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Salute

Arriva la primavera, è già tempo di allergie? Ecco le più comuni e come affrontarle

Naso che cola, occhi rossi, starnuti continui? Non è solo il cambio di stagione: la primavera è il periodo dell’anno più temuto da chi soffre di allergie. Con l’aumento delle temperature e la fioritura di piante e alberi, nell’aria si diffondono pollini e allergeni che scatenano reazioni anche molto intense.

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    La primavera porta sole e fioriture, ma anche un carico di allergie fastidiose. Con qualche accorgimento e le giuste precauzioni, però, è possibile ridurre l’esposizione agli allergeni e godersi la bella stagione senza troppi disagi.

    1. Allergia ai pollini: il grande classico della primavera

    La principale causa delle allergie stagionali è l’aumento del polline nell’aria. A seconda della zona e del periodo, i pollini possono provenire da:

    • Graminacee (erba, frumento, mais) → picco tra aprile e giugno.
    • Betullacee (betulla, ontano, nocciolo) → in circolo già da marzo.
    • Oleacee (olivo, frassino) → fioritura tra aprile e maggio.
    • Composite (ambrosia e parietaria) → tipiche di fine primavera e inizio estate.

    Chi soffre di rinite allergica deve prepararsi a convivere con starnuti, congestione nasale, prurito e occhi lacrimanti per diverse settimane.

    2. Allergia agli acari della polvere

    Anche se spesso associata all’inverno, l’allergia agli acari può peggiorare in primavera, quando si iniziano a cambiare le coperte, pulire tende e tappeti e aprire di più le finestre. Gli acari, infatti, prosperano in ambienti caldi e umidi e possono scatenare sintomi come naso chiuso, tosse e difficoltà respiratorie.

    3. Allergia alle muffe

    Con l’umidità primaverile, soprattutto dopo le piogge, aumenta la presenza di spore di muffa nell’aria. Le più problematiche sono quelle di Alternaria e Cladosporium, che possono provocare sintomi respiratori simili all’asma.

    4. Allergia agli insetti

    Con la primavera tornano anche api, vespe e zanzare. Se per la maggior parte delle persone una puntura provoca solo un fastidio temporaneo, chi è allergico può rischiare reazioni più serie, fino allo shock anafilattico nei casi più gravi.

    Come difendersi dalle allergie primaverili

    • Controlla il calendario pollinico: ogni zona ha i suoi periodi critici. Sapere quando i pollini sono più alti aiuta a ridurre l’esposizione.
    • Evita le uscite nelle ore più a rischio: al mattino presto e nel tardo pomeriggio i livelli di polline sono più elevati.
    • Usa occhiali da sole e mascherine: possono ridurre il contatto con gli allergeni.
    • Lava spesso viso e capelli: il polline si deposita sulla pelle e sui capelli, portandolo in casa.
    • Aerazione strategica: arieggia le stanze nelle ore meno critiche e usa filtri antipolline nei condizionatori.
    • Farmaci antistaminici e spray nasali: se i sintomi sono intensi, possono essere un valido aiuto, ma sempre sotto consiglio medico.
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      Salute

      Abbuffate delle feste: perché mangiare troppo può fare male e come arrivare sani a fine vacanze

      Non è solo una questione di linea: eccessi alimentari ripetuti possono influire su digestione, metabolismo e benessere generale. Ecco come “sopravvivere” alle feste senza rinunce drastiche.

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      mangiare troppo

        Le festività sono da sempre sinonimo di convivialità e tavole imbandite. Panettoni, arrosti, fritti e dolci fatti in casa si susseguono per giorni, spesso senza pause. Mangiare in compagnia fa parte della tradizione, ma gli esperti ricordano che gli eccessi ripetuti possono avere conseguenze sul corpo, anche nel breve periodo.

        Cosa succede quando si mangia troppo

        Un pasto abbondante ogni tanto non rappresenta un problema per una persona sana. Diverso è il caso di più giorni consecutivi di sovralimentazione. Il primo organo a risentirne è l’apparato digerente: gonfiore, acidità, reflusso e sonnolenza post-prandiale sono segnali comuni. L’eccesso di grassi e zuccheri può inoltre provocare picchi glicemici, affaticando pancreas e fegato. Nei soggetti predisposti, aumentano anche i valori di colesterolo e trigliceridi.

        Non va trascurato l’effetto sull’intestino: pasti irregolari e poveri di fibre rallentano la digestione e favoriscono stitichezza o diarrea. A tutto questo si aggiunge la ritenzione idrica, legata soprattutto al consumo di sale e alcol.

        Alcol e dolci: il doppio rischio

        Durante le feste, l’alcol accompagna spesso ogni portata. Un consumo eccessivo può disidratare l’organismo, disturbare il sonno e appesantire ulteriormente il fegato, già impegnato a metabolizzare i grassi. I dolci, invece, apportano zuccheri semplici che danno energia immediata ma di breve durata, favorendo stanchezza e fame precoce.

        Come affrontare le feste senza sensi di colpa

        La parola chiave non è “rinuncia”, ma equilibrio. Gli nutrizionisti consigliano di ascoltare i segnali di fame e sazietà, evitando di mangiare solo per abitudine. Scegliere porzioni più piccole consente di assaggiare tutto senza esagerare. Anche l’ordine dei piatti conta: iniziare con verdure o insalate aiuta a controllare l’appetito.

        Tra un pranzo e l’altro è utile tornare a pasti semplici e leggeri, privilegiando alimenti facilmente digeribili. Bere acqua a sufficienza favorisce la digestione e contrasta la ritenzione. Una passeggiata quotidiana, anche breve, stimola il metabolismo e migliora l’umore.

        Il giorno dopo non serve “punirsi”

        Saltare i pasti o seguire diete drastiche subito dopo le feste è una strategia controproducente. Il corpo ha bisogno di regolarità per ritrovare l’equilibrio. Riprendere gradualmente una routine alimentare sana e un’attività fisica moderata è la scelta più efficace.

        Godersi le feste in modo consapevole

        Mangiare fa parte del piacere delle festività, ma la salute non va messa in pausa. Con piccoli accorgimenti e un approccio più consapevole, è possibile godersi pranzi e cene senza arrivare a gennaio stanchi e appesantiti. Le feste finiscono, il benessere resta: ed è il miglior regalo da portare con sé nel nuovo anno.

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          Salute

          Intossicazioni alimentari durante le feste: quando il Natale finisce al pronto soccorso

          Dai sintomi più lievi ai casi che richiedono un intervento urgente: ecco come riconoscere un’intossicazione alimentare, cosa fare subito e quando il rischio diventa serio.

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          Intossicazioni alimentari

            Le festività natalizie sono da sempre sinonimo di convivialità e tavole imbandite, ma ogni anno, proprio in questo periodo, aumentano i casi di intossicazione alimentare. Un fenomeno tutt’altro che raro, favorito dall’elevato consumo di cibi elaborati, dalla preparazione anticipata dei piatti e da una gestione non sempre attenta della catena del freddo. Secondo i dati della sanità pubblica, le infezioni di origine alimentare tendono a crescere nei periodi festivi, quando i pasti fuori casa e i grandi pranzi familiari diventano la norma.

            Cos’è un’intossicazione alimentare

            L’intossicazione alimentare è una condizione causata dall’ingestione di alimenti o bevande contaminati da batteri, virus, parassiti o dalle tossine da essi prodotte. Tra i microrganismi più frequentemente coinvolti figurano Salmonella, Campylobacter, Escherichia coli, Listeria monocytogenes e Norovirus. In alcuni casi non è il germe in sé a provocare i disturbi, ma le tossine già presenti nel cibo.

            I sintomi più comuni

            I disturbi possono comparire da poche ore fino a diversi giorni dopo il consumo dell’alimento contaminato, a seconda dell’agente responsabile. I segnali più frequenti includono nausea, vomito, diarrea, crampi addominali, febbre e senso di debolezza. Nelle forme lievi, i sintomi si risolvono spontaneamente nell’arco di 24-72 ore. Tuttavia, non sempre va così.

            Quando preoccuparsi

            Esistono situazioni in cui l’intossicazione alimentare può diventare pericolosa per la vita. Febbre molto alta, disidratazione severa, sangue nelle feci, vomito persistente o stato confusionale sono campanelli d’allarme che richiedono un consulto medico immediato. Particolare attenzione va riservata a anziani, bambini piccoli, donne in gravidanza e persone con sistema immunitario compromesso, più esposti a complicanze gravi, come sepsi o danni neurologici, soprattutto in caso di infezione da Listeria.

            Cosa fare ai primi sintomi

            In presenza di disturbi lievi, la prima regola è reidratarsi: acqua, soluzioni saline e tisane aiutano a reintegrare i liquidi persi. È consigliabile sospendere temporaneamente cibi pesanti, latticini e alcol, privilegiando una dieta leggera. Gli antibiotici non vanno assunti senza indicazione medica, perché spesso inutili o addirittura controproducenti nelle infezioni virali.

            Se i sintomi peggiorano o persistono oltre due giorni, è fondamentale rivolgersi al medico o al pronto soccorso.

            Gli alimenti più a rischio durante le feste

            Durante il periodo natalizio, i cibi più spesso coinvolti sono uova crude o poco cotte, maionese fatta in casa, dolci con creme, carni poco cotte, pesce crudo o affumicato e piatti lasciati a temperatura ambiente troppo a lungo. Anche la conservazione impropria degli avanzi rappresenta una delle principali cause di contaminazione.

            Prevenzione: la vera arma

            La prevenzione resta lo strumento più efficace. Lavare accuratamente le mani, cuocere bene gli alimenti, rispettare le temperature di conservazione e consumare i piatti entro tempi sicuri riduce drasticamente il rischio. In cucina, soprattutto durante le feste, l’attenzione ai dettagli può fare la differenza.

            Feste sì, ma in sicurezza

            Godersi il Natale e il Capodanno è possibile senza rinunce, purché si mantenga un approccio consapevole. Riconoscere i segnali di un’intossicazione alimentare e sapere quando intervenire permette di trasformare un potenziale pericolo in un semplice incidente di percorso, evitando conseguenze ben più serie.

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              Salute

              Attacchi di panico: riconoscerli, affrontarli e prevenirli

              Gli esperti spiegano come distinguere l’attacco di panico da altre crisi d’ansia e quali strategie adottare per gestirlo. Dal respiro controllato al supporto psicologico, fino a uno stile di vita equilibrato: ecco le armi per riprendere il controllo.

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              Attacchi di panico

                Un cuore che batte all’impazzata, la sensazione di non riuscire a respirare, un’ondata di paura incontrollabile. Sono alcuni dei segnali tipici dell’attacco di panico, un disturbo d’ansia che può colpire all’improvviso e paralizzare chi ne soffre. In media dura tra i 20 e i 30 minuti, ma la percezione soggettiva è spesso quella di un tempo infinito. A differenza della crisi d’angoscia acuta, che si manifesta con sintomi più intensi e numerosi. L’attacco di panico si caratterizza per la rapidità con cui emerge e per l’effetto destabilizzante.

                Tra le manifestazioni più comuni compaiono palpitazioni, dolore o fastidio al petto, vertigini, nausea, vampate di calore, tremori e la sensazione di soffocamento. Sintomi che possono ricordare altre condizioni, come la spasmofilia, che però si diagnostica attraverso un elettromiogramma. Non stupisce quindi che, durante un episodio, molti temano di essere vittima di un infarto o di perdere completamente il controllo.

                Gli specialisti sottolineano però che l’attacco, pur essendo spaventoso, non mette in pericolo la vita e può essere gestito con alcune tecniche mirate. Prima di tutto è utile allontanarsi dal contesto che genera ansia – un luogo affollato, un mezzo di trasporto, una situazione percepita come insicura – e cercare un ambiente tranquillo in cui attendere la fine della crisi. Se si è in auto, meglio fermarsi e non ripartire finché i sintomi non si attenuano.

                Fondamentale anche concentrarsi sul respiro. L’iperventilazione è una reazione tipica durante l’attacco e rischia di amplificare la paura. Respirare lentamente, con la bocca chiusa e usando il diaframma, aiuta a ristabilire un ritmo più regolare. Un altro accorgimento è osservare l’orologio: il tempo oggettivo aiuta a ricordare che la crisi dura pochi minuti, non ore, e sposta l’attenzione dai sintomi a un dato concreto.

                Non meno importante il ruolo delle relazioni. Essere accompagnati da una persona cara o chiedere supporto in caso di bisogno può ridurre l’ansia e dare la sensazione di non affrontare tutto da soli. Alcuni trovano utile focalizzarsi su immagini positive, su ricordi felici o immaginare un luogo rilassante, per distrarre la mente dal vortice di pensieri negativi.

                La prevenzione è altrettanto cruciale. Attività fisica regolare, tecniche di rilassamento e una routine equilibrata tra sonno e alimentazione riducono il rischio di ricadute. Al contrario, il consumo di alcol, cannabis o alcune sostanze stimolanti può diventare un fattore scatenante.

                Quando gli episodi diventano ricorrenti o troppo invalidanti, è raccomandata la consulenza di uno psicologo o di uno psichiatra. Le terapie comportamentali e cognitive hanno dimostrato una particolare efficacia nel fornire strumenti pratici per gestire l’ansia e ridurre la frequenza degli attacchi.

                Gli attacchi di panico, spiegano gli esperti, non vanno banalizzati né demonizzati: sono un campanello d’allarme che invita a rallentare e ad ascoltare il proprio corpo e la propria mente. Affrontarli significa anche imparare a prendersi cura di sé, trasformando un’esperienza traumatica in un’occasione di crescita personale.

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