Salute
Minzione frequente: quando preoccuparsi e come gestirla
Bere troppo, stress, infezioni o problemi ormonali: ecco come distinguere un fastidio passeggero da un sintomo da non sottovalutare.
Alzi la mano chi non si è mai svegliato di notte per correre in bagno. Una situazione comune, spesso legata a bere molto prima di dormire o a un periodo di stress, ma che in alcuni casi può diventare un campanello d’allarme. La minzione frequente – cioè l’aumento del numero di volte in cui si urina durante il giorno o la notte – può infatti essere il segnale di alterazioni temporanee o croniche dell’apparato urinario o di altre funzioni dell’organismo.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, si parla di minzione frequente quando una persona urina più di 7-8 volte nelle 24 ore, a fronte di una quantità totale di urina normale o aumentata. Il disturbo può colpire sia uomini sia donne, a tutte le età, ma è più comune nelle persone sopra i 50 anni e nelle donne in gravidanza.
Le cause più comuni
Nella maggior parte dei casi, la causa è benigna e temporanea. Ad esempio, un aumento dell’assunzione di liquidi, il consumo di bevande diuretiche (come tè, caffè o alcol), oppure un cambio di temperatura che stimola la diuresi. Anche lo stress o l’ansia possono giocare un ruolo: l’attivazione del sistema nervoso simpatico accelera i processi fisiologici, compresa la produzione di urina.
Ma la minzione frequente può anche essere il sintomo di una condizione medica. Tra le cause più comuni:
- Infezioni urinarie (cistiti), che provocano bruciore, urgenza e dolore pelvico;
- Diabete mellito, per l’aumento del glucosio nelle urine che richiama acqua;
- Ipertrofia prostatica o prostatite negli uomini, con difficoltà a svuotare completamente la vescica;
- Vescica iperattiva, un disturbo funzionale che causa lo stimolo improvviso e frequente a urinare;
- Gravidanza, per la pressione del feto sulla vescica.
Meno spesso, il problema può dipendere da disturbi neurologici, squilibri ormonali (come l’ipercalcemia o l’ipotiroidismo) o dall’uso di farmaci diuretici prescritti per l’ipertensione.
Quando è il caso di rivolgersi al medico
Un episodio isolato non è motivo di allarme, ma se la frequenza urinaria persiste per più di una settimana, o si accompagna a dolore, febbre, sangue nelle urine, sete intensa o perdita di peso inspiegabile, è fondamentale consultare il medico. Questi sintomi possono indicare infezioni, diabete o disturbi prostatici che richiedono esami specifici.
La diagnosi si basa su anamnesi dettagliata, esame delle urine e, se necessario, ecografia dell’apparato urinario o test del sangue. In alcuni casi, lo specialista può proporre un diario minzionale, dove annotare orari e quantità di urina per alcuni giorni: uno strumento semplice ma molto utile per capire l’origine del disturbo.
Strategie per gestire il problema
Se la causa è funzionale o lieve, piccoli accorgimenti possono fare la differenza:
- Limitare caffeina e alcol, che stimolano la diuresi;
- Distribuire l’assunzione di acqua durante il giorno, evitando di bere troppo la sera;
- Allenare la vescica, provando a posticipare gradualmente lo stimolo;
- Fare esercizi per il pavimento pelvico (Kegel), utili soprattutto per le donne;
- Gestire lo stress con tecniche di rilassamento o attività fisica regolare.
Nei casi più complessi, il medico può indicare una terapia farmacologica (come antimuscarinici o beta-3 agonisti per la vescica iperattiva) o interventi specifici per patologie come il diabete o l’ipertrofia prostatica.
Un sintomo da ascoltare
La minzione frequente, insomma, non è una malattia, ma un sintomo che racconta qualcosa del nostro equilibrio interno. Ignorarlo può significare trascurare un segnale che il corpo ci manda.
Come ricordano i medici dell’NHS britannico, “ascoltare i cambiamenti nel proprio ritmo corporeo è il primo passo verso la prevenzione”.
La buona notizia è che, nella maggior parte dei casi, si tratta di un disturbo risolvibile con una diagnosi tempestiva e qualche modifica nello stile di vita.
Perché anche una cosa tanto semplice e quotidiana come andare in bagno può, se capita troppo spesso, insegnarci qualcosa di importante sulla nostra salute.
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Salute
Influenza in arrivo: virus più aggressivo del solito, ecco come proteggersi
Dai primi casi in Italia ai dati provenienti da Australia e Giappone, gli esperti avvertono: la stagione influenzale 2025-2026 sarà intensa. Vaccino, igiene e alimentazione equilibrata restano le migliori difese.
Con i primi casi di influenza registrati in diverse regioni italiane, scatta l’allarme per una stagione che si annuncia più aggressiva del solito. “Dobbiamo prepararci a un’influenza piuttosto intensa, come si è già visto in Giappone e in Australia, dove l’epidemia è arrivata prima e ha colpito duramente”, spiega Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), intervistato dall’Adnkronos Salute.
Il primo passo per proteggersi, ricorda Scotti, è semplice: vaccinarsi. “È un imperativo per le persone fragili, chi soffre di patologie croniche, gli over 60 e i bambini, per i quali è disponibile anche la formulazione con spray nasale. Ma è consigliabile per tutti, perché riduce i rischi di complicanze e di diffusione del virus”.
Accanto al vaccino, torna d’attualità un’altra arma fondamentale: l’igiene delle mani. Lavarle spesso, con acqua e sapone, è ancora uno dei gesti più efficaci per interrompere la catena del contagio. “Evitiamo di toccarci bocca, occhi e naso, e in luoghi affollati come mezzi pubblici o treni — aggiunge Scotti — usiamo la mascherina, soprattutto se siamo raffreddati. È un atto di civiltà che protegge chi ci sta intorno”.
Anche lo stile di vita gioca un ruolo chiave. Un’alimentazione ricca di frutta e verdura aiuta a rinforzare il sistema immunitario grazie all’apporto di vitamine, in particolare la vitamina C. “Bere molto e mantenersi idratati favorisce l’eliminazione dei virus — spiega il medico —. Non tutte le persone che entrano in contatto con l’influenza si ammalano: chi ha un sistema immunitario forte spesso resta asintomatico”.
C’è poi la regola senza tempo delle nonne: “vestirsi a cipolla”. Con gli sbalzi termici di ottobre e novembre, coprirsi a strati permette di evitare sudorazione e raffreddamento improvviso, che irritano le mucose respiratorie e rendono più facile l’attacco dei virus.
Un’attenzione particolare va riservata agli anziani, spesso esposti al contagio attraverso i nipoti. “I bambini dovrebbero lavarsi spesso le mani e indossare la mascherina se hanno sintomi influenzali o compagni ammalati”, avverte Scotti.
Infine, anche l’ambiente domestico e scolastico può fare la differenza. “Nelle classi e nelle case manteniamo una buona ventilazione: basta tenere socchiusa una finestra e non esagerare con il riscaldamento. L’aria troppo secca irrita le mucose e favorisce la sopravvivenza dei virus”, conclude il medico.
La raccomandazione è chiara: quest’anno, più che mai, meglio prevenire che curare.
Salute
Spazzolino sotto accusa: come evitare il nido di germi nel bagno
Piccolo, indispensabile e spesso trascurato: lo spazzolino da denti può diventare un vero concentrato di batteri se non lo si cura nel modo giusto.
Potrebbe sembrare innocuo, ma lo spazzolino da denti è uno degli oggetti più contaminati della casa. Secondo una ricerca dell’American Dental Association (ADA), sulle sue setole possono annidarsi centinaia di migliaia di batteri, tra cui streptococchi e coliformi fecali. Un rischio invisibile, spesso sottovalutato, che però può compromettere l’igiene orale e, in alcuni casi, la salute generale.
Il pericolo invisibile del bagno
Il bagno è un ambiente umido, caldo e perfetto per la proliferazione microbica. Quando tiriamo lo sciacquone con il coperchio aperto, minuscole goccioline contaminate – il cosiddetto “toilet plume” – possono depositarsi sulle superfici circostanti, incluso lo spazzolino. Secondo studi condotti dal National Institutes of Health (NIH), i batteri possono sopravvivere sulle setole fino a 48 ore, soprattutto se restano bagnate o chiuse in contenitori non ventilati.
Gli errori più comuni
Il primo sbaglio è riporre lo spazzolino troppo vicino al wc. Idealmente dovrebbe stare ad almeno un metro di distanza, in posizione verticale, così da asciugarsi all’aria. Un altro errore diffuso è coprire la testina con tappi o custodie subito dopo l’uso: questo intrappola l’umidità e favorisce la crescita batterica.
Molti poi non cambiano lo spazzolino abbastanza spesso. L’ADA raccomanda di sostituirlo ogni tre o quattro mesi, o anche prima se le setole appaiono consumate. Dopo un’influenza o una malattia infettiva, andrebbe sempre gettato e sostituito con uno nuovo per evitare reinfezioni.
Pulizia e manutenzione: cosa fare davvero
Dopo ogni uso, lo spazzolino va risciacquato con acqua calda per rimuovere residui di dentifricio e saliva. Una volta a settimana, può essere disinfettato immergendo la testina per pochi minuti in una soluzione di acqua e collutorio antibatterico, oppure in acqua ossigenata al 3%. Anche passarlo per un minuto sotto l’acqua bollente è un metodo efficace per ridurre la carica microbica.
Per le famiglie, è importante non far toccare gli spazzolini tra loro: i germi possono facilmente passare da uno all’altro. In caso di bambini o persone immunodepresse, si possono usare coperture traspiranti o sterilizzatori UV certificati, ma solo come supporto, non come sostituto di una buona igiene.
Ambiente e materiali contano
Meglio evitare di lasciare lo spazzolino in armadietti chiusi o troppo umidi. Se possibile, conservarlo in una zona ventilata, lontano dal lavandino. Alcuni modelli più recenti hanno setole antibatteriche o manici in bambù naturale, ma l’efficacia antibatterica di questi materiali resta limitata nel tempo: non sostituisce una corretta manutenzione.
Il gesto quotidiano che fa la differenza
Lo spazzolino è uno strumento semplice, ma è anche un potenziale veicolo di microrganismi se trascurato. Una cura minima – risciacquo, asciugatura, sostituzione periodica – può evitare molti problemi. L’igiene orale, dopotutto, parte da lì: da un piccolo oggetto di uso quotidiano che merita più attenzione.
Come ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la salute orale è parte integrante del benessere generale. E prendersi cura del proprio spazzolino significa, in fondo, prendersi cura di sé.
Salute
Mal di testa da cervicale: quando il dolore nasce dal collo
Posture scorrette, stress e tensioni muscolari sono tra le principali cause di questo disturbo. Capire i sintomi e intervenire in modo mirato è il primo passo per liberarsi dal dolore.
Il mal di testa da cervicale, o cefalea cervicogenica, è tra le forme più diffuse di mal di testa secondario, cioè legato a una causa precisa e non a un’alterazione diretta del sistema nervoso. A differenza dell’emicrania o della cefalea tensiva, il dolore nasce da un problema meccanico o muscolare nel tratto cervicale — la parte superiore della colonna vertebrale che sostiene la testa.
Il disturbo si manifesta quando le prime vertebre del collo subiscono un’alterazione strutturale o funzionale, che può derivare da diversi fattori: un trauma (come il classico colpo di frusta), una contrattura muscolare persistente, una postura scorretta mantenuta per ore davanti al computer o allo smartphone, oppure da condizioni croniche come artrosi cervicale, artrite o ernie del disco. Anche disturbi apparentemente lontani, come il bruxismo (digrignare i denti) o una malocclusione dentale, possono contribuire a creare tensione nei muscoli del collo e scatenare il dolore.
I sintomi tipici comprendono un dolore sordo e costante nella zona posteriore della testa, che può irradiarsi verso la fronte, le tempie o la mandibola. Alcuni pazienti riferiscono anche fastidi a orecchie, gola o lingua. Il dolore peggiora con i movimenti del collo o con posture statiche prolungate, e spesso si accentua nel corso della giornata. Si associano frequentemente rigidità muscolare, difficoltà nei movimenti del capo e una sensazione di tensione continua nella parte alta della schiena.
Per una diagnosi corretta è fondamentale rivolgersi a uno specialista in neurologia o fisiatria, che valuterà la causa attraverso un esame clinico e, se necessario, esami diagnostici come radiografia, TAC, risonanza magnetica o elettromiografia.
Una volta individuata la causa, il trattamento più efficace e meno invasivo è la fisioterapia mirata, utile per migliorare la mobilità cervicale e correggere le posture scorrette. In presenza di infiammazione o dolore acuto, il medico può prescrivere antinfiammatori, analgesici, miorilassanti o cortisonici. Nei casi cronici si può ricorrere a terapie manuali, tecniche di rilassamento o esercizi di rinforzo muscolare personalizzati.
Gestire lo stress, fare pause frequenti durante il lavoro al computer e mantenere una postura corretta sono strategie semplici ma decisive per prevenire le recidive. Perché, spesso, il mal di testa da cervicale è il modo in cui il corpo ci ricorda che anche il collo — come la mente — ha bisogno di equilibrio.
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