Salute
Emergenza obesità infantile: in Italia oltre 100 mila bambini coinvolti
Sempre più piccoli soffrono di obesità grave, con rischi seri per la salute e una ridotta aspettativa di vita. Prevenire è fondamentale: ecco le nuove strategie per contrastare il problema.

In Italia l’obesità infantile sta assumendo contorni allarmanti. I numeri raccontano una realtà che non può essere ignorata. Siamo ai primi posti in Europa per tassi di sovrappeso e obesità tra i bambini e gli adolescenti. Secondo il Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 42% dei bambini tra i 5 e i 9 anni è in sovrappeso o obeso, mentre tra i 10 e i 19 anni la percentuale scende al 34%, ma resta comunque elevata. Ancora più preoccupante è il dato che riguarda l’obesità grave. Colpisce oltre 100.000 bambini, il 2,6% della popolazione tra gli 8 e i 9 anni. Non si tratta solo di un problema estetico, ma di una condizione che impatta profondamente sulla salute, aumentando il rischio di ipertensione, diabete di tipo 2, fegato grasso e disturbi cardiocircolatori. Gli effetti si vedono anche nel breve termine, con una maggiore incidenza di ansia, isolamento sociale e bassa autostima. Mentre nel lungo periodo si parla addirittura di una riduzione dell’aspettativa di vita fino a 15 anni rispetto ai coetanei normopeso.
Un problema che va affrontato subito
La prevenzione è l’unica arma per evitare che l’obesità diventi una condizione cronica e irreversibile. Secondo gli esperti, intervenire tra i 6 e i 9 anni è fondamentale: programmi intensivi sullo stile di vita riescono a ridurre il BMI in oltre la metà dei bambini in questa fascia d’età. Ma la situazione cambia drasticamente per gli adolescenti: dopo i 14 anni, i trattamenti hanno effetti minimi, con solo il 2% dei ragazzi che riesce a ottenere miglioramenti concreti. “L’età fa la differenza“, spiega Rino Agostiniani, presidente della Società Italiana di Pediatria. “Se interveniamo precocemente, possiamo davvero modificare le traiettorie di salute dei bambini. Aspettare significa rendere tutto più difficile“.
Come riconoscere e contrastare l’obesità infantile
Un indicatore semplice, che anche i genitori possono osservare, è il rapporto tra circonferenza della vita e statura. Se la vita supera la metà dell’altezza, è già un segnale di rischio. Se supera il 60%, il pericolo è molto elevato e richiede una valutazione medica immediata. Il ruolo del pediatra è cruciale per distinguere tra obesità primitiva – quella più comune, legata ad abitudini alimentari errate e sedentarietà – e forme secondarie, causate da fattori genetici, farmaci o altre patologie. Un altro campanello d’allarme è l’iperfagia, ovvero l’impulso incontrollato a mangiare anche senza avere fame.
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Salute
Pulizie di primavera? Inizia dalla cucina: 3 ricette leggere che depurano corpo e mente
Quando arriva la primavera, sentiamo tutti il bisogno di “fare spazio”. Anche nel piatto. Le verdure di stagione ci aiutano a depurarci con gusto: carciofi, asparagi, agretti e limone sono perfetti alleati per favorire digestione, energia e lucidità mentale. Abbiamo scelto tre ricette leggere, facili e veloci, che aiutano il corpo a liberarsi dalle scorie e la mente a tornare lucida, con il piacere semplice di una cucina naturale, viva, che non ha bisogno di troppe parole.

Tre piatti leggeri, gentili, con ingredienti che aiutano fegato e intestino a ripartire, ma anche la testa a fare ordine. Perché la vera depurazione non si fa solo col centrifugato, ma anche con il tempo che scegli di dedicarti. In cucina e altrove.

1. Zuppetta tiepida di agretti, limone e semi di sesamo
Un piatto detox che profuma di terra e sole. Gli agretti (o barba di frate) sono ricchissimi di sali minerali e clorofilla. Basta sbollentarli 3 minuti in acqua salata, scolarli e condirli con olio evo, succo e scorza di limone bio, una manciata di semi di sesamo tostati e, se piace, qualche goccia di tamari. Da servire tiepida o a temperatura ambiente, accompagnata magari da pane integrale tostato.

2. Carciofi trifolati con menta fresca e limone
Pulisci i carciofi (romani o violetti), tagliali sottili e mettili in acqua e limone. Rosola in padella uno spicchio d’aglio con un cucchiaio d’olio evo, aggiungi i carciofi, un pizzico di sale, pepe e mezzo bicchiere d’acqua. Cuoci coperto per 10-15 minuti, poi profuma con menta fresca tritata e scorza di limone. Un contorno depurativo perfetto per alleggerire qualsiasi pasto.

3. Crema vellutata di asparagi e piselli con yogurt greco
Fai rosolare uno scalogno tritato in poco olio, aggiungi 300 g di asparagi (puliti e tagliati a rondelle) e 150 g di piselli freschi o surgelati. Copri con brodo vegetale e cuoci per 15 minuti. Frulla fino a ottenere una crema liscia. Servi con un cucchiaio di yogurt greco, pepe nero e un filo d’olio. Se vuoi un tocco gourmet, aggiungi qualche germoglio o erba aromatica.
Salute
Uno starnuto dopo l’altro. Perchè i bambini di città soffrono di più di allergie?
Uno studio americano suggerisce che la minore esposizione ai microbi sani nelle aree urbane potrebbe rendere i bambini più vulnerabili alle reazioni allergiche rispetto a quelli che crescono in campagna.

Le allergie nei bambini sembrano essere più diffuse nelle città rispetto alle campagne, e la scienza sta cercando di capire il perché. Uno studio del Dipartimento di Pediatria dell’University of Rochester Medical Center ha individuato una spiegazione legata al sistema immunitario. Le cellule coinvolte sono una particolare sottopopolazione di linfociti T, chiamate cellule helper 2 (Th2). Queste cellule svolgono un ruolo importante nella risposta immunitaria, ma possono anche identificare erroneamente alcuni alimenti o allergeni ambientali come minacce, provocando reazioni eccessive. La ricerca ha dimostrato che nei neonati delle città i livelli di queste cellule proallergiche sono molto più alti rispetto a quelli dei bambini che crescono in ambienti rurali.
Il paradosso della vita urbana e la fragilità del sistema immunitario
La differenza chiave sembra essere legata all’esposizione ai microbi. I bambini che crescono in campagna hanno un contatto più frequente con ambienti naturali ricchi di batteri sani, il che contribuisce a sviluppare un sistema immunitario più tollerante. Viceversa, nei contesti urbani, dove la vita si svolge prevalentemente in ambienti controllati e sterilizzati, il sistema immunitario dei piccoli è meno esposto a stimoli naturali. Risultato? Aumento del rischio di reazioni esagerate agli allergeni.
Uno studio su neonati di città e di campagna
Per confermare questa ipotesi, i ricercatori hanno confrontato campioni di sangue di neonati urbani con quelli di bambini nati in una comunità rurale di Mennoniti, noti per avere tassi di allergie straordinariamente bassi. I risultati hanno evidenziato che i neonati urbani avevano più cellule Th2 aggressive, mentre quelli delle comunità rurali presentavano livelli più elevati di cellule regolatorie. Capaci cioè di mantenere l’equilibrio immunitario e di ridurre la probabilità di sviluppare allergie.
Come prevenire le allergie? Andare in campagna più spesso…
Lo studio fa parte di una ricerca finanziata dal National Institutes of Health (NIH), che esplora il rapporto tra ambiente, microbioma e sistema immunitario nei bambini. L’obiettivo è quello di sviluppare strategie preventive, come l’uso di probiotici o altri metodi per favorire una sana colonizzazione microbica nei bambini di città. Se i risultati venissero confermati, si potrebbe aprire la strada a nuove terapie per ridurre il rischio di allergie infantili, compensando l’assenza di esposizione naturale ai microbi attraverso soluzioni mirate. Nel frattempo una gita più frequente in campagna potrebbe essere una buona idea. Non solo per godere della natura, ma anche per rafforzare il sistema immunitario dei più piccoli.
Salute
Arriva la “Signora degli Anelli”, il parassita che sta invadendo il nord Italia
Strani anelli bianchi appesi ai rami stanno destando preoccupazione: la cocciniglia dai filamenti cotonosi si diffonde rapidamente, senza che esista ancora una vera soluzione.

Con l’arrivo della primavera, nei giardini e nei viali del Nord Italia è tornato un ospite indesiderato: la Takahashia japonica. Più conosciuta come la Signora degli Anelli, la cocciniglia dai filamenti cotonosi. Si tratta di un parassita che sta infestando sempre più piante, soprattutto in Lombardia. Chi l’ha già incontrata sa che non passa inosservata. I suoi ovisacchi, dalla forma bizzarra, sembrano piccoli totani appesi ai rami, e formano vere e proprie ghirlande bianche che inquietano chi le osserva. Dentro, le larve dell’insetto crescono, pronte a colonizzare le foglie delle piante ospiti appena raggiunta la maturità.
Non esiste una soluzione efficace per eliminare la Takahashia japonica
Originaria di Giappone, Corea del Sud e Cina, la Takahashia japonica ha fatto il suo primo ingresso in Italia nel 2017, con un avvistamento documentato in un parco di Cerro Maggiore, tra Milano e Varese. Da allora, la sua diffusione è stata inarrestabile, complici il vento e il trasporto involontario di ramaglie infestate. Oggi è particolarmente presente nel Comasco e nella provincia di Monza e Brianza, ma potrebbe espandersi ancora. L’aspetto più critico è l’assenza di trattamenti codificati per contrastarla. Non ci sono fitofarmaci specifici, e nemmeno il ricorso a insetti antagonisti, come le coccinelle, sembra essere una soluzione sicura: ne servirebbero in quantità enormi, con il rischio di alterare gli equilibri naturali.
Nessun pericolo per le persone, ma tanta confusione
Nonostante l’effetto visivo inquietante, la Takahashia japonica non rappresenta una minaccia per l’uomo o gli animali domestici. Anche se i suoi ovisacchi cadessero al suolo e venissero calpestati, non ci sarebbe alcun rischio di contagio o danni. Tuttavia, la sua presenza genera panico tra i cittadini. In molti, vedendo queste strane formazioni bianche, le scambiano per vermi o larve pericolose, e non sanno come comportarsi se compaiono nei loro giardini o balconi. Le segnalazioni alla polizia locale aumentano ogni giorno, mentre i Comuni cercano di rassicurare la popolazione senza avere risposte concrete su come arginare il problema.
Cosa si può fare?
Le piante più colpite sono l’acero, l’albizia, l’albero di Giuda, il carpino bianco, il gelso, l’olmo e il liquidambar (da non confondere con l’acero comune). L’unica strategia, per ora, è la rimozione manuale dei rami infestati, un’operazione da eseguire prima della schiusa degli ovisacchi, che avviene tra maggio e giugno. Ma qui sorge un altro problema. Il trasporto delle ramaglie verso le discariche rischia di espandere ulteriormente il parassita. Senza protocolli precisi, ogni intervento rimane sperimentale. Alcuni esperti suggeriscono l’uso di oli minerali e preparati microbiologici, ma non ci sono ancora conferme scientifiche sulla loro efficacia.
Contro la Takahashia japonica la lotta è aperta
La Regione Lombardia sta mappando la diffusione della cocciniglia attraverso l’app FitoDetective, per raccogliere segnalazioni e capire come muoversi. Ma fino a quando non verrà trovato un metodo sicuro per eliminarla, Takahashia japonica continuerà a diffondersi, creando disagi e preoccupazioni. E se il suo viaggio in Italia è iniziato solo pochi anni fa, il rischio è che la sua presenza diventi sempre più radicata.
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