Salute
Ops! Ecco come starnutire con stile senza far scappare tutti intorno a te! Cosa dice il Galateo?
Quando l’inevitabile colpo di starnuto ti colpisce in pubblico, cosa fare per non sconvolgere chi ti sta intorno? Dal naso alla mano (o meglio, al gomito), vediamo le regole d’oro per un elegante starnuto!
Chiunque di noi ha vissuto l’ansia da starnuto imminente durante un momento importante o in un luogo silenzioso: a cena con sconosciuti, in riunione o in un mezzo di trasporto pubblico. Ebbene, starnutire in pubblico può essere un incubo, ma niente paura! C’è il galateo che ci insegna a farlo con il giusto savoir-faire, evitando di trasformare la situazione in un piccolo disastro sociale.
La regola d’oro: il gomito è il tuo migliore amico
Se in passato la mano era il rimedio universale per fermare lo starnuto, oggi sappiamo che non è più così. Il motivo è igienico, ma anche pratico: la mano, facilmente “infettata” dai germi del tuo starnuto, va poi a toccare oggetti, altre persone, e via dicendo. Ecco perché la soluzione è usare il gomito! Piega il braccio e starnutisci nell’incavo del gomito: è sicuro, discreto e ti salva da sguardi di disapprovazione.
Tessuto sempre a portata di mano
Per chi vuole davvero rispettare le regole del bon ton, la soluzione più raffinata resta il fazzoletto. Certo, oggi non tutti portano in tasca il classico fazzoletto di stoffa, ma anche una versione di carta può fare al caso tuo. Se ne hai uno a portata di mano, usalo per coprirti la bocca e il naso, e poi, mi raccomando, smaltiscilo subito in un cestino. Un colpo da maestro!
E dopo? Il silenzio, il sorriso e la scusa
Dopo lo starnuto, un piccolo sorriso e un gentile “scusate” faranno il resto. Non serve farla troppo lunga: chi ti sta intorno capirà la tua cortesia e non sarà disturbato. Mai, mai giustificarsi troppo o fare commenti autoironici, il rischio è di enfatizzare ancora di più quello che dovrebbe restare un gesto di breve durata.
Un tocco di classe extra: contenere il volume
Se riesci a percepire l’arrivo del “colpo”, cerca di attenuare il suono e di non fare eccessivo rumore. Un trucco è spingere delicatamente il naso verso il basso, rallentando così il processo esplosivo. Non sempre funziona, ma quando accade ti sentirai un maestro di discrezione!
E se qualcuno starnutisce vicino a te?
Infine, il galateo prevede anche il modo giusto per comportarsi quando è qualcun altro a starnutire. Evita di mostrare fastidio o commentare a voce alta. Un “salute!” ben piazzato, magari accompagnato da un sorriso, sarà il modo migliore per mettere a proprio agio chi ha dovuto affrontare la propria “tempesta di starnuti”.
Quindi, caro starnutitore seriale, ricorda che starnutire con eleganza si può, e con queste semplici regole, potrai farlo senza creare scene da film comico!
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Salute
Zucchero e tumori: tra falsi allarmi e realtà scientifica, cosa dobbiamo davvero sapere
Il medico nutrizionista Andrea Pontara, dell’Ospedale San Raffaele di Milano, aiuta a fare chiarezza su cosa la scienza dice davvero sul rapporto tra zuccheri, alimenti industriali e rischio oncologico.
Scrollando social e blog dedicati alla salute, può sembrare che ogni giorno un nuovo alimento venga additato come “cancerogeno”. Video virali, presunti esperti e titoli allarmistici alimentano il sospetto che la spesa quotidiana sia un percorso a ostacoli pieno di rischi nascosti. Lo zucchero è spesso al centro di questa narrativa: accusato di “nutrire il tumore” o di essere di per sé una sostanza pericolosa.
La realtà, spiegano gli specialisti, è più complessa e – soprattutto – meno spaventosa. «Lo zucchero non è classificato come cancerogeno» chiarisce il dottor Andrea Pontara, medico dell’Area Nutrizione Clinica e consulente del Programma Trapianti dell’Ospedale San Raffaele. «È un carboidrato semplice: come per molti nutrienti, i problemi nascono dall’eccesso».
L’idea che abbia un ruolo diretto nella nascita dei tumori deriva da un fraintendimento: sia le cellule malate sia quelle sane utilizzano il glucosio come fonte di energia. Ridurre drasticamente l’apporto di zuccheri nella dieta non “affama” il tumore, e molte diete restrittive che circolano in rete non hanno alcun fondamento scientifico. «Il metabolismo tumorale è estremamente adattabile» ricorda Pontara: eliminare lo zucchero non impedisce la crescita delle cellule cancerose.
Il vero nodo è indiretto: un consumo elevato di zuccheri favorisce aumento di peso e infiammazione cronica, condizioni associate a un maggior rischio oncologico. Per evitarlo, le linee guida nutrizionali raccomandano che gli zuccheri semplici – quelli naturalmente presenti in frutta e miele o aggiunti a dolci e bevande – non superino il 10-15% dell’apporto calorico giornaliero.
Altro tema che genera ansia è quello degli alimenti industriali: etichette piene di sigle, additivi, coloranti. Ma anche qui la scienza rassicura: «Gli additivi autorizzati vengono impiegati entro limiti considerati sicuri e controllati dagli enti regolatori» sottolinea Pontara. Il problema riguarda semmai i prodotti ultraprocessati, ricchi di zuccheri, grassi e sale, poveri di fibre e micronutrienti. Il loro consumo frequente peggiora la qualità complessiva della dieta, contribuendo a sovrappeso e problematiche metaboliche. Non è invece dimostrato un rischio oncologico diretto legato agli additivi ammessi per legge.
Un discorso a parte riguarda l’alcol, su cui le evidenze sono solide: «È associato in modo certo a un aumento del rischio tumorale, in particolare all’apparato digerente» afferma il nutrizionista. Le indicazioni delle società scientifiche sono molto chiare: non esiste una soglia sicura. Chi decide comunque di bere dovrebbe limitarsi a una piccola unità alcolica a settimana per le donne e due per gli uomini.
Quando si parla di prevenzione oncologica, quindi, non esistono “alimenti nemici” da eliminare in blocco – e tanto meno demonizzazioni che trovano origine sui social. Gli esperti ricordano che i cibi in vendita in Europa devono superare controlli rigorosi da parte di autorità come l’EFSA, che ne valuta la sicurezza periodicamente.
La vera sfida è l’equilibrio: un biscotto o una marmellata non trasformano il nostro piatto in un pericolo. A fare la differenza sono le abitudini quotidiane, la varietà della dieta, la moderazione dei prodotti industriali e la prevenzione dei fattori che, quelli sì, sono scientificamente correlati ai tumori: sedentarietà, obesità e consumo di alcol.
In altre parole: non è lo zucchero a essere cancerogeno, è l’eccesso a sottrarre benessere. E la scelta più salutare passa sempre dalla corretta informazione.
Salute
Tatuaggi e sistema immunitario: i colori più comuni restano nei linfonodi per anni
I ricercatori segnalano un’infiammazione prolungata che può ridurre la capacità difensiva e l’efficacia dei vaccini, sollevando interrogativi sulla sicurezza degli inchiostri più diffusi.
Un tatuaggio può raccontare storie, passioni o ricordi, ma nuove evidenze scientifiche suggeriscono che i suoi pigmenti più usati non restano confinati alla pelle. I risultati emergono da uno studio internazionale coordinato dall’italiana Arianna Capucetti e da Santiago González dell’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona, pubblicato sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America). La ricerca, che ha coinvolto dodici gruppi di ricerca in Europa, ha analizzato gli effetti dei pigmenti nero, rosso e verde, più diffusi negli inchiostri per tatuaggi.
Il dibattito sui possibili effetti dei tatuaggi sulla salute va avanti da anni, soprattutto in relazione al rischio oncologico, senza però prove definitive. Questo nuovo lavoro si concentra sulla tossicità dei pigmenti e sul loro impatto sul sistema immunitario.
Come agisce l’inchiostro nel corpo
Lo studio, condotto su topi, ha mostrato che i pigmenti dei tatuaggi vengono rapidamente trasportati dal sistema linfatico ai linfonodi, organi fondamentali per la risposta immunitaria. Qui si accumulano in grandi quantità già poche ore dopo l’inoculazione dell’inchiostro.
I ricercatori hanno identificato una risposta infiammatoria in due fasi:
- Fase acuta, che dura circa due giorni, durante la quale il sistema immunitario reagisce immediatamente alla presenza dei pigmenti.
- Fase cronica, che può protrarsi per anni: i pigmenti rimangono intrappolati nei macrofagi, le cellule immunitarie deputate a “digerire” agenti esterni. Non potendo smaltire l’inchiostro, queste cellule muoiono progressivamente, compromettendo la capacità difensiva del linfonodo.
Gli effetti sono più evidenti con inchiostri rossi e neri, mentre quelli verdi mostrano un impatto minore ma comunque significativo.
Implicazioni per la salute
I dati suggeriscono che la presenza cronica di pigmenti nei linfonodi potrebbe:
- ridurre l’efficacia dei vaccini
- compromettere la risposta immunitaria a lungo termine
- generare un’infiammazione silente che persiste per anni
Gli autori sottolineano la necessità di approfondire ulteriormente i rischi e di sviluppare pigmenti più sicuri o procedure che limitino l’assorbimento sistemico.
Un problema aggiuntivo è rappresentato dalla grande varietà di pigmenti e combinazioni presenti sul mercato. Nonostante i controlli, episodi di contaminazioni sono stati documentati: nel 2022, ad esempio, nove inchiostri contenenti sostanze potenzialmente cancerogene furono ritirati dal mercato italiano.
Cosa significa per chi ama i tatuaggi
L’allerta non significa vietare i tatuaggi, ma invita a un approccio consapevole: conoscere la composizione degli inchiostri, affidarsi a professionisti certificati e restare aggiornati sulle normative e sui controlli sanitari.
In futuro, lo studio potrebbe orientare lo sviluppo di pigmenti biocompatibili che riducano l’accumulo nei linfonodi e limitino l’infiammazione cronica. Nel frattempo, gli esperti raccomandano prudenza, informazione e attenzione alla qualità degli inchiostri.
Salute
Cortisolo in tilt: quando stanchezza, insonnia e pancia gonfia parlano di stress
Monitorare i valori è possibile anche a casa con test affidabili. E con alcune abitudini quotidiane si può ristabilire l’equilibrio, senza allarmismi.
Stanchi appena svegli, notti tormentate e grasso che si concentra proprio sulla pancia: molti liquidano questi segnali come semplice stress. In realtà, potrebbero indicare un cortisolo fuori rotta. Questo ormone, prodotto dalle ghiandole surrenali, ha un ruolo cruciale: regola metabolismo, pressione sanguigna, sistema immunitario e risposta allo stress.
Il cortisolo segue un ritmo circadiano ben definito: al mattino è più alto per facilitare il risveglio e dare energia; poi cala gradualmente durante la giornata fino a raggiungere i livelli minimi la sera, quando è il sonno a dover prevalere. È un meccanismo che la ricerca endocrinologica considera essenziale per la nostra salute.
Quando questo ciclo si altera — per stress prolungato, sonno insufficiente o altre condizioni fisiche — compare una sintomatologia caratteristica:
- affaticamento costante, anche al mattino
- difficoltà ad addormentarsi o risvegli frequenti
- accumulo di grasso nella zona addominale
- irritabilità, ansia, scarsa concentrazione
- voglia improvvisa di dolce o salato
- pressione bassa e giramenti di testa
Non tutti i sintomi devono essere presenti, né sono esclusivi del cortisolo: per questo l’interpretazione clinica è fondamentale.
Si può misurare anche a casa
Oggi esistono metodi non invasivi e accessibili per valutare i livelli di cortisolo, senza dover partire subito con esami ospedalieri:
• Test salivari in più momenti della giornata
Misurano il cortisolo libero e permettono di capire se il ritmo circadiano è regolare. Sono considerati affidabili dagli endocrinologi quando eseguiti correttamente.
• Cortisolo nelle urine delle 24 ore
Fornisce una stima della produzione complessiva dell’ormone nell’arco della giornata.
• Mini prelievi capillari (sangue)
Fotografano un valore puntuale, utile in alcune indagini ma da interpretare con cautela perché il cortisolo cambia continuamente.
In caso di valori anomali, la valutazione dello specialista è indispensabile: l’eccesso può essere dovuto a cause gravi ma rare (come la sindrome di Cushing), mentre valori troppo bassi possono essere legati a insufficienza surrenalica.
Cosa altera il cortisolo
La causa più comune è lo stress cronico, ma il quadro può peggiorare a causa di:
- sonno irregolare e utilizzo serale di dispositivi luminosi
- dieta disordinata o povera di nutrienti
- eccesso di caffeina o alcol
- allenamenti molto intensi e prolungati, senza recupero
- malattie tiroidee o disturbi ormonali preesistenti
Il corpo, sotto pressione, mantiene alto il cortisolo anche quando dovrebbe scendere: è una strategia di sopravvivenza che però, nel tempo, manda in crisi il sistema.
Come tornare in equilibrio
Gli esperti suggeriscono interventi semplici ma regolari, che agiscono sulle radici del problema:
Routine del sonno costante: andare a letto e svegliarsi sempre allo stesso orario
Luce naturale al mattino: aiuta l’orologio biologico
Attività fisica moderata, non eccessiva
Ridurre caffè e alcol, soprattutto di sera
Tecniche di rilassamento: mindfulness, respirazione guidata, yoga
Pasti regolari e bilanciati, contenenti proteine e fibre
In molti casi, questi interventi sono sufficienti a ripristinare un ritmo fisiologico nel giro di poche settimane.
Quando rivolgersi al medico
Se la stanchezza persiste per mesi, se l’insonnia è costante o se i sintomi interferiscono con la vita quotidiana, è bene fare un controllo. Il cortisolo è un indicatore importante, ma non si cura da soli: la diagnosi corretta evita inutili paure o trattamenti sbagliati.
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