Salute
Adolescenti a rischio: il lockdown per Covid ha accelerato l’invecchiamento del cervello
Il cervello degli adolescenti “invecchiato” per i traumi del Covid.
Un nuovo studio ha “fotografato” il cervello dei ragazzi dai 9 ai17 anni durante il lockdown.
Un nuovo studio dell’Università di Washington, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ha rivelato come la pandemia da Covid-19 e il lockdown abbiano avuto un impatto significativo sul cervello degli adolescenti. Esaminando ragazzi tra i 9 e i 17 anni durante il lockdown, i ricercatori hanno osservato un’accelerazione dello sviluppo cerebrale, paragonabile a quella causata da traumi severi come quelli subiti dai veterani di guerra. Nei ragazzi, il cervello è “invecchiato” rispetto all’età anagrafica, con un’accelerazione media di 4,2 anni nelle ragazze e 1,2 nei ragazzi. Questo fenomeno si manifesta nell’assottigliamento della corteccia cerebrale, lo strato esterno del cervello, che normalmente si riduce con l’età o in seguito a stress cronico.
Un trauma di massa senza precedenti
Mai nella storia recente un così ampio campione di popolazione è stato sottoposto a una limitazione della libertà come durante il lockdown di marzo-aprile 2020. Ha spiegato Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria. Questo ha portato a una situazione senza precedenti, che può essere considerata un vero e proprio “trauma di massa”.
Perché le ragazze sono più vulnerabili?
Secondo la ricerca, le ragazze hanno subito un impatto maggiore a livello cerebrale rispetto ai ragazzi. E come mai? “Gli studi epidemiologici dimostrano che il genere femminile è più suscettibile ai traumi psichici“, ha detto la dottoressa Dell’Osso. Anche se le donne, per natura, sono meno esposte a eventi pericolosi, reagiscono in maniera più intensa allo stress, come dimostrato dalla maggiore incidenza di disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Il lockdown, con la sua carica di isolamento e solitudine, ha causato in molte ragazze sintomi di panico e claustrofobia, il doppio rispetto ai maschi.
Invecchiamento cerebrale e stress
Il cervello, con l’avanzare dell’età, attraversa una fase di neurosviluppo, seguita da una neurodegenerazione. Eventi stressanti, come la pandemia, accelerano questo processo. Lo stress cronico, l’ansia e i traumi scatenano mediatori neurotossici, come il cortisolo, che accelerano l’invecchiamento del cervello ha aggiunto la Dell’Osso. Negli adolescenti, che vivono già una fase di intenso rimaneggiamento cerebrale, questo stress ha amplificato fenomeni neurodegenerativi, come la morte cellulare, determinando l’assottigliamento della corteccia.
E’ possibile un recupero del cervello?
Le neuroscienze offrono speranze. Un recupero è possibile. “Con il tempo, il cervello può rigenerarsi e migliorare, anche se si tratta di un processo lento che richiede cure adeguate“, conclude Dell’Osso. Sebbene i traumi causati dal lockdown abbiano avuto un effetto profondo, è possibile osservare un miglioramento clinico e un progressivo recupero nel tempo.
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Salute
Rischio listeria: cosa sapere per proteggere la salute a tavola
La Listeria monocytogenes è un batterio raro ma potenzialmente pericoloso, soprattutto per le persone più fragili. Conoscere dove si nasconde e come prevenirla è fondamentale.
Negli ultimi anni il termine listeria torna ciclicamente al centro dell’attenzione, spesso in seguito a richiami alimentari o segnalazioni delle autorità sanitarie. La listeriosi, l’infezione causata dal batterio Listeria monocytogenes, è relativamente rara, ma può avere conseguenze serie, soprattutto per alcune categorie di persone. Per questo è importante sapere di cosa si tratta e come difendersi.
Cos’è la listeria
La Listeria monocytogenes è un batterio presente nell’ambiente: si trova nel suolo, nell’acqua e può contaminare diversi alimenti. A differenza di molti altri microrganismi, ha la capacità di sopravvivere e moltiplicarsi anche a basse temperature, come quelle del frigorifero. Questo rende la listeria particolarmente insidiosa nella catena alimentare.
Chi è più a rischio
Nella maggior parte delle persone sane l’infezione può causare sintomi lievi o addirittura passare inosservata. Tuttavia, il rischio aumenta in modo significativo per donne in gravidanza, neonati, anziani e soggetti con sistema immunitario indebolito. In gravidanza, anche se i sintomi materni sono lievi, la listeriosi può avere conseguenze gravi per il feto, come parto prematuro o aborto.
Gli alimenti più esposti
La listeria è associata soprattutto a cibi pronti al consumo e conservati a lungo in frigorifero. Tra gli alimenti più a rischio ci sono formaggi a pasta molle prodotti con latte crudo, salumi affettati, paté, pesce affumicato, carni cotte refrigerate e verdure crude non adeguatamente lavate. Anche i prodotti confezionati possono contaminarsi se non vengono rispettate le corrette norme igieniche durante la produzione.
I sintomi da riconoscere
I segnali dell’infezione possono comparire anche a distanza di giorni o settimane dall’ingestione del cibo contaminato. I sintomi più comuni sono febbre, dolori muscolari, nausea e diarrea. Nei casi più gravi l’infezione può coinvolgere il sistema nervoso centrale, provocando mal di testa intenso, rigidità del collo, confusione e convulsioni. In presenza di questi segnali, soprattutto nei soggetti a rischio, è fondamentale consultare tempestivamente un medico.
Prevenzione: le regole fondamentali
La prevenzione passa soprattutto dalla sicurezza alimentare. È importante cuocere bene gli alimenti di origine animale, lavare accuratamente frutta e verdura, separare cibi crudi e cotti e mantenere pulite superfici e utensili da cucina. I cibi pronti vanno consumati entro la data indicata e conservati correttamente. Per le persone più vulnerabili è consigliabile evitare alimenti a rischio, come formaggi molli non pastorizzati e pesce affumicato.
Controlli e richiami
In Italia e in Europa i controlli sulla sicurezza alimentare sono costanti. Quando viene individuato un prodotto contaminato, le autorità sanitarie dispongono il ritiro immediato dal mercato. Seguire gli avvisi ufficiali e non consumare i prodotti segnalati è una misura essenziale di tutela.
Informazione e attenzione
Il rischio listeria non deve generare allarmismi, ma consapevolezza. Con semplici precauzioni quotidiane e una corretta informazione è possibile ridurre in modo significativo le probabilità di infezione, continuando a vivere il rapporto con il cibo in modo sereno e sicuro.
Salute
Mal di testa da cervicale: quando il dolore nasce dal collo
Posture scorrette, stress e tensioni muscolari sono tra le principali cause di questo disturbo. Capire i sintomi e intervenire in modo mirato è il primo passo per liberarsi dal dolore.
Il mal di testa da cervicale, o cefalea cervicogenica, è tra le forme più diffuse di mal di testa secondario, cioè legato a una causa precisa e non a un’alterazione diretta del sistema nervoso. A differenza dell’emicrania o della cefalea tensiva, il dolore nasce da un problema meccanico o muscolare nel tratto cervicale — la parte superiore della colonna vertebrale che sostiene la testa.
Il disturbo si manifesta quando le prime vertebre del collo subiscono un’alterazione strutturale o funzionale, che può derivare da diversi fattori: un trauma (come il classico colpo di frusta), una contrattura muscolare persistente, una postura scorretta mantenuta per ore davanti al computer o allo smartphone, oppure da condizioni croniche come artrosi cervicale, artrite o ernie del disco. Anche disturbi apparentemente lontani, come il bruxismo (digrignare i denti) o una malocclusione dentale, possono contribuire a creare tensione nei muscoli del collo e scatenare il dolore.
I sintomi tipici comprendono un dolore sordo e costante nella zona posteriore della testa, che può irradiarsi verso la fronte, le tempie o la mandibola. Alcuni pazienti riferiscono anche fastidi a orecchie, gola o lingua. Il dolore peggiora con i movimenti del collo o con posture statiche prolungate, e spesso si accentua nel corso della giornata. Si associano frequentemente rigidità muscolare, difficoltà nei movimenti del capo e una sensazione di tensione continua nella parte alta della schiena.
Per una diagnosi corretta è fondamentale rivolgersi a uno specialista in neurologia o fisiatria, che valuterà la causa attraverso un esame clinico e, se necessario, esami diagnostici come radiografia, TAC, risonanza magnetica o elettromiografia.
Una volta individuata la causa, il trattamento più efficace e meno invasivo è la fisioterapia mirata, utile per migliorare la mobilità cervicale e correggere le posture scorrette. In presenza di infiammazione o dolore acuto, il medico può prescrivere antinfiammatori, analgesici, miorilassanti o cortisonici. Nei casi cronici si può ricorrere a terapie manuali, tecniche di rilassamento o esercizi di rinforzo muscolare personalizzati.
Gestire lo stress, fare pause frequenti durante il lavoro al computer e mantenere una postura corretta sono strategie semplici ma decisive per prevenire le recidive. Perché, spesso, il mal di testa da cervicale è il modo in cui il corpo ci ricorda che anche il collo — come la mente — ha bisogno di equilibrio.
Salute
Caviglie gonfie: quando il ristagno non è solo un fastidio
Il gonfiore alle caviglie è un disturbo comune, soprattutto a fine giornata o con il caldo, ma in alcuni casi può essere il campanello d’allarme di problemi di salute più seri.
Le caviglie gonfie, in termini medici edema periferico, sono un problema diffuso che interessa persone di ogni età. Spesso si manifesta come un aumento di volume nella zona delle caviglie e dei piedi, accompagnato da una sensazione di pesantezza o tensione della pelle. Nella maggior parte dei casi si tratta di un disturbo benigno e transitorio, ma non sempre è così: comprenderne le cause è fondamentale per intervenire nel modo corretto.
Le cause più comuni
Il gonfiore alle caviglie è spesso legato a una cattiva circolazione venosa. Stare molte ore in piedi o seduti, soprattutto senza muoversi, favorisce il ristagno di liquidi negli arti inferiori. Anche il caldo intenso contribuisce alla dilatazione dei vasi sanguigni, rallentando il ritorno venoso. Tra le altre cause frequenti ci sono sovrappeso, sedentarietà, consumo eccessivo di sale e cambiamenti ormonali, come quelli che avvengono in gravidanza o durante il ciclo mestruale.
Quando il gonfiore segnala un problema
In alcuni casi le caviglie gonfie possono essere il sintomo di condizioni mediche più importanti. Malattie cardiache, insufficienza renale o epatica, disturbi della tiroide e patologie del sistema linfatico possono manifestarsi anche con edema agli arti inferiori. Un gonfiore improvviso, doloroso e localizzato a una sola gamba può invece indicare una trombosi venosa profonda, una situazione che richiede attenzione immediata. Anche alcuni farmaci, come antipertensivi, cortisonici o antinfiammatori, possono favorire la ritenzione idrica.
I rimedi quotidiani
Quando l’edema è lieve e legato allo stile di vita, alcuni accorgimenti possono aiutare a ridurlo. Muoversi regolarmente, anche con brevi passeggiate, stimola la circolazione. Sollevare le gambe per qualche minuto durante il riposo favorisce il deflusso dei liquidi. È utile limitare il consumo di sale, bere acqua a sufficienza e indossare calzature comode. In presenza di insufficienza venosa, le calze elastiche a compressione graduata possono essere un valido supporto, sempre su consiglio medico.
Attività fisica e benessere
L’esercizio fisico moderato, come camminare, nuotare o andare in bicicletta, migliora il tono muscolare e aiuta il ritorno venoso. Anche semplici esercizi di flessione ed estensione del piede, da eseguire durante il giorno, possono ridurre il gonfiore, soprattutto per chi lavora molte ore seduto.
Quando consultare il medico
È consigliabile rivolgersi a un professionista se il gonfiore persiste, peggiora nel tempo o è associato a dolore, arrossamento, febbre o difficoltà respiratorie. Un’accurata valutazione clinica permette di individuare la causa e impostare il trattamento più adeguato, evitando complicazioni.
Non ignorare i segnali del corpo
Le caviglie gonfie sono spesso un disturbo innocuo, ma il corpo parla anche attraverso piccoli segnali. Ascoltarli e intervenire tempestivamente è il modo migliore per prendersi cura della propria salute, partendo proprio dai piedi.
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