un taccuino, godersi un film senza distrazioni. Anche il camminare diventa un rito: passo lento, occhi che osservano, respiro che si allunga. Un modo naturale per riportare il corpo dentro la presenza.
Benefici visibili e sottili
Dopo un weekend a bassa esposizione digitale, il sonno diventa più profondo, l’umore meno irritabile, l’attenzione più stabile. Si riduce quella sensazione costante di urgenza che accompagna lo smartphone. Tornando online, si nota una maggiore lucidità e una nuova capacità di filtrare i contenuti invece di subirli. È una forma di igiene mentale, delicata ma potente.
Prendersi due giorni senza iperconnessione significa scegliere di tornare al ritmo delle cose che contano. Non è rinuncia: è riconquista.
Salute
Endometriosi: come si manifesta e perché è fondamentale non ignorare i segnali del corpo
Dolore pelvico, mestruazioni molto abbondanti, affaticamento e problemi digestivi sono soltanto alcuni dei campanelli di allarme. Diagnosi precoce e monitoraggio clinico possono fare la differenza in una patologia che richiede attenzione, ascolto e percorsi personalizzati.
L’endometriosi è una patologia ginecologica cronica caratterizzata dalla presenza di tessuto simile all’endometrio — la mucosa che riveste l’interno dell’utero — in zone dove non dovrebbe trovarsi, come ovaie, tube, peritoneo o, più raramente, intestino e vescica. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, riguarda circa il 10% delle donne in età fertile. Nonostante questa alta diffusione, rimane una delle malattie più difficili da identificare tempestivamente: i sintomi sono vari, non sempre specifici e facilmente confondibili con dolori mestruali “normali”.
Il problema principale, spiegano gli specialisti, è proprio la normalizzazione del dolore femminile. Molte donne crescono pensando che soffrire durante il ciclo sia inevitabile, e questo ritarda la ricerca di aiuto. In realtà, un dolore pelvico intenso e ricorrente non è mai da ignorare, soprattutto se interferisce con attività quotidiane, lavoro o studio.
Come si manifesta: sintomi da non sottovalutare
Dolori mestruali molto forti (dismenorrea)
Il sintomo più caratteristico è un dolore che va oltre il “fastidio mestruale” tipico: si tratta di crampi intensi che possono estendersi alla schiena e agli arti inferiori, spesso resistenti ai comuni analgesici.
Dolore pelvico cronico
Non riguarda solo i giorni del ciclo. Può presentarsi anche ovulando, durante l’attività fisica o senza un motivo apparente, diventando continuo o periodico.
Dolore durante i rapporti (dispareunia)
La presenza di tessuto endometriosico in profondità può rendere il sesso doloroso, un aspetto che molte donne evitano di raccontare per imbarazzo o pudore.
Problemi intestinali o urinari
Gonfiore, stitichezza, diarrea, dolore alla minzione o alla defecazione possono comparire soprattutto in prossimità del ciclo, quando l’infiammazione aumenta.
Affaticamento e senso di spossatezza
Non è solo fisico: l’endometriosi può incidere sulla qualità del sonno e sulla concentrazione.
Difficoltà a concepire
In alcuni casi la malattia si accompagna a problemi di fertilità, sebbene molte donne con endometriosi riescano comunque a rimanere incinte con o senza trattamenti specifici.
Perché è fondamentale non trascurare i sintomi
Il ritardo diagnostico è ancora molto diffuso: la media europea è tra i sette e i nove anni dall’esordio dei primi segnali. Ignorare il dolore o considerarlo “normale” significa permettere alla malattia di progredire, aumentando l’infiammazione e il rischio di complicazioni come aderenze, cisti ovariche (endometriomi) o compromissione della fertilità.
Un’identificazione precoce consente invece di intraprendere percorsi terapeutici adeguati, che possono includere:
- gestione del dolore con farmaci mirati;
- terapie ormonali per ridurre l’infiammazione;
- fisioterapia del pavimento pelvico;
- supporto psicologico, quando necessario;
- interventi chirurgici nei casi più complessi.
Non esiste una cura definitiva, ma è possibile controllare la sintomatologia e migliorare significativamente il benessere quotidiano.
Ascoltare il corpo è il primo passo
Capire quando un sintomo non è più “normale” è un atto di consapevolezza. Parlare con il proprio medico, descrivere con precisione il tipo di dolore e tenere traccia del ciclo mestruale può facilitare il processo diagnostico. L’endometriosi non è una malattia invisibile, ma una patologia che ha bisogno di essere riconosciuta e gestita con competenza e tempestività.
Investire nella propria salute, informarsi e chiedere aiuto non è debolezza: è un gesto di forza e un modo per riprendersi il controllo della propria vita.
Benessere
Caffè, il segreto della longevità è nella tazzina giusta
Non solo una coccola quotidiana o un rito sociale: bere da una a tre tazzine di caffè al giorno — meglio se senza zuccheri o panna — può ridurre il rischio di mortalità. A rivelarlo è una ricerca americana che mette d’accordo gusto e benessere.
Il rituale più amato dagli italiani
Per molti, la giornata comincia solo dopo il primo caffè. Un gesto semplice, quasi automatico, che accompagna il risveglio, la pausa di metà mattina o la fine di un pasto. In Italia, secondo i dati dell’Istituto Espresso Italiano, oltre il 95% della popolazione adulta consuma caffè regolarmente. Ma questa abitudine non è solo una questione di gusto o convivialità: diversi studi dimostrano che può avere effetti positivi anche sulla salute e sulla longevità — a patto di non esagerare.
Bere caffè per vivere più a lungo
Una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine ha analizzato i dati di oltre 46.000 adulti statunitensi monitorati per quasi dieci anni. Gli studiosi hanno confrontato le abitudini legate al consumo di caffè — con o senza zucchero, decaffeinato, al latte o amaro — con i dati del National Death Index, scoprendo che chi beveva da una a tre tazze di caffè al giorno aveva un rischio di mortalità inferiore del 14% rispetto a chi non ne beveva affatto.
I risultati sono stati ancora più significativi tra coloro che preferivano il caffè nero, privo di zuccheri o panna. Secondo il neurologo e nutrizionista David Perlmutter, membro dell’American College of Nutrition, “una moderata assunzione di caffè si associa a una maggiore longevità, grazie al suo effetto protettivo su cuore e cervello”.
Perché il caffè fa bene
Il caffè è una fonte naturale di antiossidanti, come polifenoli e acido clorogenico, che contrastano i radicali liberi e riducono l’infiammazione. Diverse ricerche — tra cui una condotta dalla Harvard T.H. Chan School of Public Health — hanno evidenziato come un consumo regolare e moderato possa contribuire a ridurre il rischio di diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e declino cognitivo.
La caffeina, inoltre, stimola il metabolismo e migliora la vigilanza e la concentrazione. Ma non è solo la sostanza eccitante a fare la differenza: anche le versioni decaffeinate mantengono parte degli effetti benefici, grazie alla presenza degli stessi composti bioattivi.
Quando il caffè diventa troppo
Come ogni abitudine, anche quella del caffè ha un limite. Superare le 4-5 tazzine al giorno può provocare effetti indesiderati: ansia, tachicardia, insonnia, problemi digestivi e aumento della pressione arteriosa.
La dietista e cardiologa Michelle Routhenstein, intervistata da Everyday Health, sottolinea che un eccesso di caffeina può interferire con l’assorbimento del calcio, con possibili ripercussioni sulla salute delle ossa, soprattutto nelle donne.
Inoltre, zucchero, panna o aromi industriali aggiunti possono annullare gran parte dei benefici del caffè. Un espresso semplice o un filtro amaro restano quindi le opzioni migliori.
Il “coprifuoco del caffè”
Per godere dei vantaggi del caffè senza subirne gli effetti collaterali, gli esperti consigliano di non superare le tre tazzine al giorno, evitando di berlo nelle ore serali. “Serve una sorta di coprifuoco del caffè”, suggerisce Perlmutter, “cioè un limite orario oltre il quale smettere di assumerlo per non compromettere il sonno e ridurre l’accumulo di caffeina nel sangue”.
Un’altra buona abitudine è alternare il caffè tradizionale con versioni decaffeinate o a basso contenuto di caffeina, così da mantenere il piacere del rito senza eccedere.
La tazzina della salute
In sintesi, bere caffè può davvero contribuire a vivere meglio e più a lungo, ma solo se consumato in modo consapevole. Una tazza amara, gustata senza zucchero e con moderazione, rappresenta il compromesso perfetto tra benessere e piacere quotidiano.
Come ricorda l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), l’apporto massimo raccomandato di caffeina per un adulto sano è di circa 400 mg al giorno, equivalenti a 3-4 caffè espresso. Oltre quella soglia, i rischi superano i benefici.
Il segreto della longevità, dunque, potrebbe stare proprio lì — in quella piccola tazzina nera che, ogni mattina, segna l’inizio di una nuova giornata.
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